Annamaria Ciancia, la vita «in cabina» di una delle prime autiste italiane
Il 24 dicembre Annamaria Ciancia compirà 67 anni. Dopo oltre quattro decenni come autista, tra un anno dovrà appendere il volante al chiodo, ma lei non ne vuole sapere. Ripercorriamo la carriera di una delle prime donne italiane ad aver preso la patente C
La storia di Annamaria Ciancia parte da quello che ormai è quasi un epilogo: «Il prossimo anno compirò 68 anni e dopo 44 anni alla guida di un camion sarò costretta a lasciare il volante» ci racconta. Nella sua voce si avverte una nota amara. «In Italia a 68 si è considerati vecchi, senza valutare il reale stato di salute di una persona. Il risultato è che ti declassano la patente. Niente più mezzi al di sopra dei 200 quintali. Al di sotto, invece, a quanto pare si è ancora liberi di fare danni. Sinceramente non voglio pensare a cosa farò l’anno prossimo, mi sento già male al pensiero che dovrò lasciare il mio lavoro». Facciamo allora un salto indietro di 44 anni e ripercorriamo la carriera straordinaria di Annamaria, una delle prime donne – ci tiene a ricordarlo – ad aver preso la patente C in Italia, quando le donne alla guida di un camion ancora erano un miraggio.
Quando sei salita su un camion per la prima volta?
Fu con il mio ex marito, un autista che viaggiava principalmente all’estero. Sono sempre stata appassionata di motori, amavo il rally, il motocross, e così dopo una breve esperienza come insegnante di scuola materna e come impiegata per le Assicurazioni Generali, decisi di lasciare il mio lavoro – che non mi rappresentava affatto – per seguirlo. Abbiamo viaggiato in Belgio, Inghilterra, Francia e Germania e più viaggiavo più questo mondo iniziava a incuriosirmi. All’estero di donne autiste già se ne vedevano, quindi è stato spontaneo per me pensare che avrei potuto farlo anche io. La prima volta che mi misi al volante fu in un’area di sosta in Francia, un posteggio enorme e deserto. Fu quella la mia prima guida, da allora di strada ne ho fatta parecchia.
In Italia però, al contrario di quanto accadeva all’estero, di donne autiste ancora non ce ne erano. Come è stata accolta la tua decisione?
Un giorno dissi a mio marito che non sarei partita con lui, ma che sarei andata a scuola guida a informarmi per la patente. Non era d’accordo, ma la mia decisione ormai l’avevo presa: al suo ritorno ero già iscritta e poco tempo dopo conseguii la patente C e la patente E. Tra l’altro ricordo che al mio esame l’esaminatrice era una donna che rimase piacevolmente sorpresa vedendomi. Quando diedi l’esame per la patente E, invece, trovai un uomo che era piuttosto spaventato dal fatto che a guidare fosse una donna. Mi diede la patente praticamente subito, perché voleva restare a bordo con me il meno possibile.
E il lavoro come è arrivato?
In realtà, per dieci anni ho dovuto continuare a viaggiare con mio marito. L’idea che una donna guidasse un camion da sola era fuori discussione. Ma quando mio marito decise di intraprendere un’attività sua, relegando me alla gestione degli aspetti burocratici, non ce la feci più. O meglio, resistetti per qualche anno, poi ci lasciammo e io decisi di trasferirmi dal Piemonte alla Lombardia, dove c’erano più opportunità. Rincominciai da capo lavorando come operaia, poi un giorno bevendo un caffè conobbi un autista. Gli raccontai la mia storia e mi propose di fare qualche viaggio con il fratello. Dopo tre settimane con lui ebbi finalmente il suo benestare. Potevo riprendere il mio lavoro di autista per la sua azienda.
Oggi che cosa guidi e che cosa trasporti?
Oggi guido il mio sogno: un Volvo FH. È stata una sorpresa del mio principale e di sua moglie. A febbraio sono stata operata all’anca e al mio rientro al lavoro mi ha fatto trovare il camion che avevo sempre desiderato. Oggi trasporto latte, panna, vino, olio, qualche volta capita anche di trasportare distiller e melasso, prodotti che vanno nelle stalle. Con il trasporto alimentare ho trovato la mia dimensione, nonostante abbia cambiato tante aziende e tanti tipi di trasporto nel corso di questi anni, sono certa che finirò la mia carriera nell’azienda in cui lavoro da due anni e mezzo: l’Autotrasporti Boaglio di Cardè, in provincia di Cuneo.
Non ti dai pace all’idea che il prossimo anno dovrai smettere, ma la tua è una vita frenetica. Non sei stanca?
Passo fuori casa tutta la settimana, weekend compresi perché con il trasporto alimentare i sabati e le domeniche non si riposa – salvo restando le pause dovute – viaggiando per il Nord Italia, ma vivo malissimo l’idea che l’anno prossimo dovrò fermarmi. Ho sempre fatto il mio lavoro con amore. Questo non significa che sia facile o che tutti i giorni siano perfetti, ma io sono felice di viaggiare con il mio camion. Mi rendo conto che per molte persone possa sembrare strano, ma io mi sento ancora energica. Certo il mio corpo non è più quello di quando avevo 25 anni, ma sono ancora in grado di fare il mio lavoro. Non accetto che mi venga detto il contrario. Non sarebbe quindi più logico fare come all’estero? Con le visite adeguate potrei continuare a lavorare. Bisognerebbe basarsi sulla persona, non sull’età. Per non parlare del fatto che i veri pericoli non sono le persone con esperienza che fanno questo mestiere con amore.
A cosa ti riferisci?
Una volta chi viaggiava sul camion lo faceva per passione, oggi purtroppo ci sono tante persone che lo fanno solo per esigenza, senza avere nulla a che fare con questo mestiere. Il fatto è che per viaggiare non basta avere la patente, serve avere passione per diventare un buon autista, e vale sia per gli uomini che per le donne. Quando si è alla guida di certi mezzi bisogna essere consapevoli della responsabilità che si ha, serve la giusta preparazione, oltre all’entusiasmo. Allo stesso tempo, però, non basta solo la passione, ma serve più rispetto per chi fa questo mestiere. Negli anni passati molte aziende se ne sono approfittate giocando al ribasso degli stipendi. Se qualcosa non cambia, arriverà il giorno in cui i camion resteranno fermi nei posteggi.
La preparazione adeguata dovrebbe arrivare dalle scuole di guida.
Oggi è più difficile prendere le patenti, ma si fa meno attenzione a quello che si insegna. Servirebbero lezioni specifiche sull’importanza di certi gesti e manovre da evitare. Non solo quando si studia per prendere le patenti del camion, ma per qualsiasi patente. Per esempio, sarebbe opportuno insegnare anche agli automobilisti che un camion ha delle zone d’ombra, degli angoli ciechi. Non è sempre colpa degli autisti. Servirebbe sensibilizzare un po’ di più tutti gli utenti della strada.
Parliamo invece delle donne autiste. Tu sei stata una delle prime in Italia. Che prospettiva futura vedi?
Non posso dire di vedere oggi parecchie donne alla guida di un camion, ma sicuramente di più di una volta. Qualche mese fa mi trovavo in un’area di servizio, stavo camminando con il mio cagnolino Trilli, un pinscher che viaggia sempre con me, quando ho sentito un signore esclamare «Complimenti!». Sinceramente pensavo si riferisse a Trilli. Poi ho capito che era entusiasta del fatto che fossi io l’autista. Mi ha detto di avere una ditta di autotrasporti e tra i suoi autisti anche una donna ma, soprattutto, di essere talmente contento che se gli arrivassero altre candidature da parte di donne le assumerebbe all’istante. Mi ha fatto piacere. Non nego che ancora oggi ci siano colleghi che non apprezzano, ma credo che stia tutto nell’intelligenza del singolo individuo.
(….) l’articolo continua nella pagina di Uomini e trasporti.
L’ho saputo solo stamattina… e ho pianto, non mi vergogno a dirlo, credo che Pasquale “profumo di nafta” sia una delle persone più belle che ho avuto la fortuna di conoscere. Lo incontravo ai raduni di mezzi d’epoca, ho letto i suoi libri, ho ammirato le sue fotografie e ho condiviso la sua passione per i camion…
Gli avevo anche regalato il nostro libro e mi aveva detto che gli era piaciuto…
Ciao grande Pas, era sempre una gioia quando leggevo i tuoi commenti su You Tube, quando potevo scambiare quattro parole con te, mancherai a tutti noi.
La LAM ve l’ho già presentata, è la “Lega Antichi Motori”, un’associazione di appassionati di veicoli storici. Al raduno di Giussano c’erano anche loro, con i loro stupendi mezzi d’epoca.
Ma gli appassionati di questi mezzi non sono solo uomini!
Cosi, tramite Daniela che era presente, ho mandato le nostre targhe anche a Luisa e Luciana, che questi camion li guidano durante le manifestazioni che fanno in giro per l’Italia, perchè è bello condividere una passione, quella per i camion, che siano quelli di tutti i giorni o i mezzi che hanno fatto la nostra storia!
Daniela a Giussano
Daniela mi aveva promesso di mandarmi la loro foto con la targa quando le incontrava, e cosi eccole qui!
Non solo interviste, non solo video, non solo libri, ma anche musica!
Per gli appassionati di Hard Rock voglio segnalare l’ultimo album del mitico Alice Cooper dedicato alla strada, intitolato appunto “Road”! Intesa come strada ma anche come percorso personale, di seguito la copertina e la tracklist!
Tracklist
01. I’m Alice
02. Welcome To The Show
03. All Over The World
04. Dead Don’t Dance
05. Go Away
06. White Line Frankenstein
07. Big Boots
08. Rules Of The Road
09. The Big Goodbye
10. Road Rats Forever
11. Baby Please Don’t Go
12. 100 More Miles
13. Magic Bus
già la prima canzone è una sorta di presentazione dell’artista che casualmente è a bordo di un camion!
E che dire della sesta canzone della Tracklist “White Line Frankenstein”? fate largo al camionista della notte!
IL FRANKENSTEIN DELLA LINEA BIANCA
Beh, sono il grande lupo cattivo e guido da solo Sono il settimo figlio e sono cattivo fino al midollo
Mi sento un po’ morto, ma stanotte sono vivo Devo caricarlo nel mio naso, devo guidare, guidare, guidare
Non ho la moglie, nessun marmocchio, non ho alimenti Vivo per strada perché devo essere libero
Mi chiamano “Il Frankenstein della linea bianca” Il Frankenstein della linea bianca
Dalla strada allo spettacolo, sono un gigolò e Tutte le ragazze sanno che possono farsi un giro, oh, yeah
Perché sono un uomo infernale in un’avventura di una notte Stanno mangiando dalla mia mano, così soddisfatte
L’autostrada è il mio cuore e questo camion è la mia casa Sono un ratto di strada, piccola, sono una roccia rock n’ roll
Mi chiamano “Il Frankenstein della linea bianca” Il Frankenstein della linea bianca (Il Frankenstein della linea bianca; sono io)
Ho l’olio nelle mie vene e una boccata di gas Levatevi di torno perché sto correndo veloce
Sono un fulmine rotante, vado alla velocità della luce Ho questo mostro di metallo che devo sfamare
L’autostrada è il mio cuore e questo camion è la mia casa Sono un ratto di strada, piccola, sono una roccia rock n’ roll
Mi chiamano “Il Frankenstein della linea bianca” Mi chiamano “Il Frankenstein della linea bianca” Mi chiamano “Il Frankenstein della linea bianca” Perché sono “Il Frankenstein della linea bianca” (Levatevi di torno!)
“Quelli che son stati camionisti insieme a me, e di anni ne hanno almeno 53…”
Ho modificato la strofa di una canzone dei mitici Nomadi per tornare all’inizio degli anni ’90, a chi come me in quegli anni percorreva l’Autostrada del Sole, in cabina aveva il baracchino (praticamente quasi tutti all’epoca!) e di sicuro si ricorderà della storia del “fantasma di Fabro”. Ci passavamo le ore a discuterne, chi ci credeva, chi diceva che era impossibile, che si erano inventati tutto per spaventare gli altri, chi in quel parcheggio non si fermava più per paura di essere svegliato a sua volta dal fantasma di una donna col volto insanguinato (io conoscevo questa versione) e di restarci secco per lo spavento.
Era solo una leggenda? Chi può dirlo, ci fu un periodo in cui la ragazza fantasma fu “avvistata “ più volte, poi la storia si perse e nessuno ne parlò più per anni.
E invece… pochi giorni fa per caso ho trovato la recensione di questo libro “Sotto le ceneri” di Giorgio Santelli. E’ un romanzo giallo in cui l’autore, prendendo spunto proprio dalla leggenda del fantasma di Fabro e da alcuni fatti di cronaca legati allo smaltimento di rifiuti speciali crea una trama avvincente con protagonista un giornalista d’inchiesta e un vero colpo di scena finale.
Io l’ho letto in due giorni, forse proprio per venire a capo di quella strana vicenda del fantasma, che mi ha riportato indietro nel tempo, e anche se nel libro è stata un po’ modificata la storia mi è piaciuta.
L’articolo, pubblicato da Professione Camionista, è di qualche mese fa, però è bello leggere che ci sono aziende che alle proprie autiste dedicano un camion personalizzato!
La BiERREti fa trasporti e servizi di logistica a temperatura controllata, ha una piattaforma per il fresco e il congelato. Oggi è una realtà innovativa e internazionale, nata dal lavoro di tre autisti che, per crescere, hanno assunto tante donne.
«Mi hanno chiamato mentre guidavo – racconta Moira Barbierato, autista di Bierreti – per dirmi che in azienda c’era un rinfresco e che dovevo esserci anch’io. Sono subito corsa e, quando sono arrivata, ho trovato tanti amici, tanti colleghi e poi tutti e tre i nostri titolari, Robertino, Max e Carlino che mi aspettavano e che mi hanno fatto trovare una sorpresa pazzesca: un Daf XG tutto per me, bellissimo, con i profili rosa. Per la prima volta in vita mia, sono riusciti a farmi star zitta. Non mi avevano detto niente ed ero così commossa che alla fine mi è scappata anche qualche lacrima». Questo piccolo episodio che ci ha raccontato Moira, una delle autiste di punta di BiERREti di Taglio di Po (Rovigo), è soprattutto il ritratto di un’azienda che vuole crescere e innovare e in cui i dipendenti e i collaboratori hanno un nome e un volto.
commento