Camioniste: di tutto e di più…o per meglio dire una piccola rassegna stampa con articoli un pò diversi che parlano di donne camioniste. Si perchè non ci sono solo le storie di ragazze e donne che affrontando ostacoli e pregiudizi sono riuscite a diventare camioniste realizzando cosi il sogno della propria vita, ogni tanto girando nel web si incappa anche in altre cose che riguardano il variegato mondo delle camioniste….
Comincio da un vecchio articolo del 2003, non molto edificante, visto che si tratta di una lite!
E visto che sono in argomento, un altro titolo di cronaca:
E un altro, che fece notizia a fine febbraio l’anno scorso, lo riportarono diversi giornali, ne ho contati una dozzina, poi arrivò il Covid e certe piccole notizie non fecero più scalpore…
Cambio argomento, torno ai sogni delle ragazze, anzi di una Miss:
Ci sono anche articoli che parlano di incidenti con donne camioniste coinvolte, come questo dell’anno scorso dove per fortuna la collega è uscita illesa:
Un articolo di 26 anni fa… questo della rivista “Tuttotrasporti” n° 160 del mese di febbraio del 1995.
Un articolo dedicato alle donne camioniste di allora: “Tocco rosa in cabina“.
A rileggerlo non sembra che le cose siano cambiate poi cosi tanto, è vero che il numero delle camioniste è aumentato nel corso degli anni, ma è anche vero che il settore dell’autotrasporto è ancora prevalentemente maschile, soprattutto al volante dei mezzi pesanti. E le donne ancora oggi vengono guardate con curiosità… forse c’è meno discriminazione quando si cerca un lavoro, ma la strada per la parità è ancora lunga…
Negli USA e in Brasile ci sono tante colleghe camioniste che condividono i loro viaggi caricando video su You Tube. In Europa invece sono ancora poche…
Oggi vi metto il link di qualche canale.
Il primo è quello di “Baixinha no volante” una giovane collega che gira l’Europa con un bilico di Primafrio, lei parla il portoghese.
Un’altra collega è “Ana trucker“, anche lei viaggia in tutta Europa con un bilico frigo, in coppia con suo marito e in compagnia dei loro cagnolini! E anche lei parla il portoghese.
E per chiudere un’altra coppia di camionisti, loro sono brasiliani d’origine: “Pathy RJ-Xibly“, e anche loro ci portano in giro per le strade d’ Europa a bordo del loro camion, naturalmente frigorifero!
Oggi ho ricevuto messaggi di auguri e ne ho mandati, ma siccome non sono riuscita a inviarli a tutte rimedio dalle pagine del nostro blog: auguri ragazze!!!!
Qualcuno mi ha detto: ma perchè non c’è anche la festa dell’uomo? Io ho risposto: proprio per il motivo per cui me lo chiedi!
Ci sarà bisogno ancora e ancora di questa giornata finchè non ci sarà una parità vera e non solo a parole… E anche se tanti passi avanti sono stati fatti, e in molti casi esiste, purtroppo ci sono ancora tante situazioni di discriminazione, e non mi riferisco solo al nostro settore in particolare. Ne abbiamo scritto tante volte…
Ma…. ma c’è anche chi ci stima e ce lo dimostra, cosi voglio condividere qui un messaggio che ho ricevuto da un caro amico e che mi ha riempito di gioia, un messaggio per me ma che penso possa essere indirizzato a ognuna di noi che ha deciso di fare questo mestiere e che lo fa con passione senza perdere nulla del suo essere soprattutto donna:
“Qualcuno ha detto che essere donna è un compito terribilmente difficile, visto che consiste principalmente nell’avere a che fare con uomini. E allora posso solo immaginarmi le difficoltà che può avere incontrato nella sua vita una donna impegnata da sempre in un lavoro considerato “maschile”, con tutti i problemi piccoli e grandi che ne derivano. Un lavoro anche pesante, un modo di vivere frugale e un po’ nomade, dove non ci sono orari, dove è consuetudine doversi cimentare in levatacce mattutine (per non dire notturne) e soffrire il caldo d’estate così come il freddo d’inverno. Essere una donna che riesce a fare tutto questo con il sorriso, senza perdere nulla del suo fascino, della sua luminosa bellezza interiore ed esteriore, della sua femminilità; ecco, questa donna è due volte affascinante, due volte bella. Due volte donna.“
Grazie Ivan del bellissimo pensiero e grazie a tutti gli uomini che ci vedono come persone!
Capita di perdersi di vista… la vita va avanti e per un motivo o per l’altro non sappiamo più cosa fanno alcune ragazze del gruppo … ma c’è il magico mondo del web, e cosi girando e rigirando sono incappata in questo articolo (è dell’anno scorso però) che racconta di Paola che è scesa dal “TIR” per gestire un bar. Nell’articolo lei parla contenta della sua nuova vita, io spero che, visto il periodaccio che stiamo vivendo, sia ancora cosi! Appena passerà questa emergenza andrò a farci un giro!
Buona strada sempre Paola!
Questo è il link dell’articolo da “La sentinella del Canavese”:
Strambino. Paola Pacelli ha rilevato il locale della stazione «La crisi ha rivoluzionato la mia vita, ma ora sono felice»
Sandro Ronchetti 28 Dicembre 2019
STRAMBINO. Dal volante del tir alle tazzine da caffè, dal guidare gru di mille quintali a maneggiare stoviglie nel suo nuovo bar. La protagonista della singolare trasformazione professionale è Paola Pacelli, chivassese di 53 anni. Paola è pure pronipote di Papa Pio XII: suo nonno Augusto Pacelli, originario della provincia di Viterbo, era il cugino del padre di Eugenio Pacelli, il 260° pontefice in carica dal 1939 al 1958.
«Festeggio in questi giorni i primi sei mesi della mia trasformazione professionale che mio ha portato a fare prima la camionista e ora la barista – ha raccontato –. Ancora non mi sembra vero. Dopo aver guidato i mezzi pesanti per centinaia di migliaia di chilometri, prima come dipendente poi come padroncina, percorrendo le strade e le autostrade di tutta Italia, sono arrivata casualmente a Strambino dove, insieme alla mia amica e attuale socia Jessica Trogolo Got, di 44 anni, esperta ristoratrice di Torino, ho rilevato la gestione del bar della stazione. Lo abbiamo chiamato Parlapà, che è una tipica esclamazione piemontese, con l’obiettivo di farlo tornare a essere come in passato, cioè un punto di riferimento per lo svago».
Paola Pacelli ha guidato camion per 25 anni poi, a causa della crisi, ha dovuto abbandonare il suo mestiere e la sua passione, ma essendo, come lei stessa si definisce, “una guerriera” ha accettato la sfida di una nuova attività, accettando gli insegnamenti della sua esperta socia per misurarsi in quello che era prima solo un hobby: la passione per la cucina. «Siamo molto soddisfatte dei primi sei mesi di esperienza a Strambino – hanno commentato Paola e Jessica – abbiamo abbinato al bar anche il ristorante tavola calda con una crescente clientela, abbiamo anche il collegamento gratuito a Internet e abbiamo promosso una serie di iniziative musicali e culturali, incontri a tema ed attività particolari come compleanni, serate per gruppi, con un buon riscontro da parte dei nostri clienti». Il bar della stazione è stato nell’ultimo Dopoguerra l’unico locale da ballo del paese, a fianco della stazione ferroviaria che, tra gli anni Settanta e Ottanta, ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra le stazioni ferroviarie più belle e ben tenute dal Genio Ferrovieri e persino l’elogio dell’allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Oggi, rinnovato e aggiornato, si propone di nuovo al pubblico nella sua nuova veste e con il nuovo accattivante nome Parlapà. —
Si continua a parlare di Covid-19, anche se siamo entrati nella fase 2 l’emergenza non è finita, soprattutto per chi fa il camionista i problemi sono ancora tanti.
Ho trovato questo bell’articolo con la testimonianza della collega Silvia sul sito di “Uomini e trasporti”.
Silvia Cester «Paura, solitudine e tanta voglia di normalità»
Il Covid-19 visto e vissuto
dagli autisti. Abbiamo sentito diverse voci, con i loro problemi e le
loro mancanze. Ne abbiamo voluto isolare alcune al femminile. Ecco la
storia di Silvia Cester, che ha quasi dell’incredibile: dopo aver
coltivato per anni il sogno di guidare un camion, questa quarantenne
veneta lo ha realizzato proprio qualche mese prima che iniziasse a
circolare il coronavirus
Quaranta, due, tre, uno. È la versione numerica
della vita di Silvia Cester, «veneziana di terra ferma», come ama
definirsi: alle spalle quasi quarant’anni e sulle spalle due bimbi –
Agnese e Filippo – da accudire con l’aiuto dell’ex marito da cui si è
separata tre anni fa. A stupire è quell’uno finale, perché indica gli
anni trascorsi a guidare un camion. In realtà sono meno di dodici mesi,
malgrado il suo amore per i camion nasca molto prima.
Perché una donna decide di fare la camionista?
È
la domanda che mi fanno spesso. La risposta non la so: in famiglia
nessuno è camionista. Però, ho sempre abitato in zona industriale, di
fronte alla tangenziale di Mestre. Ogni mattina, per andare a prendere
l’autobus, mio nonno mi caricava in bicicletta e zigzagavamo in mezzo ai
camion. Ero affascinata da quei bestioni colorati: il profumo
di gasolio e di pneumatici mi inebriava. Un immaginario “annaffiato” da
bambina; ma poi come ha fatto a sbocciare? Ho preso la patente per
l’auto appena compiuti 18 anni. Poi, raggiunti i 23 ho deciso che volevo
anche quella per i camion. Così mi sono iscritta in un’autoscuola e,
contro il volere di tutta la famiglia, ho preso C e D. Nel frattempo
conobbi quello che poi è diventato mio marito. Perché questa puntualizzazione: camion e marito non vanno d’accordo?
No,
il desiderio di salire sul camion era sempre tanto, ma una volta
sposati abbiamo avuto due figli, cambiato tre case e aperto un negozio
di prodotti per animali. E quindi, quand’è che il sogno camionaro diventa realtà?
Quando
ci siamo separati. Inizialmente il mondo mi è crollato addosso. Poi,
grazie al mio atavico sogno sono riuscita a ripartire. È successo a
Misano, durante il weekend del camionista: sono risalita su un camion
per gioco quando erano trascorsi quindici anni da quando avevo preso le
patenti. A quel punto ho pensato che anche il CQC stava per scadere. E
mi sono chiesta: che faccio? Così ho riguardato il sogno e ho deciso di
rinnovare il CQC. A quel punto ho iniziato la ricerca di un lavoro.
Dapprima ho ricevuto proposte assurde, poi ho trovato un messaggio su
facebook che sembrava serio da parte del mio attuale datore di lavoro,
un padroncino veneto come me, Carlo Greghi. Ha avuto molta pazienza e mi
ha dedicato molto tempo, forse ha perso viaggi per colpa mia, ma mi ha
dato fiducia: è stato un grande maestro. Così l’8 luglio 2019 è iniziata
la mia vita da camionista. Il primo viaggio da sola è stato per andare
a prendere le vasche per la campagna delle barbabietole: se ci ripenso
sento ancora il cuore battere a mille. Che emozione! Come hai fatto a conciliare la tua condizione di separata con due figli?
Fortunatamente
sono rimasta in ottimi rapporti con il mio ex marito: durante
la settimana è lui a tenere i bambini. Poi il sabato e la domenica,
quando non lavoro, me li godo io. E comunque ora trasporto container per
lo più tra Veneto e Friuli, con qualche viaggio più lungo di tanto
in tanto. Ma per fortuna riesco a rientrare a casa tutte le sere. Poi,
dopo appena otto mesi vissuti da camionista arriva la pandemia. Questa
mattina ho percorso quella che io chiamo la «strada delle barbabietole»,
da Marcon a Cervignano del Friuli, quella che la scorsa estate
facevo tutti i giorni più volte al giorno durante la campagna. Nel
vedere le strade vuote, i bar chiusi, le serrande abbassate mi sono
scese le lacrime.
Ma nell’operatività quotidiana qual è il problema principale?
Posso
dirlo? Andare in bagno. Trascorro intere giornate trattenendo la pipì,
senza avere la possibilità di trovare un servizio. E per una donna è
anche più complicato di un uomo… Ti ammetto che qualche volta quando
arrivo la sera a casa, dopo aver parcheggiato il camion faccio fatica a
entrare dentro, tanto sono arrivata al limite. Mi è capitato anche di
dovermi nascondere dietro al semirimorchio… Poi c’è il problema di
alimentarsi. Io torno a casa. Ma abito ancora nei pressi di una zona
industriale e vedo i camion fermi, con gli autisti dentro che
restano ore nei parcheggi. Mi piacerebbe andargli incontro, chiedere se
hanno bisogno di qualcosa, se gradiscono un piatto caldo, ma alla fine
ho paura: non soltanto del contagio, ma anche delle persone.
Un sentimento che prima non provavo: strano come in così poco tempo il
Covid-19 ci abbia cambiati. Riesci comunque ad avere contatti con i colleghi?
Sì
e devo dire che in tanti nel corso delle ultime settimane mi hanno
salutata perché si fermano, smettono di lavorare perché manca lavoro. Mi
auguro con tutto il cuore che si possa ritornare alla normalità il
prima possibile. Quando succederà? Mi piace pensare che la terra si stia
prendendo una pausa da noi. Ma poi, quando ci rincontreremo di nuovo e
sarà tutto più bello. Ne sono sicura.
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