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La storia di Simona

 

Un’altra storia di un’altra collega, Simona, dal bolg “Anche io volevo il camion” dal sito di Uomini e Trasporti”. Elisa Bianchi questa volta raccoglie la storia di Simona, 43 anni che , dopo aver perso il suo lavoro ai tempi del covid, ha deciso di buttarsi e  di mettere a frutto le patenti conseguite anni prima…

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/simona-ionita-dal-negozio-al-camion-ho-stravolto-la-mia-vita-dopo-il-covid/

Questa è la prima parte del testo:

Simona Ionita, dal negozio al camion: «Ho stravolto la mia vita dopo il Covid»

Simona Ionita ha 43 anni, è rumena ma vive in Italia da ormai vent’anni. Dopo una vita in negozio, il Covid l’ha costretta a prendere una decisione: rimanere in cassa integrazione, o correre il rischio di inseguire i propri sogni e mettere a frutto quelle patenti prese tanti anni prima. Neanche a dirlo, Simona ha trovato finalmente il coraggio di rischiare

La resilienza è quella capacità di resistere e far fronte anche a situazioni avverse che ci mettono alla prova e ci costringono a trarre da un momento di difficoltà un’opportunità. Se questa è la definizione del termine, un esempio concreto è la storia di Simona Ionita. 43 anni e originaria della Romania, Simona vive a Mestre ormai da vent’anni. Arriva nel 2004 con l’intenzione di non fermarsi per troppo tempo. Poi come sempre, la vita ci si mette di mezzo e stravolge i piani.
«L’idea – ci racconta dalla cabina del suo camion – era quella di raggiungere mio fratello che già abitava in Italia, lavorare per qualche anno qui così da potermi permettere una macchina e poi fare rientro a casa. Alla fine, non me ne sono più andata e l’Italia è diventata la mia seconda casa». Simona oggi è un’autista, ma per i suoi primi diciassette anni in Italia ha fatto tutt’altro. Lavorava come commessa in un negozio di scarpe e accessori vicino a Venezia. A stravolgere i piani e offrirle l’occasione di realizzare i suoi sogni è stato il Covid. Da una situazione di difficoltà ecco la sua opportunità: cambiare vita e mettere finalmente a frutto quelle patenti conquistate parecchi anni prima.

Simona, come è iniziata esattamente la tua avventura in cabina?

Nel 2020, a causa del Covid e dei lockdown, il negozio per il quale lavoravo ha avuto molte difficoltà e mi sono ritrovata in cassa integrazione. A quel punto mi sono detta «ho le patenti, ci provo».

Perché avevi le patenti del camion se non avevi mai fatto questo lavoro prima d’ora?

Appena arrivata in Italia ho iniziato a lavorare per un negozio di ortofrutta. Il proprietario era anziano e aveva bisogno di qualcuno che gli potesse dare una mano anche con il camion, così mi pagò la patente C. Una volta fatta quella, ho voluto prendere anche le altre patenti perché ho sempre amato guidare, fin da piccola quando sedevo accanto a mio padre che guidava i trattori nei campi. Una volta conseguite le patenti, però, non me la sono sentita di affrontare un cambiamento così grande.

Per motivi legati alla professione di autista o per altro?

È stata la paura del cambiamento a bloccarmi. Ho impiegato qualche anno a conseguire tutte le patenti e nel frattempo avevo iniziato a lavorare in un altro negozio nel quale mi trovavo molto bene, avevo un buon rapporto con i colleghi e mi dispiaceva andarmene. Così ho lasciato perdere l’idea di fare l’autista.

Il Covid però ha stravolto i tuoi piani…

Il negozio lavorava principalmente con una clientela straniera e quando i turisti sono venuti meno ci hanno messo in cassa integrazione. A quel punto non avevo più scuse, avevo un piano B ed era arrivato il momento di metterlo in pratica.

Hai trovato facilmente lavoro come autista?

Non esattamente, molte aziende erano diffidenti. Ero una donna e senza esperienza, ci ho messo un po’ a trovare chi mi volesse dare fiducia, ma alla fine ce l’ho fatta.

A distanza di tre anni, rifaresti la tua scelta?

Certo che sì! Anzi, potessi tornare indietro la farei prima. Mi piace davvero questo mestiere. Ho la possibilità di viaggiare, di vedere posti nuovi e incontrare sempre persone diverse. È quello che avevo sempre sognato, mi era solo mancato il coraggio.

È stato un cambio di vita radicale, immagino non sia stato facile.

Quando c’è passione si può far tutto. Tanti mi chiedono il perché di questa scelta, la risposta è semplicemente che questa vita, questo mestiere, mi piacciono. È ovvio che se una persona desidera uscire di casa la mattina, fare orari di lavoro standard e rientrare la sera questo lavoro non è adatto. È una questione di scelte, e io ho scelto questo per me, consapevole di quale sarebbe stata la mia nuova vita. Oggi sento che il mio posto è al volante, scherzando dico sempre che non sono in grado di stare sul lato del passeggero, neanche quando sono in macchina. A questa vita, anche se non è facile, ci si abitua, tanto che quando non sono in cabina ne sento la mancanza.

Oggi che cosa trasporti e che tratte fai?

Guido un bilico DAF 530 e trasporto un po’ di tutto: pellet, biscotti, rotoli di ferro, bicchieri di plastica, solo per fare qualche esempio. Viaggio soprattutto all’estero, tra Austria, Repubblica Ceca, Francia e Germania, ma mi capita di fare anche viaggi fino al Sud Italia. Parto il lunedì e rientro il venerdì. In questo momento sto rientrando dalla Repubblica Ceca.

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Il resto dell’articolo nella pagina di Uomini e trasporti.

Buona strada sempre a Simona!!!

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Riposa in pace Giovanna

 

Ogni tanto gli articoli  sulle donne camioniste ci  riportano tristi notizie.

Non è mai bello sapere che una delle pioniere del nostro mestiere ci ha lasciato… Giovanna è stata una delle prime donne a guidare autotreni in Lombardia, una vera pioniera per l’epoca, una di quelle donne che hanno dimostrato che la volontà di farcela è più forte di tutti i pregiudizi. Una di quelle donne forti a cui non smetteremo mai di dire grazie!

Mandiamo un abbraccio virtuale e le nostre condoglianze alla sua famiglia e a tutte le persone che le volevano bene.

Buona strada sempre Giovanna, ovunque tu sia adesso.

Questo è il titolo dell’articolo di OglioPoNews che la ricorda:

 

A questo link l’articolo completo:

https://www.oglioponews.it/2023/11/13/giovanna-scaroni-si-e-spenta-era-stata-la-prima-camionista-lombarda/

Il testo da OglioPoNews:

Cronaca

Giovanna Scaroni, si è spenta: era
stata la prima camionista lombarda

Giovanna Scaroni si è spenta il 10 novembre scorso, lasciando un’immensa tristezza in chi resta. Ma ha anche – come dice la nipote – ricominciato a volare. Su una pista da ballo insieme a chi l’ha amata e non è più. E volerà per sempre nel cuore di chi l’ha conosciuta e le ha voluto bene.

Avevamo scritto di lei il 15 aprile di due anni fa, ricordandone, nel giorno del suo compleanno, la forte tempra. Una delle prime donne in Italia – se non la prima e comunque la prima il Lombardia – a prendere la patente – E – e a mettersi  guidare un camion a rimorchio, per aiutare il marito. Una vita tutta da raccontare la sua. Lei, Giovanna Scaroni, nata a Torricella del Pizzo, ha chiuso gli occhi. A ricordarla, con una bellissima lettera, la nipote Avia.

Nonna, è arrivato il momento – ci scrive Avia – per noi tristissimo di darti l’ultimo saluto terreno. Sono stati anni difficili i tuoi ultimi, ma sei stata un esempio di forza e perseveranza. “Bisogna essere forti” dicevi, per consolarmi. E tu lo sei stata. 92 anni compiuti, una tempra incredibile, piegata da un fisico che purtroppo non ti è stato dietro.

In quinta elementare avevi vinto la borsa di studio, 500 lire, per proseguire gli studi. La vita ti ha portato a fare dell’ altro, ma era già chiaro sin da piccola che fossi avanti. Una delle prime donne in Italia a prendere la patente E, hai superato prove incredibili per poter essere a fianco del nonno Antonio nel momento del bisogno.

Porterò sempre nel cuore le vacanze al mare insieme noi tre, io tu e il nonno, le nuotate nella piscina delle terme, e le serate d’estate a vedervi ballare. Ma anche le domeniche attaccata alle tue gonne perché non volevo separarmi da te.

Hai lasciato dietro un corpo che non ti permetteva più di camminare, ora ti auguro di poter volare libera lassù. Nonno e Avio ti aspettano. Con immenso amore, Avia“.

Giovanna era nata a Torricella del Pizzo nel 1931 e aveva imparato a fare la sarta. Aveva conosciuto Antonio, il grande amore della sua vita, che poi aveva sposato nel 1951. Si era trasferita intanto nella vicina Gussola dove quel marito tanto amato svolgeva la professione di camionista. Allora gli autotrasportatori venivano – ed anche formalmente – chiamati così.

Nel 1962 il marito deve assumere un autista, la legge glielo impone. Giovanna inizia a studiare per ottenere la patente di guida Categoria – E – . Il problema non era tanto lo studio, verso il quale Giovanna era portata, ma superare l’esame di guida, già difficile di per sé, ma in particolare per una donna. Erano anni difficili, ancor di più in un settore considerato maschile.

Ha sempre portato tutto in mente, anche negli ultimi anni segnati dai problemi fisici. nonostante gli evidenti segni del tempo, aveva un ricordo nitido di quel momento.

L’esame lo aveva fatto a Crema. Prova di partenza in salita, guida in orario di punta. Aveva dimostrato un’abilità tecnica nella guida. L’ingegnere esaminatore alla fine dell’esame le aveva detto: “Mi dispiace, signora, ma gliela devo proprio dare questa patente”. Da quel momento la sua seconda casa era stato un autotreno con 440 quintali di portata a pieno carico, a percorrere le strade di gran parte della penisola, da Cremona a Pescara, da Varese a Trento, a condividere con il marito le difficoltà su strade, il cattivo tempo, gli orari da rispettare, la fatica, la stanchezza. E così per 30 anni.

Aveva amato quel lavoro, di cui era orgogliosissima, nonostante la fatica. Era stata la prima donna in Lombardia a condurre un veicolo composto da una motrice più rimorchio. Non era ancora tempo di parità, soprattutto in ambito lavorativo, ma lei ricordava con un certo orgoglio l’incontro con i colleghi uomini che la guardavano, almeno nei primi tempi, un po’ stupiti.

Partecipava più che volentieri alle feste di paese: era stata in fondo e da principio una sarta e dismessi gli abiti da lavoro si metteva elegante – con tutto il buon gusto che aveva – per ballare, altra passione della sua vita.

Giovanna Scaroni si è spenta il 10 novembre scorso, lasciando un’immensa tristezza in chi resta. Ma ha anche – come dice la nipote – ricominciato a volare. Su una pista da ballo insieme a chi l’ha amata e non è più. E volerà per sempre nel cuore di chi l’ha conosciuta e le ha voluto bene.

Na.Co.

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4 chiacchiere con Pinky

 

Un altra bella chiacchierata in video dal canale You Tube del collega Mauro Gadaleta:

https://www.youtube.com/@gadaletamauro

La protagonista questa volta è la collega Paola Pinky che ci racconta la sua vita tra la passione per il suo lavoro e i momenti tristi che ha dovuto affrontare… Le mandiamo un grande abbraccio e l’augurio di buona strada!

Ciao Pinky!

Questo è il video:

 

 

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Veicoli elettrici e donne camioniste

 

 

In questo articolo dello scorso settembre, oltre a parlare di nuovi veicoli elettrici che verranno utilizzati per la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade nella città di Rovereto, c’è anche una citazione per la collega Andrea che li guiderà!

 

 

 

 

Questo è il link dell’articolo:

https://www.comune.rovereto.tn.it/Novita/Comunicati-stampa/Dolomiti-Ambiente-ha-presentato-i-nuovi-veicoli-elettrici-una-flotta-aziendale-intelligente-sicura-e-che-si-muove-sempre-piu-grazie-all-energia-della-natura

E questo è il paragrafo che parla di lei:

Buona strada sempre Andrea!

 

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I consigli di una collega e la sua storia: La Gio

 

Un altro articolo dalla rubrica “Me l’ha detto un camionista” dal sito di “Uomini e trasporti.

Questa volta è la collega Giovanna, ma noi la conosciamo come “La Gio”, che ci consiglia la trattoria  la “Veranda Barabasca” di Fiorenzuola d’Arda. Un locale storico che ha cambiato gestione da qualche anno.

Il link :

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/me-lha-detto-un-camionista/trattoria-veranda-barabasca-fiorenzuola-darda-pc/

E questa è la prima parte dell’articolo con la sua storia:

Giovanna Rabbiosi, meglio conosciuta come La Gio.

La trasportatrice che ci suggerisce oggi il locale dove sostare per rifocillarsi e rilassarsi un po’ si chiama Giovanna Rabbiosi, anche se tutti la conoscono come “La Gio”. Nata a Morbegno (Sondrio), ha da poco compiuto 57 anni e ha cominciato a fare l’autista di autocarri piuttosto tardi, in età adulta, 18 anni fa. Un mestiere che ha voluto con grande determinazione, fin da quando il padre la portava in giro da piccola con il suo camion. Purtroppo, nella vita di Giovanna c’è anche una tragedia: la scomparsa del fratello maggiore a soli 20 anni, investito proprio da un veicolo pesante. Nonostante il dolore, Giovanna voleva comunque “guidare il camion”, anche se suo padre era contrario. Finite le scuole, sposata a 20 anni e poi separata, Giovanna ha aspettato che le sue due figlie crescessero e poi ha deciso di riprendere il suo percorso, conseguendo la patente C a 39 anni e la E a 48 anni. Ora è riuscita a coronare il suo sogno e lavora per il Gruppo Maganetti di Tirano, in provincia di Sondrio, guidando in compagnia del suo fedele cagnolino.
Tra i tanti ristoranti frequentati da Rabbiosi, la scelta cade sulla trattoria Veranda Barabasca, a Fiorenzuola d’Arda. «É una locanda/albergo che è stata presa in gestione da una famiglia di origine albanese circa due anni fa – mi spiega – L’hanno completamente ristrutturata e oggi è veramente un bel posto, con una grande scelta di piatti e prezzi molto competitivi. È molto comoda perché è attaccata all’autostrada. Lì prendo spesso l’arrabbiata, l’aglio, olio e peperoncino, il pesce. E poi sono gentili, è una famiglia molto unita. Del resto alle 7 di sera è già tutto pieno, qualcosa vorrà dire…».

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“Grazie perchè…”

 

Un nuovo video della serie “Grazie perchè” della collega Laura, anche questa volta ci racconta un episodio della sua vita da camionista in cui ha dovuto risolvere un imprevisto con un pò di intraprendenza.

Buona visione a tutti e buona strada sempre a Laura!

 

 

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I consigli di una collega e la sua storia: Sally!

 

Ho trovato questo articolo, sempre tra le pagine del sito di “Uomini e trasporti” , nella rubrica “Me l’ha detto un camionista”, dedicata ai consigli su trattorie e ristoranti.

Il ristorante è “La locanda della luna” di Riccione e a consigliarlo è la collega Sally di Tradate. Nella speranza di incontrarla prima o poi on the road, vi metto il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/me-lha-detto-un-camionista/locanda-della-luna-riccione-rn/

E l’inizio dell’articolo con la sua storia:

 

Sally Belluccini

 Sally Belluccini è nata 43 anni fa a Tradate, in provincia di Varese. Fino a due anni e mezzo fa aveva un negozio di tatuaggi ed estetica, ma non era del tutto convinta che quella fosse la sua strada. Fin da piccola, infatti, inseguiva un sogno: fare la camionista. Poi, finalmente, è riuscita a entrare come autista in un’azienda di trasporto del suo paese, l’Autotrasporti Pigni, unica donna tra tanti uomini, guidando principalmente un bilico. «È un desiderio che avevo da tanto tempo – mi racconta – una passione che sono riuscita a far diventare realtà». Quando passa dalla Romagna Sally cerca sempre di fermarsi in un ristorante di Riccione, la Locanda della Luna, conosciuto attraverso il passaparola di alcuni colleghi. «È un locale curato, pulito e con personale professionale e simpatico. Ha un menù molto vario, con ingredienti freschissimi e di qualità. Per noi camionisti è ottimo anche perché offre un servizio docce – compreso nel prezzo della cena – e la reception è aperta tutta la notte e quindi ti permette di usufruire dei servizi igienici. Anche il parcheggio, capace di ospitare fino a 30 camion, è bello ampio e dispone anche di una lavanderia a gettoni». Belluccini non nasconde la sua predilezione per i tagliolini allo scoglio e le seppie alla piastra, «a cui non so resistere». «Alla locanda mi sento quasi a casa – confessa Sally – e non conosco altri posti che ti ci fanno sentire».


Il resto dell’articolo, come sempre, lo potete leggere nella pagina ufficiale di Uomini e Trasporti.

 

Buona strada sempre Sally!

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Pazienza & passione

 

Uno short video con le colleghe Laura e Marianna.

Quali sono le caratteristiche che ci vogliono per fare il nostro lavoro? E’ quello che chiede Laura a Marianna, ecco la sua risposta!

 

 

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La storia di Annamaria

 

 

Un’altra bella storia di una nostra collega raccolta da Elisa Bianchi e pubblicata nel blog di Uomini e trasporti: “Anche io volevo il camion”.

Annamaria è prossima alla pensione, ma non vorrebbe lasciare il suo lavoro perchè ama troppo la vita da camionista!

Grande collega! Buona strada sempre!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/annamaria-ciancia-la-vita-in-cabina-di-una-delle-prime-autiste-italiane/

Questo è il testo:

 

Annamaria Ciancia, la vita «in cabina» di una delle prime autiste italiane

Il 24 dicembre Annamaria Ciancia compirà 67 anni. Dopo oltre quattro decenni come autista, tra un anno dovrà appendere il volante al chiodo, ma lei non ne vuole sapere. Ripercorriamo la carriera di una delle prime donne italiane ad aver preso la patente C

La storia di Annamaria Ciancia parte da quello che ormai è quasi un epilogo: «Il prossimo anno compirò 68 anni e dopo 44 anni alla guida di un camion sarò costretta a lasciare il volante» ci racconta. Nella sua voce si avverte una nota amara. «In Italia a 68 si è considerati vecchi, senza valutare il reale stato di salute di una persona. Il risultato è che ti declassano la patente. Niente più mezzi al di sopra dei 200 quintali. Al di sotto, invece, a quanto pare si è ancora liberi di fare danni. Sinceramente non voglio pensare a cosa farò l’anno prossimo, mi sento già male al pensiero che dovrò lasciare il mio lavoro». Facciamo allora un salto indietro di 44 anni e ripercorriamo la carriera straordinaria di Annamaria, una delle prime donne – ci tiene a ricordarlo – ad aver preso la patente C in Italia, quando le donne alla guida di un camion ancora erano un miraggio.

Quando sei salita su un camion per la prima volta?

Fu con il mio ex marito, un autista che viaggiava principalmente all’estero. Sono sempre stata appassionata di motori, amavo il rally, il motocross, e così dopo una breve esperienza come insegnante di scuola materna e come impiegata per le Assicurazioni Generali, decisi di lasciare il mio lavoro – che non mi rappresentava affatto – per seguirlo. Abbiamo viaggiato in Belgio, Inghilterra, Francia e Germania e più viaggiavo più questo mondo iniziava a incuriosirmi. All’estero di donne autiste già se ne vedevano, quindi è stato spontaneo per me pensare che avrei potuto farlo anche io. La prima volta che mi misi al volante fu in un’area di sosta in Francia, un posteggio enorme e deserto. Fu quella la mia prima guida, da allora di strada ne ho fatta parecchia.

In Italia però, al contrario di quanto accadeva all’estero, di donne autiste ancora non ce ne erano. Come è stata accolta la tua decisione?

Un giorno dissi a mio marito che non sarei partita con lui, ma che sarei andata a scuola guida a informarmi per la patente. Non era d’accordo, ma la mia decisione ormai l’avevo presa: al suo ritorno ero già iscritta e poco tempo dopo conseguii la patente C e la patente E. Tra l’altro ricordo che al mio esame l’esaminatrice era una donna che rimase piacevolmente sorpresa vedendomi. Quando diedi l’esame per la patente E, invece, trovai un uomo che era piuttosto spaventato dal fatto che a guidare fosse una donna. Mi diede la patente praticamente subito, perché voleva restare a bordo con me il meno possibile.

E il lavoro come è arrivato?

In realtà, per dieci anni ho dovuto continuare a viaggiare con mio marito. L’idea che una donna guidasse un camion da sola era fuori discussione. Ma quando mio marito decise di intraprendere un’attività sua, relegando me alla gestione degli aspetti burocratici, non ce la feci più. O meglio, resistetti per qualche anno, poi ci lasciammo e io decisi di trasferirmi dal Piemonte alla Lombardia, dove c’erano più opportunità. Rincominciai da capo lavorando come operaia, poi un giorno bevendo un caffè conobbi un autista. Gli raccontai la mia storia e mi propose di fare qualche viaggio con il fratello. Dopo tre settimane con lui ebbi finalmente il suo benestare. Potevo riprendere il mio lavoro di autista per la sua azienda.

Oggi che cosa guidi e che cosa trasporti?

Oggi guido il mio sogno: un Volvo FH. È stata una sorpresa del mio principale e di sua moglie. A febbraio sono stata operata all’anca e al mio rientro al lavoro mi ha fatto trovare il camion che avevo sempre desiderato. Oggi trasporto latte, panna, vino, olio, qualche volta capita anche di trasportare distiller e melasso, prodotti che vanno nelle stalle. Con il trasporto alimentare ho trovato la mia dimensione, nonostante abbia cambiato tante aziende e tanti tipi di trasporto nel corso di questi anni, sono certa che finirò la mia carriera nell’azienda in cui lavoro da due anni e mezzo: l’Autotrasporti Boaglio di Cardè, in provincia di Cuneo.

Non ti dai pace all’idea che il prossimo anno dovrai smettere, ma la tua è una vita frenetica. Non sei stanca?

Passo fuori casa tutta la settimana, weekend compresi perché con il trasporto alimentare i sabati e le domeniche non si riposa – salvo restando le pause dovute – viaggiando per il Nord Italia, ma vivo malissimo l’idea che l’anno prossimo dovrò fermarmi. Ho sempre fatto il mio lavoro con amore. Questo non significa che sia facile o che tutti i giorni siano perfetti, ma io sono felice di viaggiare con il mio camion. Mi rendo conto che per molte persone possa sembrare strano, ma io mi sento ancora energica. Certo il mio corpo non è più quello di quando avevo 25 anni, ma sono ancora in grado di fare il mio lavoro. Non accetto che mi venga detto il contrario. Non sarebbe quindi più logico fare come all’estero? Con le visite adeguate potrei continuare a lavorare. Bisognerebbe basarsi sulla persona, non sull’età. Per non parlare del fatto che i veri pericoli non sono le persone con esperienza che fanno questo mestiere con amore.

A cosa ti riferisci?

Una volta chi viaggiava sul camion lo faceva per passione, oggi purtroppo ci sono tante persone che lo fanno solo per esigenza, senza avere nulla a che fare con questo mestiere. Il fatto è che per viaggiare non basta avere la patente, serve avere passione per diventare un buon autista, e vale sia per gli uomini che per le donne. Quando si è alla guida di certi mezzi bisogna essere consapevoli della responsabilità che si ha, serve la giusta preparazione, oltre all’entusiasmo. Allo stesso tempo, però, non basta solo la passione, ma serve più rispetto per chi fa questo mestiere. Negli anni passati molte aziende se ne sono approfittate giocando al ribasso degli stipendi. Se qualcosa non cambia, arriverà il giorno in cui i camion resteranno fermi nei posteggi.

La preparazione adeguata dovrebbe arrivare dalle scuole di guida. 

Oggi è più difficile prendere le patenti, ma si fa meno attenzione a quello che si insegna. Servirebbero lezioni specifiche sull’importanza di certi gesti e manovre da evitare. Non solo quando si studia per prendere le patenti del camion, ma per qualsiasi patente. Per esempio, sarebbe opportuno insegnare anche agli automobilisti che un camion ha delle zone d’ombra, degli angoli ciechi. Non è sempre colpa degli autisti. Servirebbe sensibilizzare un po’ di più tutti gli utenti della strada.

Parliamo invece delle donne autiste. Tu sei stata una delle prime in Italia. Che prospettiva futura vedi?

Non posso dire di vedere oggi parecchie donne alla guida di un camion, ma sicuramente di più di una volta. Qualche mese fa mi trovavo in un’area di servizio, stavo camminando con il mio cagnolino Trilli, un pinscher che viaggia sempre con me, quando ho sentito un signore esclamare «Complimenti!». Sinceramente pensavo si riferisse a Trilli. Poi ho capito che era entusiasta del fatto che fossi io l’autista. Mi ha detto di avere una ditta di autotrasporti e tra i suoi autisti anche una donna ma, soprattutto, di essere talmente contento che se gli arrivassero altre candidature da parte di donne le assumerebbe all’istante. Mi ha fatto piacere. Non nego che ancora oggi ci siano colleghi che non apprezzano, ma credo che stia tutto nell’intelligenza del singolo individuo.


 

(….) l’articolo continua nella pagina di Uomini e trasporti.

Buona strada sempre!

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La camionista più giovane d’Italia

Fanno sempre notizia le ragazze giovani che intraprendono la carriera da camioniste!

A questo link la sua storia :

https://www.lastampa.it/vercelli/2023/10/19/news/la_camionista_piu_giovane_ha_19_anni_e_vive_a_varallo_noi_donne_siamo_in_poche_ma_ci_rispettano-13793258/

ma l’articolo è riservato agli abbonati.

“Con i suoi 19 anni compiuti a giugno, la varallese Elena Guglielmina è una delle camioniste più giovani d’Italia. La passione per la guida…”

 

Buona strada alla giovane collega!

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