Vi ricordate del libro di Lilyane “Fantastique” di cui vi ho parlato un po’ di tempo fa?
Lei è stata una delle prime camioniste francesi, ma non la prima in assoluto…
In un capitolo del suo libro “38 Tonnes de souvenirs en vrac” racconta un episodio che le capitò nel mese di luglio del 1957 a Parigi. All’epoca aveva 20 anni, era arrivata in città a bordo del camion Renault del suo amico Bernard, avevano scaricato a Les Halles, il mercato della frutta. Poi lei era rimasta a Parigi, ospite della sua amica Sylvette per un paio di giorni. E mentre l’amica era al lavoro, Lilyane girava per La Bastille, il quartiere dove abitava Sylvette, armata della sua macchina fotografica, pronta ad immortalare ogni camion che incrociava per aggiungere nuove immagini alla sua collezione di foto.
E’ durante quel suo girovagare per le vie parigine che incontra la “sua” prima donna camionista
Dietro il grande parabrezza di un Berliet vede una donna piccola, bionda, al volante di un camion con rimorchio sul quale è scritto a grandi lettere “BERGER”.
Riesce a scattarle una foto. Una foto che lei conserverà per tutta la vita come una reliquia, un’icona preziosa come un gioiello.
Quella piccola donna camionista diviene il suo idolo. Il suo pensiero fu:”Se lei fa questo mestiere, allora potrò farlo anch’io!”
L’aver visto una donna camionista la fa sentire meno un’eccezione, significa che ci sono altre donne come lei, donne che hanno sognato di fare le camioniste e ci sono riuscite!
Ma chi era quella piccola donna al volante di quel grande camion?
Si chiamava Yvette Pottier e guidava un Berliet musone, un camion molto diffuso in Francia in quegli anni.
A Lilyane capitò ancora di incontrarla nel corso degli anni, quando finalmente anche lei si trovava al volante di un “poids lourd”. La salutava con un colpo di fari al quale Yvette rispondeva sempre, finché un giorno si fermò per abbracciarla, le raccontò che lei non voleva essere notata sulla strada, che per lei era normale guidare un camion e che ognuno doveva fare la sua strada.
Di Yvetteho trovato tempo fa questo vecchio articolo che purtroppo parla della sua scomparsa in un incidente stradale. Un incidente provocato da una Mercedes che viaggiando troppo velocemente urtò un camion che poi si scontrò con quello di Yvette uccidendola sul colpo.
Era il 9 marzo del 1987, aveva 62 anni, guidava i camion dal 1943 e non aveva mai fatto un incidente nella sua carriera di autista. Trasportava esclusivamente per Berger, delle bottiglie, 20 tonnellate e 3000 km minimo alla settimana. Aveva una grande passione per la “route” e tutti quelli che l’avevano conosciuta avevano di lei il ricordo di una “Grand Dame”!
Perché vi parlo di loro? Perché mi è sempre piaciuto leggere le storie delle altre donne camioniste. Scoprire che in questo mondo dell’autotrasporto ancora troppo maschilista, ogni tanto c’è una donna al volante di un camion.
E se ancora oggi quando ci vedono alla guida un po’ di stupore lo suscitiamo, posso solo vagamente immaginare come potesse essere la vita di una camionista in quegli anni. Soprattutto in relazione ai mezzi di allora.
Avete mai visto qualche film sui camionisti degli anni ’50? In realtà non ce ne sono molti, di italiano c’è “Esterina” del 1959, dove i protagonisti, tra cui Carla Gravina, Domenico Modugno e Geoffrey Horne, viaggiano su un vecchio Fiat 634, in Francia ce ne sono un paio che vedono Jean Gabin nelle vesti di un “routier”: “Gas-oil” del 1955 e “Des gens sans importance” (Appuntamento al km 424) del 1956. Non è dei film che vi voglio parlare, ma dei camion che viaggiavano sulle strade in quegli anni.
Quando ho iniziato io negli anni ’80 i camion erano già abbastanza moderni e servoassistiti, ma all’epoca in cui cominciò Yvette non era cosi, la comodità dell’autista non veniva ancora presa in considerazione, e pensare a una donna da sola al volante di un autotreno in quel periodo mi suscita un sentimento di grande ammirazione. E’ grazie a donne come lei – che non finirò mai di ringraziare – se anche noi anni dopo abbiamo potuto salire quei gradini, sederci in cabina e partire.
Se ancora oggi, 21 anni dopo il 2000, mi capita di sentirmi dire “Sei la prima camionista che vedo”, mentre in realtà (il condizionale è d’obbligo) dovremmo essere circa 2000 qui in Italia, cosa si saranno sentite dire le pioniere degli anni ’50? A quante battute legate al pregiudizio sulle donne al volante avranno dovuto ribattere dovendo in più dimostrare la propria bravura? Quello che molti uomini non capivano allora – e forse neanche oggi – è che le donne che scelgono di fare questo mestiere, al 90% lo fanno spinte dalla passione e non per pura necessità, per loro è inconcepibile pensare che una donna possa desiderare di fare questa “vitaccia” sui camion, e invece è proprio cosi. Lo si legge nelle pagine del libro di Lilyane, lo si legge nelle varie interviste ad altre camioniste pubblicate nel corso degli anni, lo si sente dire da quasi tutte le colleghe che si ha la fortuna di incontrare.
Vi è mai capitato di pensare qualcosa, di scriverlo su un quaderno, che fosse un’idea, un opinione, un ricordo, una considerazione e poi di ritrovare quelle stesse parole scritte pressoché nello stesso modo nelle pagine di un libro piuttosto che di un articolo su una rivista? Parole pensate e scritte da una persona che non avete mai conosciuto.
E’ quello che mi sta capitando leggendo il libro “38 tonnes de souvenirs en vrac” di Lilyane Slavsky detta “Fantastique” (Editions Cany). Qualche mese fa avevo linkato qui nel blog un articolo che raccontava la sua storia, di lei sapevo che era famosa in Francia in quanto una delle prime donne camioniste in quella nazione.
Ora lei ha scritto questo bellissimo libro di memorie corredato con tantissime foto che la ritraggono insieme ai camion che ha usato e altrettante foto di camion d’epoca che lei amava fotografare da ragazza. Alcuni di marchi sconosciuti in Italia!
Mi ritrovo a leggere i suoi racconti di vita e a confrontarli con le mie esperienze, ma soprattutto mi ritrovo a condividere al 100% i suoi pensieri su quello che è il nostro mestiere. La leggo con ammirazione perché quello che lei ha dovuto affrontare per farsi strada in un mondo maschile e maschilista è stato ben diverso da quello che è capitato a me, i miei inconvenienti sono all’acqua di rose in confronto ai suoi, dovuti soprattutto all’epoca in cui ha cominciato, anni in cui io stavo ancora imparando a camminare!
Ma l’amore a 360° per i camion, la passione per questo mestiere, l’entusiasmo mai sopito dal primo all’ultimo giorno della sua carriera al volante di un poids lourd sono gli stessi che provo anch’io, e credo anche molte di voi.
E’ bello pensare che ci sia un filo invisibile che unisce generazioni di persone, che gli fa provare gli stessi sentimenti e le stesse emozioni, creando una sorta di continuità nel tempo e nello spazio.
Quelle che leggo sono le sue avventure, sono le sue considerazioni, ma tra le sue parole ritrovo i miei stessi pensieri, il mio stesso amore per i camion. Mi piace credere che me li abbia trasmessi, non so come, non so quando, ma mi viene spontaneo di ringraziarla per avere aperto la strada con il suo coraggio e il suo entusiasmo (insieme ad altre poche donne) a tutte le ragazze che dopo di lei hanno intrapreso la carriera di camioniste. Quello che ancora oggi non è del tutto normale, cioè vedere una donna alla guida di un camion, in quegli anni era veramente “fantastico”!
Se conoscete un po’ di francese e amate il mondo dei “routiers” questo libro è per voi, ve lo consiglio con tutto il cuore!
Un articolo di qualche anno fa che racconta la storia di una delle prime camioniste francesi: Lilyanedetta “Fantastique“. Una pioniera del mestiere che ha dovuto affrontare l’ostilità di alcuni colleghi dell’epoca, ma che non si è mai arresa ed è riuscita a fare il mestiere che sognava! Una grande donna che vincendo i pregiudizi ha aperto la strada alle colleghe arrivate dopo di lei alla guida di un camion.
Lilyane Slavsky se souvient avec émotion de ses années passées sur les routes de France.
« Fantastique » s’inscrira à l’avant du camion.
Elle n’a jamais renoncé à la jupe et aux talons.
Lorsqu’elle nous ouvre le portail de son jardin, c’est en robe et collier de perles, un âne pendu à ses basques. A « 79 ans, bientôt », Lilyane Slavsky n’a rien perdu de sa superbe, fidèle au mythe « Fantastique », ce surnom hérité de Max Meynier (lire ci-contre) dans les années 70. La Solognote sillonne alors les routes de France au volant de son 35 tonnes.
Une pionnière “ poids lourd ”
Elle est l’une des premières femmes à avoir embrassé la profession de chauffeur routier, hors cadre familial et avec un vrai contrat de travail. Loin de se fondre dans la masse masculine, Lilyane Slavsky affirme sa féminité avec force. La revendique, même, en grimpant sur le marchepied de son semi-remorque en petit tailleur et talons hauts. « De 10 cm, mes talons ordinaires »,précise-t-elle. « J’ai toujours été féminine et je n’ai jamais porté un pantalon de ma vie ».
Comment est-elle devenue Fantastique ? A l’écouter, c’était une évidence. « Déjà toute petite, les camions étaient ma passion, la mécanique, l’odeur de gazole, j’ai toujours aimé ».Fille d’agriculteurs romorantinais, Lilyane Slavsky n’attendra d’ailleurs pas bien longtemps pour conduire son premier camion. En 1957, « j’avais rencontré un chauffeur qui m’emmenait à Paris pour voir une amie. C’est là que j’ai appris à conduire »,retrace-t-elle.
Sa carrière démarre dans un bureau de l’armée de terre, mais dès que l’occasion se présente, elle accompagne son mari, routier évidemment. « C’est moi qui conduisais le camion la nuit, mais ça le patron ne le savait pas », glisse, malicieuse, celle qui passera finalement son permis poids lourd en 1964. Son premier contrat tombe finalement en 1974, chez Onatra à Roissy. Au volant de sa citerne de gaz comprimé, elle approvisionne les centrales nucléaires, abattoirs et hôpitaux du territoire. Pendant ces 10 années, Fantastique se forge un nom, ou plutôt le surnom qui ne la quittera plus jamais. « Personne ne connaissait mon vrai nom », assure d’ailleurs Lilyane Slavsky. « Ma notoriété a commencé à monter ».
“ Les femmes, ça m’emmerde… ”
A elle la liberté, l’indépendance, l’autonomie. Mais aussi les premières déconvenues. Si certains chauffeurs précurseurs lui lancent des « une femme comme toi qui conduit des camions je trouve ça fantastique ! », la misogynie n’est jamais bien loin. « On m’a fait beaucoup de misères à l’intérieur de l’entreprise, mais je n’ai rien dit et ça a fini par passer »,confie-t-elle près de quarante ans plus tard. Les actes ont parfois dépassé les paroles : « On m’a envoyé deux fois au fossé, débranché mes tuyaux de gazole, inversé les flexibles de freins, volé mes batteries », égrène-t-elle, certainement renforcée dans sa volonté inébranlable de s’imposer dans le métier. Lorsqu’elle se présente pour trouver un emploi chez le Breton STG, la réponse est des plus directes. « Les femmes ça m’emmerde, mais je prends le risque »,s’entend-elle dire. Lilyane Slavsky y restera 7 ans. « On était 600 chauffeurs, j’étais la seule femme »,replante-t-elle le contexte de l’époque.
Lorsque son père tombe malade, en 1990, Fantastique décide de tout quitter pour revenir au pays, s’occuper de ses parents en fin de vie. Ses rêves de longs trajets, restent alors bien enfermés, jusqu’à ce que Philippe Janvier, transporteur à Vernou-en-Sologne, ne lui demande de reprendre du service pour assurer des transports saisonniers vers l’Allemagne. Ce qu’elle fera jusqu’à 70 ans. L’heure de couper le moteur, d’oublier l’odeur de gazole, les arrêts en bord de route, les manœuvres périlleuses. En partie, car Lilyane n’a jamais oublié Fantastique : « Toutes les nuits je rêve que je suis en camion, que je suis sur la route ».
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