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La storia di Lola

 

Ecco un’altra bella storia di una ragazza che ha mollato tutto per diventare camionista, non il sogno di una vita, ma una scelta maturata negli ultimi anni e ora realizzata, questa è la storia di Marta, “Lola” per gli amici, la trovate nelle pagine di “Uomini e trasporti”  a questo link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/come-lasciare-tutto-per-correre-dietro-a-un-camion/

 

L’articolo,  di Elisa Bianchi,  inizia cosI:

Come lasciare tutto per correre dietro a un camion

Stravolgere la propria vita per inseguire il sogno di guidare un camion. No, non è la trama di un bel film, ma una storia di vita vera e, soprattutto, una storia di coraggio e determinazione. È la storia di un’autista, Marta Bertazzo – “Lola” per chi la conosce e la vede a bordo del suo mezzo – che dopo quindici anni trascorsi a lavorare come grafica pubblicitaria ha lasciato tutto per ritrovare se stessa, in cabina

39 anni, coraggio da vendere e la calma nella voce di chi sa di aver intrapreso la strada giusta, Marta soppesa le parole, così come racconta di aver soppesato bene la sua scelta prima di lanciarsi in questa avventura. «Mi è sempre piaciuto guidare, ma mai avrei creduto di farlo per lavoro. È un sogno relativamente recente, un’idea che ha iniziato a balenarmi in testa solo qualche anno fa, fino ad allora l’unico camion che avessi mai visto era quello della Coca Cola nelle pubblicità natalizie», racconta ridendo.

Cosa è scattato poi?

Sono una persona riflessiva, se mi viene un’idea non la assecondo subito, lascio che si sedimenti e quando mi rendo conto che continua a tornarmi in testa, allora valuto il da farsi. Cinque anni fa quando ho capito che quella per la guida era una passione troppo forte ho comprato un fuoristrada. Ho iniziato ad approcciarmi a questo mondo e mi è piaciuto. Allora lavoravo come grafica e sviluppatrice di siti internet, nessuno in famiglia faceva l’autista, mio papà era un programmatore di software, mamma un’educatrice privata. Non è stata una decisione presa d’istinto quella di lasciare tutto per fare l’autista. Ho aspettato, ho riflettuto e alla fine ho deciso. Mi piaceva lavorare come grafica, ma a un certo punto mi sentivo troppo dentro a quei pixel, avevo bisogno di persone, di concretezza, avevo bisogno dell’asfalto. Era l’autunno del 2019 quando mi sono iscritta per prendere la patente C, poi è arrivato il Covid. Ho studiato durante il lockdown e nel giro di un anno ho preso anche la CQC e la E. Sapevo di dover arricchire il mio curriculum, completamente vuoto in questo settore, per crearmi più possibilità in futuro.

 

(…) il resto della storia di Lola nella pagina ufficiale di “Uomini e trasporti”

Buona strada Marta!!!

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Benvenuta Giulia!

 

Questa è la storia di un’altra Giulia, nuova collega di Follonica a bordo di un camion alla quale auguriamo tanta buona strada!

Questo è il link dell’articolo che racconta la sua storia:

https://www.ilgiunco.net/2021/08/06/il-lavoro-che-cambia-giulia-prima-donna-a-guidare-i-camion-della-cooperativa/

Inizia cosi:

FOLLONICA – È di oggi la notizia del conseguimento della patente C per Giulia Boschi, la giovane socia di 28 anni e dipendente della Cooperativa Melograno.

Attraverso il “Bando di sostegno al conseguimento patenti per aspiranti autisti per le cooperative del settore merci” emanato dalla Fondazione Noi – Legacoop Toscana, Giulia ha raggiunto un obiettivo importante per quanto riguarda l’inclusione lavorativa di genere. Giulia, infatti, è la prima donna all’interno della Cooperativa Melograno ad aver conseguito questo importante traguardo. Giulia è inoltre iscritta al corso Cqc (carta di qualificazione del conducente) e dovrà sostenere gli esami per il conseguimento della qualifica e partecipare ai relativi corsi di aggiornamento previsti per mantenere l’abilitazione. (…)

Il resto lo potete leggere nella pagina  de “IL GIUNCO.net” il quotidiano della Maremma.

 

 

 

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La storia di Celia!

 

Un’altra bella storia di una giovane collega, Celia,  al volante di un camion ma anche dell’azienda di famiglia!

L’articolo è su Novionline, questo è il link:

https://novionline.ilpiccolo.net/generic/2021/03/08/news/otto-marzo-il-messaggio-di-celia-ogni-donna-segua-la-sua-strada-122737/

Inizia cosi:

la testimonianza

Otto Marzo, il messaggio di Celia: «Ogni donna segua la sua strada»

A 22 anni ha aperto un’azienda di autotrasporti e adesso fa (anche) la camionista

08 Marzo 2021 ore 20:32

di Elio Defrani

celia

Celia Tivadar

BORGHETTO BORBERA — Se c’è un augurio universalmente valido in occasione dell’Otto Marzo, è quello che ogni donna possa realizzare i propri sogni: che sia diventare imprenditrice di successo o essere madre di una famiglia numerosa, farsi eleggere presidente o sfilare in passerella o, perché no?, tutte queste cose insieme.

E c’è chi un desiderio è riuscito a realizzarlo, un po’ particolare magari, almeno agli occhi di un uomo: mettersi alla guida di un tir, un bestione della strada da 40 tonnellate. Già perché Celia Tivadar, 26 anni, un passato da modella amatoriale e da ballerina, ha scelto un mestiere tradizionalmente appannaggio dei maschi: camionista.

Di origine romene, da 13 anni abita a Borghetto Borbera e nel 2017, con i genitori Petru e Crina e con il fidanzato Daniel ha fondato la Quattro Autotrasporti, di cui è gestore dei trasporti oltre che autista.

(….)

Il resto dell’articolo lo trovate sul sito ufficiale

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Buona strada sempre Celia!

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Camioniste “eccezionali”!

 

Si, sono camioniste “eccezionali” per il genere di trasporti che fanno le due protagoniste di questo documentari di ARTE, un’emittente franco.tedesca.

Loro sono Iwona Blecharczyk (la famosa collega polacca nota come  “Trucking girl”) e Anja Bowens.

Tutte e due sono molto appassionate del loro lavoro, il video racconta la loro vita al volante di un camion per trasporti eccezionali, con tutto ciò che questo comporta.

E’ in tedesco, ma si possono mettere i sottotitoli in italiano!

Buona visione e buona strada sempre!

 

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Fare o non fare la camionista?

 

Fare o non fare la camionista? Questo è il dilemma! Chissà se sono tante o poche le ragazze in cerca di lavoro che si pongono questa domanda oggi, anno 2021. La pongo io per curiosità, c’è un gran parlare di carenza di nuovi autisti, di ricambio generazionale, di provare a rivolgersi alle donne per colmare questo gap.

Le stesse donne che comunque, ancora oggi, in alcune zone si scontrano con pregiudizi e maschilismo. Oggi come dieci, venti, trenta, cinquanta e più anni fa.

Una volta la maggior parte delle donne che intraprendeva questa “carriera” lo faceva perché veniva da una famiglia di autotrasportatori, chi aveva il marito camionista, chi il fratello, chi il papà. Quella era la loro porta di ingresso in questo mondo da sempre appannaggio degli uomini. Molto più difficile era riuscire a diventare autiste dipendenti partendo solo da una passione innata, dalla voglia di una vita diversa.

Quelle che ci riuscivano spesso era perché chi le assumeva voleva solo metterle alla prova, convinto già in partenza che non ne erano in grado, “Vediamo quanto duri su un camion!”, pronti a scommettere che alla prima difficoltà avrebbero rinunciato. E invece… invece gli uomini non hanno mai capito, o hanno fatto finta di non capire, che per una donna fare la camionista non era un capriccio temporaneo ma una vocazione profonda.

E purtroppo, per chi spera di risolvere il problema della mancanza di nuovi autisti ingaggiando le donne, era e credo sia ancora, un desiderio di una minoranza (anche se negli anni ’90 ci fu un’inchiesta che rilevò che il sogno delle italiane era di fare la camionista…ma sono passati tanti anni da allora!).

E se è  anche vero che ci sono donne che hanno aspettato anni per realizzare il proprio sogno di guidare un camion è altrettanto vero che non ci sono poi cosi tante ragazze disposte a farlo.

Guardatevi in giro, anzi guardate nelle cabine dei camion che incrociate, se siete fortunati in una giornata magari ne vedrete anche un paio di donne al volante, ma in rapporto a quanti uomini? Le statistiche dicono che le camioniste sono il 2% del totale degli autisti, a volte penso che sia una stima fin troppo alta…

Eppure sarebbe bello se questo mestiere si tingesse un po’ più di rosa, ma resto dell’idea che sarà molto difficile.

Perché? Perché il nuovo modo di fare autotrasporto sta togliendo “poesia” al mestiere, si guarda solo ed esclusivamente al profitto fine a se stesso, l’autista è solo un ingranaggio di un meccanismo sempre più sofisticato dove conta solo la consegna del carico nel più breve tempo possibile e al minor costo possibile. Il camionista, uomo o donna che sia, non ha più nessun valore dal punto di vista umano.

 

Cosi, quando scomparirà l’ultima generazione di camionisti che hanno vissuto gli anni belli dell’autotrasporto e che ancora cercano di svolgere il mestiere con passione ed umanità, perché sono nati e cresciuti in mezzo ai camion, quando non ci saranno più loro sarà la “catastrofe” totale. Sui camion ci saliranno (forse) solo persone che hanno bisogno di uno stipendio, persone  per cui un lavoro vale l’altro, e la figura del camionista, uomo libero, con la strada nel cuore, con la voglia di partire per rincorrere sempre nuovi orizzonti ma anche con un grande amore per il proprio mezzo, considerato come un compagno di vita, scomparirà del tutto, diventerà mitologia.

Io credo che se le cose continueranno cosi, se la disumanizzazione del settore non si fermerà, le donne sui camion non ci saliranno, le donne inseguono i loro sogni, e se la realtà non corrisponde alle aspettative, cambieranno prospettiva.

L’unica speranza è che siano le donne a ridare dignità, cuore, sensibilità e passione a questo mestiere. Ma non so se ci riusciranno, sono sempre state troppo poche e le leggi di mercato stanno stritolando tutto.

In ogni caso, buona strada sempre!

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La storia di Sara e di Sara!

 

Due belle storie di due colleghe che hanno in comune il nome, Sara, la passione per i mezzi pesanti e anche la marca del camion: Volvo!

Gli articoli li ho trovati appunto nel sito di Volvo Truck Italia, ecco i link:

https://www.volvotrucks.it/it-it/news/magazine-online/2021/May/Mamma_camionista_volvo_ambassador_l_avventura_di_Sara_Marino.html

Mamma, Camionista, Volvo Ambassador: l’avventura di Sara Marino

| 3 Minuti
Sara lavora nell’azienda Vittoria Group S.r.l. che ha fondato da giovanissima insieme al marito. Venti austisti da gestire ogni giorno e la voglia di salire su un camion che non si esaurisce mai. Alla guida di un Volvo, naturalmente.

Cosa volevi fare “da grande”?

La hostess sugli aerei. Sono cresciuta in Germania, sono madrelingua tedesca e parlo molto bene l’inglese. In Germania avevo iniziato a studiare per realizzare il mio sogno, poi mi sono traferita con la mia famiglia in Italia e il sogno ha preso una piega inaspettata.

Quando hai capito di voler diventare camionista?

È una passione che avevo fin da piccola, adoravo quando mio padre mi portava con sé. A 18 anni ho conosciuto mio marito, era già camionista e ho iniziato ad accompagnarlo in tanti viaggi. Quando abbiamo deciso di aprire la nostra azienda avevamo pochi mezzi ma già il problema di sostituire gli autisti malati. Prendere la patente è stata una scelta dettata quindi dalla situazione, ma ho capito da subito che si trattava della mia strada: non scenderei mai da un camion!

Che cosa ti piace di più e che cosa di meno del tuo lavoro?

Sul camion mi sento al 100% me stessa, protetta e libera. Alla guida di un camion, ogni giorno è un’avventura: non conta quanti chilometri devo percorrere, anche su una tratta breve ho l’opportunità di vedere e conoscere nuove persone e nuovi luoghi.

La cosa che mi piace di mento è legata all’essere una donna: spesso le persone mi sottovalutano, vogliono aiutarmi a scaricare anche se non ne ho bisogno. Non si tratta di galanteria, ma di mancanza di fiducia.

(…) continua nel sito Volvo

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https://www.volvotrucks.it/it-it/news/magazine-online/2021/May/Sara_Libbinori_Volvo_Ambassador.html

Sara Libbinori, Volvo Ambassador, è un prezioso jolly con la passione per la guida

| 3 minuti
Sara Libbinori ha 29 anni e lavora per la Ceroni S.r.l. di Montefiore dell’Aso (AP). Si occupa di tante cose, dalla logistica all’amministrazione. Ama tutto del suo lavoro, ma la cosa che in assoluto le piace di più è guidare un camion. Un Volvo, naturalmente.

Quando hai capito di voler diventare camionista?

Avevo 22 anni e lavoravo per un’azienda di scarpe di proprietà della moglie del mio attuale titolare. Ogni volta che vedevo rientrare un camion mi si accendeva una luce dentro. Così alla fine mi sono buttata: ho preso le patenti ed è iniziata questa avventura.

Abbiamo 10 mezzi, tutti Volvo FH: non guido tutti i giorni, ma quando lo faccio non vorrei mai smettere.

Che cosa ti piace di più e che cosa di meno del tuo lavoro?

Quando sali su un camion vedi il mondo letteralmente da una prospettiva diversa. Noi facciamo lungo raggio, capita di stare fuori anche di notte, ma guidare è la cosa che in assoluto mi piace di più, non mi pesa mai.

La cosa che mi piace di meno è il ritorno a casa, quando scendo dal camion!

In quale aspetto del tuo lavoro essere una donna ti aiuta e in quale ti limita?

Quando arrivo a destinazione e devo scaricare il camion, in genere le persone sono più gentili e si offrono di aiutarmi: una “cavalleria” positiva che mi fa piacere ricevere. In genere verso i colleghi uomini non dimostrano la stessa disponibilità e attenzione.

Ma ci sono purtroppo anche dei limiti: è una questione di sicurezza, soprattutto. Se devo fare un viaggio lungo, che prevede la sosta di notte in un’area di servizio, non viaggio mai da sola. Come donna corro maggiori rischi: è un limite che non dipende da noi donne, ma dal contesto.

Se fai il giornaliero, parti al mattino e rientri a casa in serata, non c’è differenza tra uomo e donna. Se fai il lungo raggio purtroppo i limiti ci sono, anche se non si tratta di difficoltà oggettive.

(…) continua nel sito Volvo

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Buona strada a Sara & Sara!

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La storia di Tiziana

 

Girando e rigirando nel web ho trovato anche la storia di Tiziana, è tratta da un libro:

https://www.acegasapsamga.it/chi_siamo/comunicazione_media/24ore/

che si trova anche in pdf a questo link:

https://www.acegasapsamga.it/binary/hera_acegas//2017_11_03_Acegas_booklet_web.pdf

che racconta la giornata lavorativa di 24 persone, donne e uomini che sono impiegati all’AcegasApsAmga di Trieste.

Tiziana è una delle protagoniste e guida un camion per la raccolta dei rifiuti per le vie della sua città.

Questo è il link del suo “capitolo”:

https://www.acegasapsamga.it/chi_siamo/comunicazione_media/24ore/pagina81.html

E questa è la sua storia:

“24 ORE IN ACEGASAPSAMGA”, UN LIBRO PER RACCONTARE L’AZIENDA

LA WONDER MAMMA E IL SUO MOTORE

 

  • 24
    ore 24:00

TIZIANA VILLANOVICH

RACCOLTA RIFIUTI URBANI A TRIESTE


 

Le mamme sono tutte una specie di supereroine. Vuoi per quella virtù tutta femminile di essere multitasking.
Vuoi per l’arte di inventarsi una cena per quattro persone in quindici minuti netti. Vuoi perché la mamma è sempre la mamma. Ma alcune lo sono più di altre. Soprattutto se, mentre si addormentano, i figli la possono immaginare ai comandi di un camion da 11 tonnellate, un colosso lucido che attraversa con borbottio possente la città. Ha molti occhi Tiziana Villanovich: due, impreziositi da un velo di ombretto celeste, le servono per controllare la strumentazione di bordo, i passaggi stretti per le vie del centro di Trieste e i cassoni dei rifiuti alzati dalle forche del suo camion.

Altri due, o forse di più, per vigilare sul sonno dei suoi bambini, Nicholas e Kevin, mentre lei di notte svuota i contenitori della plastica in città. Perché una madre turni non ne ha mai: è in servizio attivo permanente 24 ore al giorno.
Una cosa però è certa: quel lavoro non solo se l’è scelto, ma se l’è conquistato passo dopo passo, con la determinazione che solo una donna può mettere nel raggiungere uno scopo.

Una determinazione che raddoppia se l’ambiente, quello della gestione rifiuti, è tipicamente maschile. Tiziana è entrata nell’allora Acegas nel 2003 con le idee già chiare: guidare i camion. E ha iniziato dal basso: in coppia con un autista a movimentare a mano i cassonetti da svuotare. Un lavoro duro per un uomo, con sollecitazioni importanti ai polsi e alla
schiena, figurarsi per una donna.
Poi, dopo qualche anno, l’acquisizione della patente C e finalmente il passaggio alla guida: prima su camion di dimensioni
normali con carico posteriore, poi sui monoperatori. Bestioni da quattro assi capaci di regalare uno sguardo inedito sulla città.

“A guidare da quell’altezza, alle volte Trieste appare diversa”, spiega. “Appaiono dettagli dei palazzi o delle strade stesse, di cui non ti accorgi guidando un’auto”.
Ma quello fra Tiziana e i motori era un appuntamento scritto dal destino molti anni prima. Quando a quella ragazza rossa con le lentiggini tirò un brutto scherzo. Lei amava gli aerei militari e avrebbe dato qualunque cosa pur di pilotarli.
Da bambina aveva passato domeniche con i genitori oltre le recinzioni della base militare di Aviano. Il naso all’insù, il cuore a inseguire quel rombo supersonico e un sogno: essere un giorno ai comandi di quei jet. Avrebbe fatto qualunque cosa, anche accettare i rigori della vita militare, ma non fu possibile.

“Allora esisteva una norma che impediva alle donne di guidare gli aerei militari per via della cassa toracica troppo piccola”.
Adesso ci ride sopra, però le costò parecchio accettarlo. “Più avanti venne superata, ma avevo già 26 anni e ormai la mia vita aveva preso un’altra piega”.
Una piega comunque sempre con un volante in mano, perché prima del lavoro in AcegasApsAmga, Tiziana per anni ha guidato spazzatrici stradali per conto di un’azienda privata.
“Non c’è solo la bellezza dello spostamento, guidare mi è sempre piaciuto”, spiega. “A differenza di tanti, mi rilassa, anche se sono nel traffico di Trieste”. Che neppure di notte è una passeggiata, soprattutto se ti capita di lavorare su vie strette, piene di auto in sosta e locali, come quelledel centro città. Ma per quello ci sono i molti occhi di Tiziana. Quello che magari infastidisce è il nervosismo delle persone che si incrociano sugli altri mezzi.

“È forse questo l’aspetto più stressante: avere a che fare con gente che spesso è frenetica, nervosa… direi, addirittura furiosa. E gli uomini decisamente di più delle donne”.

Ma Tiziana anche se non guida aerei, lo spirito militare ce lo ha dentro comunque. E ha imparato bene a mantenere il sangue freddo in ogni situazione, a non farsi mai prendere la mano. Anche perché, in quasi 25 anni di lavoro in un ambiente per lo più maschile, ha avuto più di un’occasione per esercitarsi nell’arte della cortese fermezza.

“Del resto dobbiamo essere concentrati sul servizio, che poi è quello che dà più soddisfazione. Soprattutto perché vedi immediatamente il frutto di ciò che fai. Se lavori a regola d’arte la città è pulita e si vede”.
Poi alle volte non basta neppure la perizia marziale di Tiziana. Magari di fronte a qualcuno che da uno scooter in movimento cerca di fare canestro (e sbaglia, ovviamente), lanciando un sacchetto dell’immondizia.
O constatando i tanti, troppi, rifiuti ingombranti che ancora vengono ammassati all’esterno dei cassonetti.
“Abbiamo da anni un servizio di ritiro gratuito, i camion tappezzati di pubblicità… Non so davvero cosa si possa fare di più…”.
Ma la marcia di Tiziana non si ferma certo davanti a un manipolo di distratti. Scrolla le spalle, sale in cabina e veste i panni della Wonder Mamma, che con il suo grande motore rinnova ogni giorno la bellezza di Trieste.


Buona strada Tiziana!

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La storia di Nadia

 

Sempre alla ricerca di notizie sulle colleghe, ho trovato la storia di Nadia, da muratore a camionista!

Questo è il link:

https://muncitoriiromaniinitalia.blogspot.com/2018/03/nadia-da-muratore-camionista-mi_15.html

E questo il testo:

 

Nadia, da muratore a camionista «Mi rispettano, ma quando mi presentavo in cantiere tutti sgranavano gli occhi»

BELLUNO. Muratore e camionista sono lavori per soli uomini? Chiedetelo a Nadia Maierean e vi risponderà con il sorriso che lei ha imparato a farsi rispettare dai sui colleghi uomini e che non è seconda a nessuno in quello che fa. Nata in Romania 41 anni fa, Nadia è in Italia da 18 e da allora ha sempre lavorato tra cantieri e camion; un curriculum che, ancora oggi, farebbe pensare più a un uomo quando arriva sulla scrivania di qualche responsabile di risorse umane.
Sta di fatto che Nadia è stata iscritta alla Filca Cisl di Belluno, la categoria che rappresenta i lavoratori dell’edilizia, per 10 anni, fino a quando ha cambiato settore per diventare camionista. In questo periodo è stata anche l’unica iscritta donna al sindacato nel suo settore, se non si conta una giovanissima apprendista che si occupava di restauro, su circa 1500 tesserati della Filca in provincia di Belluno. «Ho imparato il mestiere di muratore e tuttofare lavorando con mia madre in Romania. Faceva l’imbianchina e la piastrellista», ricorda Nadia. «Quando sono partita per arrivare in Italia ho deciso di sfruttare le mie conoscenze per trovare lavoro e ho lavorato in una ditta di serramenti come muratore, ricoprendo le mille mansioni dei cantieri. Questo fino all’anno scorso, quando ho preso la patente C e ho deciso di lavorare sui camion».
Il rapporto con i colleghi maschi non è stato sempre rose e fiori perché di primo acchito ai lavoratori maschi sembrava impossibile che una donna potesse fare lavori tanto pesanti «ma», spiega ridendo Nadia, «se mi rispettano io rispetto loro, se non lo fanno ci penso io a mettere le cose in chiaro. E quando mi vedono scaricare da sola tre/quattro tonnellate di merce al giorno mi rispettano subito».
Come prevedibile Nadia non ha mai avuto colleghe donne e, anche quando si è dovuta presentare a qualche colloquio di lavoro, lo stupore era sempre inevitabile: «Ogni volta che mi presentavo per un lavoro in cantiere tutti sgranavano gli occhi, poi toccava a me far vedere che non sono da meno di un uomo. Anche quando mi sono proposta per fare le consegne con il camion è stato così e i dirigenti dell’azienda per cui lavoro sono stati bravi a darmi fiducia, anche perché avevo la patente C da pochi mesi e non avevo mai avuto esperienza in questo settore».
Quello che sta più a cuore a Nadia quando racconta la sua storia è dire che fa un lavoro che le piace e che non lo cambierebbe per nessun altro, un esempio di forza e tenacia che le ha permesso col tempo di far cadere ogni tabù e di raggiungere la parità nel suo lavoro. (f.r.)

 

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Un video da Rai Due con Angela e Martina

 

Un video tratto dalla trasmissione TG2 “Lavori in corso”,  trasmesso in occasione dell’8 marzo 2018.

Si parla di donne che fanno lavori maschili, tra pregiudizi e discriminazioni, gli anni passano ma sono ancora difficili da superare in molte zone d’Italia, però piano piano sembra che qualcosa stia cambiando. Speriamo in bene!

Un saluto alla collega Angela e la futura collega Martina!
Buona strada a tutte sempre!

 

 

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La storia di Dorica

Questa storia inizia un paio di anni fa, quando Dorica è stata la prima donna assunta presso la ditta di trasporti SMET, si parlava di quote rosa, chissà se è rimasta l’unica o ha altre colleghe?

In ogni caso: buona strada Dorica!

Questo è il link dell’articolo:

http://www.informatorenavale.it/news/la-simpatica-nonna-alla-guida-di-un-t-i-r-della-flotta-smet/?fbclid=IwAR0Y48VlStV2QWlgdsXQblzc-fnHghukbb6D9hqOw_s3oisgKQm1r5yJOIY

E l’articolo:

LA SIMPATICA NONNA ALLA GUIDA DI UN T.I.R. DELLA ”FLOTTA” SMET

dorica-coreaDorica Corea e

Domenico De Rosa

 

Salerno, 19 dicembre 2018 – “Si tratta di un primo importante passo verso l’inserimento nel nostro organico di un numero sempre maggiore di quote rosa. Vogliamo essere un esempio per tutto il settore dei trasporti, anche per quanto riguarda le pari opportunità: oggi le donne devono avere libero accesso a una professione che da sempre è considerata
appannaggio esclusivo degli uomini”.
Così Domenico De Rosa – Amministratore Delegato del Gruppo SMET, leader a livello europeo nel settore della logistica integrata – ha commentato l’ingresso in azienda di Dorica Corea, la prima donna autista che, assunta lunedì 17 dicembre, dopo una prova guida a Torino verrà impiegata a Pisa.
Dorica Corea, nata in Romania 47 anni fa, ha un figlio ed è nonna di due bambini. Ha conseguito le patenti C ed E nel 2007 presso la Scuola Europea di Empoli e, dopo una decennale esperienza di guida, ha scelto di entrare nell’organico del Gruppo SMET, pioniere in Italia non solo del trasporto sostenibile ma anche delle pari opportunità.
Ha alle spalle un lungo percorso di lavoro: prima di dedicarsi a questa professione ha infatti lavorato per molti anni presso diverse carrozzerie e pompe di benzina. “Essere donna autista, soprattutto agli inizi del percorso professionale, può non essere semplice – ha dichiarato Dorica – Non solo per gli orari che mal si conciliano con le esigenze della famiglia, ma anche perché ci sono moltissime cose da imparare: occorre conoscere la segnaletica, saper pianificare il viaggio, saper realizzare piccole manutenzioni, saper coordinare le operazioni di carico e scarico e valutare l’eventuale presenza di danni alla merce”. Ed ha aggiunto: “Non mi sono mai scoraggiata, perché ritengo che le donne abbiano la possibilità e le capacità per affermarsi anche in questo settore. E perché ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada colleghi uomini sempre solidali e disponibili. I loro consigli sono stati molto utili”.


Poi continua in quest’altro articolo:

http://www.camionefurgonimag.com/dorica-corea-camionista-per-passione/

Tutto da leggere:

Dorica Corea, camionista per passione

4 febbraio 2019

Ha lottato tutta una vita per perseguire il proprio obiettivo, fare la camionista come il papà

Nata in Romania 47 anni fa, Dorica è migrata in Italia nel 2000 a causa della sfavorevole congiuntura economica del suo paese di quegli anni.

“La mia passione, sin da bambina, è stata sempre il camion. Sia mio padre che mio fratello maggiore facevano i camionisti ed io ero felice di andare a pulire le cabine dei loro mezzi pur di salirci – ricorda Dorica – Vedere mio padre alla guida dei camion mi trasmetteva tanta passione. Sapevo che il mio destino era quello.”

Tuttavia per guidare il camon occorrevano le patenti che, già all’epoca, avevano il loro costo. Così dapprima Dorica, pur di stare vicino a quel mondo e pagarsi i corsi di guida, si mise a lavorare presso una carrozzeria: “Mi occupavo del lavaggio, della lucidatura e della verniciatura di vari veicoli, oltre che del montaggio e smontaggio di pezzi.”

Poi dopo la carrozzeria è stata la volta di un distributore di gasolio. Finalmente nel 2007, dopo tanti sacrifici, Dorica è riuscita a prendere le tanto agognate patenti: “Appena conseguita la patente ‘E’, ho iniziato a lavorare con piccole ditte. Ma il mio desiderio era quello di entrare in una grande Compagnia di trasporti per poter avere una sicurezza economica da garantire alla mia famiglia – già perché Dorica non solo è mamma, ma anche nonna – In quegli anni ho guidato camion di tutti i tipi e marche, però il mio preferito è lo Stralis Iveco.”

“Mi ritengo molto fortunata come camionista. Da quando ho iniziato questa attività non ho mai avuto noie particolari tranne lo scoppio di uno penumatico nel 2010 – ricorda Dorica –  tuttavia, grazie al mio carattere ho gestito il tutto con lucidità e naturalezza, tanto da poter definire quell’esperienza ‘normale amministrazione’. Da sempre riesco a gestire tutto ciò che mi accade con calma e lucidità. Poi so di molte colleghe che hanno avuto difficoltà nel farsi accettare in questo mondo prettamente maschile. Per mia fortuna devo dire che il rapporto con i miei colleghi maschi è stato sempre cordiale e ricco di collaborazione.”

Anche i rapporti familiari per una camionista non sono facili da gestire: “Ora vivo con un compagno. Anche se con difficoltà, lui ha accettato il mio lavoro. Ha capito che è la mia vita, la mia passione e che io non sarei la stessa senza la guida del camion. Fa parte di me. Diverso il discorso dei nipotini. Sarebbe difficile ora come ora gestire dei bimbi piccoli. Ora vivono in Romania con i miei familiari. Riesco a vederli un paio di volte all’anno. In quell’occasione recuperiamo tutto il tempo perduto ed è come se non ci fossimo mai lasciati!”

L’assunzione alla SMET per Dorica, oggi a 47 anni, è stato il coronamento di una vita di sacrifici: “Oggi sono molto soddisfatta del lavoro che faccio. Sono alla guida di uno splendido Iveco Stralis alimentato a gasolio. Corro per l’Italia in lungo e largo. Mi piace molto effettuare viaggi dalla Toscana per il Piemonte. Adoro i paesaggi tra queste due regioni. Il lavoro intermodale, oggi, ha sicuramente diminuito i chilometri che si effettuano quotidianamente. Io oggi ne faccio un numero giusto. Spesso capita di dover dormira in cabina, ma fa parte del lavoro. Gli unici momenti ‘noiosi’ sono le lunghe attese per il carico e lo scarico dai clienti. Insomma non cambierei il mio lavoro per tutto l’oro del mondo. Io penso che ogni individuo sia padrone del proprio destino seguendo la propria vocazione.”

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