Antonella & la Sirenetta su TGR Calabria
Una video intervista ad Antonella a bordo della sua bellissima Sirenetta su TGR Calabria.
Buona strada sempre Antonella!!!
Una video intervista ad Antonella a bordo della sua bellissima Sirenetta su TGR Calabria.
Buona strada sempre Antonella!!!
La prima donna camionista in Spagna (e forse anche in Europa) fu Celia Rivas Casais, classe 1912. Una vera pioniera del settore!
Suo padre trasportava prodotti ittici e altre mercanzie da Calcoba a La Coruña, e poi tornava con prodotti che non raggiungevano facilmente la zona, per venderli. . Nel 1932, comprò un nuovo camion, uno Chevrolet, ma poi per problemi di salute non potè guidarlo, cosi chiese alla maggiore delle sue figlie, Maria, di fare la patente. Lei come le sue sorelle resto allibita dalla richiesta del padre, in Spagna all’epoca non c’erano donne camioniste! Ma lui rispose che quando era stato in America aveva visto delle donne guidare i camion, perchè non poteva farlo anche lei? Maria però non se la senti’ di provare, fu la sorella più giovane, Clelia ad accettare la proposta del papà e a fare la patente. Il giorno dell’esame l’ingegnere non credeva fosse lei la persona da esaminare, ma alla fine, dopo averla “torchiata” per bene dovette ammettere che era molto più preparata di molti uomini che aveva esaminato! (…)
Il resto della storia di questa pioniera del camionismo in rosa la trovate in questi articoli spagnoli:
https://acorunhadasmulleres.gal/celia-rivas-casais/
https://solocamion.es/soy-camionera-celia-rivas-casais-fuente-de-inspiracion/
C’è anche su wikipedia!
Vi è mai capitato di pensare qualcosa, di scriverlo su un quaderno, che fosse un’idea, un opinione, un ricordo, una considerazione e poi di ritrovare quelle stesse parole scritte pressoché nello stesso modo nelle pagine di un libro piuttosto che di un articolo su una rivista? Parole pensate e scritte da una persona che non avete mai conosciuto.
E’ quello che mi sta capitando leggendo il libro “38 tonnes de souvenirs en vrac” di Lilyane Slavsky detta “Fantastique” (Editions Cany). Qualche mese fa avevo linkato qui nel blog un articolo che raccontava la sua storia, di lei sapevo che era famosa in Francia in quanto una delle prime donne camioniste in quella nazione.
Ora lei ha scritto questo bellissimo libro di memorie corredato con tantissime foto che la ritraggono insieme ai camion che ha usato e altrettante foto di camion d’epoca che lei amava fotografare da ragazza. Alcuni di marchi sconosciuti in Italia!
Mi ritrovo a leggere i suoi racconti di vita e a confrontarli con le mie esperienze, ma soprattutto mi ritrovo a condividere al 100% i suoi pensieri su quello che è il nostro mestiere. La leggo con ammirazione perché quello che lei ha dovuto affrontare per farsi strada in un mondo maschile e maschilista è stato ben diverso da quello che è capitato a me, i miei inconvenienti sono all’acqua di rose in confronto ai suoi, dovuti soprattutto all’epoca in cui ha cominciato, anni in cui io stavo ancora imparando a camminare!
Ma l’amore a 360° per i camion, la passione per questo mestiere, l’entusiasmo mai sopito dal primo all’ultimo giorno della sua carriera al volante di un poids lourd sono gli stessi che provo anch’io, e credo anche molte di voi.
E’ bello pensare che ci sia un filo invisibile che unisce generazioni di persone, che gli fa provare gli stessi sentimenti e le stesse emozioni, creando una sorta di continuità nel tempo e nello spazio.
Quelle che leggo sono le sue avventure, sono le sue considerazioni, ma tra le sue parole ritrovo i miei stessi pensieri, il mio stesso amore per i camion. Mi piace credere che me li abbia trasmessi, non so come, non so quando, ma mi viene spontaneo di ringraziarla per avere aperto la strada con il suo coraggio e il suo entusiasmo (insieme ad altre poche donne) a tutte le ragazze che dopo di lei hanno intrapreso la carriera di camioniste. Quello che ancora oggi non è del tutto normale, cioè vedere una donna alla guida di un camion, in quegli anni era veramente “fantastico”!
Se conoscete un po’ di francese e amate il mondo dei “routiers” questo libro è per voi, ve lo consiglio con tutto il cuore!
Buona lettura a tout le monde!
Girando nel web ho trovato questo libro: “CB Filomena” di Carmela Bruscella.
L’ho ordinato, mi è arrivato ieri e ora lo sto leggendo. E’ un romanzo in cui c’è la storia di una donna camionista… ma non vi dico di più…
Questo è il link:
https://www.letteraturaalternativa.it/shop/narrativa-italiana/cb-filomena-carmela-bruscella/
e questa è la descrizione che c’è sul sito:
Quando si pensa alla parola camionista, solitamente si immagina un
uomo muscoloso che possa domare un autotreno da centinaia di quintali. E
invece, esistono donne camioniste che guidano ogni giorno il proprio
mezzo, percorrendo migliaia di chilometri in lungo e in largo per
l’Italia e non solo. Ancora oggi esistono dei pregiudizi su questo
argomento, per cui è facile immaginare quali potessero essere negli anni
Settanta e Ottanta, quando le donne lottavano attivamente per avere i
minimi diritti nella società e certi lavori erano svolti solamente da
uomini.
Per Filomena fu proprio così.
Fin da piccola aveva avuto la passione per il camion e già guidava il cingolato con fierezza.
Era una donna forte nell’affrontare ogni ostacolo della vita. Moglie e
mamma di due maschi che hanno, fin da piccoli, manifestato la volontà di
fare gli autotrasportatori.
Filomena, a cui spesso i forzuti colleghi maschi dicevano “sei una
forza, sei grande”, orgogliosa del suo lavoro, ha sempre affrontato la
vita con un sorriso e con l’appoggio incondizionato di suo marito,
compagno fedele.
Informazioni aggiuntive
Isbn: 978-88-31468-09-1
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 84
Dimensioni: 15 x 21
Questo è un video della TV francese dell’inizio degli anni ’90 in cui cinque donne raccontano la loro esperienza come camioniste. Comune denominatore è la passione per questo mestiere.
Quante volte abbiamo sentito dire che all’estero le camioniste erano tante e ben accette…. la loro testimonianza conferma l’esatto contrario. Si trattava di un mestiere prettamente maschile in cui le donne venivano guardate con curiosità e spesso con diffidenza. Proprio come in Italia.
Bello rivedere le strade e i camion che circolavano in quegli anni, un altro tuffo nel passato!
Grazie a Philippe Fournet di pubblicare sempre bei video!
Buona visione e …. et bonne route!
La nostra cara Elda si racconta in questa bella trasmissione su Rai Tre insieme a sua figlia Marta!
“Tutto su mia madre”
Per chi non l’avesse vista in TV c’è raiplay:
https://www.raiplay.it/video/2020/10/Tutto-su-mia-madre-30648d31-eec6-4ae7-b88d-258ec269fe9b.html
“Lunedì 19 ottobre – Elda è una donna camionista: ha iniziato questo lavoro nei primi 2000, lasciando la sua occupazione da operaia per dare una mano al marito camionista. Oggi Elda e il marito hanno una ditta di trasporti a conduzione familiare dove lavora anche la figlia, Marta, che si occupa di contabilità. Marta ha un desiderio da confessare a sua madre: vorrebbe che Elda dedicasse più tempo a fare la nonna e meno al lavoro.”
Un tuffo nel passato… si perchè se ci ripenso sembra ieri, in realtà sono passati… ventinove anni! Correva l’anno 1991 e di manifestazioni dedicate ai camionisti non ce n’erano molte, i raduni erano là da venire, c’erano il Salone di Torino e la manifestazione “Il camionista dell’anno” che si svolgeva facendo varie selezioni in giro per l’Italia e si concludeva con la finale all’autodromo Santa Monica di Misano Adriatico. Quell’anno era sponsorizzata dalla Mercedes Benz.
Nel 1991 ci fu anche la “I Gimkana Femminile” a cui parteciparono diverse donne che facevano le camioniste in quel periodo e il cui numero nel settore dell’autotrasporto cominciava ad aumentare anche in Italia.
Ne ho già scritto tempo fa, avevo promesso di mettere un pò di foto che avevo scattato in quell’occasione, oggi mantengo la promessa: chissà se qualcuna si riconoscerà guardandole e se si ricorderà delle emozioni di quei giorni?
E per concludere qualche ritaglio di giornale con articoli dedicati alla manifestazione:
Vi ricordate di Marianna, la nostra collega premiata col Sabo Rosa nel 2014 come camionista dell’anno?
Ho trovato questo articolo di qualche settimana fa in cui racconta la sua storia, i suoi sogni e le sue soddisfazioni alla guida di un camion.
Questo è il link Di Verona Sette News (pag 14):
https://www.adige.tv/pdf/4970xweb10072020.pdf
E questo è l’articolo, buona strada sempre Marianna!
MARIANNA DAL DEGAN: CAPARBIETÀ E INTRAPRENDENZAALLA GUIDA DI UN BISONTE DELLA STRADA
Da sempre è ritenuto un luogo comune il credere che “certi mestieri siano solo al maschile”, perché li possono svolgere esclusivamente uomini forzuti, abituati ai sacrifici e con un alto spirito di adattabilità. E, ancor di più, questa congettura trova una sua certezza assoluta in alcuni lavori come quello del camionista, almeno fino quando non ci si ritrova ad essere affiancanti da un bisonte
della strada, con alla guida una simpatica e sorridente Marianna Dal Degan, ragazza determinata e testarda, concentratissima a svolgere il suo “mestiere da maschio” con un’infallibile professionalità.
Ma proviamo a conoscerla meglio Marianna, chiedendole di presentarsi ai lettori.
«Sono nata a Soave ed abito a Colognola ai Colli. La mia infanzia è stata molto difficile, portandomi a crescere in fretta. Molte delle sofferenze patite e poi superate sono, col tempo, diventate virtù che oggi mi rendono fiera di me stessa e dei valori che ho saputo costruire, nonostante tutto.
Le difficoltà familiari mi hanno portata a prendere una strada diversa da quella che sognavo da bambina, cominciando a lavorare molto presto, e nonostante tutto ho continuato a studiare
facendo scuole serali, per conseguire il diploma di operatrice agroindustriale.
Poi, un giorno sono andata in un’azienda di trasporti per lavare i loro mezzi e il titolare, notando il mio impegno e la mia tenacia, decise di assumermi. Il continuo contatto con quei veicoli grandissimi mi ha affascinato, facendo crescere in me la curiosità e il desiderio di prendere le patenti C ed E, mettermi alla loro guida e ritrovarmi, tutt’oggi, ancora a guidarli.»
Cosa vuole dire per lei l’essere alla guida di un TIR?
«Autista di un TIR non è solo guidare, ma avere assoluto rispetto ed amore per il proprio automezzo, curandolo e d assicurandogli le giuste attenzioni, oltre che rispettare strada, limiti e codici.»
E a rafforzare questo principio assoluto, sappiamo che ha ricevuto un premio importante, giusto?
«Vero –conferma con orgoglio Marianna- Nel 2014 è arrivata una grande soddisfazione per me: sono stata eletta “camionista dell’anno” dall’azienda Nuti Spa, specializzata nella produzione di ammortizzatori. Il riconoscimento è stato motivato dal fatto che, nonostante svolga un lavoro prettamente maschile, ho saputo mantenere la mia femminilità.»
Complimenti. Ma torniamo alla sua crescita professionale: ci racconti di oggi.
«Dopo una lunga carriera da autista dipendente, 3 anni fa ho dato vita alla mia azienda di trasporti con il desiderio di dare forza ad un mio principio nel quale credo fortemente: “se stiamo sempre fermi non possiamo crescere”. Sono consapevole dei rischi e le difficoltà di questa scelta, perché richiede sacrifici doppi: oltre che da autista anche da amministratore della società, ma ci credo, e credo in me stessa.»
Il lavoro del camionista è stato da sempre definito “maschile”: come lo vive una donna?
«Quando ho iniziato ero una delle poche donne in questo settore, poi col tempo si è sempre più arricchito di volti femminili ed oggi siamo tante. Certamente questo, che è per tutti un “lavoro
maschio”, mi ha permesso di attingere da quella stessa considerazione discriminante e sessista la determinazione e la forza d’animo per non arrendermi mai, forse anche perché amo le sfide.»
Ci racconta delle difficoltà e le soddisfazioni del suo mestiere?
«Lavorando nell’edilizia le difficoltà maggiori sono quelle di ritrovarsi in posti strettissimi nei quali un bilico ha difficoltà a muoversi e fare manovre, ma si trova sempre una soluzione pur di accontentare il cliente, che si trasforma in soddisfazione per te stessa e la tua azienda.»
Quanto ha inciso la pandemia nel mondo dei trasporti privati?
«È stata una prova molto dura da sostenere, e ancora lo è. Purtroppo, noi trasportatori non potevamo fermarci perché avrebbe significato non poter rifornire più i cittadini delle primarie necessità di cui si ha bisogno per il sostentamento quotidiano. Noi siamo una categoria poco tutelata da sempre; si consideri che durante la fase di chiusura totale, autisti come me, che dormono fuori di notte, non avendo possibilità di ristorazione e rifocillamento hanno dovuto sostenere prove davvero difficilissime di adattamento, figurarsi per una donna e le sue necessità igieniche, ancora più impellenti degli uomini, in certi casi. Con rammarico devo ribadire che è stata gestita male l’emergenza, oltre a considerare che sarebbe stato opportuno e più rispettoso riservare qualche ringraziamento
in più anche agli autisti, che non saranno eroi come medici ed infermieri, ma in questi mesi di blocco
totale, hanno permesso di trovare sempre i supermercati pieni di ogni genere alimentare e non.»
Ha proprio ragione Marianna. Sono davvero tanti i mestieri, come quello del trasportatore,
che sembrano appartenere ad una categoria di lavoro meno considerata, nonostante siano stati
fondamentali nel tenere unita l’Italia e permetterci di non essere privati di nulla, è ciò nonostante, non
ci sono medaglie o applausi per ringraziarli.
Giochiamo per un istante e si immagini Ministro dei Trasporti, cosa farebbe per migliorare la categoria?
«La prima cosa che farei sarebbe quella di istituire una tariffa unica di trasporto, che debelli la concorrenza sleale e sottocosto, che crea solo povertà e aumenta il fattore rischio per noi autisti,
sottoposti a massacranti turni di lavoro. Inoltre, stabilirei incentivi per i giovani che vogliono avvicinarsi a questo mondo, abbassando anche i costi delle patenti superiori. Ed, infine, darei più voce agli imprenditori per comprendere problematiche comuni e soluzioni da adottare per l’interesse
della categoria e non solo di pochi singoli.»
Ha le idee ben chiare Marianna, alla quale le chiediamo di svelarci un suo sogno.
«L’ho già realizzato il mio più grande sogno: avere una ditta di trasporti tutta mia, con la speranza di proseguire a lungo questa attività per me e tutti i miei autisti.»
Termina il nostro incontro con Marianna Dal Degan, ragazza intraprendente e determinata, che senza muscoli, ma tanta ostinatezza e impegno è alla guida di un’azienda di successo, che dirige in maniera esemplare, mettendo in pratica il suo migliore motto: «L’unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai.»
Gianfranco Iovino
14 VERONA SETTE CULTURA 10 LUGLIO 2020
Un’altra storia di una donna al volante di un camion, siamo ancora poche ma sempre di più!
Questo è il link dell’articolo che racconta la storia di Irma:
https://www.ilcentro.it/abruzzo/irma-io-donna-al-volante-di-un-bisonte-della-strada-1.2481434
E questo è l’articolo:
TORREVECCHIA TEATINA. Si abbinano le parole “donna” e “camion” e subito viene in mente il film di Dino Risi “Teresa”, con Serena Grandi nel ruolo della procace conduttrice di tir che scorrazza per le autostrade d’Italia. Dal 1987, anno di uscita della pellicola, ad oggi l’immaginario non è cambiato molto: di donne in cabina ce ne sono ancora pochine. Battutine e ammiccamenti, invece, non mancano affatto.
Orari complicati, chilometri da macinare, merci da consegnare in tempo, spesso in posti sconosciuti perfino al gps: la vita del camionista è dura, ma Irma Stumbriene, bionda lituana dagli occhi azzurri che ridono, non la cambierebbe. Dietro al volante è arrivata dopo aver fatto i soliti lavoretti, la cameriera, la barista: l’idea di guidare il tir la deve al marito, autista anche lui. «Ho cominciato nel 2013», racconta. «Lui faceva questo mestiere e, visto che guido bene, mi ha incoraggiata a prendere la patente C per i camion».
Un lavoro ancora prettamente maschile, quella del camionista, come tutti quelli che hanno a che fare con i motori. «Vedo qualche donna al Nord, poche a dire il vero, ma qui da noi forse sono l’unica», osserva Irma. Che comunque pensa che l’impegno e la serietà necessarie per affrontare questa vita siano qualità anche (e soprattutto) femminili. Donne e motori? Un binomio perfetto. «Non per vantarmi» si schermisce la bella lituana (che vive a Torrevecchia Teatina), «ma dicono tutti che guido meglio di un uomo. Guido l’autotreno con il rimorchio, il più difficile da “domare”. E secondo me le donne sono comunque più prudenti e attente nella guida, soprattutto se conducono un camion».
Altro che “roba da uomini”, insomma. Irma porta il suo “bisonte” sulle strade d’Italia, per chilometri, caricando e scaricando da sola la merce, dormendo in cabina se necessario. «Prima mi capitava più spesso di viaggiare di notte, ma è una vita che non si concilia tanto con la famiglia, con i figli», spiega. «Mi succede ancora di dormire fuori, ma mai per più notti: cerco di limitare questo tipo di viaggio, per poter stare più tempo con la mia famiglia».
E la diffidenza dei colleghi? I primi tempi qualche pregiudizio c’era, conferma Irma, ridendo. «Quando ho cominciato, era raro vedere donne alla guida dei tir e gli altri camionisti rimanevano stupiti. Poi ci hanno fatto l’abitudine». Anzi, a volte essere la “quota rosa” in un mondo di uomini può anche essere un vantaggio. «Capita», confessa con un tono tra il divertito e il complice, «che qualche collega più galante mi assista o mi avvantaggi nel carico della merce». Certo, qualche battuta fuori luogo arriva. «C’è sempre quello che lampeggia se vede al volante una donna, o che sorpassa strombazzando. Ma non ci faccio caso, faccio finta di niente e vado avanti per la mia strada».
Sembra non avere paura di niente, la bionda e determinata camionista. Pesanti operazioni di carico e scarico, lunghi viaggi in solitaria, la responsabilità di un mezzo mastodontico. «Solo una volta ho avuto apprensione», racconta, «durante una nevicata, con la strada bloccata da un tir che si era messo di traverso in un incrocio. Ma me la sono cavata, ho sganciato il rimorchio, ho fatto manovra e sono ripartita, con i complimenti dei vigili che mi osservavano tra lo scettico e lo stupito».
Per ora, insomma, Irma vede ancora tanti chilometri davanti a sé. E se non l’ha fermata neanche il lockdown per l’emergenza Covid, possiamo essere certi che li farà tutti. (s.d.n.)
Un articolo di qualche anno fa che racconta la storia di una delle prime camioniste francesi: Lilyane detta “Fantastique“. Una pioniera del mestiere che ha dovuto affrontare l’ostilità di alcuni colleghi dell’epoca, ma che non si è mai arresa ed è riuscita a fare il mestiere che sognava! Una grande donna che vincendo i pregiudizi ha aperto la strada alle colleghe arrivate dopo di lei alla guida di un camion.
Questo è il link dell’articolo
https://www.lanouvellerepublique.fr/loir-et-cher/commune/millancay/fantastique-lilyane-slavsky
E questo è il testo:
Publié le | Mis à jour le
Lorsqu’elle nous ouvre le portail de son jardin, c’est en robe et collier de perles, un âne pendu à ses basques. A « 79 ans, bientôt », Lilyane Slavsky n’a rien perdu de sa superbe, fidèle au mythe « Fantastique », ce surnom hérité de Max Meynier (lire ci-contre) dans les années 70. La Solognote sillonne alors les routes de France au volant de son 35 tonnes.
Une pionnière “ poids lourd ”
Elle est l’une des premières femmes à avoir embrassé la profession de chauffeur routier, hors cadre familial et avec un vrai contrat de travail. Loin de se fondre dans la masse masculine, Lilyane Slavsky affirme sa féminité avec force. La revendique, même, en grimpant sur le marchepied de son semi-remorque en petit tailleur et talons hauts. « De 10 cm, mes talons ordinaires »,précise-t-elle. « J’ai toujours été féminine et je n’ai jamais porté un pantalon de ma vie ».
Comment est-elle devenue Fantastique ? A l’écouter, c’était une évidence. « Déjà toute petite, les camions étaient ma passion, la mécanique, l’odeur de gazole, j’ai toujours aimé ».Fille d’agriculteurs romorantinais, Lilyane Slavsky n’attendra d’ailleurs pas bien longtemps pour conduire son premier camion. En 1957, « j’avais rencontré un chauffeur qui m’emmenait à Paris pour voir une amie. C’est là que j’ai appris à conduire »,retrace-t-elle.
Sa carrière démarre dans un bureau de l’armée de terre, mais dès que l’occasion se présente, elle accompagne son mari, routier évidemment. « C’est moi qui conduisais le camion la nuit, mais ça le patron ne le savait pas », glisse, malicieuse, celle qui passera finalement son permis poids lourd en 1964. Son premier contrat tombe finalement en 1974, chez Onatra à Roissy. Au volant de sa citerne de gaz comprimé, elle approvisionne les centrales nucléaires, abattoirs et hôpitaux du territoire. Pendant ces 10 années, Fantastique se forge un nom, ou plutôt le surnom qui ne la quittera plus jamais. « Personne ne connaissait mon vrai nom », assure d’ailleurs Lilyane Slavsky. « Ma notoriété a commencé à monter ».
“ Les femmes, ça m’emmerde… ”
A elle la liberté, l’indépendance, l’autonomie. Mais aussi les premières déconvenues. Si certains chauffeurs précurseurs lui lancent des « une femme comme toi qui conduit des camions je trouve ça fantastique ! », la misogynie n’est jamais bien loin. « On m’a fait beaucoup de misères à l’intérieur de l’entreprise, mais je n’ai rien dit et ça a fini par passer »,confie-t-elle près de quarante ans plus tard. Les actes ont parfois dépassé les paroles : « On m’a envoyé deux fois au fossé, débranché mes tuyaux de gazole, inversé les flexibles de freins, volé mes batteries », égrène-t-elle, certainement renforcée dans sa volonté inébranlable de s’imposer dans le métier. Lorsqu’elle se présente pour trouver un emploi chez le Breton STG, la réponse est des plus directes. « Les femmes ça m’emmerde, mais je prends le risque »,s’entend-elle dire. Lilyane Slavsky y restera 7 ans. « On était 600 chauffeurs, j’étais la seule femme »,replante-t-elle le contexte de l’époque.
Lorsque son père tombe malade, en 1990, Fantastique décide de tout quitter pour revenir au pays, s’occuper de ses parents en fin de vie. Ses rêves de longs trajets, restent alors bien enfermés, jusqu’à ce que Philippe Janvier, transporteur à Vernou-en-Sologne, ne lui demande de reprendre du service pour assurer des transports saisonniers vers l’Allemagne. Ce qu’elle fera jusqu’à 70 ans. L’heure de couper le moteur, d’oublier l’odeur de gazole, les arrêts en bord de route, les manœuvres périlleuses. En partie, car Lilyane n’a jamais oublié Fantastique : « Toutes les nuits je rêve que je suis en camion, que je suis sur la route ».
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