Un vecchio articolo che parla della sicurezza delle donne nelle aree di servizio tedesche e che le paragona a quelle italiane, c’è anche l’opinione di una collega, Liliana, che giustamente faceva notare che il problema sicurezza riguardava anche gli uomini… cosa è cambiato da allora?
Ecco il testo dell’articolo:
Venerdì 24 ottobre 1997 – l’Unità – L’UNA e L’ALTRO
Parcheggi per le automobiliste sulle autostrade tedesche. Cosa succede in Italia
La camionista: «La sicurezza riguarda anche gli uomini»
Nessun censimento sul numero di donne al volante nel settore trasporti, ma il fenomeno è in crescita.
I camionisti «importunati». «Certo, nel nostro Paese con il camion non si è mai sicuri».
Viaggiando di notte lungo le autostrade tedesche vi potrebbe capitare di scorgere,nelle piazzole degli Autogrill e dei distributori di carburante, un’insegna luminosa che dice: «Frauenparkplatz bitte 3 Platze freihalten», alla lettera: «Parcheggi per donne, prego lasciare tre posti liberi». È un’iniziativa, promossa da una legge federale, varata lo scorso agosto dal ministero dei Trasporti tedesco, per garantire più sicurezza alle donne sulle autostrade. In passato, sono stati registrati casi di aggressione di donne in aree di servizio autostradali, situazione che spesso ha demotivato le guidatrici a fermarsi, costringendole a lunghi viaggi notturni senza sosta, minando così la loro e l’altrui sicurezza.
La nuova legge prevede da 2 a 4 posti, riservati alle donne, nelle 423 aree di servizio esistenti; inoltre, impone la verifica di sicurezza con test da effettuare nei percorsi dal parcheggio ai servizi della piazzola per controllare che non ci siano zone dove è possibile nascondersi; infine la verifica di un’illuminazione sufficiente e quella della buona visibilità del cartello segnaletico, sia dalla strada sia dall’autogrill o benzinaio. L’iniziativa, promossa in seguito a una mozione della frazione femminile dell’Spd, si immette nella scia della pianificazione urbana avviata già da tempo nel paese, atta a garantire più sicurezza alle donne anche di notte: posteggi riservati in prossimità delle uscite negli autosilo, sottopassaggi e ingressi della metropolitana illuminati a giorno proprio nelle ore notturne.
Le donne, in Germania, si sono divise: per una parte si tratterebbe della solita discriminazione maschile che vuole le donne deboli e indifese.
E in Italia qual è la situazione? La prima risposta l’abbiamo avuta da una delle poche camioniste che solcano le nostre strade nel cuore della notte con carichi e responsabilità di merci e orari da rispettare. E abbiamo scoperto un fenomeno davvero particolare. Ma occorre una piccola premessa.
Al Ministero dei Trasporti così come a quello dei Lavori Pubblici-Ispettorato di circolazione e traffico «non ci sono dati in proposito in quanto non ne sono mai stati raccolti». E ancora: «Le camioniste in Italia non le ha contate mai nessuno. Sono, sicuramente un fenomeno in crescita, ma dai dati oscuri», racconta Alfonso Trapani, responsabile dei trasporti internazionali della Fita (la federazione sindacale di categoria). «Non si conoscono le cifre della percorribilità notturna o diurna femminile e quindi non si prevede alcuna differenziazione». Camionista è Liliana Pavanelli di Como, della ditta Trasporti Ridi, nonché presidente provinciale della Fita: «Difficile quantificare il fenomeno. Certo, da parte degli uomini, colleghi e non, c’è ancora stupore nel vedere una donna alla guida di un camion, soprattutto andando verso il Sud. Capita, quando mi incrociano che, in successione, prima guardino in cabina, poi la targa e poi di nuovo in cabina: non credono che al volante ci sia un’italiana».
Ma lei, la camionista, si sente sicura sulle autostrade italiane? «La sicurezza, esordisce, la vogliono pure gli uomini. Se dovessero fare un progetto simile a quello tedesco in Italia, sarebbe giusto farlo anche per gli uomini. Bisogna rendere sicure per tutti le piazzole di sosta. Ormai è frequente che siano i camionisti a essere importunati. Sulla Serenissima e sull’Autostrada del Sole il fenomeno è in aumento: una macchina, con uomini a bordo, si affianca e fa proposte e gesti molto eloquenti. Alle volte scendono e bussano alla cabina interrompendo e disturbando il sonno del camionista di turno. Molto spesso, il malcapitato, accende il motore e riparte prima ancora di aver esaurito la sosta prevista e concluso le ore di riposo, rischiando anche la multa. Si vive sempre sul chi va là e una macchina che ti affianca ti fa pensare immediatamente ad un furto, magari a quello del camion. La reazione del camionista, una volta che chi importuna manifesta le sue intenzioni, finisce per essere di sollievo». Poi Liliana prosegue con uno stanco, ma rassegnato elenco di problemi, perché si lavora nel disagio. «In Italia, con un camion, non si è mai sicuri. E questo vale sia per gli uomini che per donne.
Non si dorme mai tranquilli, soprattutto dall’Emilia in giù. A differenza di quanto offrono le strade all’estero, soprattutto in Germania, le piazzole di sosta sono sempre piene, mancano i servizi igienici, non ci sono le docce sufficienti e non sono installate dappertutto. Cinque, sei anni fa, fu messo a punto un progetto in collaborazione con l’Agip che prevedeva l’ampliamento delle piazzole di sosta e disponeva di attrezzare con docce le aree di servizio. Inoltre,per tirare via i camionisti dalle cabine, il progetto prevedeva anche la “sala distensiva”, dove era possibile guardare la tv, rilassarsi e il camion intanto lo si controllava con un circuito televigilato, a pagamento. Sarebbe stato utile soprattutto per la sicurezza. Ma, recuperare la stanchezza e viaggiare puliti, è un’altra cosa. Comunque, un progetto per la sicurezza della guida e di chi guida, è giusto se garantisce anche gli uomini, visto che attualmente, loro, sulla strada sono la maggioranza».
Negli ultimi mesi, ma sarebbe meglio dire negli ultimi anni, circola insistentemente la notizia che mancano nuovi autisti, sia in Europa che nel nord America. La preoccupazione principale è che quando andranno in pensione tutti gli ultra cinquantenni, che ora sono la maggioranza, non ci saranno abbastanza giovani in grado di sostituirli, e, incredibile ma vero, dei camionisti ce n’è un gran bisogno!
Ma come mai i giovani non vogliono più fare i camionisti? Le risposte possono essere tante e diverse, le più frequenti sono che gli autisti non sono pagati abbastanza per il lavoro che svolgono, e che conseguire patenti superiori e CQC costa troppo sia in termini di soldi che di tempo. Una volta, almeno in Italia, la maggior parte dei ragazzi prendeva la patente a militare e poi la convertiva, in più si faceva esperienza sul campo accompagnando padri, zii, amici nei loro viaggi (cosa ormai VIETATISSIMA da anni). E, mia personale opinione, sbagliatissima. Chi ha imparato il mestiere in quel modo era molto più preparato alla guida, nelle manovre e nelle operazioni di carico/scarico di chi oggi esce da un lungo corso teorico con qualche ora di guida, ma che tutte sommate fanno poco più di un viaggio medio che si effettua in una normale giornata di lavoro. E i risultati si vedono sulle strade… Tornando alla carenza di autisti, ogni tanto vengono organizzati e finanziati corsi da varie associazioni per invogliare un po’ di giovani…
Ma bisognava fare qualcosa di più per avvicinare i ragazzi al mestiere, per fargli credere che…
Cosi negli ultimi anni sono fiorite, in tutta Europa, trasmissioni, format, reality, che hanno come protagonisti i camionisti e il loro lavoro sulle strade del continente. Un mestiere avventuroso, pieno di soddisfazioni, anche con problemi e imprevisti da risolvere, ma che i nostri “eroi dell’asfalto” affrontano col sorriso sulle labbra portando sempre a termine con successo la loro missione: consegnare il carico in tempo! E a fine giornata, soprattutto quelli italiani, si ritrovano in trattoria, dove come vuole la leggenda, si mangia bene e tanto spendendo il giusto.
Ma tutto questo non era sufficiente. Cosi hanno pensato di rivolgersi alle donne. Le stesse donne che ancora, in alcuni casi sono discriminate, ma in carenza di autisti maschi si potrà far andar bene anche loro! E cosi ecco le nostre “regine della strada” che affrontano viaggi impegnativi, carichi gravosi da sistemare, manovre millimetriche, nello stesso modo dei più grintosi colleghi uomini, dimostrando che questo è un lavoro che possono fare tranquillamente anche le giovani fanciulle.
Riusciranno queste trasmissioni a inoculare il seme della passione nelle giovani leve?
Perché se manca la passione, e credo sia proprio quella la carenza principale, le persone sul camion a fare vita randagia non ci salgono di sicuro. Nelle trasmissioni gli autisti lavorano tutti per ditte serie, rispettano tutte le regole, vengono trattati bene. Non è che non esistono aziende cosi, anzi, ci sono e probabilmente loro non avranno mai problemi a trovare autisti. Ma nella realtà ci si scontra troppo spesso con situazioni molto diverse, dumping sociale, stipendi all’osso, contratti capestro, regole assurde. E ancora porte sbarrate, come in questo periodo di pandemia dove tante volte gli autisti non sanno nemmeno dove lavarsi la faccia se non con l’acqua che hanno nel loro bidone o con le salviette umidificate. Sui servizi igienici stendiamo un velo pietoso, quando chiedi e te li negano cosa fai? Vai a farla sotto il camion? E la sera non sai dove cenare perché i ristoranti sono chiusi… praticamente sei trattato come l’ultima ruota del carro, sei solo un numero, non una persona.
Allora queste belle trasmissioni, perché poi sono belle e avventurose, rimarranno solo delle belle trasmissioni, come i telefilm di “BJ MacKay”, di “Movin On” e di “Due assi per un turbo” che da ragazzi guardavano, sognando di vivere le medesime avventure, i camionisti over-cinquanta che ormai sono quasi a fine carriera!
A chi si preoccupa (giustamente) di non poter prendere l’aereo per poter tornare a casa, guardate questo video di dove sono stati “buttati” i nostri colleghi che volevano tornare in continente dalla Gran Bretagna…
Si continua a parlare di Covid-19, anche se siamo entrati nella fase 2 l’emergenza non è finita, soprattutto per chi fa il camionista i problemi sono ancora tanti.
Ho trovato questo bell’articolo con la testimonianza della collega Silvia sul sito di “Uomini e trasporti”.
Silvia Cester «Paura, solitudine e tanta voglia di normalità»
Il Covid-19 visto e vissuto
dagli autisti. Abbiamo sentito diverse voci, con i loro problemi e le
loro mancanze. Ne abbiamo voluto isolare alcune al femminile. Ecco la
storia di Silvia Cester, che ha quasi dell’incredibile: dopo aver
coltivato per anni il sogno di guidare un camion, questa quarantenne
veneta lo ha realizzato proprio qualche mese prima che iniziasse a
circolare il coronavirus
Quaranta, due, tre, uno. È la versione numerica
della vita di Silvia Cester, «veneziana di terra ferma», come ama
definirsi: alle spalle quasi quarant’anni e sulle spalle due bimbi –
Agnese e Filippo – da accudire con l’aiuto dell’ex marito da cui si è
separata tre anni fa. A stupire è quell’uno finale, perché indica gli
anni trascorsi a guidare un camion. In realtà sono meno di dodici mesi,
malgrado il suo amore per i camion nasca molto prima.
Perché una donna decide di fare la camionista?
È
la domanda che mi fanno spesso. La risposta non la so: in famiglia
nessuno è camionista. Però, ho sempre abitato in zona industriale, di
fronte alla tangenziale di Mestre. Ogni mattina, per andare a prendere
l’autobus, mio nonno mi caricava in bicicletta e zigzagavamo in mezzo ai
camion. Ero affascinata da quei bestioni colorati: il profumo
di gasolio e di pneumatici mi inebriava. Un immaginario “annaffiato” da
bambina; ma poi come ha fatto a sbocciare? Ho preso la patente per
l’auto appena compiuti 18 anni. Poi, raggiunti i 23 ho deciso che volevo
anche quella per i camion. Così mi sono iscritta in un’autoscuola e,
contro il volere di tutta la famiglia, ho preso C e D. Nel frattempo
conobbi quello che poi è diventato mio marito. Perché questa puntualizzazione: camion e marito non vanno d’accordo?
No,
il desiderio di salire sul camion era sempre tanto, ma una volta
sposati abbiamo avuto due figli, cambiato tre case e aperto un negozio
di prodotti per animali. E quindi, quand’è che il sogno camionaro diventa realtà?
Quando
ci siamo separati. Inizialmente il mondo mi è crollato addosso. Poi,
grazie al mio atavico sogno sono riuscita a ripartire. È successo a
Misano, durante il weekend del camionista: sono risalita su un camion
per gioco quando erano trascorsi quindici anni da quando avevo preso le
patenti. A quel punto ho pensato che anche il CQC stava per scadere. E
mi sono chiesta: che faccio? Così ho riguardato il sogno e ho deciso di
rinnovare il CQC. A quel punto ho iniziato la ricerca di un lavoro.
Dapprima ho ricevuto proposte assurde, poi ho trovato un messaggio su
facebook che sembrava serio da parte del mio attuale datore di lavoro,
un padroncino veneto come me, Carlo Greghi. Ha avuto molta pazienza e mi
ha dedicato molto tempo, forse ha perso viaggi per colpa mia, ma mi ha
dato fiducia: è stato un grande maestro. Così l’8 luglio 2019 è iniziata
la mia vita da camionista. Il primo viaggio da sola è stato per andare
a prendere le vasche per la campagna delle barbabietole: se ci ripenso
sento ancora il cuore battere a mille. Che emozione! Come hai fatto a conciliare la tua condizione di separata con due figli?
Fortunatamente
sono rimasta in ottimi rapporti con il mio ex marito: durante
la settimana è lui a tenere i bambini. Poi il sabato e la domenica,
quando non lavoro, me li godo io. E comunque ora trasporto container per
lo più tra Veneto e Friuli, con qualche viaggio più lungo di tanto
in tanto. Ma per fortuna riesco a rientrare a casa tutte le sere. Poi,
dopo appena otto mesi vissuti da camionista arriva la pandemia. Questa
mattina ho percorso quella che io chiamo la «strada delle barbabietole»,
da Marcon a Cervignano del Friuli, quella che la scorsa estate
facevo tutti i giorni più volte al giorno durante la campagna. Nel
vedere le strade vuote, i bar chiusi, le serrande abbassate mi sono
scese le lacrime.
Ma nell’operatività quotidiana qual è il problema principale?
Posso
dirlo? Andare in bagno. Trascorro intere giornate trattenendo la pipì,
senza avere la possibilità di trovare un servizio. E per una donna è
anche più complicato di un uomo… Ti ammetto che qualche volta quando
arrivo la sera a casa, dopo aver parcheggiato il camion faccio fatica a
entrare dentro, tanto sono arrivata al limite. Mi è capitato anche di
dovermi nascondere dietro al semirimorchio… Poi c’è il problema di
alimentarsi. Io torno a casa. Ma abito ancora nei pressi di una zona
industriale e vedo i camion fermi, con gli autisti dentro che
restano ore nei parcheggi. Mi piacerebbe andargli incontro, chiedere se
hanno bisogno di qualcosa, se gradiscono un piatto caldo, ma alla fine
ho paura: non soltanto del contagio, ma anche delle persone.
Un sentimento che prima non provavo: strano come in così poco tempo il
Covid-19 ci abbia cambiati. Riesci comunque ad avere contatti con i colleghi?
Sì
e devo dire che in tanti nel corso delle ultime settimane mi hanno
salutata perché si fermano, smettono di lavorare perché manca lavoro. Mi
auguro con tutto il cuore che si possa ritornare alla normalità il
prima possibile. Quando succederà? Mi piace pensare che la terra si stia
prendendo una pausa da noi. Ma poi, quando ci rincontreremo di nuovo e
sarà tutto più bello. Ne sono sicura.
Un pò di video trovati su You Tube che raccontano la situazione che stanno vivendo i camionisti e le camioniste in questi giorni di emergenza, come sempre e più di sempre manca il rispetto per gli autisti… qualcuno si dovrebbe ricordare che non è tutto dovuto…
Un altro video trovato su Youtube, stavolta non si parla di lady truck, ma è un invito ai giovani di andare a prendere la patente del camion perchè….
Il collega è un “GRANDE”, in un modo “seriamente simpatico” in poco più di due minuti spiega la situazione dell’autotrasporto italiano/europeo senza vittimismi ma con grande ironia ed educazione.
Un appuntamento da non perdere per chi passerà il sabato sera in casa:
Va in onda su RAI NEWS 24 la video inchiesta “I CAMION DEGLI ALTRI” di Lorenzo Pirovano.
Si parla tanto di diritti dei lavoratori, soprattutto in questi giorni… credo che questa inchiesta metterà in luce delle situazioni di sfruttamento “legalizzato” che non dovrebbero esistere…
In attesa del film, vi linko un altro video che lo riguarda:
Buon ascolto e buona strada a Lorenzo e alle sue inchieste!
“I camion degli altri” è un film documentario vincitore ex aequo del premio Roberto Morrione 2014.
Un inchiesta realizzata da Lorenzo Pirovano, giovane giornalista ventiduenne che va alla scoperta delle condizioni contrattuali del mondo dell’autotrasporto, condizioni che sempre più si rivelano una sorta di schiavitù legalizzata…
Ho trovato questo articolo girando per il web, non è recente, è di fine 2012, però mi è piaciuto molto, è tratto dal sito trasportiamo.eu, si intitola: “Dichiarazioni dal mondo dei vip – IO E IL CAMION, PAROLA DI GASSMAN, BOLLANI, LAGERBACK E…”
E questa, che trascrivo, è la parte che mi è piaciuta di più (senza nulla togliere agli altri!), perché in poche righe ha descritto alla perfezione il problema e la soluzione! Grande Antonio Lubrano!!!
“(…) Più seria e competente la valutazione di Antonio Lubrano che, oltre alla sua fortunatissima «Mi manda Lubrano», ha condotto diverse trasmissioni sulla sicurezza stradale. «Credo che il trasporto su gomma in questo momento si attesti intorno all’80% del traffico merci globale. E di questo mai nessuno tiene conto quando viaggia sulle strade. Io lo chiamo l’egoismo del volante, perché pensiamo di essere sempre i padroni delle strade e che i tir e i camion siano dei nemici da sconfiggere, mentre invece stanno svolgendo un servizio importante per il Paese e per il nostro vivere quotidiano. Il loro è un compito primario ed imprescindibile per l’economia, mentre noi ogni giorno li facciamo sentire degli intrusi. Il problema è che l’italiano è un popolo di individualisti: non pensiamo mai abbastanza agli altri, siamo dei grandi egoisti e lo diventiamo ancora di più quando siamo al volante».
Buona lettura dell’articolo (ne vale la pena!!) e buona strada a tutti!!!
La nostra amica Gisytruck mi ha inviato un altro testo che pubblico volentieri:
“SETTIMANA NERA”
Ciao a tutte/i
Gli ultimi giorni scrivono una brutta pagina di cronaca del trasporto, il contributo di vite umane è molto alto, troppo!!!
Ripenso a quante volte ci siamo scambiati racconti d’incidenti gravi, ognuno ha dei ricordi e in segreto la speranza di non essere il protagonista di una brutta storia…
Ricordo di aver già scritto su questo blog di questo argomento e rileggendo ritrovo la stessa attualità, non è cambiato molto (http://buonastrada.altervista.org/2008/01/carne-da-macello.html); e nel frattempo i nostri colleghi e colleghe che hanno pagato con la vita lo svolgere unicamente il loro lavoro sono stai tantissimi… Le tipologie del trasporto sono tante,ognuna con rischi correlati; ma hanno tutte in comune la strada e le sue insidie, gli altri utenti, i malori, il degrado dei mezzi e le fatalità… con il risultato che chi smette di guidare, spesso afferma:” Ho smesso prima che mi capiti qualcosa di grave o irreparabile!”.
L’irreparabile può succedere a poche ore di distanza nello stesso tratto di autostrada o nel paese più isolato, con allestimento frigo o centina, movimento terra o container…
Ci sarà mai un giorno in cui anche la morte di un camionista sarà un episodio stupefacente anziché qualcosa di quasi scontato? Spero proprio di sì! E’ molto triste sentire un tono rassegnato :
” Faceva il camionista…”- “Ha tamponato…” – “ Ha avuto un colpo di sonno…” – “Gli è scoppiata la gomma davanti e…” – “ Per evitare un’auto si è buttato fuori… “ –“ Gli è uscito uno davanti all’improvviso…” – “ Un malore alla guida…” –“ Si è rovesciato ed è rimasto schiacciato…”- “ Ha sbandato e si è chiuso ad L…”e tante altre, Poche parole ma terribili.
Frasi che intendono una vita interrotta più o meno avanti d’età e che si vorrebbe sentire sempre meno e soprattutto con un tono che non dia per scontato che chi guida per professione debba pagare un prezzo così alto, lui, lei che sia e le loro famiglie.
I nostri colleghi che non ci sono più ci devono ricordare che bisogna usare prudenza ma ci devono anche spronare a pretendere che le morti sul lavoro siano considerate tutte uguali e che diminuiscano.
Ora siamo in periodo di ferie, come tutti gli anni le strade si tingono del sangue dei camionisti, ci sono i divieti di circolazione ai mezzi pesanti per permettere ai vacanzieri di muoversi indisturbati, e i camionisti costretti a far conti su conti per poter lavorare senza sgarrare con le “ore di guida” non saranno poi costretti a guidare quando hanno sonno per consegnare in tempo la merce? o per non rimaner bloccati in qualche posto dimenticato da Dio, ma soprattutto dal resto della Società? Non si aumentano le probabilità di rischio con tredici blocchi in un mese? Non si mette a rischio la vita di un lavoratore di troppo forzandolo a far quadrare troppi fattori che non dipendono da lui stesso? E quando succede il peggio, qualcuno si fa delle domande o fa solo accuse?
Poi qualcuno farà grandi titoli sui giornali.. Corri Bisonte Corri… ma al volante del bisonte c’è un uomo, con i suoi limiti, ma anche il diritto di svolgere il suo lavoro in sicurezza!
Buone VACANZE ma soprattutto BUONA STRADA A TUTTE/I !!!
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