Archive for Marzo 9th, 2023

Jasmine “figlia di papà camionista”!

 

“Uomini e trasporti”  ha dedicato questo articolo alla storia di Jasmine, orgogliosa figlia di papà camionista che ha deciso di seguire la sua strada!

Questo è il link dell’articolo, scritto da Elisa Bianchi:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/jasmine-pojana-sono-la-figlia-orgogliosa-di-un-camionista-e-seguiro-la-sua-strada/

E questo l’inizio della sua storia:

Jasmine Pojana: «Sono la figlia orgogliosa di un camionista e seguirò la sua strada»

Jasmine vive a Fontaniva, in provincia di Padova, e da che ha memoria è sempre stata in cabina. Prima con il papà camionista e poi, una volta raggiunta l’età delle patenti, alla guida del suo “gigantesco bestione”. Oggi è una delle più giovani aspiranti al premio Sabo Rosa 2023

Di anni ne ha solo 25, ma l’esperienza in cabina è ultraventennale. Come è possibile? Quando si cresce a bordo di un “gigantesco bestione”, come li definiva lei da piccola, è facile finire per innamorarsene e non voler mai più scendere. Lei è Jasmine Pojana, classe 1997 e orgogliosamente autista di camion come suo papà. Una “figlia d’arte” che ha fatto dell’autotrasporto il suo sogno e il suo futuro.

Quanti anni avevi la prima volta che sei salita su un camion?

La prima volta che sono salita in cabina con papà avevo appena tre anni. In pratica, in cabina ci sono cresciuta, perché appena ne avevo occasione viaggiavo con lui, sia sulle tratte nazionali che internazionali. Il ricordo più bello che conservo è di quando mi faceva sedere al posto di guida, mi sentivo importante. È così che è nato il mio desiderio di poter guidare veramente quei bestioni e non ho mai esitato a farlo. Appena ho potuto, a 21 anni, ho preso le patenti e ho iniziato a lavorare con papà.

Com’è lavorare con un genitore?

Non è sempre facile, bisogna far conciliare visioni diverse, per esempio nella gestione dell’azienda, e a volte lo scontro generazionale è inevitabile. L’importante però è sempre trovare un punto di incontro e riconoscere che una volta posso sbagliare io perché ho meno esperienza e una volta può sbagliare lui ad avere una visione meno moderna. In ogni modo, la sua presenza al mio fianco in cabina, soprattutto quando ero agli inizi, è stata fondamentale.

Quando hai iniziato a viaggiare da sola?

Una volta presa la CQC ho capito che era arrivato il momento che iniziassi a muovermi da sola, per capire davvero il lavoro e iniziare a cavarmela anche senza lui accanto che potesse consigliarmi o aiutarmi. E così ho preso il mio trattore con rimorchio telonato e ogni mattina partivo da Fontaniva, dove vivo, in direzione Venezia o Milano.

Perché parli al passato?

Dopo un brutto incidente nel febbraio del 2021 ho vissuto un momento difficile. Fortunatamente mi sono ripresa nel giro di poco e sono rimontata sul camion. Anche se l’incidente ha avuto un forte impatto su di me, ho pensato che ripartire subito fosse la cosa migliore da fare. Invece, qualche mese dopo, mi sono resa conto che avevo bisogno di una pausa e questa consapevolezza è coincisa con un’offerta di lavoro da parte di un’altra azienda di trasporto, che mi avrebbe però portata a lavorare in ufficio. Ho deciso di accettare e per circa un anno sono scesa dal camion. Ognuno ha i suoi limiti, mi sono detta, e io ho scelto di rispettare i miei.

Cosa ti ha spinto a ritornare?

Semplicemente mi mancava il camion. Ho sempre amato il mio lavoro, per quanto sia faticoso, e mi sono voluta rimettere in gioco, dimostrando a me stessa che anche io potevo fare quello che ha sempre fatto mio padre che, tra l’altro, in quel momento aveva bisogno di me. Oggi penso di aver trovato il giusto compromesso: viaggio con ritmi meno sostenuti e faccio tratte più brevi, in zona, e contemporaneamente do una mano in azienda a gestire la parte amministrativa.

Cosa ami di più del tuo lavoro?

Quando apro la porta del camion e salgo in cabina davanti a me si apre un altro mondo, mi sento una persona che ha realizzato un sogno, un obiettivo che mi ero posta. Mi ritrovo spesso a pensare al mio percorso e mi dico «Guarda dove sei arrivata!», nonostante i mille sacrifici e le insicurezze. Ma più di tutto amo la libertà di sentirmi una persona realizzata.

Cosa ti piace di meno invece?

Non ho ancora molta esperienza, ma per quel che ho visto e sperimentato, penso che dovrebbero esserci più strutture in grado di dare alle autiste più servizi, come un luogo sicuro in cui riposare la notte o servizi igienici adeguati. Devo poi ammettere che in strada si vede tanta maleducazione e inciviltà. Quando succede un incidente è facile dare la colpa ai camionisti solo perché guidiamo i mezzi più grandi, ma gli automobilisti spesso non si rendono conto che per noi è più difficile evitare determinate situazioni. Vorrei ci fosse più rispetto per il nostro lavoro.

Qual è per te la cosa più importante in cabina?

Due cose: un sedile comodo, che mi permetta di guidare per tante ore con una buona postura, e spazio a sufficienza, per potermi riposare adeguatamente e per poter portare con me tutto il necessario per un viaggio.

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(…) continua su “Uomini e trasporti” https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/jasmine-pojana-sono-la-figlia-orgogliosa-di-un-camionista-e-seguiro-la-sua-strada/


 

Buona strada sempre Jasmine!

 

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Un’intervista a Ilenia

 

Ilenia è autista di autobus in Sardegna, in questo articolo racconta la sua storia e le discriminazioni che ha dovuto subire (già frequentando la scuola guida) per conquistarsi un posto dietro al volante!

Il link dell’articolo su Sardegnalive:

https://www.sardegnalive.net/news/in-sardegna/414188/a-scuola-guida-mi-dissero-che-noi-donne-siamo-adatte-solo-ai-fornelli-oggi-guido-gli-autobus-l-intervista

La sua intervista:

“A scuola guida mi dissero che noi donne siamo adatte solo ai fornelli. Oggi guido gli autobus” L’intervista

Ilenia Olia racconta come si lavora in un ambiente chiuso e costruito per gli uomini e lancia un messaggio di speranza per le donne

“A scuola guida mi dissero che noi donne siamo adatte solo ai fornelli. Oggi guido gli autobus” L’intervista

Di: Ilaria Cardia

Se si dovesse pensare ad uno degli ambienti prettamente maschili, costruiti da uomini per gli uomini, trai i primi balzerebbe subito alla mente il mondo dei motori. Ilenia Olia, giovane 28enne di Simaxis, ha deciso di entrarne a far parte e sfida tutti i giorni, da anni, i pregiudizi legati al suo lavoro e alle sue capacità in quanto donna.  Per colpa del detto “Donne al volante, pericolo costante” ha stretto i denti molte volte e oggi, per la Festa delle Donne, ci racconta cosa ha dovuto sopportare e come non si debba mai dar ragione a quegli uomini che dicono “Questo non è un lavoro per donne”.

Con la sua determinazione, è arrivata ad essere una delle trenta candidate in tutta Italia, unica in Sardegna, per la quattordicesima edizione del Sabo Rosa riconoscimento che, in occasione della Festa della Donna, viene conferito alla “Camionista dell’Anno” dall’azienda Roberto Nuti Group.

Ilenia cosa fai nella vita? 

“Da circa cinque anni ho deciso di cambiare lavoro e diventare autista di autobus”

Da quanto tempo svolgi questa professione?

“La mia prima esperienza lavorativa risale al 2018 a Terralba, successivamente feci un’esperienza di un anno e mezzo in una grossa azienda di Cagliari, la CTM (servizio pubblico urbano) e nel 2021 ritornai a Terralba nell’azienda in cui lavoro tutt’ora, Fata srl. Mi occupo principalmente di servizi scolastici con tragitto Terralba-Oristano e servizi di linea con tragitto Terralba-Marrubiu-Uras-Arcidano-Sant’Anna”

Perché proprio questo lavoro?

“Per andare a scuola o a lavoro utilizzavo l’autobus e, in quegli anni, iniziai a notare le prime donne autiste. Non ho mai pensato che fosse strano vedere una donna al volante, anzi, ero solita sedermi nei primi posti e osservarle alla guida. Mi sono state senza dubbio di ispirazione. Iniziai la mia carriera da parrucchiera, ma dopo cinque anni, cominciai a sentirmi un po’ insoddisfatta.

Un giorno mi confrontai con i miei genitori e mio padre mi disse: ‘Che lavoro vorresti fare se non la parrucchiera?’ fu in quel momento che ripensai a quella donna che mi portava a casa dopo la scuola, fu automatico rispondere: ‘E se mi prendessi anche io le patenti per guidare gli autobus? Papà mi pagheresti la patente? Ho notato diverse ragazze che lavorano all’Arts, perché non farlo?’ Mio padre sbarrò gli occhi e mi disse ‘Assolutamente no!’. Il conseguimento delle patenti è abbastanza oneroso, all’epoca si aggirava intorno ai 3 mila e 500 euro; con sacrifici e sostegno morale da parte del mio fidanzato Fabio, riuscii ad arrivare al mio obiettivo.”

Quante patenti hai? 

“All’età di 23 anni mi iscrissi in autoscuola per il conseguimento delle patenti D e CQC persone. Non avendo ancora l’età giusta per il conseguimento della CQC, ho dovuto fare più ore di lezione rispetto agli altri, ma a me non è mai pesato. Le materie erano un po’ complicate soprattutto lo studio delle parti meccaniche del motore, ma alla fine nonostante tutto passai con successo tutti e tre gli esami scritti.”

Come andò, invece, per la parte pratica? 

“Mi capitò un istruttore che non era assolutamente a favore del sesso femminile alla guida. Mentre mi insegnava a guidare mi diceva in continuazione ‘Le donne sono fatte per lavorare come segretarie e stare ai fornelli, l’uomo è fatto per stare alla guida!’. Oppure ‘Non crederti figa perché tanto all’Arst non entrerai mai come autista, al massimo come segretaria, stai solo buttando soldi’ e tante altre frasi poco carine. Fui costretta a tapparmi le orecchie e ignorare i suggerimenti dell’istruttore, questo mi condusse a passare con successo l’esame di guida”

È stato difficile trovare impiego?

“Non è stato semplice. Portai il curriculum in tre aziende nell’oristanese e alla CTM di Cagliari; due delle aziende dell’oristanese mi scartarono a priori (non si preoccuparono di verificare le mie capacità). La loro proposta di lavoro fu o assistente negli scuolabus o niente. Ricordo che il titolare di un’azienda, per farmi ricredere sulla difficoltà di questo lavoro e convincermi nel ripensarci, mi disse: ‘Abbiamo diversi autisti con quindici anni di esperienza che hanno difficoltà nel fare certe manovre, figuriamoci tu! Voi donne avrete più difficoltà rispetto a loro, quindi è meglio di no!’. Accettai la porta in faccia e andai via. Il secondo fu più diretto ‘Non ci fidiamo tanto’. Arrivai nella terza azienda super scoraggiata e con il pensiero fisso di quello che mi avrebbe risposto mio padre a tutto questo ‘Te l’avevo detto io’. Invece no, la terza azienda mi accolse con piacere e mi propose subito di iniziare, feci un paio di mesi di sostituzione e poi arrivò anche un’altra chiamata. La CTM mi chiamò per lavorare da loro sempre come tappa buchi, decisi di fare quest’ esperienza anche se mi sarebbe costato 200 chilometri al giorno e le sveglie alle quattro del mattino. Lavorai a Cagliari per un anno e mezzo, poi però scoppiò la pandemia. Fu così che decisi di ricercare lavoro nella zona di Oristano”

Hai assistito ad altre discriminazioni nei tuoi confronti in quanto donna? 

“Si tantissime dalle ‘Non sei in grado’ alle ‘Ma dove vuoi andare?’, oppure ‘Ah è lei l’autista? Aspetto il prossimo autobus, grazie!’ Sono stata anche sottoposta ad interrogatori da parte dei genitori dei bambini: ‘Da quanto tempo guidi?’ o anche ‘Hai mai guidato?’ E allora devo esporre il mio curriculum per farli stare tranquilli.

Poi c’è la tipica e famosissima frase: Donne al volante pericolo costante, ovviamente falsa!”

Com’è il tuo rapporto con i colleghi? 

“Il mio rapporto con i colleghi è stato ed è molto buono solo con certi, ovvero con coloro che hanno una mentalità aperta e non pensano e non agiscono come dei maschilisti e sessisti. Purtroppo, con questo lavoro si incontrano persone che ti giudicano e ti scoraggiano, come ad esempio i colleghi che davanti agli utenti ti spiegano quello che tu già sai o che ti sottovalutano: ‘Se non sei in grado faccio io’ dicono, magari solo perché sei in ritardo e ti chiedono se hai avuto un incidente. Tu sei in grado di svolgere il tuo lavoro autonomamente, non hai nessun problema con il bus, non hai mai avuto incidenti ma sei semplicemente in ritardo, e invece il suo intento è di far credere agli altri il contrario di quello che davvero sta avvenendo o è avvenuto.”

Ilenia qual è il tuo sogno o il tuo prossimo obiettivo? 

“Investire gli ultimi guadagni per prendere le ultime patenti. Conseguendo le patenti di categoria A-DE-CE- e iniziando un corso vorrei diventare istruttore di guida e insegnare agli altri ciò che a me piace fare. Vorrei insegnare principalmente alle ragazze la guida di un autobus, far credere loro che tutto si può fare e che non dobbiamo fermarci davanti ai pregiudizi o a qualcuno che ci dice: ‘Non farlo’.”

Cosa è importante che capisca una donna che legge la tua storia? 

“Alle mie donne coraggiose e no, vorrei dire di non permettete mai a nessuno di farvi sentire sbagliate e fuori luogo, né in amore, né al lavoro e tantomeno nella vita di tutti i giorni.

La prima parola d’ordine è amarsi! Sempre e in qualsiasi momento della vostra vita, anche nel momento peggiore dove sembra che tutto stia crollando, abbiate fiducia in voi stesse, anche se ci saranno giorni bui. State tranquille… Dureranno poco perché siamo donne, e noi siamo sempre illuminate dal sole. La seconda parola d’ordine? Rispetto! Non dovete nascondervi, ma dovete sempre farvi rispettare da tutti e sempre senza sentirvi in colpa di esservi fatte valere. La terza parola d’ordine? Libertà! Sentitevi libere di essere ciò che volete! Un bacio a tutte le donne di questo mondo, buona Festa della Donna a tutte noi.”

 

 

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