lady truck driver team

Il raduno di Giussano!

 

 

Comincia il conto alla rovescia!

Appuntamento a Giussano (MB) venerdi 1, sabato 2 e domenica 3 settembre in Piazza Mercato per il 31° raduno del Coast to Coast Truck Team!

Noi ci saremo, come sempre, col nostro gazebo in rosa, vi aspettiamo numerose per scambiare quattro chiacchiere in compagnia e non solo…

Per le nuove amiche ci sarà, come sempre. in omaggio la nostra targa rosa!

 

 

 

 

 

 

E  per chi lo volesse acquistare ci sarà anche il nostro libro  “Soprattutto camioniste”,

52 storie di donne con un camion nel cuore!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci vediamo li, vi aspettiamo!!!

Buona strada sempre!

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La storia di Silvia!

 

La bella storia della nostra collega Silvia, da 18 anni al volante di un camion, raccontata in questa intervista di Elisa Bianchi nel blog  “Anche io volevo il camion” di “Uomini e trasporti”.

Questo è il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/silvia-compagno-ai-piu-giovani-bisogna-spiegare-che-quello-che-trovano-nei-supermercati-arriva-grazie-agli-autisti/

E questa la sua storia:

Silvia Compagno: «Ai più giovani bisogna spiegare che quello che trovano nei supermercati arriva grazie agli autisti»

Un’infanzia passata nella campagna veneta, tra trattori e mezzi da lavoro. Silvia Compagno è solo una bambina quando si innamora per la prima volta dei camion: suo papà sta facendo dei lavori in casa e l’iconico Lupetto fa capolinea nel cortile dell’abitazione per portare i materiali. Non è un bestione della strada come quelli che guida oggi, ma è sufficiente per far nascere in lei l’interesse. Quando decide, per gioco, di salire su quel Lupetto qualcosa scatta: è quello l’inizio della sua storia con l’autotrasporto

 

All’inizio Silvia si limita a guardare i camion da lontano: «Dalla camera da letto dei mei genitori si vedeva il posteggio di un concessionario Volvo. All’epoca insieme ai detersivi regalavano delle macchinette fotografiche, quelle con il rullino. Mi nascondevo in camera dei miei e usavo l’obiettivo della macchina fotografica come binocolo, per vedere meglio i camion posteggiati». Oggi Silvia Compagno ha 49 anni, è diventata Volvo Trucks Ambassador e il prossimo 6 ottobre festeggerà la maturità al volante: autista da 18 anni. Nel mezzo, tanti viaggi, tanti sacrifici e soprattutto tanti cambiamenti. Il primo, il più importante di tutti, a 31 anni, quando si trova di fronte a una scelta: cambiare vita e inseguire il suo sogno, o proseguire con il lavoro in fabbrica. «Mia mamma era morta da poco – ricorda Silvia – e io mi dovevo prendere cura di mio papà. Non sapevo cosa fare, ma dovevo decidere nel giro di breve tempo. Ricordo che un giorno mi fermai in un piazzale vicino all’autostrada e lì, in lacrime, decisi di provarci».

Silvia supera in poco tempo tutti gli esami delle patenti con la speranza di trovare facilmente lavoro. Di donne al volante se ne vedevano ancora poche e il successo non era affatto scontato. «Io, tra l’altro, sono sempre stata piccolina, per questo mi chiamavano affettuosamente “Silvietta”, non sembravo certo adatta a un lavoro come questo. Inizialmente trovai lavoro solo come autista di bus: prima per una cooperativa per la quale guidavo i pulmini per i ragazzi disabili, poi per l’ACTV di Venezia, l’azienda di trasporto pubblico. Per tre anni e mezzo mi sono accontentata di fare un po’ da jolly, mi chiamavano quando mancava un altro autista, ma sentivo che non era quella la mia strada, anche se sicuramente è stata un’esperienza utile». La svolta arriva nel 2004. «Mi fu data una possibilità come autista di un portacontainer. Fu grazie a quell’esperienza che capii che davvero era il lavoro che faceva per me. Ogni giorno imparavo cose nuove e conoscevo nuove persone».

Oggi Silvia ha cambiato azienda e alla guida del suo Volvo trasporta un po’ di tutto: stoffe, vino, mobili, talvolta anche merci pericolose. Da Ballò di Mirano, in provincia di Venezia, dove vive, parte per le altre province del Veneto, per il Trentino e per la Liguria. Viaggi giornalieri che però l’hanno spesso portata a togliere tempo alla famiglia e ai tre nipoti di cui è zia orgogliosa. «Anni fa mia nipote Linda, allora adolescente, mi fece notare che il mio non era un bel lavoro, almeno dal suo punto di vista. Non avevo orari, non c’ero per loro tutte le volte che ne avevano bisogno. Ci rimasi molto male, ma cercai di spiegarle che è grazie a chi fa questo mestiere se tutti i giorni al supermercato trova il cibo che mangia. Le cose non arrivano per caso, qualcuno le deve portare, anche se costa qualche sacrificio. Certo che finché questo non lo si spiega ai più giovani, giustamente è difficile che lo capiscano. Inoltre, oggi la nostra professione non gode più del rispetto di un tempo, per colpa della mancanza di educazione di pochi ci abbiamo rimesso tutti. Dal mio punto di vista il progresso ha portato anche a tanto regresso. Oggi abbiamo camion più belli, più comodi e più sicuri, ma mancano i servizi che ci permettono di svolgere questo lavoro con dignità».

Silvia insieme a Elda

La rabbia, però, lascia presto il posto ai bei ricordi che la legano a questo mestiere. «Negli anni ho avuto modo di conoscere persone straordinarie con cui ho costruito rapporti bellissimi, perché se ti presenti con il sorriso e con educazione, penso che il rispetto venga da sé». Una delle persone a cui Silvia è più legata è l’amica storica Elda Guarise, anche lei una veterana del settore. «Conobbi Elda in concessionaria Volvo a Dolo all’inizio della mia carriera. All’epoca lei già guidava la motrice, io ancora il furgone e la prima cosa che pensai fu che era bello vedere una donna alla guida di un camion. Elda aprì una speranza in me. Vedere lei farcela dava a me la forza di provarci». La loro amicizia che dura ormai da 18 anni è immortalata anche sui profili social di Silvia dove spesso e volentieri condivide le sue esperienze, come quella vissuta proprio con Elda qualche mese fa alla guida di un camion elettrico. Le chiediamo quindi se, dal suo punto di vista, sia questa la strada giusta da seguire per la decarbonizzazione del settore. «Penso si debba trovare una soluzione ibrida: i mezzi elettrici per trasporti più brevi e i mezzi diesel per i trasporti più lunghi e pesanti, perché oggi i costi sono ancora molto elevati, si è limitati nel kilometraggio e soprattutto mancano i punti di ricarica. Credo che la valutazione debba essere fatta in base alla tipologia di lavoro».

Prima di salutare Silvia, diretta all’Interporto di Padova per uno scarico, le chiediamo come festeggerà i suoi 18 anni in cabina. «Penso che non ci sia cosa migliore da fare che fermarsi per cinque minuti, tirare il freno a mano e ringraziare per quello che si ha. La vita non è fatta di cose materiali ma di sentimenti e il camion, per me, è un pezzo di cuore».

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Incontro con Lucia

ciao a tutte/i

qualche giorno fa ho ritrovato Lucia nello stesso posto dove ci siamo conosciute. Stavolta le ho consegnato la nostra tabella così anche lei sarà riconoscibile on the road!

Benvenuta Lucia, la prossima volta ci prenderemo anche il caffè!

Lucia

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10 domande a …Beatrice

 

Ancora da “Uomini e trasporti”, dalla rubrica   Voci on the road, un’intervista a cura di Elisa Bianchi, alla nostra collega Beatrice!

 

Il link: https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-beatrice-donghi/

 

  • Da quanto tempo fai l’autista?

Ho preso le patenti nel dicembre del 2021 e ho trovato lavoro subito dopo, a distanza di pochi giorni. Oggi è un anno e mezzo che sono in cabina.

  • Cosa ti ha spinto a intraprendere questa professione?

Nell’azienda edile di famiglia guidavo già un camion con cassone ribaltabile e gru, ma ho sempre sognato in grande, ero molto attratta dal mondo dell’autotrasporto e così spinta da amici e famiglia ho preso coraggio e ho deciso di provarci.

  • Cosa trasporti oggi?

Un po’ di tutto, dipende dai viaggi che si trovano, ma prevalentemente carta da macero, bobine, vaschette di plastica, terriccio e lamiere. Mi piace portare di tutto, non ho preferenze, perché ogni trasporto lo vivo come una sfida per me stessa.

  • Che tratte percorri?

Principalmente giro per il Nord e il Centro Italia, tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

  • Che camion guidi?

Un bilico centinato Renault Trucks, lo stesso che mi accompagna da quando ho iniziato. Dicono che il bilico sia il più difficile, a me piace, non mi vedrei altrove per ora.

  • Perché una giovane donna si appassiona a questo mestiere?

Un pizzico di passione e di interesse penso debbano essere nel Dna. Io sono partita da zero, non c’erano altri autisti in famiglia, ma ho sempre avuto il gene dell’autotrasporto. Ho conosciuto persone che si sono appassionate al mestiere strada facendo, ma ci deve comunque essere sempre una certa predisposizione e tanta curiosità. Oltre ad apprezzare la solitudine, si passa tanto tempo con se stessi in cabina.

  • Cosa ami di più e cosa di meno del tuo lavoro?

Traffico a parte, che non piace a nessuno e con nessun mezzo, il problema più grande oggi sono le aree di servizio inadeguate. Si guida sempre con la speranza di trovare un posto sicuro in cui fermarsi a riposare, ma si fa fatica a trovarne. Tra gli aspetti positivi, invece, sicuramente amo il fatto di poter incontrare e conoscere tanta gente lungo la strada, parlare e confrontarmi con loro. Sono sempre stati tutti molto cordiali con me.

  • Dal tuo punto di vista, qual è la prima cosa da fare per avvicinare i giovani?

Sicuramente abbassare il costo delle patenti. Molte aziende già aiutano i giovani a conseguire le patenti dando loro la certezza di un posto di lavoro. Forse dovrebbero farlo più realtà. E poi, se posso aggiungere, bisogna andare a cercare la nostra generazione là dove sta: cioè sui social, che possono dare un grande esempio.

  • Oltre al camion, hai altre passioni nel tempo libero?

Mi sono da poco avvicinata allo Yoga, penso sia molto utile per rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro.

  • Come immagini il tuo futuro?

Nel breve periodo mi vedo qui, sul mio camion, ma non nascondo che sogno una famiglia. Bisognerà vedere se potrò conciliare le due cose, vedo molte donne che lo hanno fatto, spero e penso sarà anche il mio caso.

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Laura Broglio, camionista

 

In questo video dal canale  Inspiring Girls International  Laura ci racconta un pò della sua vita, dei suoi sogni e degli ostacoli che ha dovuto superare nel nostro settore lavorativo.

Grande Laura, buona strada sempre!

 

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La storia di Barbara!

 

Una nuova intervista di Elisa Bianchi a una delle nostre colleghe!

Questa volta ci racconta la storia di Barbara, dal suo sogno di bambina alla sua lunga carriera al volante di un camion, naturalmente sempre sul sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

Buona lettura e buona strada sempre!!!

Il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

Inizia cosi:

Barbara Strozzi, la «contessa acida» dell’autotrasporto si racconta

51 anni di cui 23 trascorsi alla guida del suo camion, Barbara Strozzi è una veterana del settore. Salita a bordo a 26 anni con due figlie piccole e la famiglia contraria, Barbara si è fatta strada – e soprattutto un nome – in un’epoca in cui le donne al volante erano ancora poche, ma i sogni erano tanti e soprattutto grandi…quanto un bilico

«Sono una bimba di nove anni quando vedo per la prima volta un camion e subito me ne innamoro». Inizia così la storia d’amore tra Barbara Strozzi e il mondo dell’autotrasporto. Un amore a prima vista che da 23 anni a questa parte non si è mai affievolito. Quando la intercettiamo è naturalmente alla guida, «ma ho l’auricolare» ci rassicura con la sua voce allegra e l’inconfondibile accento bolognese delle sue origini, anche se ormai da tempo vive a Ferrara. Scopriamo solo in seguito che per parlare con noi ha abbassato la radio che tiene sempre accesa a farle compagnia con un po’ di musica: «Anche techno, a volte» ci rivela. Barbara ha l’anima grintosa di una veterana che per realizzare il suo sogno ha dovuto farsi le ossa e mentre i chilometri scorrono sotto le ruote del suo camion, la mente vola al passato, a quando era solo una bambina che con occhi sognanti guardava i “bestioni della strada” dal balcone di casa, accanto al distributore di benzina dove si fermavano a fare rifornimento prima di ripartire per lunghi viaggi che allora Barbara poteva solo immaginare.

«In famiglia non c’erano camionisti, per cui quando dicevo che avrei voluto fare questo mestiere da grande nessuno mi prendeva sul serio». Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la vita e i piani di Barbara, crescendo, cambiano: «A 18 anni mi sono sposata e insieme al matrimonio sono arrivate a distanza di quattro anni l’una dall’altra due bambine, Sabrina e Francesca.
All’epoca lavoravo già in una ditta per la quale guidavo furgoni, ma il mio sogno di guidare un camion, uno vero, è sempre rimasto. Nessuno immaginava che avessi ancora voglia di inseguirlo, ma dopo la nascita della seconda bambina mi sono decisa a iscrivermi a scuola guida e prendere la patente. Avevo 26 anni e tutta la famiglia era contraria, ma non c’è stato verso di farmi cambiare idea».

Il sogno inizia a prendere forma quando viene assunta come autista. Un lavoro giornaliero che le consente di rientrare la sera e occuparsi delle figlie ancora piccole. Quando le bambine crescono, Barbara inizia a viaggiare anche all’estero: il Sud della Francia, la Germania, ma soprattutto la Svizzera e in un’occasione anche la Spagna. Ed è proprio di quel viaggio avvenuto nel 2010 che conserva uno dei ricordi più belli: «Arrivammo a Valencia dopo due giorni bellissimi di viaggio. Stavamo facendo un trasporto per una ditta di catering che doveva gestire un evento per la Ferrari, in occasione del Gran Premio di F1. La vista dell’autodromo pieno di auto meravigliose sarebbe di per sé bastata per farmi portare a casa un ricordo bellissimo, ma l’ultima sera, prima di ripartire, presentavano la nuova auto con la quale avrebbero corso il Gran Premio. Stavo parlando con i meccanici di Maranello quando a un certo punto entra in sala un ragazzino, guarda la macchina, stringe la mano a tutti, compresa a me, e poi si allontana. Era Fernando Alonso. Ho stretto la mano ad Alonso!». A sentirla raccontare questo episodio Barbara sembrerebbe ancora incredula. «Ma non fu l’unico incontro interessante fatto durante la mia carriera di autista: in pausa a un Autogrill incontrai anche Raz Degan. Io uscivo, lui entrava con la troupe per le riprese. Non si fanno certi incontri se si fanno altri lavori» ci dire ridendo e aggiunge che il suo sogno sarebbe stato quello di guidare un bilico per il Cavallino Rampante. «Ti immagini, la prima donna autista in Ferrari, mi sa che resterà solo un sogno nel cassetto però». In realtà, non è l’unico. «All’epoca mi sarebbe piaciuto aprire un’azienda di autotrasporto tutta mia, di sole donne, ma dopo aver fatto qualche calcolo mi sono resa conto che sarebbe stato un debito troppo grande da pagare. Tra l’altro, all’epoca non era facile trovare donne autiste, ce ne erano molte meno. Ho scelto di non rischiare e di abbandonare quella strada. Lo ammetto, oggi mi è rimasto un po’ il rimpianto».

L’avventura estera termina con la nascita di altri due bambini, i gemelli Alessandro e Andrea che oggi hanno 13 anni. Nel frattempo, Barbara inizia a lavorare per una piccola ditta vicino a casa per la quale trasporta ortofrutta nei mercati e nei supermercati, «Lavoro di notte e di giorno mi occupo della famiglia» spiega. La domanda, però, sorge spontanea: ma Barbara, quando si riposa? La risposta arriva ancora una volta sincera e allegra: «Non sono mai stata una dormigliona per fortuna, mi basta qualche ora al giorno e sono di nuovo carica. D’altronde ho preso questa decisione per non stare troppo lontana dai bambini, anche se per loro è stato più facile perché con la mamma autista ci sono nati, ma le prime due figlie da piccole hanno patito un po’ di più la mia mancanza e non mi andava di essere poco presente anche per i gemelli. Oggi che sono più grandi è più facile, non hanno più bisogno costante della mamma, anche se adesso ci sono anche le nipotine a cui badare». Tre, per la precisione: Veronica di 13 anni, Asia di 12 e Kawthar di 7. Ed è proprio quest’ultima che sembrerebbe aver già la grinta della nonna che oggi, a 51 anni, non ha assolutamente intenzione di appendere il volante al chiodo e vorrebbe trasmettere la passione a una futura erede: «Kawthar segue con attenzione quando faccio le manovre o i posteggi e dice di voler fare l’autista da grande, ma è ancora presto per dirlo». Anche se è di poco più piccola di quella bambina che si sporgeva dal balcone di casa per guardare i camion e alla fine, quel sogno, l’ha realizzato.


 

 

Il resto della storia lo potete leggere al link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

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Mirko e il libro!

 

Glielo avevo promesso da tanto che se mi capitava di tornare a Sassuolo a caricare gli avrei portato il nostro libro…. gli amici sono per sempre, anche quando non si riesce a incontrasi tanto spesso.

Sono passati  mesi ma alla fine ce l’ho fatta! Una telefonata e ci siamo trovati in un bar, in più dovevo fare la mezz’ora di pausa e cosi abbiamo avuto anche il tempo di fare una bella chiacchierata, oltre a bere il caffè e alle foto di rito!

Ciao Mirko, è sempre un piacere incontrarti, un saluto e buona strada sempre!!!

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L’incontro del venerdi: Chiara!

 

Sono arrivata poco prima che finissero la pausa in un’azienda del varesotto, dovevo consegnare dei bancali vuoti.

Il carrellista, quando gli ho consegnato le bolle, mi ha detto di andare avanti e mettermi sull’altro lato del piazzale dove c’era già parcheggiata una motrice tre assi con il telo e le sponde aperti.

Passando ho notato che sulle porte dietro aveva un adesivo che riproduceva il disegno e la scritta di questa nota maglietta che si trova on line.

“Sarà una collega?” ho pensato mentre parcheggiavo.

Sono scesa e l’ho vista sbucare da davanti alla cabina con un bel sorriso! Ci siamo presentate, lei è Chiara! Le ho chiesto se conosceva il nostro gruppo di “Lady truck” e mi ha risposto di no. Ho pensato di dover rimediare…

Lei invece mi ha chiesto  – “Da quanto fai questo lavoro?”

e io le ho risposto con una domanda –  “Quanti anni hai?”

– “Trentuno”

– “Da prima che nascessi… ormai son vecchia….” E sono salita sul cassone a spostare i bancali da scaricare, ma abbiamo continuato a parlare tra una palata e l’altra del carrellista, che gentile, portava i pieni a lei e portava via i vuoti a me, cosi faceva due camion contemporaneamente!

Lei è della bergamasca, le ho chiesto se fosse mai venuta al raduno del Coast a Giussano, no, allora l’ho invitata a venirci a trovare, le ho regalato la nostra targa – in cambio della foto per il blog! – e ci siamo scambiate i numeri di telefono.

E’ sempre bello incontrare nuove colleghe, è bello che ci siano ragazze che decidono di mettersi al volante di un camion, è bello pensare che siamo sempre di più a dare un tocco di rosa a questo mestiere!

Buona strada sempre Chiara, spero di rivederti presto!

 

 

 

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MASCHILISMO E DONNE CAMIONISTE – parte 2

 

Il maschilismo nell’autotrasporto non era solo quello dei colleghi sulle strade, naturalmente. Cominciava già prima di salire su un camion, era quello il problema più grande. Riuscire ad avere un posto di lavoro al volante non era semplice. E forse no lo è ancora adesso in alcuni casi. Nei primi anni in cui viaggiavo la maggior parte delle colleghe che ebbi l’occasione di conoscere ci erano riuscite perché venivano da una famiglia di autotrasportatori, oppure perché viaggiavano col compagno o avevano cominciato con lui. C’era anche qualche padroncina che si era fatta da sola, qualche autista dipendente, ma erano veramente poche.

Mi ricordo di una mia amica che mise un annuncio sul giornale per cercare lavoro e venne contattata da una ditta di trasporti (quelli del quotidiano non avevano scritto che era una lei, pensando ad un errore nel testo), e quando rispose al telefono, sentendo la voce di una donna le fu chiesto se era per suo marito, quando lei rispose che l’interessata era lei, le dissero che loro cercavano un uomo, perché non era un lavoro adatto a una donna… Quante ragazze si sono sentite rispondere cosi cercando un lavoro da autista? Tante…  Per contro, alcune sono state assunte per scommessa, perché pensavano che avrebbero gettato la spugna dopo poche settimane, e invece viaggiano ancora adesso!

Uno dei motivi per cui le donne faticavano a trovare lavoro su un camion era dovuto alla possibilità che avessero figli nel breve periodo. Lo so, mi direte che questa cosa vale per molti altri lavori, ed è vero, ma sostituire un autista non è semplice per niente e comunque, finito il periodo della maternità, se non avevi qualcuno che si poteva prendere cura del tuo bimbo i problemi diventavano insormontabili. La storia è sempre la stessa: sai l’orario di partenza, ma mai quello di arrivo, la strada è il luogo dell’imprevisto per eccellenza! Purtroppo in Italia non ti puoi più portare i bambini sul camion come si faceva una volta (ho letto un’intervista di una collega degli anni ’70 che  portava con se i figli piccolissimi e li allattava in cabina!). 

Cosi ho visto tante colleghe scendere dal camion per poter crescere i propri bambini, aspettare che fossero abbastanza grandi e poi riprendere la strada. E comunque anche chi ha avuto qualcuno a casa (vedi nonne, tate, ecc..) che le sostituiva durante le lunghe trasferte, ha sofferto per questa cosa, avere un figlio e non vederlo crescere è dura già per un uomo, per una mamma lo è ancora di più, ma a volte era una scelta obbligata da necessità economiche. Altre hanno tenuto il loro sogno nel cassetto per anni, aspettando appunto che i figli crescessero e sono salite sul camion a 40 o 50 anni, riuscendo cosi a sentirsi finalmente realizzate. Altre invece hanno fatto la scelta opposta: hanno rinunciato ad avere figli, qualcuna anche ad avere un marito e hanno proseguito per il loro cammino. Non è il sogno di tutte quello di avere una famiglia, c’è chi preferisce una sua realizzazione personale ed è felice della propria scelta. E anche qui ricompare il maschilismo, e se prima te lo dicevano a voce ora te lo comunicano via “social”, dichiarando che decidere di non avere figli è una scelta “agghiacciante” per una donna, o che se l’hai fatta non hai costruito niente nella vita e sei solo una donna SOLA. Certi uomini a volte si permettono di esprimere giudizi senza nemmeno conoscere le persone, semplicemente perché non rientri nei loro standard di vita, quelli che loro reputano gli unici giusti per tutti.

Uomini e donne non sono uguali e quando si parla di parità non vuol dire azzerare le differenze che ci contraddistinguono, ma raggiungere la parità dei diritti, e quella è  una strada ancora lunga da percorrere.

Ma il discorso non finisce qui… ne parlerò ancora in un prossimo post, buona strada a tutti!

 

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La Caterina!!!

Una video intervista alla nostra cara collega Caterina!!!!

Unica, inimitabile e simpaticissima!

Buona strada sempre Cate, un abbraccio!!!

 

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