Lei lo chiama affettuosamente il “Bisonte”: a bordo di questo camion, Franca Sforzi , montecatinese, ha attraversato l’Europa in lungo ed in largo e con qualsiasi condizione atmosferica o di traffico possibile e immaginabile. Un’accoppiata formidabile che non teme confronti, con due protagonisti… non proprio comunissimi.
«Hai visto lui come ci ha guardati storti? Quello guida un Iveco, noi siamo su uno Scania. Questa si chiama invidia!». Scherza Franca, è di buon umore quando è sul suo camion e vede – ogni tanto- qualche collega con lo sguardo incuriosito che la incrocia in senso contrario.

«Sono felice di fare questo lavoro – ha raccontato –, mi permette di vedere tantissimi posti, di conoscere tanta gente, sia in Italia che all’estero. Negli anni ho macinato milioni di chilometri e ne vado molto fiera. E pensare che ho iniziato questo mestiere quando avevo 22 anni, adesso ne ho più di 50!».
Una professione iniziata quasi come un gioco che poi si è rivelata, a tutti gli effetti… la strada giusta. «Lavoravo in un’azienda all’epoca, ma non avevo nulla a che fare con il trasporto di merci. Un giorno l’autista del camion delle consegne non si è presentato a lavoro. Il titolare era disperato, aveva bisogno di qualcuno subito per consegnare la merce. Io mi sono offerta volontaria. Lui è rimasto un po’ sorpreso, poi ha scelto di mettermi alla prova. Ed è tutto cominciato da lì».

Poi, negli anni successivi, sono arrivate le varie patenti speciali per poter guidare il tanto agognato tir.
«Agognato perché sono mezzi bellissimi – ci ha raccontato Franca – ed io ho una grande passione per i motori. Per questo quando finalmente ho conseguito la patente per guidarli è stata una grande soddisfazione. Da quel momento non ho più smesso di guidarne uno. Adesso faccio circa 150mila chilometri all’anno con viaggi soprattutto in Francia e Inghilterra, più le trasferte nazionali. Sono di meno i chilometri rispetto rispetto al passato, ma è comunque la mia vita».

Non sono stati però tutti giorni semplici e felici.

L’ambiente degli autotrasportatori, possiamo dirlo senza ipocrisia, è uno dei più maschilisti in assoluto. Una ragazza – prima – ed una signora – dopo – al volante di un tir ha spesso scatenato non solo qualche risatina di troppo, ma anche episodi di pura e volgare discriminazione. «A volte è stato complicato – ci ha confidato Franca – ma fortunatamente ho sempre avuto intorno persone che in un modo o nell’altro mi hanno difeso.
É sempre stato bello però zittire tutti con le mie manovre o con le mie consegne in perfetto orario. Col mio lavoro ho messo a tacere anche i colleghi più scettici».

Un lavoro, quella della camionista per Franca, che negli anni è diventato a tutti gli effetti una questione di famiglia: prima di tutto perché suo marito, Stefano, è a sua volta un camionista. «Il merito della mia passione è suo – ha detto –. Stefano già lavorava sul camion e andava in giro per tutta l’Italia. Io ho iniziato dapprima ad accompagnarlo, poi ho voluto iniziare anche io con la guida. E non sono più tornata indietro».
Ma non è tutto: il figlio di Franca e Stefano, Simone, è cresciuto… sul camion. «Ho avuto una gravidanza tranquilla – ci ha raccontato – e per questo che ho potuto guidare il camion fino a poco prima della nascita del mio bimbo: quando avevo il pancione, spostavo il volante un po’ più verso l’alto e via! Dopo è iniziato il bello – ha raccontato –! Una volta nato Simone ha fatto l’asilo sul camion insieme a me..Mio figlio ha praticamente imparato a leggere durante i nostri viaggi, seduto buono sul sedile del passeggero».

«Viaggiavamo spesso ed ero contento di portarlo con me sul camion, quando ancora il codice della strada lo permetteva. Poi sono iniziate le elementari e lui è andato a scuola come tutti».
Ma ora il tempo di chiacchierare è finito. C’è una nuova consegna da fare e Franca, insieme a Stefano, devono ripartire nel loro viaggio insieme… al Bisonte.