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Le donne che amano i lavori da uomini

 

 Anche questa inchiesta riguarda le donne che fanno lavori da uomini, ma ci spostiamo in Toscana e facciamo un salto indietro negli anni, era il 2012 e su “Il Tirreno” c’era questo articolo:

Il link

https://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2012/03/07/news/le-donne-che-amano-i-lavori-da-uomini-1.3264271

 

Il testo

Le donne che amano i lavori da uomini

Quattro storie, quattro vite particolari: il sesso debole mette i “muscoli” e raggiunge l’obiettivo. La sociologa: «Un fenomeno tutto da studiare»

PRATO. A Prato c’è un’altra metà del cielo che ha i muscoli. Donne che fanno mestieri da dure, in barba a fatica e sudore. Donne che non fanno mai parlare di sé, perché magari non sono celebrità o non reggono il timone di aziende importanti del distretto.

La loro quotidianità è costellata di chiavi inglesi, bulloni, motori, fili elettrici e attrezzi di ogni tipo. Non necessariamente hanno un fisico forte, ma non per questo si sentono “meno” rispetto ai colleghi uomini. Alcune single, altre mamme e mogli. Trentenni e quarantenni.

Nell’era della crisi che sovverte modelli sociali, la declinazione al femminile dei mestieri tradizionali va a farsi benedire. Queste signore e signorine non sognavano certo di fare da grande la principessa o la modella: nel sangue di alcune di loro scorre la passione per la strada. «Perché lavorando assapori il gusto di scoprire posti nuovi», racconta Mara Ciasullo, l’unica autotrasportatrice associata a Confartigianato che manda avanti un gigante da 35 quintali. «Su 180 aziende di autotrasporto iscritte abbiamo una decina di aziende intestate a donne. Solo una guida però il mezzo», precisa Giovanni Corradi, responsabile della federazione autotrasporti di Confartigianato Prato. Mosche bianche, dunque, che la crisi del tessile ha contribuito a far emergere.

Come nel caso di Antonella Biagi di Vernio, boscaiola e allevatrice di mucche di razza Calvana, che nel 2008 diede l’addio al lavoro nello sciarpificio per tornare nell’azienda agricola di famiglia.

Figura insolita è quella della necrofora con un passato di orditrice: dopo la maternità, Lucia Petrullo ha dovuto reinventarsi ed è finita a indossare un camice e scarponi anti-infortunio per stare nei cimiteri. Alle prese con loculi da murare e, quando capita, salme da esumare.

Per necessità o per scelta, le donne iniziano a rubare così la scena agli uomini che, da che mondo e mondo, hanno sempre monopolizzato i mestieri di fatica. “On the road”, da mattina a sera, c’è anche Danila Siani, residente a Prato da sei anni e da otto autista della fiorentina Ataf. Gli autosnodati, i bus da 18 metri, sono la sua passione. «Perché quando sei lì sopra comandi solo tu», sottolinea Danila.

Evviva la parità dei sessi, insomma. Secondo Alessandra Pescarolo, ricercatrice Irpet (l’istituto di programmazione economica della Toscana) e studiosa di sociologia sul lavoro femminile (ha approfondito anche le dinamiche dell’impresa familiare pratese), dietro la figura del camionista in gonnella o della boscaiola che ripulisce i fossi e maneggia motoseghe potrebbe nascondersi un fenomeno sociale interessante.

«La materia è tutta da approfondire. Contrariamente a quanto si possa credere, la crisi colpisce anche l’occupazione maschile: le donne si fanno spazio e trovano la molla per accettare lavori che non tutti gli uomini accettano oppure appannaggio degli immigrati. Se poi si tratta di donne con basso livello di scolarizzazione, a cadere sarebbe il cliché secondo cui solo quelle con maggiori tassi d’istruzione hanno più facilità a reinserirsi nel mondo del lavoro. La loro capacità di insediarsi in segmenti del lavoro tipicamente maschili potrebbe essere anche riflesso di un contesto, quello pratese, caratterizzato storicamente da una forte motivazione al lavoro».

Alcune donne con una marcia in più hanno anche stoffa di imprenditrici.

Perché tra la camionista in proprio e la camionista da dipendente c’è una bella differenza. Intanto le donne in sella a imprese “rosa” sono in crescita a Prato. Dati statistici alla mano pubblicati sul sito della Camera di commercio, le imprenditrici nel 2011 toccavano quota 13.186, ovvero il 30% sull’universo delle aziende iscritte, contro i 30.909 imprenditori. Solo in cinque anni (2006-2011) la percentuale delle capitane d’impresa è cresciuta dal 28% al 30%.

E’ “rosa” il 10% delle imprese iscritte nel 2011 nel settore delle costruzioni e il 15% figura nel comparto delle costruzioni anche se molto spesso si tratta di realtà solo intestate a donne.

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