“L‘amore in mille colori”, la donna dall’Est Europa alla guida dei bus

 

Una bella storia di una collega al volante di una autobus!

Questo è il link dell’articolo:

 

https://www.tpllinea.it/index.php/2023/10/19/lamore-in-mille-colori-la-donna-dallest-europa-alla-guida-dei-bus/

 

E questo il testo con la sua storia:

 

 

“L‘amore in mille colori”, la donna dall’Est Europa alla guida dei bus


TPL Linea regala un’altra storia aziendale (e di vita…) davvero speciale, protagonista Floarea-Ana Bulgaru, originaria della Romania ma ormai italiana a tutti gli effetti anche grazie alla sua professione, che la vede alla guida dei bus dell’azienda di trasporto savonese.Laureata in Economia, Turismo e Servizi – Academia di Studi Economici di Bucarest nel 2006. In Romania ho lavorato all’Ispettorato Scolastico, in alcune ditte private e presso l’Ansamblo artistico-professionale “Baladele Deltei”, sempre nella città natale  di Tulcea. Attiva nella vita socio-culturale e nel volontariato. Prima dell’ingresso in TPL Linea l’esperienza in una azienda di trasporto, con l’acquisizione di patente e requisiti di abilitazione professionale. Oltre al rumeno e alla lingua italiana, anche grazie alla sua formazione universitaria conosce l’inglese, il francese e l’ucraino.

Floarea-Ana è riuscita ad entrare in azienda con un concorso nel gennaio di quest’anno e così ricorda alcuni aneddoti del suo lavoro quotidiano: “Che bello vedere una donna che guida la corriera…”; “Fa piacere vedere che, ogni tanto, anche le donne guidano gli autobus, è una grande responsabilità..”. Queste alcune frasi dette alla salita del bus vedendola per la prima volta al volante del mezzo pubblico.

“Prima ho lavorato per una ditta privata di trasporto, ma quando è uscito il concorso per TPL linea ho deciso di partecipare e alla fine è andata bene”.

“Da bambina, quando ero in prima superiore, con il coro liceale ho partecipato a un concorso nazionale di musica per la pace nel mondo. Mi ricordo che sognavo di vivere in un mondo con altri bambini, di altre culture, in pace e armonia” dice ancora l’autista di TPL Linea, operativa in particolare nel territorio valbormidese e nel servizio di trasporto scolastico, a contatto diretto proprio con i bambini.

“Inizialmente avevo pensato di fare l’autista di camion, ma poi un nostro amico, ex-autista TPL, mi ha consigliato di provare con i pullman visto che si cercavano conducenti per gli scuolabus. Abituata a lavorare con bambini e i giovani ho deciso di provare, riuscendo a raggiungere l’obiettivo con mia grande soddisfazione”.

Non mancano altri excursus personali, che rimandano all’importanza della sicurezza stradale: “Le paure sono tante! Sono stata investita da una macchina, sulle strisce pedonali, quando ero in prima elementare. Fino a 20 anni avevo gli incubi… Mi sono resa conto che se non avessi superato da sola le mie paure, nessuno l’avrebbe fatto per me. Così dopo un anno di Università ho preso la patente e ho sconfitto certe angosce proprio con la guida, alla quale mi sono subito appassionata. Da bambina mio padre, comandante della nave Polizia, mi ha insegnato a condurre le navi sul Danubio, una emozione unica e particolare sempre nel mio cuore”.

“Per quanto riguarda la responsabilità, sì, è tanta! E’ un lavoro molto delicato che non ti permette un attimo di distrazione. L’autista del pullman è come il macchinista di un treno, un comandante della nave, un pilota d’aereo… Ha la responsabilità di tante vite durante il suo tragitto quotidiano” aggiunge ancora l’autista in forza a TPL Linea. “Mi ricordo che in Romania quando salivo in corriera sapevo che da quel momento la mia vita, e quelle delle mie figlie, era nelle mani dell’autista, per questo avevo grande stima e rispetto nei suoi confronti. Tuttavia, lo ammetto, allora non avrei mai pensato di fare questo lavoro…”.

“Essere conducente di un mezzo di trasporto pubblico richiede tanta attenzione ed energia. Il contatto con le persone è molto importante e necessita anche di saper gestire al meglio certe situazioni. Ma alla fine, cosi come diceva mio padre: “La stanza è piccola, l’amore è grande, per questo la cosa più importante è mettere l’amore in tutto quello che fai…”.

Il suo pensiero è infatti rivolto al caro papà scomparso da poco tempo: “E’ stato proprio lui a trasmettermi la passione per la guida” racconta Floarea-Ana, in Italia dal 2010, sposata e con due figlie: “Una persona meravigliosa, che mi ha sempre amata e mi ha consigliato di studiare, di scrivere…”.

E l’autista Floarea-Ana prosegue ancora nella sua intima narrazione: “Quando sono arrivata in Italia devo riconoscere che ho trovato difficile coniugare vita familiare e professionale. Solo dopo anni, visto che le nostre figlie sono cresciute, ho deciso di rimettermi in gioco, cambiando totalmente profilo e indirizzo professionale” racconta ancora l’autista, che ha voluto seguire il marito che si trovava già in Italia per lavoro, prima a Montichiari, in provincia di Brescia, poi la residenza a Millesimo, in Val Bormida.

“Il cambio di lavoro è stato certamente difficile, ma dobbiamo adattarci alle nuove sfide. In questo devo ringraziare i miei colleghi di TPL Linea, molto disponibili a spiegarmi aspetti tecnico-professionali che non conoscevo. Avere vicino una squadra è davvero essenziale. In azienda, infatti, ho trovato persone straordinarie non solo a livello professionale, ma anche umano. Quando è mancato mio padre mi sono stati vicini e mi hanno sostenuto in un periodo molto delicato…”.

Ecco poi la sua speciale iniziativa durante il servizio scuolabus nei comuni valbormidesi: “Sono mamma anch’io, e come ogni mamma spero che le mie figlie possono passare il maggior tempo possibile in bella compagnia. Così sullo scuolabus ho istituito “Radio News – Scuolabus”, al suono della campanella accolgo i miei ragazzi dandogli il ben venuto e presentando la giornata!”.

“La vita è fatta di piccole cose, e proprio per questo condividiamo i nostri momenti più belli, cantando tanti auguri ai festeggiati, ma anche mandando baci e abbracci agli amici malati, oppure tifando per i nostri sportivi del cuore, fino a cantare assieme…”.

E Floarea-Ana lancia poi il suo messaggio finale: “Mi piacciono i fiori, ma nessuno è cosi bello come quelli raccolti dai bambini per farmi qualche sorpresa… Mi piacciono le foto, ma non sono riuscita mai a farne una cosi bella come sono loro quando scendono e vedono i loro cari, svelate l’amore in mille colori…”.

“La pace di domani inizia con l’amicizia di oggi” conclude l’autista dell’azienda savonese, ricordando il motto di un Festival Internazionale in Romania a lei caro, “Il pesciolino d’oro”.

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La storia di Samantha

 

 

Tra le candidate al Sabo Rosa 2024 c’è anche la collega Samantha, questa è la sua storia presa dal link ufficiale del concorso:

https://www.sabo.it/samantha-sartoni-2/

 

Questa è la sua intervista:

Samantha Sartoni

Attività: autista di camion
Residenza: Castrocaro Terme (FC)

Quando hai capito che quello del trasporto sarebbe stato il tuo lavoro, il tuo mondo?

Il primo contatto con il mondo dei camion l’ho avuto frequentando un ragazzo che lavorava come rottamatore. Ogni tanto mi capitava di viaggiare con lui e mi sono appassionata ai mezzi pesanti. Così, nel 2019, ho deciso di prendere le patenti e di iniziare a fare il lavoro di camionista. Oggi guido un camion per un’azienda che trasporta uova, ed è un lavoro in cui bisogna stare attenti a dosare il gas, soprattutto nelle rotonde, altrimenti si fanno delle gran frittate.

La mia famiglia, che non è composta da camionisti, ha appoggiato questa mia decisione, anche se ormai credo si siano adeguati al fatto che quando mi metto in testa una cosa la faccio, come quando presi la patente della moto. A dir la verità, in quel momento, mia mamma era un po’ meno contenta. D’altro canto noi romagnoli i motori li abbiamo nel sangue.

Perché hai deciso di partecipare al Sabo Rosa?

Il Sabo Rosa l’ho scoperto l’anno scorso guardando una notizia su un giornale online. Avendo perso l’occasione di partecipare, perché era scaduto il termine per l’iscrizione, mi sono segnata il fatto di iscrivermi quest’anno.

Mi piace l’idea del Sabo Rosa, perché rivaluta l’idea delle donne in un lavoro che da sempre è considerato solo per i maschi. È un’iniziativa molto bella.

Quali sono i lati positivi del tuo lavoro e quelli che vorresti cambiare?

Credo occorra rivalutare il fatto che le donne non sono da meno degli uomini, in  nessun tipo di lavoro. L’unica cosa che può allontanare una donna da questo mestiere è se se la senta oppure no. Quindi faccio un appello a tutte coloro che magari non fanno le camioniste, o le autiste, perché credono che sia un lavoro “che non si può fare”. Se te la senti, provaci. Ci vuole un po’ di polso e la convinzione di riuscire.

Per il resto quando gli uomini mi vedono scendere da un camion mi guardano con rispetto. E già questo è un bel risultato.

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Una camionista Con i fiocchi: Elda!

Dal canale You Tube del collega Pierantonio De Piccoli una bella video chiacchierata con la nostra cara collega Elda!

Buona strada a tutti e due!

 

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La dura vita di ‘Lady Truck’

 

Questa volta girando e rigirando nel web ho ritrovato questa video intervista fatta alla nostra portavoce, la Gisy!

E’ datata 25 gennaio 2008! Sono passati ormai 16 anni da allora e tante cose sono cambiate nelle nostre vite, i camion, i tragitti, ecc,  però è bello riascoltare le sue parole, risentire la sua storia che poi è quella delle donne camioniste, siamo in poche oggi come allora, e anche se per fortuna ci sono tante nuove colleghe, la percentuale rispetto agli uomini è ancora bassa.

Quando il giornalista le chiede cosa significa avere il camion nel cuore, lei risponde cosi:

“Avere passione per i camion significa essere pazienti, tolleranti, cocciute, perseveranti, un sacco di qualità che se non le hai, se non hai quest’alchimia non resisti, è un mestiere molto pesante, molto impegnativo, imprevedibile, devi avere quel pizzico di dote in più che ti permette di cavartela in qualsiasi evento ti possa succedere.”

Penso che sia cosi per tutte noi!

Questo è il link dove si può vedere il video:

https://video.repubblica.it/cronaca/la-dura-vita-di-lady-truck/16571/17662

(Ai tempi l’intervista era più lunga, ma gli altri video non ci sono più, peccato.)

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Vita da camionista – Intervista alla zia Lory, camionista.

 

Questa volta girando e rigirando nel web ho trovato quest’audio “intervista alla zia Lory”, sul sito https://www.pugnodisale.com/

La collega Lory racconta la sua vita da camionista (a sua nipote?) iniziata negli anni ’90 e durata per 23 anni. Ricordi, aneddoti, racconti di una vita on the road….tra problemi, discriminazioni e anche soddisfazioni!

La potete ascoltare a questo link:

https://www.pugnodisale.com/vita-da-camionista/

Questa è la presentazione dell’intervista:

“Per me ha sempre incarnato l’ideale della donna forte e volitiva, immaginatevela non tanto alta, dal fisico asciutto ma muscoloso, una donna brillante che sa tener banco con mille aneddoti avventurosi, felice di ciò che fa anche se quelle scelte, più di una volta, l’hanno messa di fronte a giudizi aspri e implacabili.

Una donna bellissima e sorridente questo era in quegli anni. Gli anni 90′ e 2000, l’hanno vista attraversare quasi tutti i paesi europei a bordo del suo camion. Lei, donna camionista in Italia, una delle prime che guardarono a quel mestiere con la voglia di riscatto, un modo per misurarsi con i propri limiti ma a modo proprio, liberamente.

Sceglie viaggiare per tutta Europa, stando quindi fuori casa una settimana intera, a volte due, per 21 anni: Inghilterra, Irlanda, Germania, Danimarca, Olanda, Spagna, Francia, Belgio in anni in cui ci si muoveva con le cartine, arrangiandosi con l’inglese e un’infarinatura delle altre lingue.

“Eravamo due in Italia quando ho iniziato, l’ho presa come una sfida”

“Eravamo due in Italia quando ho iniziato – e con orgoglio racconta di un lavoro non così strano o difficile secondo lei, forse più uno stile di vita – l’ho presa come una sfida”. Si sa “un camionista è solo!”. Sola quindi ha dovuto ideare tutte le sue strategie di sopravvivenza: “Non mi fermavo mai a dormire nel luogo dove mi fermavo a mangiare e quando mi fermavo per riposare non scendevo dal camion per non attirare l’attenzione, mettevo una cinghia con un cricchetto da una portiera all’altra per sentirmi più sicura”.

Nella cabina o appena fuori si svolgeva tutta la vita, si organizzava la spesa, si faceva da mangiare ci si dedicava all’igiene, con ritmi completamente liberi. “Una volta ho portato mio figlio con me, andavo a scaricare vicino casa quella volta. Mi dice di aver fame e poi si mette a riposare in brandina, io gli cucino un buon minestrone, ma quando si sveglia è inorridito ‘mamma sono le 8 del mattino, avevo fame di latte e biscotti’ Ma per me era normale mangiare un minestrone a quell’ora, io mangiavo quando avevo fame”.

Ha vissuto lo stigma dell’essere donna in un mondo di uomini, nell’ambiente i suoi successi erano spiegati da favoritismi dati in cambio di favori sessuali, “perché se mi fermavo in piazzale non stavo dormendo come tutti ma mi davo alla pazza gioia secondo alcuni”. Il giudizio degli altri però poco importava, i suoi datori di lavoro hanno sempre creduto in lei così come le decine di amici e colleghi che hanno costituito la sua comunità.

Ha vissuto lo stigma dell’essere donna in un mondo di uomini, nell’ambiente i suoi successi erano spiegati da favoritismi dati in cambio di favori sessuali.

Una comunità che aveva un mezzo di comunicazione a dir poco mitico e iconico, il baracchino di vitale importanza per ricevere informazioni legate al traffico, per chiacchierare lungo la strada, per incontrarsi e sentirsi meno soli. Tutti hanno incontrato nella vita camionisti che con magie riuscivano a scaricare oggetti di marca a prezzi stracciati: racconta dei sigilli che se scaldati nell’acqua calda si aprivano e dei mille modi in cui ci si riappropriava del lusso negato: con un suo collega si pasteggiava sempre champagne.

Il camion non era un luogo di lavoro ma era il luogo di vita, il luogo dove si cucinava, dove si dormiva dove si leggeva e si sognava, lei all’occorrenza sganciava il rimorchio e andava a fare la spesa, girava per la città, si occupava della sua igiene e di quella del camion “nessuno è mai salito con le scarpe sul mio camion”. Oggi mi accoglie mostrandomi le sue foto i suoi occhi brillano si vede che la vita che ha scelto è quella che l’ha fatta felice e a volte la nostalgia verso quei tempi rende il racconto un po’ amaro; è difficile tornare alla vita fatta di orari e scadenze. Mi da l’idea che voglia raccontarmi ancora tante cose, mi accenna della volta in cui ha portato sua sorella, degli anni, gli ultimi, passati a lavorare con suo marito, di quella volta che ha lanciato la sua fede nuziale dal finestrino.”

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Un articolo di qualche anno fa… ma è sempre attuale!

 

Sono sempre alla ricerca di qualsiasi cosa che parli di noi, cosi ho trovato questo articolo non più recente – è del 2019 – è la storia della collega Paola, che per trovare lavoro al volante di un camion è dovuta andare all’estero… forse adesso qualcosa è cambiato, ma ci sono ancora donne che purtroppo vengono guardate con diffidenza quando si propongono alle aziende come autiste…

Questo è il link:

https://salto.bz/en/article/25102019/io-una-camionista-bordo-del-diavolo

E questa la prima parte dell’articolo :

“Io, una camionista a bordo del Diavolo”

Paola Cestari, autotrasportatrice trentina impiegata in Austria, sui pregiudizi quotidiani, la fiducia dei colleghi maschi da conquistare e il giro di vite al Brennero.

Paola Cestari

Foto: Paola Cestari

“È come un richiamo, a un certo punto devo accendere il motore e andare”. Lei si chiama Paola Cestari, 37 anni, è di Trento, e dal 2016 fa la camionista. Dopo aver cominciato a lavorare nel settore dell’autotrasporto in Italia la “zingara”, soprannominata così dai suoi cari, è approdata in Germania, “avevo il pallino dell’estero”; ha imparato il tedesco e oggi lavora per una ditta austriaca girando a bordo del suo “Gangal” (“diavolo” in dialetto tirolese, il nome del suo autoarticolato), un “bestione” di 16 metri e mezzo che tre settimane fa ha messo in bella mostra in occasione del suo primo raduno di camionisti. Paola viaggia soprattutto di notte, toccando città come Brema, Modena, Milano, Venezia, e nella sua ancora breve carriera, ha trasportato di tutto, dal legno al marmo. Una vita dura, fatta di orari estenuanti, chilometri da macinare ogni giorno, merci da consegnare in orario e, sgradito “bonus” riservato alla compagine femminile, stereotipi da abbattere a spallate.

Insomma, un mestiere che forse più di altri richiede una massiccia dose di passione. “Da quando ho memoria volevo fare l’autotrasportatrice, è un sogno che avevo fin da bambina, mia madre sperava che cambiassi idea ma non è successo”, racconta Paola. La strada per tagliare l’agognato traguardo non ha concesso scorciatoie. “All’inizio mi è mancato il coraggio, non avevo alle spalle una famiglia proprietaria di un’azienda di trasporti, mio padre lavorava all’Enel, mia madre faceva la casalinga, e io sono, come dire, la ‘prima del mio nome’, ad aver intrapreso questa avventura”, dice con misurato orgoglio, spalancando un sorriso.

Orgoglio e pregiudizio

A 16 anni Paola si inventa benzinaia, poi arriva la parentesi del panificio a Trento, “ma mi mancava l’aria a stare chiusa in un negozio”; nel 2013 Paola prende le patenti C e CE, valide per la guida di camion e veicoli adibiti al trasporto merci, e inizia “dal basso”, con i furgoni, girando in lungo e in largo il Trentino-Alto Adige. “Il mio ex marito faceva l’autista ma non ha mai voluto che diventassi camionista”, confessa Paola, “in più da parte dei datori di lavoro all’inizio la diffidenza era tanta, a Trento per esempio una ditta mi ha liquidato dicendo che non avevo abbastanza esperienza, ‘ma se fossi stata un uomo lo avreste preso senza troppe storie, ho obiettato, purtroppo l’attività dell’autotrasporto viene ancora generalmente percepita come non adatta alle donne”. Le differenze geografiche in questo senso esistono, sottolinea la camionista, “ho notato che in Austria e Germania c’è profondo rispetto verso le donne che fanno questo mestiere, in Italia invece ti guardano ancora con un certo sospetto”.

Le torna in mente un episodio: “Una volta mi trovavo in Italia, vicino a Venezia, ed ero in procinto di scaricare la merce. Un magazziniere, non sapendo che fossi italiana dato che ho la targa austriaca, dà di gomito al collega e indicandomi con il mento a punta gli dice: ‘Vediamo quanto ci mette a mettere il Tir sulla rampa’. Avevo il finestrino abbassato e il commento non mi era sfuggito. Faccio le mie due manovre, scendo dal mezzo e gli chiedo: ‘Ci ho messo il tempo giusto?’, lasciandolo di stucco”.
Sulla litania della retorica stucchevole di cui si nutre il pregiudizio si sovrappone però la melodia del controcanto, che risuona nell’ironia di un cartello recante un annuncio di lavoro (come testimonia la foto sottostante), che Paola ci mostra divertita, o nell’umanità dei colleghi incontrati in viaggio. “Un giorno un autista turco, vedendo il mio camion sulla rampa, mi ha scambiato per la segretaria del magazzino, e quando ha scoperto che guidavo io il mezzo si è inginocchiato davanti a me, tra riverenze e complimenti”, ricorda Paola. “Un’altra volta, in Germania, un autista sloveno mi ha salvato, erano le 3 di notte e mi ha aiutato trainando il mio camion che si era impantanato”.

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(…) continua…

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In viaggio con Tinka!

 

E’ bello questo video: un viaggio con una simpatica camionista tedesca, Tinka, per far capire l’utilità dei camion nella vita quotidiana e anche le difficoltà che gli autisti devono affrontare, il tutto raccontato senza gridare…

Orari da rispettare, traffico, carenza di parcheggi, sicurezza nelle aree di soste, ecc, paese che vai, stessi problemi che trovi!

Buona strada Tinka!

Cliccate sul video per vederlo direttamente su You Tube.

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Aperte le iscrizioni per il concorso “Sabo Rosa 2024”

 

Riparte il concorso per il Sabo Rosa, edizione 2024, come sempre offerto dalla Roberto Nuti Group a una donna impiegata nel settore dei trasporti. Il premio verrà conferito in occasione della Festa della Donna.

Questo è il link ufficiale:

https://www.sabo.it/donne-autista-via-alle-candidature-del-sabo-rosa-2024/

E questo il testo:

 

Donne autista, via alle candidature del Sabo Rosa 2024

È partita la quindicesima edizione del Sabo Rosa, il tradizionale riconoscimento che, in occasione della Festa della Donna, viene conferito a una lavoratrice del mondo dei trasporti. Alla “Autista/Camionista dell’anno”, ma possono partecipare tutte le dipendenti della filiera del trasporto, verrà consegnato, nella giornata di mercoledì 6 marzo 2024, un esemplare unico dell’ammortizzatore Sabo con livrea rosa. La cerimonia si svolgerà nella nostra sede bolognese.

Per partecipare si può inviare la candidatura, propria o di un’altra persona, entro le ore 12.30 del 20 febbraio 2024 compilando in pochi minuti l’apposito form accessibile cliccando qui.

Hanno diritto a candidarsi per il Sabo Rosa: autiste di camion, bus, autoscale; meccaniche (riparazione di veicoli industriali), dirigenti o dipendenti di aziende di trasporto, lavoratrici o imprenditrici in ogni settore delle filiere del trasporto merci o persone, manager, titolari o dipendenti di rivenditori di ricambi, costruttori di rimorchi..

La preselezione della candidature sarà svolta da un team di giornalisti, il quale procederà a contattare e intervistare le partecipanti per dare risalto alle loro appassionanti storie lavorative e di vita. Sulla base di questi profili la giuria, composta dalle dipendenti dell’azienda main sponsor dell’iniziativa e presieduta da Elisabetta Nuti, direttore finanziario del nostro Gruppo, proclamerà la vincitrice dell’esclusivo riconoscimento. Al termine della cerimonia di consegna, sarà offerto un pranzo alla vincitrice e a un suo accompagnatore

Il Sabo Rosa è stato istituito nel 2010 e, finora, è stato consegnato a una campionessa di cronoscalata e manager di team corse, un’autista dei Vigili del Fuoco, due autiste di pullman, alla titolare di un’officina meccanica e a otto camioniste: due bolognesi, una livornese, una modenese, una lombarda, una altoatesina, una ligure e tre venete. Chi sarà la prossima a festeggiare l’Otto marzo con il prestigioso “esemplare unico” riservato alla camionista/autista dell’anno?

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On the road with Mexico’s female truck drivers

 

Un video che racconta la storia di tre camioniste messicane: Clara, Liszt e Paty, che hanno rotto le barriere in un mondo ancora prevalentemente maschile, quello dell’autotrasporto. Loro sono alcune delle  ” Mexico’s traileras”,  donne camioniste che viaggiano sulle lunghe distanze sulle pericolose strade della loro nazione. E lo fanno con una grande passione!

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I consigli di una collega e la sua storia: Chiara!

 

Dalla rubrica “Me l’ha detto un camionista” dal sito di “Uomini e trasporti”, la storia della collega Chiara che  ci consiglia la trattoria “La locanda delle noci” a Passo Corese (RI) .

Questo è il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/me-lha-detto-un-camionista/pizzeria-la-locanda-delle-noci-passo-corese-ri/

E questa la prima parte dell’articolo (che continua nella pagina ufficiale di Uomini e Trasporti):

 

La Locanda delle Noci | Passo Corese (RI)

Chiara Belleggia.

Per il ristorante truck del mese ci siamo rivolti a una nostra “vecchia” conoscenza, Chiara Belleggia, che intervistammo qualche tempo fa per la rubrica Anche io volevo il camion (potete andare a leggere l’articolo sul nostro sito). Chiara ha 34 anni ed è nata a Monterotondo, in provincia di Roma. È autotrasportatrice da quando ne aveva 18 ed è figlia d’arte, anzi nipote d’arte visto che anche il nonno, oltre al padre, faceva il camionista. Lavora per la FR Pluriservizi, una ditta di Anzio, con cui trasporta un po’ di tutto, dai frigoriferi alle centine, dall’alimentare all’abbigliamento. La Locanda delle Noci – questo il nome del locale di cui parliamo – Chiara l’ha conosciuta perché si trova vicino al Polo Logistico di Fara Sabina, in provincia di Rieti, un’infrastruttura che spesso attraversa nei suoi viaggi. «Una sera ho provato per curiosità ad andarci a mangiare con un collega – mi racconta – e ci siamo trovati benissimo. É una trattoria/pizzeria di medie dimensioni, un ambiente carino con camerieri giovani e cordiali. Fanno paste favolose della tradizione capitolina, ben condite e cotte al punto giusto, e lo dico da romana doc. Ed è per questo che tanti autotrasportatori lo frequentano».

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