La cosa che mi ha colpito nell’articolo è questo paragrafo:
(…)
“Detto fatto, la moglie del re Guglielmo Alessandro non si è limitata a guardare i grandi autoarticolati che facevano bella mostra di sé nel parcheggio ma, tolte le scarpe, è salita a bordo di uno dei giganti della strada. E, le foto, hanno fatto ovviamente il giro del mondo.
Chissà, forse voleva sentire la sensazione di posare i piedi su i pedali di un mezzo così gigantesco. O dimostrare che, al di là dei pregiudizi e degli stereotipi, anche le donne sanno tenere a bada un camion del genere. Un’ipotesi più probabile, questa, considerando che durante la visita Maxima d’Olanda ha chiacchierato con diverse lavoratrici, venendo a sapere che “la carenza di camionisti donne era in parte dovuta ai pregiudizi che esistono intorno alla professione di camionista”. Fortunatamente, come è stato confermato dalle presenti, sempre più datori di lavoro stanno iniziando ad assumere donne come autisti di camion.”
NIEUWEGEIN, NETHERLANDS – JULY 14: Queen Maxima of The Netherlands visits a truck driver school on July 14, 2021 in Nieuwegein, Netherlands. (Photo by Patrick van Katwijk/Getty Images)
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Mi ha colpito perchè sentiamo sempre dire che in Italia le donne camioniste sono poche, anche a causa del maschilismo del settore, ma all’estero…all’estero è pieno di camioniste…
Evidentemente la realtà è ben diversa…anzi è molto simile alla nostra!!!
Buona strada a tutte le colleghe, italiane, olandesi, ecc, ecc!!!
Ecco un’altra bella storia di vita di una nostra collega, lei è Francesca, la “furgonauta” come viene definita nell’articolo di Gabriele Bolognini nelle pagine di “CamioneFurgoniMag.”
Le è sempre piaciuto guidare e correre con la macchina sin da ragazza ma certamente a 20 anni non avrebbe mai creduto di fare nel futuro la furgonauta
Francesca è di Susegana, un paesino nel Trevigiano, ricco di storia, circondato dalle acque del Piave da una parte e dal corso d’acqua Crevada dall’altra, mentre il centro è attraversato dal torrente Rujo. Dopo aver lavorato per 20 anni in fabbrica un bel giorno si è ritrovata alla guida di un furgone!
“Eh si, proprio così. La verità è che nel 2004 mi trovavo a casa in mobilità. La fabbrica ci aveva buttato per strada. Così mi venne proposto dal mio ex marito di sostituirlo in un viaggio col furgone perché lui, in quel periodo, era occupato in un’altra attività. Io accettai di buon grado. In fondo bastava la patente B e, inoltre, mi è sempre piaciuto guidare. Così iniziai da clandestina – racconta Francesca – infatti il mio ex lavorava per uno spedizioniere che, per partito preso, non si fidava delle autiste donna. Così facevamo tutto di nascosto. Però io ero brava e precisa e alla fine svelammo il “barbatrucco” al cliente che mi fece i complimenti. Da allora, iniziai ufficialmente la mia nuova vita.”
Dopo qualche anno gli affari cominciarono a prosperare e Francesca è entrata in società con il suo ex: “Ci siamo sempre occupati di grande ristorazione e del settore nautico. Ultimamente anche di trasporto mobili. Per le navi trasportiamo componenti in alluminio e vetro. All’occorrenza portiamo i ricambi direttamente ai porti dove si trovano ormeggiate le navi per riparazioni rapide – racconta Francesca – Quindi si va in Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Irlanda, Norvegia, Finlandia, insomma, ovunque c’è un porto arriviamo col ricambio giusto.”
“Dopo qualche anno occorreva aumentare il numero di mezzi e il tonnellaggio dei furgoni. Così, nel 2009, mi decisi a prendere la patente C. Subito dopo acquistammo un IVECO Daily da 6,5 ton a metano. Oggi abbiamo 5 furgoni, tre da 3,5 ton e due da 7 ton, e tre autisti dipendenti.”
Otto Marzo, il messaggio di Celia: «Ogni donna segua la sua strada»
A 22 anni ha aperto un’azienda di autotrasporti e adesso fa (anche) la camionista
08 Marzo 2021 ore 20:32
di Elio Defrani
Celia Tivadar
BORGHETTO BORBERA — Se c’è un augurio universalmente valido in occasione dell’Otto Marzo, è quello che ogni donna possa realizzare i propri sogni: che sia diventare imprenditrice di successo o essere madre di una famiglia numerosa, farsi eleggere presidente o sfilare in passerella o, perché no?, tutte queste cose insieme.
E c’è chi un desiderio è riuscito a realizzarlo, un po’ particolare magari, almeno agli occhi di un uomo: mettersi alla guida di un tir, un bestione della strada da 40 tonnellate. Già perché Celia Tivadar, 26 anni, un passato da modella amatoriale e da ballerina, ha scelto un mestiere tradizionalmente appannaggio dei maschi: camionista.
Di origine romene, da 13 anni abita a Borghetto Borbera e nel 2017, con i genitori Petru e Crina e con il fidanzato Daniel ha fondato la Quattro Autotrasporti, di cui è gestore dei trasporti oltre che autista.
(….)
Il resto dell’articolo lo trovate sul sito ufficiale
E questo è l’inizio (il resto lo trovate sul sito):
«Donna e camionista, mai discriminata» La scommessa vinta di mamma Katia
Borgo Veneto: nel 2020 prende le redini dell’attività del padre e, a 30 anni, è felice. E non rinuncia alla sua femminilità
Patrizia Rossetti 03 Giugno 2021
la storia
BORGO VENETO
Se c’è qualcosa che finora non ha mai incontrato è la discriminazione per il fatto di essere donna, nonostante abbia scelto di intraprendere un lavoro che sembra aver poco a che spartire con la femminilità: il camionista. Katia Ambrosi ha 30, un marito e tre bambini, ma ogni mattina esce dalla sua casa di Borgo Veneto e sale nella cabina di un tir, un peso massimo da 44 tonnellate, per avviarsi ad interporti e aziende tra Padova, Vicenza, Venezia, Verona e Treviso. La svolta della vita, prima dedicata interamente alla famiglia, arriva per Katia nell’autunno del 2020, quando prende le redini dell’attività di papà Francesco, anch’egli autotrasportatore con un’azienda a Mirano. «Già durante il lockdown avevo parlato con mio padre di questa opportunità», racconta. «La passione c’era, un po’ di esperienza anche, e mi sono buttata in quest’avventura. Sono felicissima della mia scelta e ogni mattina metto in moto il camion con grinta e determinazione».
Ecco un’altra bella storia di una collega appassionata del suo lavoro, lei si chiama Saura, “Sakura” per gli amici, l’articolo è su Camion e furgoni mag“, firmato da Gabriele Bolognini.
Saura, Sakura per gli amici, è una ciociara DOC. Camionista nel DNA ha ereditato geni e passione dal papà Giuseppe
Nata 44 anni fa a Frosinone, Saura oggi vive a Vallecorsa, un paesino del Frusinate di 2500 anime ai piedi di Monte Calvilli. Saura ama la sua terra ricca di storia e verde come le centinaia di ulivi piantati su terrazzamenti secolari trattenuti dai muri a secco, testimonianza della grande operosità che contraddistingue la gente del luogo. I momenti di tempo libero Saura se li divide tra le campagne intorno a casa ed i suoi due cavalli che tiene in un maneggio vicino Fondi (LT): “Mi piace stare a contatto con la natura e passeggiare a cavallo è una cosa che amo profondamente e mi rilassa!”
Il camion nel DNA
“La passione per il camion l’ho ereditata da mio padre – racconta Saura – Lui ha una ditta di autotrasporto ed ha fatto sempre il camionista in vita sua. Io sin da bambina sono stata ammaliata dai camion. Li vedevo così grandi e potenti. Papà qualche volta mi portava in giro con lui e poi a 17 anni me lo fece provare, un’emozione incredibile.Finite le scuole presi subito tutte le patenti e mi misi a lavorare con lui. Poi, dopo una decina d’anni, decisi di sganciarmi per diventare un’autista dipendente. Volevo viaggiare senza i pensieri e le preoccupazioni della vita da imprenditrice. E poi volevo rendermi indipendente economicamente dalla famiglia. Ancora oggi mi va bene così anche se continuo a vivere con i miei genitori.”
Dal centinato al frigo
“Con mio padre facevamo trasporto centinato, ma non mi piaceva molto. Fino a che non ho deciso di staccarmi dall’azienda di famigli per andare a lavorare presso un’azienda che faceva trasporto frigo. Da allora sono rimasta sempre su questo settore. Il lavoro non è molto diverso dal centinato, ma è molto più pulito, anche se ha i suoi contro: si viaggia giorno e notte, sia di domenica che nei giorni festivi. Tuttavia lo preferisco, e, soprattutto, lo faccio con passione. Aggiungo anche che non è un lavoro per tutti, devi amarlo.”
Trasporti nazionali ed esteri
“Fino a poco tempo fa lavoravo per un’azienda che faceva estero. Mi piaceva molto anche se mi teneva molto lontano da casa e dalla mia famiglia. Una volta mi capitò di andare in Inghilterra, a Liverpool. E’ stata un’esperienza bellissima – racconta entusiasta Saura – Ero già stata in Inghilterra, ma come turista. Andarci con il camion però è stata un’esperienza magnifica. La cosa incredibile è che mi sono trovata bene anche con il diverso senso di marcia. Stavo attaccata al bordo della strada, potendolo controllare bene senza dare fastidio a nessuno. Non ho mai avuto problemi. Solo nelle rotonde mi sono trovata un po’ in difficoltà inizialmente ma poi ci ho preso la mano. Poi mi sono voluta avvicinare a casa e per qualche tempo ho fatto solo viaggi nazionali. Oggi lavoro nuovamente per una ditta che fa estero. Mi piace troppo viaggiare e merita sicuramente qualche sacrificio.”
Il Grifone nel cuore
“I camion li ho provati quasi tutti ma la mia passione è lo Scania. Ho avuto modo di lavorare per qualche tempo con un 500 S di ultima generazione. Una macchina stupenda con la quale si è creato subito un feeling. Poi cambiando ditta mi è capitato di guidare un nuovissimo IVECO S-Way. Non male come macchina anche se il mio cuore appartiene solo al Grifone svedese da sempre. Chiaro che col nostro lavoro alla fine ti abitui a qualsiasi veicolo, l’importante è che non dia noie. Anni fa ero alla guida di un vecchio Mercedes che, purtroppo, mi giocò un brutto scherzo: rimasi senza freni! Ad un certo punto andai a frenare prima di una rotonda e scoppiò un tubo dell’impianto idraulico. Scalai e feci di tutto per rallentarlo. Bene o male riuscii a fare la rotonda e, per fortuna, subito dopo iniziava una salita. Così rallentai al massimo e riuscii a riportarlo in magazzino con i nervi a fior di pelle. Non si può assegnare un veicolo ad un autista in quelle condizioni. I mezzi vanno sempre controllati e la manutenzione deve essere eseguita regolarmente se non si vogliono sorprese. Con il lavoro attuale guido un Volvo FH500. Atra macchina di gran pregio anche se la tenuta di strada dello Scania mi da più sicurezza. So che la ditta ne ha ordinati di nuovi, 500 S come quello che guidavo prima, spero proprio me ne assegnino uno!”
(continua su http://www.camionefurgonimag.com/saura-sacchetti-sakura/)
«Mi sono sempre piaciuti i trattori e i camion, – racconta Mariagrazia Cesano, classe 1962, di San Michele Prazzo – La passione per questi ultimi l’ho ereditata da mio papà Ettore, anche lui camionista. Nel 1957 nella vicina valle Stura era entrato in funzione il Caseificio Cooperativo di Demonte e quando ho preso la patente cercavano giovani autisti per la raccolta latte nelle vallate. All’inizio raccoglievo il latte ancora nei bidoni, borgata per borgata, andavo a Canosio, Acceglio, San Michele, Celle di Macra ecc, avevo l’aspiratrice e il camion refrigerato. Alle 6 del mattino dovevo aver finito il giro e trovarmi in fondovalle dove un altro camion prelevava il latte dal mio e lo portava al caseificio».In estate, al rientro, Mariagrazia doveva occuparsi della fienagione per l’azienda agricola che ha sempre mantenuto, parallelamente al lavoro di camionista, con il supporto del al marito Corrado Cesano, classe 1955, che accudiva il bestiame nella stalla, iniziando a mungere anche in piena notte, prima di recarsi a Saluzzo dove faceva il portalettere. L’esperienza di Mariagrazia Cesano è un esempio di pluriattività alpina che rappresenta una buona forma di sostentamento economico per chi sceglie di vivere nelle aree montane.
Nella foto Mariagrazia Cesano alla guida del trattore
L’intervista completa sul Corriere di Saluzzo di giovedì 29 aprile 2021.
Con la rubrica “Storie di uomini..”, la Pro Loco di Cancellara ci fa conoscere personaggi che hanno fatto la storia del paese e non solo. Storie che è interessante conoscere.
Come la storia di Antonia Patanella che in Italia era conosciuta come “la donna del camion”, essendo stata la prima donna a guidarlo.
L’ha raccontata lei stessa a Saverio Lancellotti.
“Sono conosciuta in paese come Antonia Patanella, ma Patanella deriva dal cognome di mia suocera che si chiamava Angela Patanelli. Il mio vero cognome è Ianniello e “#appartengo” ai Libutti e Ianniello quest’ultimi di soprannome “Tavlùn”.Ho 84 anni sono nata a Cancellara ed ho sempre vissuto in questo #paese Già da piccola la mia #vita è stata piena di difficoltà…sia per il #periodostorico caratterizzato dalla #secondaguerramondiale che la malattia di mio padre, costrinsero i miei genitori ad affidarmi alle cure di mia #nonna. Ho dovuto subito essere autonoma, affrontare le difficolta senza tirarmi indietro, anzi ho sempre lottato per cercare di realizzare i miei #sogni Ho fatto grandi sacrifici ma non mi sono mai sentita limitata dal concetto di #donna di quei tempi, questo grazie anche all’esempio e all’educazione datomi da #miamadre Giuseppina Libutti, donna forte che si è dovuta rimboccare le maniche in giovane età per crescere da sola tre figli con un marito invalido. All’età di 23 anni e precisamente nel 1959 mi sono sposata con Bonifacio Lancellotti e da quel momento la mia vita è cambiata, non solo sono diventata moglie e poi madre, ma ho cominciato a collaborare attivamente nell’#attivitàcommerciale della #famiglia di mio marito.
Il #negozio della famiglia Lancellotti, conosciuto ancor oggi come la “Pïtea r’ Patanella”, dove si vendeva di tutto, era molto fiorente e, per rifornire il magazzino della merce, ci si rivolgeva ad autotrasportatori per conto terzi. Fino a quando mio suocero, in una riunione di famiglia, propose di acquistare un furgone; però c’era bisogno che qualcuno della famiglia che prendesse la patente. Mi feci avanti io !! supportata anche da mio suocero Saverio e dall’intera famiglia Lancellotti decisi di prendere la patente.
Correva l’anno #1963. Alla #scuolaguida eravamo solo due donne (io e la maestra Margherita Claps), la nostra presenza suscitava ilarità e soprattutto incredulità da parte degli uomini. Tutti pensavano, e spesso lo esprimevano pure apertamente, che noi donne non saremmo mai state capaci di guidare un’autovettura.
E nel 1964, appena presa la patente, acquistammo invece che un autovettura, un furgone e subito mi misi alla guida ed iniziai il mio nuovo lavoro di #autotrasportatore con la costante compagnia di mio marito, sempre al mio fianco(nella vita e nel lavoro)Pochi anni dopo acquistammo un camion e diventai la Prima #camionista donna con lo stupore non solo dei cancellaresi e delle persone che incontravo nei miei viaggi, ma anche della stampa che voleva intervistarmi (ho sempre rifiutato per riservatezza).
Ho trovato questo articolo e questi video che raccontano la storia di Giovanna, una delle prime donne a conseguire la patente CE in Italia. E poiché nel titolo le si fanno gli auguri per i suoi novanta anni, è nata nel 1931, compiuti il 15 di aprile, la mente mi ha riportato a un’altra collega che ho avuto l’onore di conoscere a un raduno, che compiva gli anni nella stessa data anche se era nata un anno prima. La loro storia è pressoché uguale, tutte e due hanno fatto la patente per affiancare il marito nei lunghi viaggi sulle strade d’Italia in quanto in quegli anni la legge prevedeva due autisti a bordo degli autotreni. Me li ricordo i racconti della Sandra, racconti di fatica e sacrifici, del rimpianto di aver passato poco tempo con la figlia piccola che cresceva con la nonna, dei pranzi a pane burro e acciughe, degli scarichi a mano….
Una data di nascita, uno stesso destino, auguri a Giovanna per il bel traguardo raggiunto, purtroppo di Sandra non ho più notizie, ma conservo un bellissimo ricordo di lei e della sua dolcezza.Due grandi donne che hanno aperto la strada a chi, come me e tante altre ragazze, è arrivata anni dopo a sedersi dietro il volante di un camion. Grazie di cuore!
Camioniste: di tutto e di più…o per meglio dire una piccola rassegna stampa con articoli un pò diversi che parlano di donne camioniste. Si perchè non ci sono solo le storie di ragazze e donne che affrontando ostacoli e pregiudizi sono riuscite a diventare camioniste realizzando cosi il sogno della propria vita, ogni tanto girando nel web si incappa anche in altre cose che riguardano il variegato mondo delle camioniste….
Comincio da un vecchio articolo del 2003, non molto edificante, visto che si tratta di una lite!
E visto che sono in argomento, un altro titolo di cronaca:
E un altro, che fece notizia a fine febbraio l’anno scorso, lo riportarono diversi giornali, ne ho contati una dozzina, poi arrivò il Covid e certe piccole notizie non fecero più scalpore…
Cambio argomento, torno ai sogni delle ragazze, anzi di una Miss:
Ci sono anche articoli che parlano di incidenti con donne camioniste coinvolte, come questo dell’anno scorso dove per fortuna la collega è uscita illesa:
Un articolo di 26 anni fa… questo della rivista “Tuttotrasporti” n° 160 del mese di febbraio del 1995.
Un articolo dedicato alle donne camioniste di allora: “Tocco rosa in cabina“.
A rileggerlo non sembra che le cose siano cambiate poi cosi tanto, è vero che il numero delle camioniste è aumentato nel corso degli anni, ma è anche vero che il settore dell’autotrasporto è ancora prevalentemente maschile, soprattutto al volante dei mezzi pesanti. E le donne ancora oggi vengono guardate con curiosità… forse c’è meno discriminazione quando si cerca un lavoro, ma la strada per la parità è ancora lunga…
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