Un articolo di qualche anno fa… ma è sempre attuale!
Sono sempre alla ricerca di qualsiasi cosa che parli di noi, cosi ho trovato questo articolo non più recente – è del 2019 – è la storia della collega Paola, che per trovare lavoro al volante di un camion è dovuta andare all’estero… forse adesso qualcosa è cambiato, ma ci sono ancora donne che purtroppo vengono guardate con diffidenza quando si propongono alle aziende come autiste…
Questo è il link:
https://salto.bz/en/article/25102019/io-una-camionista-bordo-del-diavolo
E questa la prima parte dell’articolo :
“Io, una camionista a bordo del Diavolo”
“È come un richiamo, a un certo punto devo accendere il motore e andare”. Lei si chiama Paola Cestari, 37 anni, è di Trento, e dal 2016 fa la camionista. Dopo aver cominciato a lavorare nel settore dell’autotrasporto in Italia la “zingara”, soprannominata così dai suoi cari, è approdata in Germania, “avevo il pallino dell’estero”; ha imparato il tedesco e oggi lavora per una ditta austriaca girando a bordo del suo “Gangal” (“diavolo” in dialetto tirolese, il nome del suo autoarticolato), un “bestione” di 16 metri e mezzo che tre settimane fa ha messo in bella mostra in occasione del suo primo raduno di camionisti. Paola viaggia soprattutto di notte, toccando città come Brema, Modena, Milano, Venezia, e nella sua ancora breve carriera, ha trasportato di tutto, dal legno al marmo. Una vita dura, fatta di orari estenuanti, chilometri da macinare ogni giorno, merci da consegnare in orario e, sgradito “bonus” riservato alla compagine femminile, stereotipi da abbattere a spallate.
Insomma, un mestiere che forse più di altri richiede una massiccia dose di passione. “Da quando ho memoria volevo fare l’autotrasportatrice, è un sogno che avevo fin da bambina, mia madre sperava che cambiassi idea ma non è successo”, racconta Paola. La strada per tagliare l’agognato traguardo non ha concesso scorciatoie. “All’inizio mi è mancato il coraggio, non avevo alle spalle una famiglia proprietaria di un’azienda di trasporti, mio padre lavorava all’Enel, mia madre faceva la casalinga, e io sono, come dire, la ‘prima del mio nome’, ad aver intrapreso questa avventura”, dice con misurato orgoglio, spalancando un sorriso.
Orgoglio e pregiudizio
A 16 anni Paola si inventa benzinaia, poi arriva la parentesi del panificio a Trento, “ma mi mancava l’aria a stare chiusa in un negozio”; nel 2013 Paola prende le patenti C e CE, valide per la guida di camion e veicoli adibiti al trasporto merci, e inizia “dal basso”, con i furgoni, girando in lungo e in largo il Trentino-Alto Adige. “Il mio ex marito faceva l’autista ma non ha mai voluto che diventassi camionista”, confessa Paola, “in più da parte dei datori di lavoro all’inizio la diffidenza era tanta, a Trento per esempio una ditta mi ha liquidato dicendo che non avevo abbastanza esperienza, ‘ma se fossi stata un uomo lo avreste preso senza troppe storie, ho obiettato, purtroppo l’attività dell’autotrasporto viene ancora generalmente percepita come non adatta alle donne”. Le differenze geografiche in questo senso esistono, sottolinea la camionista, “ho notato che in Austria e Germania c’è profondo rispetto verso le donne che fanno questo mestiere, in Italia invece ti guardano ancora con un certo sospetto”.
Le torna in mente un episodio: “Una volta mi trovavo in Italia, vicino a Venezia, ed ero in procinto di scaricare la merce. Un magazziniere, non sapendo che fossi italiana dato che ho la targa austriaca, dà di gomito al collega e indicandomi con il mento a punta gli dice: ‘Vediamo quanto ci mette a mettere il Tir sulla rampa’. Avevo il finestrino abbassato e il commento non mi era sfuggito. Faccio le mie due manovre, scendo dal mezzo e gli chiedo: ‘Ci ho messo il tempo giusto?’, lasciandolo di stucco”.
Sulla litania della retorica stucchevole di cui si nutre il pregiudizio si sovrappone però la melodia del controcanto, che risuona nell’ironia di un cartello recante un annuncio di lavoro (come testimonia la foto sottostante), che Paola ci mostra divertita, o nell’umanità dei colleghi incontrati in viaggio. “Un giorno un autista turco, vedendo il mio camion sulla rampa, mi ha scambiato per la segretaria del magazzino, e quando ha scoperto che guidavo io il mezzo si è inginocchiato davanti a me, tra riverenze e complimenti”, ricorda Paola. “Un’altra volta, in Germania, un autista sloveno mi ha salvato, erano le 3 di notte e mi ha aiutato trainando il mio camion che si era impantanato”.
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(…) continua…
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