Incontro tra colleghe!
E’ sempre bello incontrarsi tra colleghe!
Ciao Chiara, buona strada sempre!!!
E’ sempre bello incontrarsi tra colleghe!
Ciao Chiara, buona strada sempre!!!
La LAM ve l’ho già presentata, è la “Lega Antichi Motori”, un’associazione di appassionati di veicoli storici. Al raduno di Giussano c’erano anche loro, con i loro stupendi mezzi d’epoca.
Ma gli appassionati di questi mezzi non sono solo uomini!
Cosi, tramite Daniela che era presente, ho mandato le nostre targhe anche a Luisa e Luciana, che questi camion li guidano durante le manifestazioni che fanno in giro per l’Italia, perchè è bello condividere una passione, quella per i camion, che siano quelli di tutti i giorni o i mezzi che hanno fatto la nostra storia!
Daniela a Giussano
Daniela mi aveva promesso di mandarmi la loro foto con la targa quando le incontrava, e cosi eccole qui!
Luisa & Luciana
Ciao Ladies, buona strada sempre!!!
L’articolo, pubblicato da Professione Camionista, è di qualche mese fa, però è bello leggere che ci sono aziende che alle proprie autiste dedicano un camion personalizzato!
Buona strada a Moira e a tutte le colleghe!
Questo è il link dell’articolo:
https://professionecamionista.it/bierreti-donne-volante-lanciano-azienda/
E questa la prima parte del testo:
La BiERREti fa trasporti e servizi di logistica a temperatura controllata, ha una piattaforma per il fresco e il congelato. Oggi è una realtà innovativa e internazionale, nata dal lavoro di tre autisti che, per crescere, hanno assunto tante donne.
«Mi hanno chiamato mentre guidavo – racconta Moira Barbierato, autista di Bierreti – per dirmi che in azienda c’era un rinfresco e che dovevo esserci anch’io. Sono subito corsa e, quando sono arrivata, ho trovato tanti amici, tanti colleghi e poi tutti e tre i nostri titolari, Robertino, Max e Carlino che mi aspettavano e che mi hanno fatto trovare una sorpresa pazzesca: un Daf XG tutto per me, bellissimo, con i profili rosa. Per la prima volta in vita mia, sono riusciti a farmi star zitta. Non mi avevano detto niente ed ero così commossa che alla fine mi è scappata anche qualche lacrima». Questo piccolo episodio che ci ha raccontato Moira, una delle autiste di punta di BiERREti di Taglio di Po (Rovigo), è soprattutto il ritratto di un’azienda che vuole crescere e innovare e in cui i dipendenti e i collaboratori hanno un nome e un volto.
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(…) continua sul sito di Professione Camionista
Una breve intervista a Tiffany, giovane collega francese di 23 anni, in un video di Pietro ( canale YT https://www.youtube.com/@JohnnyD89. ).
Bonne route Tiffany!!
Una di quelle notizie che non vorremmo mai leggere, soprattutto perchè era una giovane collega ed è morta sul lavoro. Forse è stata una distrazione, forse un guasto meccanico, ancora non si sa, ma non si dovrebbe mai morire sul lavoro.
Queste notizie mi lasciano sempre senza parole.
Condoglianze alla famiglia. R.I.P.
Il link dell’articolo su RSI:
Su “Uomini e Trasporti” è stato appena pubblicato questo bell’articolo sulla nostra presenza al 31° raduno del Coast to Coast Truck team a Giussano!
Grazie a Elisa Bianchi per averci dato la possibilità di raccontarci!
Questo è il link:
E questo l’inizio dell’articolo:
Il riconoscimento viene assegnato ogni anno in occasione del raduno Coast to Coast di Giussano dal gruppo Lady Truck Driver Team “Buona Strada” a un giovane che si distingue per l’entusiasmo con cui intraprendere la professione
Non potevano mancare le ragazze del Lady Truck Driver Team “Buona Strada” al 31esimo raduno del Coast to Coast Truck Team che dall’1 al 3 settembre ha trasformato il paese di Giussano nel punto di incontro di centinaia di camionisti e appassionati del settore. «Sono tanti anni che gli amici del Coast to Coast ci ospitano al loro raduno – racconta Monica, tra le fondatrici del gruppo “Buona Strada” e volto noto sotto lo pseudonimo di Ironduckmoni64 –, con loro condividiamo oltre alla passione per i camion e per il nostro lavoro anche gli scopi: fare beneficenza e cercare di dare un’immagine positiva del nostro settore. Il raduno è nato infatti con l’obiettivo di avvicinare le persone al mondo dei camion, è una festa di paese aperta a tutti che ci dà l’occasione di conoscere anche nuove ragazze e accogliere nuove adesioni al nostro gruppo».
Il sodalizio tra le due realtà è affermato ormai da anni: «Possiamo dire che loro sono sempre stati nostri sostenitori – prosegue Monica –, collaborazione e non competizione è quello che, come donne camioniste, cerchiamo in questo mondo dell’autotrasporto. Al raduno del Coast to Coast abbiamo sempre uno spazio per il nostro gazebo “in rosa”, ideato come punto di incontro tra colleghe, che siano vecchie conoscenze o nuove amiche che vengono a trovarci. Per loro c’è in omaggio la nostra targa rosa, il nostro simbolo, che esposto dietro il parabrezza dei nostri camion ci permette di riconoscerci quando ci incrociamo per strada. A ogni edizione esponiamo inoltre il frutto delle nostre iniziative: abbiamo iniziato con i calendari e i ricettari e ora il nostro libro “Soprattutto camioniste”. L’utile delle vendite viene destinato alle varie Associazioni che sosteniamo o ad aiutare chi sappiamo avere bisogno».
(…)
Il resto dell’articolo (con le foto) lo potete leggere al link:
Grazie Elisa, buona strada sempre!
Cambiare vita e realizzare i propri sogni, quelli abbandonati in fondo ad un cassetto, è quello che ha fatto Palmira e che ci racconta in questa bella intervista di Elisa Bianchi, come sempre dal blog “Anche io volevo il camion” di “Uomini e Trasporti”.
Buona strada sempre Palmira!
Il link dell’articolo:
E il testo:
A 50 anni cambia radicalmente la sua vita: dopo anni passati in corsia come Operatrice Socio-Sanitaria e aver lavorato in reparto Covid nei mesi più duri della pandemia, Palmira Mura ha scelto di ripescare un sogno lasciato nel cassetto. Prende le patenti, saluta figli e nipoti e parte per la linea. In cabina oggi vive la sua “seconda gioventù”
«Sono un’autista con il cuore da Operatrice Socio Sanitaria, il lavoro che ho svolto per una vita prima di salire in cabina». Si presenta così Palmira Mura, 52 anni “portati con orgoglio” e originaria della Provincia di Oristano, ma trapiantata nel Nord Italia fin da piccolissima.
La raggiungiamo al telefono mentre è impegnata al volante. Si trova sull’A1, direzione Varese. Davanti a lei circa 500 km di strada da percorrere. «Sto trasportando del vino in questo momento – ci dice – ma è un carico sporadico. Normalmente porto materie prime, soprattutto plastica».
Dall’agosto 2021 Palmira lavora per un padroncino di Piacenza, Piccoli Riccardo. «È un’azienda piccola – spiega Palmira – ma con la quale sogno di andare in pensione perché qui sento di aver trovato finalmente il mio posto». Palmira è l’unica donna della flotta ed è anche l’unica ad aver scelto di cambiare vita a 50 anni. Una scelta radicale che arriva dopo uno dei periodi più bui degli ultimi anni, non solo per Palmira ma per tutti noi. «Come OSS ho lavorato nei reparti Covid per tutto il periodo della pandemia. È stato doloroso, ho vissuto la solitudine e la sofferenza delle persone, anziani che morivano senza l’affetto dei propri cari, senza la possibilità di dare loro una carezza. Ho dato tutta me stessa al mio lavoro in quei mesi e una volta superato il peggio mi sono resa conto che avevo finito le energie, non avevo più nulla da dare, dovevo cambiare. Siamo solo di passaggio in questa vita quindi mi sono detta: perché no, perché non riprendere in mano il sogno dell’autotrasporto lasciato nel cassetto tanti anni fa».
Furono i miei genitori a mettermi in testa l’idea di prendere le patenti. Mio papà aveva la C da quando aveva fatto il miliare e mia mamma negli anni ’80 guidava un Daily telonato, faceva le consegne a Milano e dintorni. Non mi sarebbe dispiaciuto seguire i progetti che avevano per me, però le cose andarono diversamente: quando avevo 19 anni nacque la mia prima figlia, Mariangela. Seguirono poi altri tre figli: Andrea Francesca, Matteo e Martina. Così accantonai l’idea di mettermi al volante e presi l’attestato da OSS. A dire il vero nel 2015 provai a tornare sui miei passi. Dopo la separazione da mio marito feci l’orale della C e lo superai, ma al momento di iniziare le guide i soldi scarseggiavano e così lasciai perdere un’altra volta.
All’inizio lavoravo di giorno e la sera andavo in scuola guida, seguivo delle lezioni private. Fortunatamente ho trovato supporto da parte di tutti, sia dei mei figli – soprattutto le ragazze – ormai già grandi e che mi spronavano a inseguire il mio desiderio, sia dell’Azienda sanitaria per la quale lavoravo. Mi sono licenziata solo prima di conseguire le ultime patenti, investendo tutti i soldi della liquidazione per poterle completare, perché le cifre si sa, sono importanti.
Sì, ma tramite mio fratello, anche lui autista, sono riuscita ad avere un colloquio con quella che oggi è l’azienda per cui lavoro. Nessuno ci avrebbe scommesso perché ero una donna di ormai 51 anni senza esperienza, eppure credo che il mio capo abbia visto in me la volontà di metterci il massimo dell’impegno. Da allora ho fatto tanti errori e ho versato tante lacrime, lo ammetto, ma oggi posso dire che la donna che sono è il risultato delle difficoltà che ho saputo affrontare. Non da sola, naturalmente. Devo tantissimo all’aiuto di colleghi e amici con più esperienza di me.
Non mi annoio mai. Faccio la linea, una media di due scarichi e un ricarico al giorno. La mia casa per tutta la settimana è la cabina, mentre nel weekend torno a essere la mamma e la nonna di sempre.
Questo cambio di vita è arrivato quando i miei figli erano già grandi; quindi, in realtà, il rapporto con loro si è rafforzato perché se prima ero spesso stanca e nervosa, oggi quando rientro abbiamo sempre qualcosa da raccontarci. I miei quattro nipoti, Gaia, Eleonora, Eduardo e Greta, che vanno dai 7 anni ai 9 mesi, posso godermeli nel weekend, anche se mi piacerebbe poterli coinvolgere, fargli vedere da vicino cosa faccio, come funziona il mio lavoro. Fare l’autista non significa solo guidare, come invece pensano molti. Bisogna stare attenti al carico e soprattutto a chi viaggia sulla strada insieme a te. Penso che sarebbe utile se tutti i ragazzi che prendono la patente della macchina provassero anche l’esperienza del camion, anche solo con un simulatore, per capire com’è stare alla guida di un mezzo del genere. Gli automobilisti non lo comprendono, non immaginano quanto sia difficile gestire un camion quando qualcuno ti taglia bruscamente la strada, non sanno che non li vediamo se ti sorpassano a destra. Viaggiamo tutti sulla stessa strada ma con ottiche diverse. Bisogna quindi far capire ai ragazzi l’importanza e anche le difficoltà del lavoro che svolgiamo.
A me dispiace sempre quando sento dire ai giovani di stare alla larga da questo mestiere, penso invece che andrebbero incentivati. Capisco che ci possano essere esperienze diverse, ma per la mia – seppur breve – esperienza, posso dire di sentirmi gratificata, sia come persona che a livello economico. Però non vorrei essere fraintesa. Mi spiego meglio: non voglio dire che l’autotrasporto è un’oasi felice. Le difficoltà ci sono, ma come in qualunque altro mestiere e in qualunque altro settore. Per esempio, lo stipendio di un OSS si aggira sui 1200/1300 euro al massimo, nonostante si lavori anche la notte, il sabato e la domenica e durante tutte le feste comandate. Non ho mai passato un Natale o un Capodanno con i miei figli. Questo per dire che tutti i lavori richiedono dei sacrifici. Il vero problema di questo settore, a mio avviso, sono i servizi che non offre.
I punti critici sono sempre gli stessi: aree di sosta troppo piccole e affollate, aree di parcheggio non dotate di servizi adeguati, mancanza di spazi dedicati alle donne che fanno questo mestiere, banalmente come un bagno o una doccia. Servirebbe maggiore riguardo per i lavoratori dell’autotrasporto. Faccio due esempi: uno è il caso della pausa breve da 15 minuti e l’altro della pausa lunga, quella da 45 ore. Se un autista ha solo 15 minuti di pausa ed entra in Autogrill per un caffè, non può perdere tutti e 15 i minuti in fila dietro a decine di turisti e alla fine rischiare di non riuscire neanche a bere o mangiare qualcosa. Noi non siamo in vacanza, siamo lì per lavorare. Basterebbe un minimo di attenzione, una corsia preferenziale per prendere un caffè. Non è chiedere molto. Nel caso della pausa lunga, invece, basterebbe far rispettare le regole intensificando i controlli. Un autista non può passare 45 ore di riposo in cabina, magari posteggiato in una piazzola di sosta in autostrada, ma ha bisogno di un luogo adeguato. Se non può essere casa sua almeno che sia un albergo, pagato dall’azienda. Il riposo nel nostro lavoro è fondamentale perché viaggiamo tutti i giorni sulle strade mettendo a rischio la vita nostra e di tutti gli altri automobilisti. Servirebbe più attenzione al benessere fisico e psicofisico delle persone.
Questo lavoro è la mia rivincita, sto vivendo la mia seconda gioventù. Ho cresciuto quattro figli da sola, ero sempre impegnata, oggi invece posso finalmente viaggiare e sentirmi libera. Ho dimostrato loro che non c’è età per cambiare e di questo sono molto orgogliosa. Certo, non avrò mai l’esperienza di chi fa questo mestiere da una vita, ma io ci metto il massimo dell’impegno, imparo giorno dopo giorno. Qualcuno criticherà, io rispondo che lo faccio con il cuore.
Vi ricordate della collega Silvia di cui abbiamo postato alcuni articoli qui nel blog?
Silvia ha anche un canale You Tube:
https://www.youtube.com/@silvymar1664/videos
in cui pubblica brevi video della sua vita da camionista, racconta di carichi, di incontri, di cose che le capitano viaggiando.
Ve ne linko uno e auguro una buona strada sempre a Silvia, sperando di incontrarla prima o poi on the road!
Ho trovato questi due articoli che parlano di Denise Fraiture, classe 1021, una delle prime donne camioniste francesi, il primo articolo è stato scritto in occasione dei suoi 100 anni,
e il secondo in occasione dei suoi 101 anni!
In attesa di leggerne un altro anche quest’anno, per il momento vi metto il testo che racconta un pò della sua storia di donna e di camionista:
Les années passent et semblent ne pas avoir d’effet sur Denise Fraiture. Celle qui a été une des 1re femmes à posséder le permis poids lourd fête ses 101 ans à Gournay-en-Bray.
Les années passent et semblent ne pas avoir d’effet sur Denise Fraiture. Elle vient de fêter ses 101 ans à la maison de retraite de Gournay-en-Bray entourée de sa famille.
« Elle rajeunit de jour en jour » estime la nièce de Denise Fraiture, Michèle Coutant, lors de la cérémonie organisée en l’honneur de la centenaire.
Ici, l’ensemble du personnel est aux petits soins pour les résidents.
Un moment que Mario Ménielle, président des relations avec les familles, n’aurait manqué pour rien au monde. Tout comme le directeur de l’hôpital, Olivier Delahais, lequel a offert un bouquet de fleurs et partagé une part de gâteau avec Denise avant de discuter longuement avec l’héroïne du jour.
Si pour l’occasion, le champagne était de circonstance, Denis Fraiture a eu le droit à un verre de porto, son pêché mignon.
Denise est née le 5 novembre 1921 à Bosc-Hyons. Ils tiendront pendant de nombreuses années le restaurant Les négociants à Gournay-en-Bray. Aujourd’hui, le lieu est devenu un restaurant asiatique.
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Denise s’est mariée avec Paul, un négociant en bestiaux. Elle a travaillé à ses côtés. Notre centenaire a été l’une des rares femmes de son époque à posséder le permis poids lourd.
Femme de caractère, elle transportait les bêtes jusqu’au marché de Paris à La Villette. Un travail rude et de nuit mais qui ne lui faisait pas peur.
Lors de ses 100 ans, elle expliquait :
Au marché, il n’y avait pratiquement que des hommes. Ils m’aidaient pour descendre les bêtes. Et lors de la vente, je ne me laissais pas faire. Je défendais nos intérêts.
Très élégante, lors de la petite cérémonie en son honneur, Denise s’est mise sur son 31 entourée de ses nièces et neveux qu’elle considère comme ses enfants. « Sa maison était l’endroit où tout le monde se retrouvait. Recevoir et préparer à manger a toujours été sa raison de vivre ».
Non sempre essere figlie d’arte aiuta ad entrare nel mondo dell’autotrasporto a tempo pieno: è il caso di Giulia, che ci racconta la sua storia in questa intervista di “Camion e furgoni mag” a firma di Gabriele Bolognini.
Questo è il link dell’articolo:
https://www.camionefurgonimag.com/giulia-camionista-di-giovedi/
E questa è la sua storia:
Giulia Zambolin, 34 anni, di Albiano di Ivrea, durante la settimana lavora presso uno studio di commercialisti, tranne il giovedì che dedica al camion. Discendente da una stirpe di camionisti, Giulia ha il camion nel DNA: “L’impresa a conduzione familiare, fondata da mio nonno nel 1947 è passata successivamente nelle mani dei figli, Franco mio padre e Luigi (68 anni) mio zio. Da sempre si sono occupati di trasporto bovini. Io ho una sorella e mio zio una figlia, maschi non ne sono arrivati, e tra tre femmine io sono l’unica che ereditato la passione per i camion – racconta Giulia – da piccolina, finita la scuola salivo sul camion con papà da giugno a ottobre. Scendevo solo durante la settimana di mare che trascorrevamo tutti insieme. Papà però voleva che studiassi. Non le andava per niente l’idea di farmi fare il suo lavoro da grande. Così mi portavo sul camion, libri e quaderni per i compiti estivi ma non scendevo mai dalla cabina. A 14 anni iniziai a fare le manovre con l’autotreno sul piazzale del mercato di Montichiari. Mi divertivo come una matta.”
Raggiunta la maggiore età, Giulia, oltre a diplomarsi come ragioniera, prende subito tutte le patenti da camion, trovando contemporaneamente lavoro presso uno studio di commercialisti.
“Quando occorreva, davo una mano a papà e allo zio, accompagnandoli, magari nei viaggi in Francia per caricare il bestiame, per sostituirli alla guida quando finivano il tempo. Ogni viaggio era un’avventura diversa. Anni prima di prendere le patenti – ricorda Giulia – in uno di quei viaggi in Francia, mentre tornavamo con il camion carico, in una stradina di montagna, piena di curve e tornanti, un furgoncino ci colpì in piena curva. Un urto frontale terribile dalla parte di papà. Io ricordo che mi misi a piangere disperata. Papà per un momento rimase in uno stato catatonico. Per fortuna non si fece male nessuno.”
“Per questo e per tanti altri motivi papà non ha mai gradito che io facessi la camionista, tuttavia, ho continuato a dare loro una mano almeno un giorno alla settimana. Si andava nella Francia sud-occidentale per caricare le mucche Limousine, che prendono il nome dalla regione dove vengono allevate. È una razza non particolarmente grande che in Italia viene utilizzata come vitello da ristallo, per l’ingrasso e il macello, sia come allevamento, per ottenere femmine fattrici. In pratica negli anni il lavoro è rimasto sempre lo stesso – spiega Giulia – Il trasporto bestiame è un mestiere molto particolare. Devi stare molto attento perché se c’è qualche bestia nervosa può creare problemi e innervosire le altre facendo oscillare il camion o il rimorchio. Dopo averle consegnate bisogna pulire e disinfettare bene camion e rimorchio. In genere i cassoni sono divisi in due piani. Su ogni cassone entrano circa 18 mucche per piano, quindi alle volte viaggi con 60 – 70 capi.”
“Durante i primi anni di guida me ne sono capitate di cotte e di crude. Una volta zio Luigi era appena tornato dalla Francia che venne chiamato subito da un cliente. Non potendo guidare subito per rispettare i turni di riposo mi affidò la guida del camion. Era inverno e mentre ci arrampicavamo sul Monte Bianco ci prese una tempesta di neve. Ero spaventatissima. Ma zio mi incoraggiò dicendomi di rimanere tranquilla e procedere lentamente. Così mentre lui riprese a dormire io mi sono ritrovata a viaggiare in mezzo alla neve alla guida del suo amato Volvo F12. Me la cavai egregiamente. Mentre un’altra volta – ricorda Giulia – eravamo in viaggio con lo Scania 144L 530 di papà. Il camion carico. Forammo una gomma del rimorchio. Fortuna che papà è un omone forzuto grande e grosso. Con calma riuscì a sostituire la ruota con la scorta. Pochi chilometri dopo forammo una gomma della motrice. Ho pensato che se mi fosse capitato quando ero sola, sarebbe stato un vero guaio con il camion carico. Finalmente dopo aver sostituito anche la seconda ruota riprendemmo il viaggio verso casa.”
Ora il papà di Giulia è in pensione da una decina d’anni. Lo Zio Luigi, che che sta per compiere 68 anni, subirà per legge il declassamento della patente e potrà guidare solo la sua motrice DAF: “Alla fine dell’anno zio andrà in pensione e vuole chiudere l’attività. Un vero dolore per me che intendevo portarla fino ai 100 anni – spiega Giulia – Così io continuo a collaborare con dei loro amici che fanno lo stesso lavoro, la Autotrasporti Bollero. Generalmente il giovedì, quando i loro autisti arrivano a Torino con le ore di guida esaurite, io gli do il cambio per consegnare i capi in Piemonte, Lombardia o Veneto. Tutti camion Scania, Volvo o IVECO.”
Circa 13 anni fa Giulia ha conosciuto il suo attuale marito, Francesco, che lavora in uno dei tanti macelli dove lei va a scaricare il bestiame: “Eh già, io sto tanto attenta a non farle soffrire in viaggio povere bestioline che lui me le macella appena arrivano – scherza Giulia – Lo scorso anno ci siamo sposati ma da sei anni abbiamo la nostra meravigliosa bambina, Marta. Lei è il motivo principale per il quale ho scelto di non fare la camionista a tempo pieno. Starò con la mia bimba almeno finché non arriva alle medie. Appena sarò autosufficiente, penso di iniziare a tempo pieno l’attività di camionista. Magari con un camion tutto mio e magari cambiando settore. Chissà, staremo a vedere. Comunque, il mio futuro lavorativo è sul camion di sicuro!”
Buona strada sempre Giulia!
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