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Il mio luogo del cuore (camionistico).

 

Stroppiana, 15 aprile 2023 – Collezione Marazzato.

 

 

La giornata è quasi finita, tanti visitatori se ne sono già andati. Sono stanca e felice. Mi siedo su una delle poltroncine di paglia, a disposizione degli ospiti, ormai vuote, il sole scalda la fila dei Fiat 682 davanti a me con i suoi caldi raggi serali, i miei occhi vanno da uno all’altro, indecisi su quale possa essere il più bello, quello giallo con la cisterna della Supercortemaggiore oppure quello grigio ancora della prima serie? Difficile scegliere… 

 

 

Ripenso alle persone che ho incontrato oggi, agli amici Seba e Tiziana che sono venuti a trovarmi qui, a Martina, la mia giovane collega che ho incontrato per la prima volta, al signor Giuliano che ho soprannominato “enciclopedia vivente” dei mezzi d’epoca perché ad ogni mia domanda sa darmi una risposta e anche oggi ho imparato tante cose nuove su questi vecchi autocarri. 

 

 

 

Mi raggiunge Giovanni e si siede vicino a me, anche lui stanco – e felice – e riprendiamo a chiacchierare. Ci ritroviamo qui ogni volta in occasione del “porte aperte”. Dopo una vita passata sui camion sulle strade d’Italia abbiamo tante cose da raccontarci, scopriamo di aver consegnato negli stessi paesi, a volte nelle stesse aziende, eppure non ci eravamo mai incontrati prima… o forse si e non lo sapevamo. 

 

 

E’ strana la vita. E molte volte è bella, giornate come quella appena trascorsa mi riempiono di gioia. Visto da fuori potrebbe sembrare niente di eccezionale, un pomeriggio in mezzo a vecchi camion facendo chiacchiere. Ma la mia anima si nutre di queste piccole emozioni, dei sorrisi, delle parole scambiate anche con persone mai viste prima con cui però si condivide una passione. Dell’atmosfera di serenità che si respira in questo luogo.

 

 

 

E’ arrivata anche l’ora dei saluti e dell’arrivederci.
Scrivo queste poche righe per ringraziare tutti del dono che mi hanno fatto oggi.

La felicità esiste, basta accorgersi quando ce l’abbiamo vicina.

Buona strada sempre a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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La Caterina!!!

Una video intervista alla nostra cara collega Caterina!!!!

Unica, inimitabile e simpaticissima!

Buona strada sempre Cate, un abbraccio!!!

 

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La storia di Francesca

 

Francesca è una delle colleghe che hanno partecipato al concorso per il Sabo Rosa 2023, è figlia d’arte e in questa intervista di Elisa Bianchi per “Uomini e Trasporti” ci racconta il suo percorso per riuscire a realizzare il suo sogno di diventare camionista! A volte la tenacia premia chi ce l’ha!

 

Il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

La prima parte dell’articolo:

 

Francesca Morrone, dal magazzino al camion seguendo le orme di papà

Figlia di un camionista capisce fin da piccolissima che vuole seguire le orme del padre, anche se lui non è d’accordo. Testarda e determinata Francesca Morrone non si perde d’animo, inizia la carriera in magazzino e dopo una gavetta che non le riserva sconti arriva a bordo del suo camion, un posto che è suo da quattro anni e che non ha intenzione di lasciar andare, anche se da mamma sa bene che «senza il supporto delle aziende, spesso l’unica soluzione per le donne che vogliono crearsi una famiglia è sempre quella più amara»

Il rumore metallico dei portelloni che si chiudono indica che il viaggio sta per iniziare. «Metto gli auricolari e sono pronta a partire». Dall’altra parte del telefono la voce è quella di una ragazza, è allegra. Si scusa per il ritardo, «Sai – ci dice – in questo lavoro gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo». Il camion si accende, Francesca ingrana la marcia e parte sicura sulla sua strada. Missione giornaliera: muoversi in direzione Brescia per ritirare del caffè. «Di solito trasporto cose diverse, principalmente bancomat, slot machine, apparecchi medicali e frigoriferi nel milanese e nel bresciano, ma oggi è diverso».

Francesca Morrone, 34 anni, originaria di Genova ma milanese d’adozione, lavora come autotrasportatrice da nove anni. In realtà non ha sempre fatto l’autista. Anzi, il suo percorso di studi è stato «lontano anni luce», come le piace dire, dalle sue inclinazioni. «Sono figlia di un camionista –racconta – e quando ero piccola io e papà abbiamo passato tanti pomeriggi insieme a bordo. Questo ha fatto in modo che si creasse una bella complicità tra noi e ho capito subito che avrei voluto seguire le sue orme. Lui però non era d’accordo. Aveva immaginato per me un futuro più tranquillo, un lavoro da ufficio. Quando ero adolescente papà ha lasciato il camion e ha aperto un’impresa edile, desiderava continuassi con l’attività. Così per amor suo mi sono iscritta a ragioneria. O almeno ci ho provato perché dopo poco ho lasciato, non faceva proprio per me. Il problema è che poi ho scelto un percorso di studi ancora più distante dalle mie passioni». Ci aspettiamo di tutto, data la premessa. «Odontoiatria» dice infine Francesca. La domanda sorge spontanea: perché? «Beh, ho dovuto trovare un compromesso con mio papà che desiderava per me un lavoro redditizio, sembrava una buona idea». Non lo era. Francesca al terzo anno lascia ancora una volta gli studi, questa volta, però, pronta a inseguire il suo di sogno.

L’occasione arriva letteralmente servita su un piatto: «Lavoravo al porto di Genova come cameriera part-time quando un giorno mi ritrovai a servire da mangiare a quello che poi sarebbe diventato mio marito. Oggi ex marito – precisa –. Era un autista e passava di lì per uno scarico. Ci siamo innamorati subito». Dopo qualche anno di amore «pendolare», Francesca si trasferisce da lui, in provincia di Milano. L’avventura, quella sognata fin da piccola quando puntava gli occhi sulla strada davanti a sé dal cruscotto del camion del papà, può finalmente iniziare. «Io volevo guidare, certo, ma non volevo sconti. Ho scelto di fare la gavetta, unico modo per imparare davvero il mestiere, e così ho iniziato come magazziniera per un corriere espresso. Per la prima volta, però, ho tastato con mano il fatto che si trattasse di un mondo ancora poco aperto alle donne. Non tanto il magazzino, quanto l’autotrasporto. Ho lottato per farmi spazio, ho seguito corsi, ho preso i patentini per il carroponte e per il muletto, ma dopo quattro anni di tentativi ho capito che lì non avrei avuto possibilità come autista». Francesca non si arrende, trova un’altra azienda che la assume come magazziniera e nel frattempo studia per prendere le patenti superiori con la speranza che le si aprano le porte della cabina. «In quel momento, però, l’azienda non aveva la possibilità di assumermi come autista, così mi sono licenziata, ma questa volta con la promessa che sarei tornata appena si fosse reso disponibile un posto».

Quello che succede nel frattempo è un’esperienza intensa, non in senso positivo, per un altro corriere espresso. «È stato un lavoro deleterio». Il giudizio è schietto, sincero. «Correvo come una pazza per portare a termine decine e decine di consegne al giorno. Impossibile rispettarle tutte, sia per le ore che per le zone da servire, ma a contare erano solo i numeri, nient’altro». Le chiediamo se ricorda un episodio in particolare in cui si sia trovata in difficoltà. Non deve pensarci molto, i ricordi affiorano. «Quella volta che dovevo consegnare due o tre bancali a un ufficio comunale. Fogli di carta bianchi. La situazione che ho trovato è stata questa: via stretta, zona centrale, ascensore guasto. La mancata consegna non era un’ipotesi percorribile perché avrei rischiato un richiamo, così ho iniziato a sbancalare in mezzo alla strada, visto che non c’era altro posto, e a portare da sola i bancali. Nessuno mi ha aiutata. La motrice bloccava la strada e hanno iniziato a prendermi a male parole, ma io stavo solo facendo il mio lavoro. Sai, in quella situazione mi sono sentita inadeguata. Ho capito che stava venendo meno la mia dignità di persona ed è stata l’unica volta in cui ho pensato di mollare tutto». Le chiediamo se in quella situazione ha pensato di tornare in magazzino. «Al di là del mio sogno di guidare, in quel periodo mi stavo separando da mio marito e facendo la magazziniera, detto sinceramente, non mi sarei potuta mantenere. Nel frattempo avevamo avuto una bambina, Gioia, e così ho dovuto prendere in mano la situazione, non mi potevo accontentare».

Razvan Liviu Scutaru, oggi capo di Francesca, insieme a lei davanti a mezzi della Best Autotrasporti.——————————————————————————-Il resto dell’articolo lo potete leggere a questo link https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

 

Buona strada Francesca!

 

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10 domande a ….Gloria

 

Sempre da “Uomini e trasporti”, Voci on the road, un’intervista a cura di Elisa Bianchi, alla nostra collega Gloria

Il link: https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-gloria-benazzi/

  • Come è iniziata la tua avventura con l’autotrasporto?

Sono figlia d’arte, la mia famiglia aveva una ditta di trasporti tramandata da generazioni e fin da piccola ho sempre avuto a che fare con questo mondo. Quando sono cresciuta ho iniziato ad aiutare in azienda, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più logistici e burocratici, ma io volevo guidare, anche se mio papà non era d’accordo.

  • Come hai superato questo ostacolo?

A 21 anni ho preso le patenti con i soldi che avevo messo da parte lavorando come onicotecnica. La svolta è arrivata grazie al mio ragazzo, Luca, anche lui autista, che mi ha spronato a non lasciar sbiadire il mio sogno di mettermi alla guida. Ho fatto richiesta per lavorare nella sua stessa azienda e mi hanno assunta.

  • Oggi che cosa trasporti?

Ho realizzato il mio sogno di trasportare fiori, viaggio con il mio compagno sulla tratta Olanda, Belgio e Italia.

  • Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Il profumo intenso che si sente quando arrivo al mercato dei fiori in Olanda e i camion customizzati che si vedono girare all’estero. Io amo disegnare e penso che alcuni mezzi siano delle vere e proprie opere d’arte viaggianti. Sto restaurando un camion d’epoca e presto potrò personalizzare anche il nostro camion. Sto preparando i bozzetti delle grafiche.

  • E cosa ti piace di meno?

Essermi scontrata con la realtà. Spesso mancano i servizi per le donne e se non ci fosse Luca con me mi sentirei in difficoltà a entrare nei bagni degli uomini. Ormai i camion sono accessoriati con tutto, quello che manca “fuori”, quindi, sono i servizi e i posti sicuri dove potersi fermare a riposare.

  • Pensi che la situazione sia migliore all’estero?

Credo che in Italia la figura dell’autista sia ancora molto stereotipata. Per quanto riguarda le donne, poi, si pensa ancora che ci spettino dei compiti che non possono essere affidati agli uomini, e viceversa. Come donna ho dei limiti, ma non penso mi possano ostacolare in questo lavoro.

  • Cosa bisogna fare per avvicinare più donne e giovani come te al settore?

Avvicinare i giovani alla professione di autista oggi è più difficile perché se non si nasce figli d’arte non è facile comprendere o scoprire quanto sia affascinante. Se non si investe quindi su altri fronti nessuno potrà mai avvicinarsi spontaneamente. Anche le donne che fanno questo lavoro sono spesso figlie d’arte o mogli che viaggiano con il marito. In questi mesi mi sono resa conto che forse ci sono più donne che giovani alla guida, ma molte cercano di passare inosservate e quindi alla fine sembriamo sempre poche.

  • Perché le autiste si nasconderebbero?

Penso che lo facciano per sicurezza. Se io viaggiassi da sola avrei paura a esporre il mio essere donna in determinate circostanze. Se mi dovessi fermare di notte in un’area di servizio ed entrare nel bagno degli uomini perché non ci sono bagni per le donne vorrei mi vedesse meno gente possibile.

  • I social network possono aiutare ad avvicinare le donne al settore?

I social consentono di condividere la propria esperienza con grande facilità. Possono fare la differenza, portare alla luce degli esempi, delle fonti di ispirazione per altre donne.

  • Che cosa manca oggi al settore per riqualificarsi?

Serve sicuramente più unione, che è quella che fa la forza.

 

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Un vecchio articolo…

 

Girando e rigirando nel web, ogni tanto capita di imbattersi in qualche vecchio articolo che racconta la storia di colleghe camioniste. Questo de “L’Unità” risale ad aprile del 1995 e racconta le storie di Barbara, che all’epoca aveva 22 anni, e di Ester, che ne aveva 32.

Chissà se  dopo 28 anni (dall’articolo) viaggiano ancora o se hanno cambiato “strada”?

Vi metto il link dove potete leggerlo in pdf:

https://archivio.unita.news/assets/main/1995/04/14/page_011.pdf

 

Buona lettura e buona strada a tutti!

 

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Una nuova collega: Lucia

E’ bastato un messaggio al cellulare per combinare il nostro incontro, eravamo vicinissime quindi è stata l’occasione per conoscerci! la raggiungo alla Forst di Trento (non al bar eh) dove stava caricando una navetta per la Val di Non, e qui scatta la foto di rito!

mi racconta che due anni fa ha preso le patenti superiori per scommessa, che chiaramente ha vinto, una soddisfazione che si è trasformata in un lavoro come autista di bilico alla Frioli.

E’ la prova che se credi in te stesso arriva sempre l’occasione di realizzare il proprio sogno, certo i primi tempi non sono mai facili, ma superati quelli poi, grazie anche alla voglia di imparare e mettersi alla prova, si riesce!

Le consegno il nostro libro con la promessa di ritrovarci presto, che poi in trentino non è così difficile che le nostre strade si incrocino! Buona strada Lucia è stato un piacere conoscerti!

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Jasmine, la nostra giovane collega!

 

Abbiamo già pubblicato qualche articolo dedicato a Jasmine, la nostra giovane collega, ma è proprio perchè è giovane e appassionata di camion che ci piace!! In un settore in cui il ricambio generazionale sembra non esserci quasi più è bello leggere storie di giovani ragazze che diventano camioniste! Chissà, magari il futuro dell’autotrasporto non sarà tutto in rosa, ma almeno un tocco qua e là è assicurato!

Buona strada sempre Jasmine!

Questo è il link dell’articolo su “Il Mattino di Padova” :

https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2023/04/03/news/personaggi_veneto_jasmine_pojana_camionista_regina-12735386/

Inizia cosi:

Jasmine Pojana, 25 anni, la camionista che si sente una regina: «Al volante assaporo la mia libertà»

Padovana di Fontaniva, sin da piccolissima viaggiava in cabina seduta accanto al padre autotrasportatore. «Grazie a lui quando sono nella cabina di un camion mi sento su un trono»

Enrico Ferro

Da piccola sedeva sul sedile del passeggero accanto al padre camionista, amava guardare il mondo dal quel trono con le ruote, altissimo rispetto a tutte le altre macchine. Vent’anni dopo Jasmine Pojana è diventa la regina del quel trono.

È una camionista. «Essere passeggera è un conto, ma guidare il camion è tutt’altra storia», dice con l’entusiasmo di una bambina che stringe tra le mani il suo giocattolo.

Come è nata l’idea di fare questo lavoro?

«Io praticamente sono nata in camion, perché mio papà ha sempre fatto questo mestiere. Prima era dipendente, poi si è messo in proprio.

Sono sempre andata con lui, dall’età di 3 anni. Con il tempo la passione per questi camion grandi è cresciuta, finché mi sono fatta la patente. Volevo lavorare in questo settore, o almeno provare. Ed eccomi qua».

Come funziona il suo lavoro?

«La nostra sede è a Fontaniva, dove abito. Io parto la mattina, vado a Padova e Venezia, carico il cassone con il transpallet e prendo verso Milano. In genere scarico a Pavia o Cremona. Faccio le consegne e torno. Il mio è un lavoro giornaliero, la notte non resto fuori. In genere entro le 21 sono a casa, ma non è scontato».

Cosa le piace del suo lavoro?

«Salire in cabina di guida, accendermi la radio e partire: mi porta in un altro mondo. Mi sento libera. È questo che mi piace.

Ci sono tante insidie e anche momenti non facili: il meteo, le rotture, gli incidenti. Ma a me piace e mi dà soddisfazione.

Poi non è così scontato vedere arrivare un ragazza giovane alla guida di un camion. Tutti mi fanno complimenti e a me fa piacere. Mi sento una regina».

Ha mai avuto la sensazione di essere discriminata in questo ambiente così maschile?

«Non ho mai trovato un muro davanti a me. Se ho avuto bisogno di un consiglio, ho sempre trovato persone disposte ad aiutarmi».

Qualche fischio molesto?

«Nel mazzo qualcosa sì, qualcuno magari si avvicina e fa di tutto per attaccare bottone. Ma io metto subito in chiaro le cose, non mi piace quando le persone fraintendono e non ho problemi a tenerli al loro posto».

 


 

(…) il resto dell’articolo sulla pagina ufficiale del Mattino di Padova

 

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La storia di Silvia

 

In questo video la storia di Silvia, mamma e donna camionista per passione, presentata dal suo titolare che vede nelle donne al volante una buona opportunità per migliorare l’immagine dell’autotrasporto.

Buona visione e buona strada sempre a Silvia!

 

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Teresina!

 

 

E’ bello quando si gira per il web trovare notizie sulle pioniere del volante (di un camion!), e soprattutto è bello che non ci si dimentichi di loro, questo video è di pochi giorni fa ed è dedicato a Teresina Bruno, la prima donna camionista italiana. Abbiamo già scritto di lei altre volte, ma è sempre bello ricordarla!

E’ suo figlio Mauro che nel video racconta la vita della mamma, al volante di un camion nell’immediato dopoguerra,  e dei problemi che ha dovuto affrontare all’epoca.

Il video si conclude con la panchina che le è stata dedicata nel “Sentiero delle donne ” a Settimo Torinese.

Buona strada sempre!

 

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la storia di Simona Piersanti

Simona Piersanti: «Sul camion festeggio di nuovo i 18 anni»

Classe 1984, marchigiana, autista e, scesa dal camion, mamma a tempo pieno. Simona Piersanti quest’anno festeggia un compleanno molto speciale, i suoi 18 anni in cabina, inseguendo la sua più grande passione: guidare

a cura di Elisa Bianchi

Fonte: https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/simona-piersanti-sul-camion-festeggio-di-nuovo-i-18-anni/

 

 

 

 

 

 

 

 

La voce è allegra, l’entusiasmo lo stesso di quando ha iniziato, la passione, neanche a dirlo, non se ne è mai andata. Simona Piersanti, 39 anni, originaria di Serra de Conti – un piccolissimo paese in provincia di Ancora, nelle Marche – è in cabina da quando di anni ne aveva appena venti e quest’anno festeggia un compleanno molto speciale: 18 anni come autista.

Figlia di un camionista, inizia a viaggiare fin da piccolissima, quando il padre la portava con sé nei suoi lunghi viaggi. Con lui macina chilometri su chilometri e più il tempo passa più capisce che quella sarà anche la sua strada. Il papà – oggi anche collega – è il suo primo sostenitore, ma la mette in guardia sulle difficoltà del mestiere. Così Simona inizialmente tentenna: «Subito dopo il diploma- racconta – provai a darmi una possibilità in altro campo. Iniziai a lavorare come impiegata in un’azienda di import-export, ma la vita sedentaria da ufficio non faceva per me che sono sempre stata uno spirito libero. Ho resistito un anno, poi ho capito che dovevo inseguire la mia passione più grande: guidare».

Così trova lavoro in una cantina vinicola dove le affidano il furgone per le consegne, ma lei è abituata a mezzi molto più grandi. L’occasione arriva grazie a un altro grande amore, quello per l’uomo che oggi è suo marito. «Aveva un’azienda di trasporti – l’Autotrasporti Simonetti Antonio di Serra de Conti – e così, compiuti 20 anni, ho deciso di fare sul serio. Ho preso le patenti e ho chiesto di lavorare per la sua azienda, per la quale ancora oggi sono dipendente». Simona torna a viaggiare, questa volta a bordo di una motrice con la quale trasporta “un po’ di tutto”, come dice lei, attraversando in lungo e in largo le Marche, la Toscana, l’Umbria e l’Emilia-Romagna, e riscoprendo la libertà che le dà stare al posto di guida.

…il resto dell’articolo lo trovate cliccando su questo link

Buona strada a Simona! 

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