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Raduno Truck River Tezze Sul Brenta

 

Dal canale del collega e  youtuber Pierantonio questo simpatico video dal raduno di Tezze sul Brenta, c’è anche la nostra amica Elda!

Ciao a tutti e buona strada sempre!

Buona visione!

 

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Sempre Elda!

 

Questo articolo non è nuovo, risale a ottobre 2020, ma visto che non l’avevo trovato prima e quindi non l’avevo condiviso, lo faccio adesso, anche perchè racconta la storia della nostra Elda vista attraverso gli occhi di sua figlia Marta quando parteciparono al programma “Tutto su mia madre”.

Questo è il link:

https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2020/10/21/news/la-donna-al-volante-del-man-che-vince-il-pregiudizio-1.39445083

E questo è il testo:

 

l personaggio

«Mia mamma fa la camionista».

Non ci credeva nessuno, vent’anni fa, quando Marta Pegorin raccontava la professione della madre, Elda. La storia, tutta cittadellese e con le mura a fare da suggestivo sfondo, è stata svelata dal programma di Rai Tre “Tutto su mia madre”, che riprende un capolavoro di coralità al femminile di Almodovar. Oggi Elda Guarise, 57 anni, e il marito Giovanni Pegorin hanno una ditta di trasporti a conduzione familiare dove lavora anche la primogenita Marta, che si occupa di contabilità. «I miei genitori guidano il camion. Anche mia mamma. Tutti pensano ad un camioncino. Quando la incrociano dal vivo esclamano: “Ma non immaginavo così grande”»: è l’incipit della testimonianza di Marta, 37 anni, tre figli. Quello di mamma Elda è un carattere fermo: «Non sono una fru fru, fatico a dire “ti voglio bene”, ma i messaggi sul telefonino aiutano».

Una storia di fatica, di Nordest laborioso, di prime occupazioni a 14 anni, di sudore e di famiglie che crescono.

«Non c’erano tante possibilità», spiega l’autotrasportatrice, «a 14 anni ho iniziato a lavorare, in un magazzino di frutta, arrivavano camion dall’estero, grandi, mi ricordo il rumore del frigo che funzionava». Poi arriva l’incontro con il futuro marito, è un amore importante, a neanche vent’anni Elda diventa mamma di Marta, che però si lamenta, nel quartiere in cui cresce non ci sono tanti bambini, e la famiglia aumenta, arrivano Mattia ed Ermes.

Poi arriva lo sfratto, il condominio viene messo in vendita, mamma e papà decidono di trovare una nuova soluzione, scelgono la casa, con un’attenzione particolare per il camion di Giovanni. Che, a cavallo del 2000, lancia una proposta alla moglie: «Perché non prendi la patente del camion?». Lei ci pensa, poi si butta, va alla scuola guida, registra le lezioni, le riascolta mentre si occupa della faccende domestiche, all’esame teme le domande dell’ingegnere, che la interroga sul cambio, il suo punto debole.

Da lì, la vita cambia: levatacce, ritorno alla sera tardi, e i piccoli prendono confidenza con i post-it e le indicazioni di mamma, che non è più lì a seguirli, a fare colazione con loro. Prepara tutto e poi parte, via a lavorare. Marta cresce in fretta, tocca a lei prendersi una buona fetta della cura dei fratellini.

«Inizialmente affiancava papà e poi è partita. Lui le diceva “devi viaggiare da sola se vuoi imparare”. E poi è arrivato il suo camion», racconta la figlia. Elda se lo personalizza, ci mette il suo tocco femminile: «Mi sono sempre piaciute le tende. Il primo aveva i sedili bianchi e le finiture gialle, un confetto». Non sono mancati gli episodi di sessismo, i veleni: «Che vada a lavare i piatti». Ma Elda ha tirato dritto: «Si infastidiscono di più se sei indifferente». E la famiglia le è sempre rimasta vicina: «Non l’ho mai criticata», ricorda Marta, «anche se la chiamavo sempre, le chiedevo dove fosse, e le raccomandavo di chiudere i finestrini. Una notte mi ha chiamato, si è dovuta fermare, c’era vicino a lei una persona poco raccomandabile, siamo rimaste al telefono, e alla fine è partita». Chi sta sulla strada incrocia pericoli, ogni giorno. A settembre del 2009 Elda è stata coinvolta in un incidente: «Avevo una consegna unica, ero tranquillissima, in sorpasso, quando mi si è parata davanti una colonna, il camion che avevo davanti a me mi è entrato in cabina». Marta ricorda quegli istanti: «Mamma piangeva e urlava, sono corsa, il camion era accartocciato, ma lei non aveva un graffio». Ma il martito l’ha spronata: «Riprendi e vai». È ritornata, alla sua passione, al suo lavoro, «con la volontà di portare avanti un progetto di famiglia». E ora i nipotini sono entusiasti del camion di nonna, uno spazio di gioco, che trasmette loro il senso dell’avventura. Scenderà? «Solo quando mi toglieranno la patente». —

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Camionista a 79 anni!

 

Ho trovato questo video, di qualche mese fa, dedicato a una collega canadese che fa ancora la “camionneuse” all’età di 79 anni!

Si chiama Florence Noel e non ha nessuna intenzione di fermarsi!

Bonne route!

 

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Laura Broglio, camionista

 

In questo video dal canale  Inspiring Girls International  Laura ci racconta un pò della sua vita, dei suoi sogni e degli ostacoli che ha dovuto superare nel nostro settore lavorativo.

Grande Laura, buona strada sempre!

 

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Camion d’epoca…in Germania!

 

La passione per i camion d’epoca non è solo italiana,  naturalmente paese che vai,  modelli che trovi !

Queste foto me le ha inviate un amico e collega tedesco, Michi di Hannover. Qualche settimana fa ha partecipato, insieme a due suoi cari amici, a un raduno di camion d’epoca a Lohne/Dinklage. Lui col suo Mercedes 16.35 blu e gli altri due con un altro Mercedes 16.35 rosso e un TurboStar 190.48… di provenienza italiana!

Le foto sono state scattate durante il viaggio per raggiungere il raduno e poi nel parcheggio insieme agli altri camion. E anche qui, in un vero e proprio tuffo nel passato di 30/40 anni fa, possiamo vedere, tra gli altri. uno splendido 190.38, versione Special, anche lui decisamente di origini nostrane!

Grazie a Michi per le foto e per avermi dato la possibilità di condividerle!

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La storia di Barbara!

 

Una nuova intervista di Elisa Bianchi a una delle nostre colleghe!

Questa volta ci racconta la storia di Barbara, dal suo sogno di bambina alla sua lunga carriera al volante di un camion, naturalmente sempre sul sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

Buona lettura e buona strada sempre!!!

Il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

Inizia cosi:

Barbara Strozzi, la «contessa acida» dell’autotrasporto si racconta

51 anni di cui 23 trascorsi alla guida del suo camion, Barbara Strozzi è una veterana del settore. Salita a bordo a 26 anni con due figlie piccole e la famiglia contraria, Barbara si è fatta strada – e soprattutto un nome – in un’epoca in cui le donne al volante erano ancora poche, ma i sogni erano tanti e soprattutto grandi…quanto un bilico

«Sono una bimba di nove anni quando vedo per la prima volta un camion e subito me ne innamoro». Inizia così la storia d’amore tra Barbara Strozzi e il mondo dell’autotrasporto. Un amore a prima vista che da 23 anni a questa parte non si è mai affievolito. Quando la intercettiamo è naturalmente alla guida, «ma ho l’auricolare» ci rassicura con la sua voce allegra e l’inconfondibile accento bolognese delle sue origini, anche se ormai da tempo vive a Ferrara. Scopriamo solo in seguito che per parlare con noi ha abbassato la radio che tiene sempre accesa a farle compagnia con un po’ di musica: «Anche techno, a volte» ci rivela. Barbara ha l’anima grintosa di una veterana che per realizzare il suo sogno ha dovuto farsi le ossa e mentre i chilometri scorrono sotto le ruote del suo camion, la mente vola al passato, a quando era solo una bambina che con occhi sognanti guardava i “bestioni della strada” dal balcone di casa, accanto al distributore di benzina dove si fermavano a fare rifornimento prima di ripartire per lunghi viaggi che allora Barbara poteva solo immaginare.

«In famiglia non c’erano camionisti, per cui quando dicevo che avrei voluto fare questo mestiere da grande nessuno mi prendeva sul serio». Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la vita e i piani di Barbara, crescendo, cambiano: «A 18 anni mi sono sposata e insieme al matrimonio sono arrivate a distanza di quattro anni l’una dall’altra due bambine, Sabrina e Francesca.
All’epoca lavoravo già in una ditta per la quale guidavo furgoni, ma il mio sogno di guidare un camion, uno vero, è sempre rimasto. Nessuno immaginava che avessi ancora voglia di inseguirlo, ma dopo la nascita della seconda bambina mi sono decisa a iscrivermi a scuola guida e prendere la patente. Avevo 26 anni e tutta la famiglia era contraria, ma non c’è stato verso di farmi cambiare idea».

Il sogno inizia a prendere forma quando viene assunta come autista. Un lavoro giornaliero che le consente di rientrare la sera e occuparsi delle figlie ancora piccole. Quando le bambine crescono, Barbara inizia a viaggiare anche all’estero: il Sud della Francia, la Germania, ma soprattutto la Svizzera e in un’occasione anche la Spagna. Ed è proprio di quel viaggio avvenuto nel 2010 che conserva uno dei ricordi più belli: «Arrivammo a Valencia dopo due giorni bellissimi di viaggio. Stavamo facendo un trasporto per una ditta di catering che doveva gestire un evento per la Ferrari, in occasione del Gran Premio di F1. La vista dell’autodromo pieno di auto meravigliose sarebbe di per sé bastata per farmi portare a casa un ricordo bellissimo, ma l’ultima sera, prima di ripartire, presentavano la nuova auto con la quale avrebbero corso il Gran Premio. Stavo parlando con i meccanici di Maranello quando a un certo punto entra in sala un ragazzino, guarda la macchina, stringe la mano a tutti, compresa a me, e poi si allontana. Era Fernando Alonso. Ho stretto la mano ad Alonso!». A sentirla raccontare questo episodio Barbara sembrerebbe ancora incredula. «Ma non fu l’unico incontro interessante fatto durante la mia carriera di autista: in pausa a un Autogrill incontrai anche Raz Degan. Io uscivo, lui entrava con la troupe per le riprese. Non si fanno certi incontri se si fanno altri lavori» ci dire ridendo e aggiunge che il suo sogno sarebbe stato quello di guidare un bilico per il Cavallino Rampante. «Ti immagini, la prima donna autista in Ferrari, mi sa che resterà solo un sogno nel cassetto però». In realtà, non è l’unico. «All’epoca mi sarebbe piaciuto aprire un’azienda di autotrasporto tutta mia, di sole donne, ma dopo aver fatto qualche calcolo mi sono resa conto che sarebbe stato un debito troppo grande da pagare. Tra l’altro, all’epoca non era facile trovare donne autiste, ce ne erano molte meno. Ho scelto di non rischiare e di abbandonare quella strada. Lo ammetto, oggi mi è rimasto un po’ il rimpianto».

L’avventura estera termina con la nascita di altri due bambini, i gemelli Alessandro e Andrea che oggi hanno 13 anni. Nel frattempo, Barbara inizia a lavorare per una piccola ditta vicino a casa per la quale trasporta ortofrutta nei mercati e nei supermercati, «Lavoro di notte e di giorno mi occupo della famiglia» spiega. La domanda, però, sorge spontanea: ma Barbara, quando si riposa? La risposta arriva ancora una volta sincera e allegra: «Non sono mai stata una dormigliona per fortuna, mi basta qualche ora al giorno e sono di nuovo carica. D’altronde ho preso questa decisione per non stare troppo lontana dai bambini, anche se per loro è stato più facile perché con la mamma autista ci sono nati, ma le prime due figlie da piccole hanno patito un po’ di più la mia mancanza e non mi andava di essere poco presente anche per i gemelli. Oggi che sono più grandi è più facile, non hanno più bisogno costante della mamma, anche se adesso ci sono anche le nipotine a cui badare». Tre, per la precisione: Veronica di 13 anni, Asia di 12 e Kawthar di 7. Ed è proprio quest’ultima che sembrerebbe aver già la grinta della nonna che oggi, a 51 anni, non ha assolutamente intenzione di appendere il volante al chiodo e vorrebbe trasmettere la passione a una futura erede: «Kawthar segue con attenzione quando faccio le manovre o i posteggi e dice di voler fare l’autista da grande, ma è ancora presto per dirlo». Anche se è di poco più piccola di quella bambina che si sporgeva dal balcone di casa per guardare i camion e alla fine, quel sogno, l’ha realizzato.


 

 

Il resto della storia lo potete leggere al link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

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Una storia americana

 

Questa è la storia di una collega americana che a 50 anni ha deciso di cambiare vita e di fare la camionista…ricorda un pò la storia di tante nostre nuove colleghe che hanno aspettato anni per realizzare il proprio sogno. Vi metto il link da un sito italiano:

https://www.curioctopus.it/read/44133/a-50-anni-cambia-vita:-lascia-il-lavoro-da-insegnante-per-diventare-una-camionista

e quello originale da Women in trucking:

https://www.womenintrucking.org/blog/how-the-leadhertrucking-program-impacted-my-start-in-trucking

 

Questo è il testo:

A 50 anni cambia vita: lascia il lavoro da insegnante per diventare una camionista

Matteo Cicarelli

07 Marzo 2023

Arrivati a una certa età gli individui sognano di cambiare la propria vita. Tutto quello che avevano sognato quando erano più piccoli vogliono trasformarlo in realtà. Magari avevano rinunciato a perseguire quella speranza a causa di ostacoli che non erano riusciti a superare oppure hanno dovuto abbandonare quella strada a causa di pressioni esterne. Dopo anni, però, con una consapevolezza diversa è molto probabile che decidano di ritornare sui propri passi e realizzare il sogno accantonato.

La donna protagonista della vicenda a 50 anni ha abbandonato il suo lavoro da insegnante, per inseguire il suo sogno di infanzia e diventare una camionista. Vediamo meglio com’è andata.

Vanita Johnson/womenintruckingfoundation

Vanita Johnson/womenintruckingfoundation

 

Vanita Johnson aveva appena compiuto 50 anni, quando ha deciso di cambiare totalmente vita. Amava il suo mestiere di insegnante, ma aveva bisogno di nuovi stimoli. Per questo motivo, non ha perso tempo e ha deciso di inseguire il suo sogno di bambina: iniziare a guidare i camion.

Aveva ottenuto da poco una posizione di insegnante di ruolo presso una scuola elementare. Fino a quel momento, aveva sempre lavorato come supplente. Quando sembrava che la sua carriera stesse volgendo per il meglio, ha deciso di trasformare la sua vita. Infatti, appena gli istituti sono stati costretti a iniziare a fare lezione online, ha sentito che quello non era più il lavoro che voleva svolgere.

Aveva iniziato quel mestiere per fare lezione faccia a faccia con gli alunni. È stata proprio quella la scintilla che l’ha spinta a prendere la patente per guidare i camion. Nonostante avesse timore di fare un passo del genere, perché abbandonare un posto fisso è una scelta difficile da compiere, non ci ha pensato due volte e si è gettata in questa nuova avventura.

 

Gerard Donnelly/Flickr - Not the actual photo

 

Mi sono dimessa e ho seguito un mio sogno d’infanzia. Quando stavo in macchina osservavo sempre fuori dal finestrino nella speranza che passasse qualche camion, ed ero certa che un giorno ne avrei guidato uno. Quel sogno è diventato realtà. È stato un enorme cambiamento. Ma ero così ansiosa di farlo, che quando ho fatto questa scelta mi sono sentita appagata. La parte che preferisco di questo lavoro è la liberta, mi sento come un uccello che vola libero nel cielo. Adesso conosco le strade e i panorami del mio Paese“.

Tu avresti avuto il suo stesso coraggio?

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L’incontro del venerdi: Chiara!

 

Sono arrivata poco prima che finissero la pausa in un’azienda del varesotto, dovevo consegnare dei bancali vuoti.

Il carrellista, quando gli ho consegnato le bolle, mi ha detto di andare avanti e mettermi sull’altro lato del piazzale dove c’era già parcheggiata una motrice tre assi con il telo e le sponde aperti.

Passando ho notato che sulle porte dietro aveva un adesivo che riproduceva il disegno e la scritta di questa nota maglietta che si trova on line.

“Sarà una collega?” ho pensato mentre parcheggiavo.

Sono scesa e l’ho vista sbucare da davanti alla cabina con un bel sorriso! Ci siamo presentate, lei è Chiara! Le ho chiesto se conosceva il nostro gruppo di “Lady truck” e mi ha risposto di no. Ho pensato di dover rimediare…

Lei invece mi ha chiesto  – “Da quanto fai questo lavoro?”

e io le ho risposto con una domanda –  “Quanti anni hai?”

– “Trentuno”

– “Da prima che nascessi… ormai son vecchia….” E sono salita sul cassone a spostare i bancali da scaricare, ma abbiamo continuato a parlare tra una palata e l’altra del carrellista, che gentile, portava i pieni a lei e portava via i vuoti a me, cosi faceva due camion contemporaneamente!

Lei è della bergamasca, le ho chiesto se fosse mai venuta al raduno del Coast a Giussano, no, allora l’ho invitata a venirci a trovare, le ho regalato la nostra targa – in cambio della foto per il blog! – e ci siamo scambiate i numeri di telefono.

E’ sempre bello incontrare nuove colleghe, è bello che ci siano ragazze che decidono di mettersi al volante di un camion, è bello pensare che siamo sempre di più a dare un tocco di rosa a questo mestiere!

Buona strada sempre Chiara, spero di rivederti presto!

 

 

 

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Al lavoro con Laura – secondo episodio

 

Secondo video della nuova serie con la collega Laura a bordo del Ford F- Max, in questo episodio ci racconta com’è fare l’autista oggi, chiacchierando con un giovane collega, Gabriele Varlotta, che guida da un anno e ci spiega come e perchè ha deciso di fare il camionista. E lo fa con un grande entusiasmo!

Buona visione.

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La storia di Vania

 

Un’altra storia dal sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

E’ la storia di Vania, che guida si i camion, ma il suo lavoro principale è quello della boscaiola sulle montagne venete. Un lavoro ancora più unico che raro quando è svolto da una donna!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/vania-zoppe-che-pace-quando-guido-il-mio-camion-nel-silenzio-della-foresta/

E questa è la prima parte del testo:

Vania Zoppè: «Che pace quando guido il mio camion nel silenzio della foresta»

Una grande passione per il suo lavoro – possiede un’azienda boschiva – che la rende una delle poche donne attive nel settore in Veneto. Ma anche un debole per quel Volvo FH16 da 750 cv che sovente guida, trasportando tronchi nelle magiche zone della foresta del Cansiglio

Vania Zoppè è una boscaiola, anzi è – forse – l’unica boscaiola che ancora rimane nel Veneto. Quarantatré anni, gestisce ad Alpago, in provincia di Belluno, una ditta boschiva, aperta nel 2011 e che attualmente segue insieme al suo compagno. Una passione ereditata dal padre, a sua volta titolare di un’impresa del settore, in cui lavorava anche mamma e che lei ha frequentato fin da piccola, da quando cioè aveva 12 anni.
È un lavoro che ama e che non cambierebbe con nient’altro al mondo, anche se i margini di profitto, ci racconta, non sono alti «Il guadagno non è importante – sorride – non si diventa certo ricchi a fare questo mestiere». Ma così può stare a contatto con la splendida natura della foresta del Cansiglio, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, 6 mila ettari di verde e boschi incontaminati.

«Tagliamo le piante e consegniamo i tronchi in segheria, teniamo a posto i boschi e lavoriamo con i privati – ci spiega – Prima ci occupavamo dei faggi, prevalentemente legna da ardere; ora trattiamo anche l’abete bianco e rosso, alberi per segherie che poi vanno in Austria, dove ritirano molti carichi e lavorano in quantità, o più spesso nel Trevigiano».

Per questa attività di trasporto Vania utilizza veicoli adeguati alla bisogna, che le permettono di soddisfare la sua seconda passione: sedersi al volante di un autocarro.
«Per il trasporto usiamo un Volvo FH16 da 750cv e un vecchio Iveco TurboStar 190 36, tutti e due allestiti con la gru, che serve appunto ad accatastare i tronchi sul mezzo». Veicoli che Vania non riesce sempre a guidare per le tante incombenze che la sua azienda richiede, ma sui quali appena può sale per immergersi nella natura e viaggiare nel silenzio del bosco: «Devo dire che guido molto di più il Volvo, con cui mi trovo benissimo – ammette l’imprenditrice veneta – Mentre giri sulle strade e sui sentieri immersi nel verde, c’è una pace e una tranquillità che è incredibile. Poi a fine giornata vedi il tratto di bosco che hai sistemato ed è una grande soddisfazione».


 

Il resto della storia di Vania al link di “Uomini e trasporti”

Buona strada a tutti!

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