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La storia di Vania

 

Un’altra storia dal sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

E’ la storia di Vania, che guida si i camion, ma il suo lavoro principale è quello della boscaiola sulle montagne venete. Un lavoro ancora più unico che raro quando è svolto da una donna!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/vania-zoppe-che-pace-quando-guido-il-mio-camion-nel-silenzio-della-foresta/

E questa è la prima parte del testo:

Vania Zoppè: «Che pace quando guido il mio camion nel silenzio della foresta»

Una grande passione per il suo lavoro – possiede un’azienda boschiva – che la rende una delle poche donne attive nel settore in Veneto. Ma anche un debole per quel Volvo FH16 da 750 cv che sovente guida, trasportando tronchi nelle magiche zone della foresta del Cansiglio

Vania Zoppè è una boscaiola, anzi è – forse – l’unica boscaiola che ancora rimane nel Veneto. Quarantatré anni, gestisce ad Alpago, in provincia di Belluno, una ditta boschiva, aperta nel 2011 e che attualmente segue insieme al suo compagno. Una passione ereditata dal padre, a sua volta titolare di un’impresa del settore, in cui lavorava anche mamma e che lei ha frequentato fin da piccola, da quando cioè aveva 12 anni.
È un lavoro che ama e che non cambierebbe con nient’altro al mondo, anche se i margini di profitto, ci racconta, non sono alti «Il guadagno non è importante – sorride – non si diventa certo ricchi a fare questo mestiere». Ma così può stare a contatto con la splendida natura della foresta del Cansiglio, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, 6 mila ettari di verde e boschi incontaminati.

«Tagliamo le piante e consegniamo i tronchi in segheria, teniamo a posto i boschi e lavoriamo con i privati – ci spiega – Prima ci occupavamo dei faggi, prevalentemente legna da ardere; ora trattiamo anche l’abete bianco e rosso, alberi per segherie che poi vanno in Austria, dove ritirano molti carichi e lavorano in quantità, o più spesso nel Trevigiano».

Per questa attività di trasporto Vania utilizza veicoli adeguati alla bisogna, che le permettono di soddisfare la sua seconda passione: sedersi al volante di un autocarro.
«Per il trasporto usiamo un Volvo FH16 da 750cv e un vecchio Iveco TurboStar 190 36, tutti e due allestiti con la gru, che serve appunto ad accatastare i tronchi sul mezzo». Veicoli che Vania non riesce sempre a guidare per le tante incombenze che la sua azienda richiede, ma sui quali appena può sale per immergersi nella natura e viaggiare nel silenzio del bosco: «Devo dire che guido molto di più il Volvo, con cui mi trovo benissimo – ammette l’imprenditrice veneta – Mentre giri sulle strade e sui sentieri immersi nel verde, c’è una pace e una tranquillità che è incredibile. Poi a fine giornata vedi il tratto di bosco che hai sistemato ed è una grande soddisfazione».


 

Il resto della storia di Vania al link di “Uomini e trasporti”

Buona strada a tutti!

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La storia di Tatsiana

 

Ho trovato questo articolo che parla di Tatsiana, una collega autista di Girteka.

La frase che più mi piace in questa intervista è questa:

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “

Il link:

https://it.eseuro.com/local/204998.html

Il testo:

“Il trasporto a lunga distanza ha un grande potenziale per i camionisti”

Negli ultimi anni, l’industria degli autotrasporti ha subito una grande trasformazione. Mentre la carenza continua camionisti in Europa, le donne stanno diventando lentamente, ma sempre di più, al volante di mezzi pesanti. Rompere lo stereotipo della guida del camion come “lavoro da uomini” le donne stanno dimostrando di avere le carte in regola per eccellere in questa professione. Tatsiana, uno degli autistis professionisti di Girteka, spiega cosa significa per una donna essere un camionista e perché vale la pena prendere in considerazione questa carriera.

È ancora solo un “lavoro da uomini”?

“Sono sicuro che il lavoro di un camionista fosse un ‘lavoro da uomini’ in epoca sovietica, ma ora non resta che la definizione. Quando i nostri padri e nonni guidavano fuoristrada MAZ e KAMAZ e riparavano i loro camion con qualsiasi tempo, con l’olio nei gomiti, quella era “guida dura di camion”. Non c’erano condizioni idonee e i veicoli erano in pessime condizioni… Tutto questo è cambiato”, commento.

Nonostante il pensiero stereotipato, Tatsiana afferma di non incontrare alcuna difficoltà nel suo lavoro di donna. E le reazioni dei suoi colleghi maschi sono state ampiamente positive. Ha buoni percorsi, un veicolo affidabile e non guida fuoristrada. Tuttavia, è consapevole di quanto sia duro il lavoro di un pilota professionista, soprattutto in paesi come la Norvegia o la Svezia dove le condizioni sono dure.

Decisione che cambia la vita

Tatsiana ricorda bene come è entrata a far parte di Girteka: “Ho chiesto alle ragazze: prendete le donne? Lei ha risposto “sì”. Poi ho continuato: quante donne hai? “Non molti, ma lo stiamo facendo tutto il possibile per attrarre di più.” Era quella frase che giocava un ruolo chiave, magico.o, si potrebbe dire. E il giorno dopo ho firmato il contratto per entrare in Girteka come camionista”.

Quando si tratta di aspirazioni di carriera, questo autista preferisce rimanere sulla strada piuttosto che in un ufficio. “La mia sedia è un posto di guida, non da ufficio. E che tipo di carriera può avere un pilota? Da un camion all’altro. Ma se mai trasportiamo merci di grandi dimensioni in tutta Europa, quelle lunghe fino a 60 metri Verrò e chiederò loro di mettermi su un camion tipo e dice.

un sacco di potenziale

Tatsiana ci crede camion a lungo raggio in realtà potrebbero essere visti come una professione femminile. Ecco perché incoraggia altre donne a prendere in considerazione una carriera come autisti professionisti. Ha ispirato una delle sue amiche a diventare una camionista e sottolinea che le donne dovrebbero chiedere consiglio ad altre donne della professione, invece di affidarsi alle opinioni degli uomini.

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “, punti.

Per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi di essere un camionista, Tatsiana sottolinea la sfida di stare lontano da casa come il principale svantaggio. Tuttavia, apprezza anche l’opportunità di leggere, ascoltare audiolibri e avere tempo per l’auto-riflessione durante i tuoi lunghi viaggi. Vede la guida di camion come un’attività che allevia lo stress e gli piace più che nei suoi lavori precedenti.

“Il mio lavoro mi entusiasma. Potrebbe essere -15 ° fuori oggi e +20  domani. Il paesaggio fuori dalla finestra è in continua evoluzione, anche le persone stanno cambiando. È molto interessante assistere a tutto ciò”, condividere.

Rappresentanza delle donne nel trasporto su strada

Secondo l’ultimo studio del Unione internazionale dei trasporti su strada (IRU), nel 2021 meno del 3% dei camionisti in Europa erano donne. Se l’industria degli autotrasporti riuscire ad attrarre più dipendenti donne, non solo aiuterebbe ad affrontare il problema della carenza di conducenti, ma aprirebbe anche la strada a una maggiore diversità e inclusione nel settore. Con le loro comprovate capacità, dedizione e adattabilità, le donne camioniste lo sono senza dubbiouna preziosa aggiunta alla forza lavoro e svolgono un ruolo cruciale nel progresso del settore. Man mano che sempre più donne entrano in campo, portano con sé prospettive, abilità ed esperienze uniche, come Tatsiana, che arricchiscono la professione e contribuiscono a una forza lavoro più diversificata e innovativa.

Con il crescente sostegno dei datori di lavoro come Girteka e l’industria in generale, le camioniste possono ora accedere a una varietà di opportunità di sviluppo professionale, formazione e programmi di tutoraggio su misura per le loro esigenze. A Girteka, parità di genere e diversità Sono al centro dei valori e delle strategie di reclutamento dell’azienda. Riconoscere l’importanza di una forza lavoro equilibrata, l’azienda incoraggia attivamente l’inclusione delle donne nel settore degli autotrasporti e si impegna a creare un ambiente di lavoro solidale ed equo per tutti i conducenti.

Promuovendo il messaggio che guidare i camion sono una professione per tutti, Girteka mira a porre fine agli stereotipi di genere e promuovere una cultura inclusiva. Il nostro impegno per la parità di genere si riflette nei nostri sforzi per assumere più autisti donne, offrendo pari opportunità e supporto alla crescita professionale indipendentemente dal genere.

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Blondie’s Trucking Adventures

“Blondie’s Trucking Adventures”  è il canale You Tube di una giovanissima  (e bionda!) collega, lei si chiama Timea  e le sue avventure le potete trovare a questo link:

https://www.youtube.com/@blondietruckingadventures/featured

E questo è uno dei suoi video, dedicato al risveglio in cabina:

 


Buona visione a tutti e buona strada a Timea!

 

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La storia di Sabrina – bus driver!

 

La storia di Sabrina, figlia di un camionista che a 50 anni cambia vita e diventa autista di autobus sulle strade intorno al Lago di Como!

Il link dell’articolo apparso su “La Provincia” :

https://www.laprovinciadicomo.it/stories/lago-e-valli/la-nuova-vita-di-sabrina-io-autista-dei-bus-con-i-motori-nel-sangue_1468379_11/

Inizia cosi:

La nuova vita di Sabrina: «Io, autista dei bus con i motori nel sangue»

La storia A cinquant’anni ha deciso di cambiare tutto. Assunta dall’Asf, guida regolarmente lungo la Regina: «Passione coltivata sin da ragazzina, grazie a papà»

È la seconda autista donna di Asf che conduce pullman di linea sulla statale Regina e lungo le strade provinciali della vallate lariane. Sabrina Girometti, originaria di Pesaro, ha trovato a 50 anni il lavoro che sognava e non importa se la trafficata statale della sponda occidentale lariana rappresenta ogni giorni una prova del fuoco per chi è alla guida di mezzi pesanti.

Prima la ristorazione

«Ho sempre lavorato nell’ambito della ristorazione – racconta – . La mia famiglia aveva una struttura ricettiva a Pesaro e negli anni ’80 ha gestito anche un hotel all’Aprica, così ho sempre collaborato all’attività. Poi, a 50 anni, ho deciso di rimettermi in gioco».

La decisione di stabilirsi con la famiglia a Menaggio è scaturita dalla volontà di avvicinarsi al figlio maggiore, che da alcuni anni vive e lavora a Como; la scelta di fare l’autista di mezzi di linea, invece, è legata a una passione coltivata fin da ragazza. «Mio padre guidava i tir e ricordo che quei bestioni esercitavano un fascino particolare su di me – dice ancora Sabrina a questo proposito – Così feci subito la patente per guidare anche i mezzi pesanti, senza peraltro mai sfruttarla. Lasciando il mare, ho voluto stabilirmi in un luogo ancora vicino all’acqua e Menaggio mi piace molto. Ho appreso che Asf cercava autisti e non c’ho pensato due volte a presentare la mia candidatura».

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(…) il resto della storia lo potete leggere al link sopracitato.

Buona strada a Sabrina e a tutti voi!

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4 chiacchiere con Valentina

 

Un altro video della serie “4 chiacchiere con…” da canale del collega e youtuber Mauro Gadaleta.

Questa volta la chiacchierata la fa con la collega Valentina, una lunga storia tutta da ascoltare! Complimenti a Valentina per la sua tenacia nel fare questo mestiere e a Mauro per questa bella serie di video!

Buona visione e buona strada sempre!

 

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Il mio luogo del cuore (camionistico).

 

Stroppiana, 15 aprile 2023 – Collezione Marazzato.

 

 

La giornata è quasi finita, tanti visitatori se ne sono già andati. Sono stanca e felice. Mi siedo su una delle poltroncine di paglia, a disposizione degli ospiti, ormai vuote, il sole scalda la fila dei Fiat 682 davanti a me con i suoi caldi raggi serali, i miei occhi vanno da uno all’altro, indecisi su quale possa essere il più bello, quello giallo con la cisterna della Supercortemaggiore oppure quello grigio ancora della prima serie? Difficile scegliere… 

 

 

Ripenso alle persone che ho incontrato oggi, agli amici Seba e Tiziana che sono venuti a trovarmi qui, a Martina, la mia giovane collega che ho incontrato per la prima volta, al signor Giuliano che ho soprannominato “enciclopedia vivente” dei mezzi d’epoca perché ad ogni mia domanda sa darmi una risposta e anche oggi ho imparato tante cose nuove su questi vecchi autocarri. 

 

 

 

Mi raggiunge Giovanni e si siede vicino a me, anche lui stanco – e felice – e riprendiamo a chiacchierare. Ci ritroviamo qui ogni volta in occasione del “porte aperte”. Dopo una vita passata sui camion sulle strade d’Italia abbiamo tante cose da raccontarci, scopriamo di aver consegnato negli stessi paesi, a volte nelle stesse aziende, eppure non ci eravamo mai incontrati prima… o forse si e non lo sapevamo. 

 

 

E’ strana la vita. E molte volte è bella, giornate come quella appena trascorsa mi riempiono di gioia. Visto da fuori potrebbe sembrare niente di eccezionale, un pomeriggio in mezzo a vecchi camion facendo chiacchiere. Ma la mia anima si nutre di queste piccole emozioni, dei sorrisi, delle parole scambiate anche con persone mai viste prima con cui però si condivide una passione. Dell’atmosfera di serenità che si respira in questo luogo.

 

 

 

E’ arrivata anche l’ora dei saluti e dell’arrivederci.
Scrivo queste poche righe per ringraziare tutti del dono che mi hanno fatto oggi.

La felicità esiste, basta accorgersi quando ce l’abbiamo vicina.

Buona strada sempre a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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La Caterina!!!

Una video intervista alla nostra cara collega Caterina!!!!

Unica, inimitabile e simpaticissima!

Buona strada sempre Cate, un abbraccio!!!

 

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La storia di Francesca

 

Francesca è una delle colleghe che hanno partecipato al concorso per il Sabo Rosa 2023, è figlia d’arte e in questa intervista di Elisa Bianchi per “Uomini e Trasporti” ci racconta il suo percorso per riuscire a realizzare il suo sogno di diventare camionista! A volte la tenacia premia chi ce l’ha!

 

Il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

La prima parte dell’articolo:

 

Francesca Morrone, dal magazzino al camion seguendo le orme di papà

Figlia di un camionista capisce fin da piccolissima che vuole seguire le orme del padre, anche se lui non è d’accordo. Testarda e determinata Francesca Morrone non si perde d’animo, inizia la carriera in magazzino e dopo una gavetta che non le riserva sconti arriva a bordo del suo camion, un posto che è suo da quattro anni e che non ha intenzione di lasciar andare, anche se da mamma sa bene che «senza il supporto delle aziende, spesso l’unica soluzione per le donne che vogliono crearsi una famiglia è sempre quella più amara»

Il rumore metallico dei portelloni che si chiudono indica che il viaggio sta per iniziare. «Metto gli auricolari e sono pronta a partire». Dall’altra parte del telefono la voce è quella di una ragazza, è allegra. Si scusa per il ritardo, «Sai – ci dice – in questo lavoro gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo». Il camion si accende, Francesca ingrana la marcia e parte sicura sulla sua strada. Missione giornaliera: muoversi in direzione Brescia per ritirare del caffè. «Di solito trasporto cose diverse, principalmente bancomat, slot machine, apparecchi medicali e frigoriferi nel milanese e nel bresciano, ma oggi è diverso».

Francesca Morrone, 34 anni, originaria di Genova ma milanese d’adozione, lavora come autotrasportatrice da nove anni. In realtà non ha sempre fatto l’autista. Anzi, il suo percorso di studi è stato «lontano anni luce», come le piace dire, dalle sue inclinazioni. «Sono figlia di un camionista –racconta – e quando ero piccola io e papà abbiamo passato tanti pomeriggi insieme a bordo. Questo ha fatto in modo che si creasse una bella complicità tra noi e ho capito subito che avrei voluto seguire le sue orme. Lui però non era d’accordo. Aveva immaginato per me un futuro più tranquillo, un lavoro da ufficio. Quando ero adolescente papà ha lasciato il camion e ha aperto un’impresa edile, desiderava continuassi con l’attività. Così per amor suo mi sono iscritta a ragioneria. O almeno ci ho provato perché dopo poco ho lasciato, non faceva proprio per me. Il problema è che poi ho scelto un percorso di studi ancora più distante dalle mie passioni». Ci aspettiamo di tutto, data la premessa. «Odontoiatria» dice infine Francesca. La domanda sorge spontanea: perché? «Beh, ho dovuto trovare un compromesso con mio papà che desiderava per me un lavoro redditizio, sembrava una buona idea». Non lo era. Francesca al terzo anno lascia ancora una volta gli studi, questa volta, però, pronta a inseguire il suo di sogno.

L’occasione arriva letteralmente servita su un piatto: «Lavoravo al porto di Genova come cameriera part-time quando un giorno mi ritrovai a servire da mangiare a quello che poi sarebbe diventato mio marito. Oggi ex marito – precisa –. Era un autista e passava di lì per uno scarico. Ci siamo innamorati subito». Dopo qualche anno di amore «pendolare», Francesca si trasferisce da lui, in provincia di Milano. L’avventura, quella sognata fin da piccola quando puntava gli occhi sulla strada davanti a sé dal cruscotto del camion del papà, può finalmente iniziare. «Io volevo guidare, certo, ma non volevo sconti. Ho scelto di fare la gavetta, unico modo per imparare davvero il mestiere, e così ho iniziato come magazziniera per un corriere espresso. Per la prima volta, però, ho tastato con mano il fatto che si trattasse di un mondo ancora poco aperto alle donne. Non tanto il magazzino, quanto l’autotrasporto. Ho lottato per farmi spazio, ho seguito corsi, ho preso i patentini per il carroponte e per il muletto, ma dopo quattro anni di tentativi ho capito che lì non avrei avuto possibilità come autista». Francesca non si arrende, trova un’altra azienda che la assume come magazziniera e nel frattempo studia per prendere le patenti superiori con la speranza che le si aprano le porte della cabina. «In quel momento, però, l’azienda non aveva la possibilità di assumermi come autista, così mi sono licenziata, ma questa volta con la promessa che sarei tornata appena si fosse reso disponibile un posto».

Quello che succede nel frattempo è un’esperienza intensa, non in senso positivo, per un altro corriere espresso. «È stato un lavoro deleterio». Il giudizio è schietto, sincero. «Correvo come una pazza per portare a termine decine e decine di consegne al giorno. Impossibile rispettarle tutte, sia per le ore che per le zone da servire, ma a contare erano solo i numeri, nient’altro». Le chiediamo se ricorda un episodio in particolare in cui si sia trovata in difficoltà. Non deve pensarci molto, i ricordi affiorano. «Quella volta che dovevo consegnare due o tre bancali a un ufficio comunale. Fogli di carta bianchi. La situazione che ho trovato è stata questa: via stretta, zona centrale, ascensore guasto. La mancata consegna non era un’ipotesi percorribile perché avrei rischiato un richiamo, così ho iniziato a sbancalare in mezzo alla strada, visto che non c’era altro posto, e a portare da sola i bancali. Nessuno mi ha aiutata. La motrice bloccava la strada e hanno iniziato a prendermi a male parole, ma io stavo solo facendo il mio lavoro. Sai, in quella situazione mi sono sentita inadeguata. Ho capito che stava venendo meno la mia dignità di persona ed è stata l’unica volta in cui ho pensato di mollare tutto». Le chiediamo se in quella situazione ha pensato di tornare in magazzino. «Al di là del mio sogno di guidare, in quel periodo mi stavo separando da mio marito e facendo la magazziniera, detto sinceramente, non mi sarei potuta mantenere. Nel frattempo avevamo avuto una bambina, Gioia, e così ho dovuto prendere in mano la situazione, non mi potevo accontentare».

Razvan Liviu Scutaru, oggi capo di Francesca, insieme a lei davanti a mezzi della Best Autotrasporti.——————————————————————————-Il resto dell’articolo lo potete leggere a questo link https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

 

Buona strada Francesca!

 

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Un vecchio articolo…

 

Girando e rigirando nel web, ogni tanto capita di imbattersi in qualche vecchio articolo che racconta la storia di colleghe camioniste. Questo de “L’Unità” risale ad aprile del 1995 e racconta le storie di Barbara, che all’epoca aveva 22 anni, e di Ester, che ne aveva 32.

Chissà se  dopo 28 anni (dall’articolo) viaggiano ancora o se hanno cambiato “strada”?

Vi metto il link dove potete leggerlo in pdf:

https://archivio.unita.news/assets/main/1995/04/14/page_011.pdf

 

Buona lettura e buona strada a tutti!

 

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La storia di Silvia

 

In questo video la storia di Silvia, mamma e donna camionista per passione, presentata dal suo titolare che vede nelle donne al volante una buona opportunità per migliorare l’immagine dell’autotrasporto.

Buona visione e buona strada sempre a Silvia!

 

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