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la storia di Simona Piersanti

Simona Piersanti: «Sul camion festeggio di nuovo i 18 anni»

Classe 1984, marchigiana, autista e, scesa dal camion, mamma a tempo pieno. Simona Piersanti quest’anno festeggia un compleanno molto speciale, i suoi 18 anni in cabina, inseguendo la sua più grande passione: guidare

a cura di Elisa Bianchi

Fonte: https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/simona-piersanti-sul-camion-festeggio-di-nuovo-i-18-anni/

 

 

 

 

 

 

 

 

La voce è allegra, l’entusiasmo lo stesso di quando ha iniziato, la passione, neanche a dirlo, non se ne è mai andata. Simona Piersanti, 39 anni, originaria di Serra de Conti – un piccolissimo paese in provincia di Ancora, nelle Marche – è in cabina da quando di anni ne aveva appena venti e quest’anno festeggia un compleanno molto speciale: 18 anni come autista.

Figlia di un camionista, inizia a viaggiare fin da piccolissima, quando il padre la portava con sé nei suoi lunghi viaggi. Con lui macina chilometri su chilometri e più il tempo passa più capisce che quella sarà anche la sua strada. Il papà – oggi anche collega – è il suo primo sostenitore, ma la mette in guardia sulle difficoltà del mestiere. Così Simona inizialmente tentenna: «Subito dopo il diploma- racconta – provai a darmi una possibilità in altro campo. Iniziai a lavorare come impiegata in un’azienda di import-export, ma la vita sedentaria da ufficio non faceva per me che sono sempre stata uno spirito libero. Ho resistito un anno, poi ho capito che dovevo inseguire la mia passione più grande: guidare».

Così trova lavoro in una cantina vinicola dove le affidano il furgone per le consegne, ma lei è abituata a mezzi molto più grandi. L’occasione arriva grazie a un altro grande amore, quello per l’uomo che oggi è suo marito. «Aveva un’azienda di trasporti – l’Autotrasporti Simonetti Antonio di Serra de Conti – e così, compiuti 20 anni, ho deciso di fare sul serio. Ho preso le patenti e ho chiesto di lavorare per la sua azienda, per la quale ancora oggi sono dipendente». Simona torna a viaggiare, questa volta a bordo di una motrice con la quale trasporta “un po’ di tutto”, come dice lei, attraversando in lungo e in largo le Marche, la Toscana, l’Umbria e l’Emilia-Romagna, e riscoprendo la libertà che le dà stare al posto di guida.

…il resto dell’articolo lo trovate cliccando su questo link

Buona strada a Simona! 

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10 domande a… Monica “Iron duck”

intervista a cura di Elisa Bianchi

Fonte:   https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-monica-iron-duck/

 

 

 

 

 

 

  • Da quanti anni fai l’autotrasportatrice?

Il colpo di fulmine per questo lavoro scoppiò nel lontano 1984. Due anni dopo, nell’86, presi le patenti e l’anno successivo iniziai a lavorare per la ditta di autotrasporto della famiglia del mio ragazzo.

  • Perché hai scelto «Iron duck» come soprannome?

All’epoca avevo un braccialetto regalatomi da mio papà con la scritta «Anatra metallica» sulla chiusura. Mi è sempre piaciuto, oltre a essere un ricordo prezioso, così lo scelsi come nominativo.

  • Con quel nome hai aperto anche un canale Youtube. Come è nata l’idea di fare dei video?

È in iniziato tutto con ChiodoVideo, il capostipite dei camionisti YouTuber italiani. Guardavo i suoi video e mi piacevano molto, così nel 2009, su suo suggerimento, mi sono lanciata anche io. Iniziai con dei video fotografici, tra cui Dreamer on the road, perché in fondo è quello che sono, una sognatrice a cui piace trasmettere emozioni e la propria passione.

  • Come scegli i temi di cui parlare?

La scelta è del tutto casuale, quando faccio un viaggio parlo di quello che capita. Per le musiche, invece, cerco sempre di scegliere qualcosa che mi trasmetta delle emozioni.

  • Cosa vedi cambiato dagli anni ’80 ad oggi?

Il modo di fare trasporto è cambiato radicalmente negli anni. Per esempio, una volta si dormiva qualche ora quando si era stanchi e si viaggiava quando si era riposati. Oggi esistono più limiti, ma si viaggia sempre con la fretta, un occhio alla strada e uno al tachigrafo per controllare le ore di guida. Non c’è più tempo per la solidarietà o per parlare al baracchino. Di conseguenza sono cambiati molto anche i rapporti umani.

  • Meglio il passato o il presente?

A volte mi ritrovo a pensare di essere un po’ nostalgica, il mondo deve andare avanti lo so, però il progresso troppo spesso aggiunge tecnologia e toglie umanità.

  • Come descriveresti la tua vita oggi?

Particolare. Questo mestiere deve piacere, per una donna forse ancora di più. Ci vuole spirito di adattamento che non mi è mai mancato. Non mi è mai servito restare a casa molto tempo, volevo stare sul mio camion. Oggi non faccio più viaggi lunghi, ma va bene così, ho già fatto le mie esperienze.

  • Il tuo ricordo più bello in tanti anni di questo lavoro?

Anni fa presi parte a un’intervista “7 donne su 7 camion”. Dopo la pubblicazione un giorno mi suonò il telefono. Era la Renault Trucks. Inizialmente pensai addirittura che si trattasse di uno scherzo. Invece avevano apprezzato la mia intervista e mi invitarono nella loro sede in Francia a visitare lo stabilimento. Per un’appassionata come me è stato un sogno che si è realizzato.

  • Ti aspetti che in futuro ci saranno più donne?

I numeri dicono che le donne al volante di un camion stanno aumentando ma non mi capita spesso di vedere volti nuovi. Ancora oggi ci sono tante difficoltà e porte sbattute in faccia, ci sono stereotipi che vanno superati, anche per avvicinare i giovani, non solo le donne. Dovremmo forse prendere spunto dall’estero e fare in modo che si arrivi all’età per guidare già con un po’ di esperienza pregressa, per esempio grazie ad un tirocinio.

  • Il tuo motto?

La passione aiuta a vivere meglio, e fare di una passione il proprio lavoro aiuta a tenersi giovane.

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Jasmine “figlia di papà camionista”!

 

“Uomini e trasporti”  ha dedicato questo articolo alla storia di Jasmine, orgogliosa figlia di papà camionista che ha deciso di seguire la sua strada!

Questo è il link dell’articolo, scritto da Elisa Bianchi:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/jasmine-pojana-sono-la-figlia-orgogliosa-di-un-camionista-e-seguiro-la-sua-strada/

E questo l’inizio della sua storia:

Jasmine Pojana: «Sono la figlia orgogliosa di un camionista e seguirò la sua strada»

Jasmine vive a Fontaniva, in provincia di Padova, e da che ha memoria è sempre stata in cabina. Prima con il papà camionista e poi, una volta raggiunta l’età delle patenti, alla guida del suo “gigantesco bestione”. Oggi è una delle più giovani aspiranti al premio Sabo Rosa 2023

Di anni ne ha solo 25, ma l’esperienza in cabina è ultraventennale. Come è possibile? Quando si cresce a bordo di un “gigantesco bestione”, come li definiva lei da piccola, è facile finire per innamorarsene e non voler mai più scendere. Lei è Jasmine Pojana, classe 1997 e orgogliosamente autista di camion come suo papà. Una “figlia d’arte” che ha fatto dell’autotrasporto il suo sogno e il suo futuro.

Quanti anni avevi la prima volta che sei salita su un camion?

La prima volta che sono salita in cabina con papà avevo appena tre anni. In pratica, in cabina ci sono cresciuta, perché appena ne avevo occasione viaggiavo con lui, sia sulle tratte nazionali che internazionali. Il ricordo più bello che conservo è di quando mi faceva sedere al posto di guida, mi sentivo importante. È così che è nato il mio desiderio di poter guidare veramente quei bestioni e non ho mai esitato a farlo. Appena ho potuto, a 21 anni, ho preso le patenti e ho iniziato a lavorare con papà.

Com’è lavorare con un genitore?

Non è sempre facile, bisogna far conciliare visioni diverse, per esempio nella gestione dell’azienda, e a volte lo scontro generazionale è inevitabile. L’importante però è sempre trovare un punto di incontro e riconoscere che una volta posso sbagliare io perché ho meno esperienza e una volta può sbagliare lui ad avere una visione meno moderna. In ogni modo, la sua presenza al mio fianco in cabina, soprattutto quando ero agli inizi, è stata fondamentale.

Quando hai iniziato a viaggiare da sola?

Una volta presa la CQC ho capito che era arrivato il momento che iniziassi a muovermi da sola, per capire davvero il lavoro e iniziare a cavarmela anche senza lui accanto che potesse consigliarmi o aiutarmi. E così ho preso il mio trattore con rimorchio telonato e ogni mattina partivo da Fontaniva, dove vivo, in direzione Venezia o Milano.

Perché parli al passato?

Dopo un brutto incidente nel febbraio del 2021 ho vissuto un momento difficile. Fortunatamente mi sono ripresa nel giro di poco e sono rimontata sul camion. Anche se l’incidente ha avuto un forte impatto su di me, ho pensato che ripartire subito fosse la cosa migliore da fare. Invece, qualche mese dopo, mi sono resa conto che avevo bisogno di una pausa e questa consapevolezza è coincisa con un’offerta di lavoro da parte di un’altra azienda di trasporto, che mi avrebbe però portata a lavorare in ufficio. Ho deciso di accettare e per circa un anno sono scesa dal camion. Ognuno ha i suoi limiti, mi sono detta, e io ho scelto di rispettare i miei.

Cosa ti ha spinto a ritornare?

Semplicemente mi mancava il camion. Ho sempre amato il mio lavoro, per quanto sia faticoso, e mi sono voluta rimettere in gioco, dimostrando a me stessa che anche io potevo fare quello che ha sempre fatto mio padre che, tra l’altro, in quel momento aveva bisogno di me. Oggi penso di aver trovato il giusto compromesso: viaggio con ritmi meno sostenuti e faccio tratte più brevi, in zona, e contemporaneamente do una mano in azienda a gestire la parte amministrativa.

Cosa ami di più del tuo lavoro?

Quando apro la porta del camion e salgo in cabina davanti a me si apre un altro mondo, mi sento una persona che ha realizzato un sogno, un obiettivo che mi ero posta. Mi ritrovo spesso a pensare al mio percorso e mi dico «Guarda dove sei arrivata!», nonostante i mille sacrifici e le insicurezze. Ma più di tutto amo la libertà di sentirmi una persona realizzata.

Cosa ti piace di meno invece?

Non ho ancora molta esperienza, ma per quel che ho visto e sperimentato, penso che dovrebbero esserci più strutture in grado di dare alle autiste più servizi, come un luogo sicuro in cui riposare la notte o servizi igienici adeguati. Devo poi ammettere che in strada si vede tanta maleducazione e inciviltà. Quando succede un incidente è facile dare la colpa ai camionisti solo perché guidiamo i mezzi più grandi, ma gli automobilisti spesso non si rendono conto che per noi è più difficile evitare determinate situazioni. Vorrei ci fosse più rispetto per il nostro lavoro.

Qual è per te la cosa più importante in cabina?

Due cose: un sedile comodo, che mi permetta di guidare per tante ore con una buona postura, e spazio a sufficienza, per potermi riposare adeguatamente e per poter portare con me tutto il necessario per un viaggio.

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(…) continua su “Uomini e trasporti” https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/jasmine-pojana-sono-la-figlia-orgogliosa-di-un-camionista-e-seguiro-la-sua-strada/


 

Buona strada sempre Jasmine!

 

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La storia di Raffaella

 

Un’altra collega, un altro articolo, un’altra bella storia, quella di Raffaella, raccontata da “La Gazzetta del Mezzogiorno”.

Questo è il link :

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/potenza/1384349/dalla-moda-alla-guida-di-un-bisonte-storia-di-raffaella-una-delle-poche-camioniste-lucane.html

L’articolo inizia cosi:

Dalla moda alla guida di un «bisonte»: storia di Raffaella, una delle poche camioniste lucane

Un passato da modella, il primo viaggio in Francia per sciogliere il ghiaccio, e come la pandemia ha messo in crisi l’azienda di famiglia

Gianfranco Gallo

23 Febbraio 2023

SAN GIORGIO LUCANO – Fare il camionista spesso è una scelta di passione, altre di necessità, altre ancora di tradizione. Si sa, è il tipico ambiente maschile. Si vive, come si usa dire «in mezzo a una strada» gran parte della propria vita! Le camioniste in Italia sono pochissime; a differenza di altre realtà europee. Anche in una regione come la Basilicata ce n’è qualcuna. Sono pochissime. Se ne conoscono tre, di cui una solo residente in Basilicata. Fra di loro c’è Raffaella Castellana. Ha 46 anni. Di San Giorgio Lucano. Dipendente da un paio d’anni della ditta di trasporti Cirigliano, di Abriola, con sede operativa a Tito, nella zona industriale alle porte di Potenza. Quale il modo migliore che fare un viaggio con lei, sul suo camion, per avere il quadro di come una donna viva questo lavoro.

Un viaggio di pochi chilometri, da Potenza a Pisticci, andata e ritorno. Cinque ore in tutto fra viaggio e carico della merce. È il viaggio del fine settimana. Il lunedì invece si parte per quello di tre giorni e due notti, da passare nel camion. Per il nord o a volte per l’estero. Una necessità, quella di fare la camionista per Raffaella. Discendente di giostrai lucani, era abituata a maneggiare mezzi come i camion per gestire l’attività di famiglia. Poi è arrivata la pandemia. E come molte attività dello svago anche quella dei giostrai è andata a diminuire man mano fino a sospenderla. La crisi ha morso e allora, la futura camionista per necessità, si è rimboccata le maniche e ha provato diversi lavori. Compresa la raccolta delle fragole. Fin quando ha pensato di sfruttare le sue patenti idonee a guidare tutti i mezzi compreso il rimorchio. Nonostante la contrarietà del compagno, ha iniziato ad avere colloqui con varie ditte del settore che, probabilmente, perchè donna non le hanno aperte le porte. Fin quando, delusa e sconsolata, ha fatto il suo ultimo tentativo: ha chiesto il titolare della ditta Cirigliano, il capo stirpe Angelo, ottantenne che ancora ama guidare i suoi camion. Contro ogni aspettativa le ha dato un appuntamento per un colloquio. Poche parole sono bastate e la pratica per l’assunzione in prova è stata attivata. Dopo tre giorni dal colloquio, avvento il venerdì, il lunedì successivo il primo viaggio in Belgio con un tutor della ditta. Poi una settimana nel piazzale della ditta, per capire, insieme al responsabile, come funziona quell’aspetto. E finalmente il primo viaggio, quello del battesimo da sola; nonostante le sue paure e la sorpresa di molti colleghi: in Francia per tre giorni, con la benedizione del suo titolare che ha insistito affinchè facesse il viaggio che è andato bene e il ghiaccio si è sciolto.

(…) il resto della storia lo potete leggere nella pagina de La Gazzetta del mezzogiorno.

Buona strada Raffaelle!!!

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La storia di Marianna

 

Un’altra bella intervista di Elisa Bianchi dal sito di  “Uomini e trasporti”, la storia di Marianna e della sua “relazione” con i camion, di come si è innamorata di loro!

Buona strada sempre a Marianna!

 

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/marianna-dal-degan-e-poi-e-successo-che-mi-sono-innamorata-del-camion/

Inizia cosi:

Marianna Dal Degan: «E poi è successo che mi sono innamorata del camion»

C’è un modo di dire inglese che recita: «Se la vita ti offre limoni, fatti una limonata». In altre parole, come reagire quando la vita non va come ti aspettavi? Marianna Dal Degan ha deciso di affrontare le difficoltà dalla cabina del suo camion. Un sogno nato inaspettatamente vent’anni fa e che l’ha portata a vincere nel 2014 il premio “Sabo Rosa” come camionista dell’anno e oggi a gestire la sua impresa di trasporti. Passando per difficoltà, imprevisti, ma anche tante soddisfazioni

Doveva essere solo un “lavoretto” nel weekend, per arrotondare. Di quelli che da giovane fanno sempre comodo. In realtà, a Marianna Dal Degan, 41 anni e originaria di Belfiore – un paese con poco più di 3mila abitanti nella provincia di Verona – ha cambiato la vita. È un sabato pomeriggio qualunque di vent’anni fa quando un’amica che lavora in un’azienda di trasporti chiede a Marianna di darle una mano a lavare i mezzi. Lei lavora in fabbrica e non si è mai avvicinata a un camion, ma qualcosa quel giorno scatta dentro di lei e la vita, ancora una volta, stravolge i suoi piani.
È lei a raccontarci come andò quel giorno. «All’epoca avevo 21 anni ed ero responsabile di reparto per un’azienda di rilegatura di libri. Un lavoro che mi piaceva, ma quando la mia amica mi propose di darle una mano non mi tirai indietro. Doveva essere solo per quel pomeriggio, ma poi è successo che mi sono innamorata dei camion».

Come è avvenuto il salto dal piazzale alla cabina di guida?

Fin da subito ho deciso di prendere le patenti e il titolare della ditta per la quale lavavo i camion mi assunse. Gli devo moltissimo, non solo perché sono entrata in questo mondo grazie a lui, ma anche perché mi ha insegnato tante cose che ancora oggi mi porto dietro e che sono fondamentali per la mia attività.

Oggi sei titolare di una tua azienda di trasporto. Quando hai iniziato a maturare l’idea di metterti in proprio?

A 26 anni già avevo il pallino di comprare un camion tutto per me e di aprire una mia azienda, così tentai. Mi iscrissi a un corso, di giorno lavoravo e la sera studiavo, frequentavo le lezioni nel weekend. Non fu una passeggiata, su settanta iscritti passammo solo in dieci. Alla fine del corso, però, nonostante fossi stata promossa, fui costretta ad accantonare l’idea perché mi resi conto che era un sogno troppo difficile da realizzare.

O almeno così credevi.

Ho dovuto aspettare dieci anni, ma alla fine sì, il sogno si è realizzato, anche se con non pochi sacrifici. Sono partita da zero, ma per fortuna ho sempre trovato lungo il mio percorso persone che mi hanno sostenuta. Il loro supporto mi ha dato la forza di andare avanti e oggi sono soddisfatta di quello che ho creato: nonostante le difficoltà sono già sei anni che gestisco la mia attività.

Te lo saresti mai immaginata?

Nulla nella mia vita è andato come mi aspettavo. Ho avuto un’infanzia complicata e le difficoltà familiari mi hanno portata a crescere velocemente e prendere una strada diversa da quella che sognavo da bambina. Avrei voluto fare la fisioterapista, o almeno questo era quello che sognavo all’epoca, ma al terzo anno di superiori dovetti lasciare la scuola e iniziare a lavorare. Niente università e niente fisioterapia. Non ho però smesso di studiare, ho seguito dei corsi serali per poter prendere il diploma di operatrice agraria e anche quando qualche anno fa la strada dell’autotrasporto si è fatta incerta, ho scelto di investire nella formazione. L’azienda di trasporti per la quale lavoravo aveva chiuso e a quel punto mi sono chiesta se volessi ancora stare sul camion. Avevo rinunciato alla mia vita privata, avevo bisogno di staccare e così sono tornata a scuola. Nel 2013 ho conseguito un attestato come agente di commercio, ho aperto la partita Iva e ho iniziato a lavorare nel settore dell’attrezzatura. Giravo per le officine vendendo i prodotti. In fondo, i motori sono sempre stati la mia passione e guidando i camion avevo imparato qualcosa di meccanica.

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(….) il resto dell’intervista lo potete leggere nella pagina di “Uomini e Trasporti”

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Il libro e…

 

Il libro e… “Monimiao”!

Lei è una delle prime ragazze del gruppo, e anche se ha dovuto abbandonare il volante del camion per fare l’autista di mezzi più piccoli, resta sempre una di noi!

La sua storia è una delle 52 raccontate nel nostro libro, quello che tiene tra le mani.

Ciao Moni, buona strada sempre!

 

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4 chiacchiere con Vanessa…

 

 

Un’altra bella video chiacchierata tra colleghi, questa volta Mauro ci fa conoscere Vanessa, una collega originaria della Sardegna ma che vive e lavora a Livorno.

Ringrazio Mauro che ci da l’opportunità di conoscere altre colleghe e rinnovo a tutte il suo invito a partecipare alle sue “chiacchierate”!

Questo è il video, buona visione e buona strada sempre!

Ciao Mauro, ciao Vanessa!

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Un racconto alla radio

 

Un racconto alla radio, su Radio 24, nel programma “Il treno va”, non è recente, risale a ottobre 2020, ma come sempre, quando trovo qualcosa che riguarda il nostro mondo, mi piace portarla qui nel nostro blog, il nostro album di famiglia, dove raccogliamo tutte le storie delle colleghe, sia di quelle che conosciamo che di quelle che ci piacerebbe conoscere!

Questa è la storia di una collega che ha iniziato la carriera in Argentina, suo paese d’origine, viaggiando in Patagonia insieme a suo marito, poi si è trasferita in Italia e ha continuato a guidare i camion… e forse era amica di una mia amica… dovrò chiederglielo!

L’intervista l’ho appena ascoltata tutta, che dire, è davvero una bella storia,  buona strada Susanna!

E buon ascolto a voi, ecco il link:

 

https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/treno/puntata/trasmissione-17-ottobre-2020-034903-ADT4uJy

 

 

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Tornano le “Regine”!

 

Inizierà tra pochi giorni, il 5 gennaio in Francia, la terza serie de “Les reines de la route!

 

 Alcune protagoniste c’erano già nelle serie precedenti altre sono nuove e mostreranno diverse tipologie di trasporto.

Lexie, ad esempio ha cambiato compagnia ed ora è al volante di uno dei camion di Janina Martig.

 

In Germania e Austria hanno le “Trucker Babes”, in Francia “Les Reines de la route”, chissà se prima o poi  faranno una serie anche con le colleghe italiane? Sarebbe interessante vedere le differenze con le cugine d’oltralpe!

Buona strada a tutte!

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4 Chiacchiere con Beatrice

 

Un’altra bella serie di “4 chiacchiere” tra colleghi, questa volta Mauro ci fa conoscere Beatrice, una nuova collega della provincia di Terni che lavora con un bilico frigorifero nella grande distribuzione. Lei ci racconta la sua storia, di come è arrivata a diventare camionista e di alcune sue esperienze su strada.

Buona strada a tutti e due sempre!

 

 

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