Ho trovato questo articolo e questi video che raccontano la storia di Giovanna, una delle prime donne a conseguire la patente CE in Italia. E poiché nel titolo le si fanno gli auguri per i suoi novanta anni, è nata nel 1931, compiuti il 15 di aprile, la mente mi ha riportato a un’altra collega che ho avuto l’onore di conoscere a un raduno, che compiva gli anni nella stessa data anche se era nata un anno prima. La loro storia è pressoché uguale, tutte e due hanno fatto la patente per affiancare il marito nei lunghi viaggi sulle strade d’Italia in quanto in quegli anni la legge prevedeva due autisti a bordo degli autotreni. Me li ricordo i racconti della Sandra, racconti di fatica e sacrifici, del rimpianto di aver passato poco tempo con la figlia piccola che cresceva con la nonna, dei pranzi a pane burro e acciughe, degli scarichi a mano….
Una data di nascita, uno stesso destino, auguri a Giovanna per il bel traguardo raggiunto, purtroppo di Sandra non ho più notizie, ma conservo un bellissimo ricordo di lei e della sua dolcezza.Due grandi donne che hanno aperto la strada a chi, come me e tante altre ragazze, è arrivata anni dopo a sedersi dietro il volante di un camion. Grazie di cuore!
Girando e rigirando ho trovato questo articolo su una delle prime camioniste italiane, anzi, sulla prima camionista del biellese, lei si chiama Antonietta, classe 1932 e ha appena fatto il vaccino antiCovid!
Vaccinata la prima camionista del Biellese: Antonietta ha 89 anni
La sua storia presa ad esempio dall’Asl Biella.
Vaccinata la prima camionista
Classe 1932, prima camionista del Biellese, Antonietta è una delle giovani donne dell’Italia del secondo dopo guerra che hanno scritto una pagina importante della nostra storia. Con lo stesso spirito fiero e fiducioso verso la vita, domenica era lì in ambulatorio, in compagnia di altre coetanee, per fare il vaccino anti Covid. Prendiamo la sua storia come simbolo di una generazione di tante donne, ora nonne, che hanno affermato per la prima volta se stesse, per il bene delle loro famiglie e contribuendo così alla rinascita del Paese.
… Quasi come una storia che si ripete e nella quale ora siamo chiamati a fare lo stesso, prendendo in mano lo stesso testimone.
Subito dopo il matrimonio, a 22 anni, è arrivata con il marito dal Veneto nel Biellese per costruirsi una famiglia e un futuro, che ha saputo realizzare con tenacia e sacrificio.
Ha infatti sempre lavorato sodo mentre seguiva la famiglia che cresceva: negli anni ’50, appena poco più che ventenne, gestiva un banco di tessuti al mercato: guidava l’apecar, che le serviva per trasportare gli scampoli, che scaricava e caricava da sola ogni giorno.
All’età di 40 anni si è iscritta all’autoscuola per conseguire la patente di guida per camion, non badando molto al fatto che negli anni ’70 era ancora un ambiente prettamente maschile. Voleva sostenere il marito, con cui ha condiviso 63 anni della sua vita, nell’ambito dell’impresa familiare di autotrasporti conto terzi.
Riuscì nell’impresa e ottenne con molta forza di volontà – ci racconta – la patente, diventando così la prima donna camionista del biellese!
Oggi, pensionata, conserva intatti i suoi valori e lo stesso spirito “guida”. Donna, mamma, nonna sempre con il motore acceso dell’allegria, del buon umore. Nonostante l’età, le avversità della vita ed in barba alla pandemia affronta la vita “con cuor contento” sempre e comunque.
Il suo motto – conclude il suo racconto – “aiutati che il ciel ti aiuta; avanti tutta!”
Un mio amico mi dice sempre che sono un “cane da caccia”, perchè quando cerco qualcosa nel web di solito lo trovo. Il segreto, se cosi si può chiamare, sta tutto nella chiave di ricerca. A seconda di cosa si digita in Google si trovano più o meno notizie inerenti all’argomento cercato.
Io di solito cerco notizie sulle camioniste, perchè mi piace conoscere le storie delle altre donne che hanno scelto di fare questo mestiere, perchè mi piace inserirle nel nostro blog “Buona strada” per renderlo una sorta di album dei ricordi della nostra professione, perchè mi è sempre piaciuto pensarci come una grande famiglia. Una “sorellanza” che nasce dalla passione che ci unisce per il lavoro più bello che c’è!
Quando mi voglio rilassare passo un pò del mio tempo libero in queste ricerche e come potete vedere pian piano l’album dei ricordi si sta riempiendo di sempre nuove (o vecchie?) storie!
A volte mi capita di imbattermi in articoli che raccontano la storia di pioniere del volante, l’ultimo che ho trovato è questo, racconta la storia di Antonietta Bertini, detta “la Bruna” che faceva la camionista negli anni ’60/’70 (ma non ci sono date precise). La cosa curiosa è che ho trovato la foto di questo ritaglio di giornale in un articolo sul cinema italiano in cui si parlava di Dino Risi… si ipotizzava tra altre cose che il regista potesse aver preso spunto da questa storia per poi realizzare il film “Teresa”. Ma era solo un’ipotesi e non sapremo mai se corrisponde alla realtà.
Qualche mese fa vi ho parlato di un libro, “CB Filomena” di Carmela Bruscella, un romanzo che racconta la storia di una donna camionista, Filomena appunto…
Ora ho trovato questo articolo dedicato a lei, alla sua storia e al libro che la racconta.
E’ una bella storia, fatta di coraggio e tenacia, perchè in quegli anni non era facile farsi accettare come donna camionista, c’era lo stupore di chi la vedeva al volante, ma c’era anche l’ostinazione di chi non la voleva vedere al volante!
Questo è l’articolo:
Filomena, la donna che ha combattuto i pregiudizi guidando un camion
Partita da Acerenza per il Piemonte, ha sempre fatto l’autista per l’impresa edile del marito Canio
Un modello per le ragazze di oggi: la storia raccolta in un libro da Carmela Bruscella
“Quando si fermava ai semafori, gli automobilisti che l’affiancavano la guardavano con stupore e meraviglia: una donna minuta, bella e femminile alla guida di un camion. Lei, per niente turbata, li ha sempre disarmati con un sorriso.
Altre volte, quando si presentava agli ingressi di aziende o di cave, non la facevano entrare. Oppure non caricavano l’automezzo con il materiale, perché aspettavano un autista maschio per dare il via alle operazioni.
Agli inizi la vita di Filomena è stata così: un continuo combattere con la diffidenza degli altri.
Fin da quando, per aiutare il marito, un piccolo imprenditore edile, aveva deciso di mettersi alla guida del furgone da nove posti con il quale portava i dipendenti sui cantieri.
Eppure Filomena si era mostrata audace fin da ragazzina, quando non ancora sedicenne, aiutava la sua famiglia nei lavori in campagna.
La storia di Filomena Lucente, la donna che ha vissuto gran parte della sua vita alla guida di un camion, è stata raccontata da Carmela Bruscella, nel libro “Cb Filomena”, edito da Letteratura Alternativa.
“Cb – avverte l’autrice – non sono le mie iniziali ma è la sigla con cui internazionalmente si chiama la ricetrasmittente che usano gli autisti del camion”.
Uno strumento e un linguaggio fatto di sigle per comunicare. Ma Filomena ha “comunicato” sempre con i fatti, con il suo modo di essere e di agire, rappresentando un modello di emancipazione reale, proprio negli anni in cui le donne lottavano per vedere riconosciute certe conquiste.
Siamo negli anni Sessanta. Ad Acerenza. Il padre di Filomena è guardiano in una masseria della zona, La Polosa. Filomena, quand’è il periodo della raccolta del grano, parte dal paese con il suo cavallo per portare al padre le taniche di gasolio che serve a far funzionare il trattore. Un Om 311 sul quale lei si era seduta più volte alla guida. Coi mezzi meccanici aveva confidenza.
Già a quell’età era audace, capace, testarda. A 21 anni, a una festa di matrimonio, conosce Canio. Gli piace. Si piacciono. Si scambiano promesse d’amore. Restano fidanzati un anno e mezzo, poi si sposano. La cerimonia viene fatta proprio nella masseria dove lavorava il padre.
Poi gli sposi, come avveniva spesso in quel periodo, lasciano Acerenza. Lui aveva una azienda di edilizia, si era trasferito in Piemonte da tempo, ma ora stava costruendo una palazzina vicino Savona. La coppia di sposini si trasferisce lì, Borghetto Santo Spirito.
Filomena ci tiene a dare una mano al marito. Vuole aiutarlo, come aveva sempre fatto, del resto, con la sua famiglia.
Si fa assumere come collaboratrice: fa di tutto nei cantieri. E ben presto si mette alla guida del furgone con il quale trasporta i suoi dipendenti, va a fare piccole commissioni.
Con gli anni la ditta si ingrandisce, Filomena e Canio acquistano un camion più grande, più capiente, perché adesso si occupa anche di movimento terra: un Renault 130 da 80 quintali di portata.
Quel mezzo diviene presto la seconda casa di Filomena. Ma anche uno strumento per combattere i pregiudizi: una volta fu necessario chiamare il geometra della ditta per avere conferma che l’autista inviato dalla ditta fosse proprio lei, prima di darle il materiale di cui aveva bisogno. Un’altra la tennero fuori da una cava, perché gli operai non si aspettavano una conduttrice donna. Ostacoli che avrebbero potuto demoralizzarla, ma che lei ha sempre superato con il suo sorriso, la sua tenacia, i suoi modi gentili.
Carmela Bruscella racconta questa storia intrecciandola, nel suo romanzo, con storie di altre donne comuni e contemporanee, mettendo in risalto come l’esempio di Filomena sia riferimento anche tanti anni dopo.
Filomena e il marito Canio vivono ancora in Piemonte. Hanno avuto due figli e, come hanno sempre fatto, non hanno mai reciso le loro radici con la terra natia. Sono membri attivi dell’Associazione Culturale Amici della Lucania di Asti e Provincia. Promuovono, insieme agli altri soci, la Basilicata, le tradizioni e i prodotti della terra da cui provengono.
E lo fanno con passione e anche impegno costante. Tanto che, pochi mesi fa, il presidente dell’Associazione culturale amici della Lucania di Asti e provincia Antonio di Stasi, a nome di tutti i soci le ha conferito un riconoscimento “per la sua tenacia e intraprendenza nel lavoro. Un esempio per tutti, la sua storia di emigrazione, sacrifici e di lavoro, ha evidenziato come la donna abbia contribuito al miglioramento della vita della famiglia nei paesi di destinazione”.
La prima donna camionista in Spagna (e forse anche in Europa) fu Celia Rivas Casais, classe 1912. Una vera pioniera del settore!
Suo padre trasportava prodotti ittici e altre mercanzie da Calcoba a La Coruña, e poi tornava con prodotti che non raggiungevano facilmente la zona, per venderli. . Nel 1932, comprò un nuovo camion, uno Chevrolet, ma poi per problemi di salute non potè guidarlo, cosi chiese alla maggiore delle sue figlie, Maria, di fare la patente. Lei come le sue sorelle resto allibita dalla richiesta del padre, in Spagna all’epoca non c’erano donne camioniste! Ma lui rispose che quando era stato in America aveva visto delle donne guidare i camion, perchè non poteva farlo anche lei? Maria però non se la senti’ di provare, fu la sorella più giovane, Clelia ad accettare la proposta del papà e a fare la patente. Il giorno dell’esame l’ingegnere non credeva fosse lei la persona da esaminare, ma alla fine, dopo averla “torchiata” per bene dovette ammettere che era molto più preparata di molti uomini che aveva esaminato! (…)
Il resto della storia di questa pioniera del camionismo in rosa la trovate in questi articoli spagnoli:
Due vecchi video con immagini dei campionati di Francia per gli autisti di camion, a cui parteciparono anche alcune delle prime donne camioniste dell’epoca!
Un articolo di qualche anno fa che racconta la storia di una delle prime camioniste francesi: Lilyanedetta “Fantastique“. Una pioniera del mestiere che ha dovuto affrontare l’ostilità di alcuni colleghi dell’epoca, ma che non si è mai arresa ed è riuscita a fare il mestiere che sognava! Una grande donna che vincendo i pregiudizi ha aperto la strada alle colleghe arrivate dopo di lei alla guida di un camion.
Lilyane Slavsky se souvient avec émotion de ses années passées sur les routes de France.
« Fantastique » s’inscrira à l’avant du camion.
Elle n’a jamais renoncé à la jupe et aux talons.
Lorsqu’elle nous ouvre le portail de son jardin, c’est en robe et collier de perles, un âne pendu à ses basques. A « 79 ans, bientôt », Lilyane Slavsky n’a rien perdu de sa superbe, fidèle au mythe « Fantastique », ce surnom hérité de Max Meynier (lire ci-contre) dans les années 70. La Solognote sillonne alors les routes de France au volant de son 35 tonnes.
Une pionnière “ poids lourd ”
Elle est l’une des premières femmes à avoir embrassé la profession de chauffeur routier, hors cadre familial et avec un vrai contrat de travail. Loin de se fondre dans la masse masculine, Lilyane Slavsky affirme sa féminité avec force. La revendique, même, en grimpant sur le marchepied de son semi-remorque en petit tailleur et talons hauts. « De 10 cm, mes talons ordinaires »,précise-t-elle. « J’ai toujours été féminine et je n’ai jamais porté un pantalon de ma vie ».
Comment est-elle devenue Fantastique ? A l’écouter, c’était une évidence. « Déjà toute petite, les camions étaient ma passion, la mécanique, l’odeur de gazole, j’ai toujours aimé ».Fille d’agriculteurs romorantinais, Lilyane Slavsky n’attendra d’ailleurs pas bien longtemps pour conduire son premier camion. En 1957, « j’avais rencontré un chauffeur qui m’emmenait à Paris pour voir une amie. C’est là que j’ai appris à conduire »,retrace-t-elle.
Sa carrière démarre dans un bureau de l’armée de terre, mais dès que l’occasion se présente, elle accompagne son mari, routier évidemment. « C’est moi qui conduisais le camion la nuit, mais ça le patron ne le savait pas », glisse, malicieuse, celle qui passera finalement son permis poids lourd en 1964. Son premier contrat tombe finalement en 1974, chez Onatra à Roissy. Au volant de sa citerne de gaz comprimé, elle approvisionne les centrales nucléaires, abattoirs et hôpitaux du territoire. Pendant ces 10 années, Fantastique se forge un nom, ou plutôt le surnom qui ne la quittera plus jamais. « Personne ne connaissait mon vrai nom », assure d’ailleurs Lilyane Slavsky. « Ma notoriété a commencé à monter ».
“ Les femmes, ça m’emmerde… ”
A elle la liberté, l’indépendance, l’autonomie. Mais aussi les premières déconvenues. Si certains chauffeurs précurseurs lui lancent des « une femme comme toi qui conduit des camions je trouve ça fantastique ! », la misogynie n’est jamais bien loin. « On m’a fait beaucoup de misères à l’intérieur de l’entreprise, mais je n’ai rien dit et ça a fini par passer »,confie-t-elle près de quarante ans plus tard. Les actes ont parfois dépassé les paroles : « On m’a envoyé deux fois au fossé, débranché mes tuyaux de gazole, inversé les flexibles de freins, volé mes batteries », égrène-t-elle, certainement renforcée dans sa volonté inébranlable de s’imposer dans le métier. Lorsqu’elle se présente pour trouver un emploi chez le Breton STG, la réponse est des plus directes. « Les femmes ça m’emmerde, mais je prends le risque »,s’entend-elle dire. Lilyane Slavsky y restera 7 ans. « On était 600 chauffeurs, j’étais la seule femme »,replante-t-elle le contexte de l’époque.
Lorsque son père tombe malade, en 1990, Fantastique décide de tout quitter pour revenir au pays, s’occuper de ses parents en fin de vie. Ses rêves de longs trajets, restent alors bien enfermés, jusqu’à ce que Philippe Janvier, transporteur à Vernou-en-Sologne, ne lui demande de reprendre du service pour assurer des transports saisonniers vers l’Allemagne. Ce qu’elle fera jusqu’à 70 ans. L’heure de couper le moteur, d’oublier l’odeur de gazole, les arrêts en bord de route, les manœuvres périlleuses. En partie, car Lilyane n’a jamais oublié Fantastique : « Toutes les nuits je rêve que je suis en camion, que je suis sur la route ».
Questo video racconta di una collega, una pioniera del mestiere, siamo nel 1970 in Francia, lei si chiama Nicole e lavorava presso Transport Wagner et Bonnefois. Tutta un’altra epoca, come ha commentato qualcuno, si scaricava a mano, non si contavano le ore e i colleghi si parlavano a tavola (al ristorante) senza facebook!
Il video l’ho trovato nel canale Youtube di Philippe Fournet, un canale da seguire per gli appassionati del mestiere!
Buona strada a tutti e tutte, anzi bonne route a tout le monde!
Quando abbiamo creato il nostro gruppo, una delle nostre “regole” non scritte, era quella di avere il camion nel cuore, non importava se si guidava, se si aveva guidato e poi smesso, se si sognava di guidare, l’importante era sentirsi parte di un gruppo con una grande passione per i camion, i viaggi, la vita on the road, indipendentemente anche dalle dimensioni del mezzo che si usava, dai chilometri che si facevano…
Sono passati tanti anni da quando è nato il gruppo, sono cambiate tante cose anche nel modo di fare trasporto, la vita va avanti sempre, però come in tutte le cose, ci sono delle radici da cui si cresce. Cosi voglio dedicare questo post al primo articolo che ho letto sulle donne camioniste, un vecchio articolo apparso negli anni ottanta sul numero 36 della rivista “Tuttotrasporti” e dedicato alle autiste di quegli anni, non le prime in assoluto in Italia ma di certo tra le prime in un’epoca in cui ancora erano veramente poche le signore del volante!
Penso sempre che sia grazie al coraggio delle prime che poi anche altre sono riuscite a intraprendere questa carriera e farsi accettare, non bisogna mai dare nulla per scontato, la riprova è che ancora oggi, nel 2019, tante persone si stupiscono a vedere una donna alla guida di un camion, quindi grazie colleghe per averci “spianato” la strada e grazie alla rivista per averci dedicato questo servizio!
Ogni tanto la Gisy mi da anche delle brutte notizie. Purtroppo è la vita. Non è colpa sua.
Ieri sera mi ha mandato un triste messaggio: “E’ morta Nora”.
La “Nora“. La nostra madrina, una delle prime camioniste italiane, non importa se la prima in assoluto, di certo una pioniera nel nostro settore, una di quelle donne coraggiose che ci hanno spianato la strada e permesso di fare questo mestiere. Una maestra di vita, quando l’abbiamo incontrata a Montichiari nel 2004 al Raduno “Guida in Rosa”, ci ha trasmesso un’energia, una solarità, una carica di simpatia uniche. Eravamo tutte affascinate dai suoi racconti d’altri tempi, tempi cosi lontani e cosi diversi dai nostri.
Una donna coraggiosa e sorridente. Si fece un giro del piazzale guidando il camion della Gisy, nonostante i suoi ottantanni! Ci fece sorridere tutte con le sue battute… la Nora.
Una piccola grande donna, unica. Una vera camionista.
(Un articolo pubblicato su Tuttotrasporti n° 242 luglio/agosto 2002)
Buona strada Nora, sarai sempre nei nostri cuori, la nostra indimenticabile madrina!