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La storia di Martina!

 

Una nuova intervista di Elisa Bianchi, sempre dal blog di Uomini e trasporti “Anche io volevo il camion”. Ringrazio Elisa di dare voce a tante nostre colleghe e di farci conoscere le loro storie, è un modo per confrontare le nostre esperienze di vita sul camion, sapere che non siamo poi cosi poche a girare per le strade d’Italia e non solo!

Questa volta ci racconta la storia di Martina, una giovane collega con una grande passione: guidare i camion!

Martina la conosco di persona e la considero un’amica, una giovane amica a cui auguro tanta buona strada per il suo futuro on the road!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/martina-caramellino-ho-25-anni-e-voglio-guidare-il-camion-se-non-adesso-quando/

 

E questa la sua storia:

Martina Caramellino: «Ho 25 anni e voglio guidare il camion. Se non adesso, quando?»

Non è una “figlia d’arte”, ha studiato grafica e comunicazione e nessuno, almeno all’inizio, appoggiava la sua scelta di guidare un camion. Eppure, la sua grinta ha avuto la meglio e oggi Martina Caramellino, venticinquenne originaria di Trino, è un’autista

«Sono riuscita a trovare lavoro a forza di provare e non mollare. Non è stato facile, la maggior parte delle persone con cui ho fatto un colloquio non si fidavano». Martina Caramellino ha 25 anni, è originaria di Trino, in provincia di Vercelli, e dallo scorso maggio ha realizzato il desiderio di guidare un camion. Desiderio nato in modo naturale, istintivo, senza che Martina avesse mai davvero avuto esperienza con il mondo dell’autotrasporto. Non un familiare autista, solo qualche conoscenza, ma nessuno ha mai davvero creduto che Martina facesse sul serio. Oggi guida un camion frigo e tutti si sono dovuti ricredere. Non è stato facile però, e lei non lo nasconde. Anzi, è la prima cosa che ci racconta. «Sono alta poco più di un metro e cinquanta, quando arrivavo ai colloqui mi chiedevano se arrivassi almeno ai pedali, oppure se fossi italiana. Una volta addirittura mi hanno chiesto se fossi lì per portare il curriculum di mio marito. Mi sono scontrata con tanta diffidenza prima di trovare un’azienda che volesse darmi fiducia». Alla domanda su quanti cv abbia dovuto mandare, la si sente sorridere timida dall’altro capo del telefono. «Tanti» è la risposta.

Alla fine, però, il lavoro è arrivato.

Mi ha chiamata una ditta della zona per guidare il camion frigo. Il contratto poi è scaduto e ho iniziato a lavorare per altre aziende, prima sempre con il frigo, poi da inizio gennaio con la nuova azienda ho cambiato anche tipo di lavoro. Oggi, infatti, guido una cisterna per il trasporto di liquidi alimentari.

Facciamo un passo indietro. Perché l’idea di guidare un camion?

Uno dei ricordi più belli che ho della mia infanzia è di quando andavo in giro con mio nonno. Era un fabbro e aveva un furgoncino Daily. Per me era come se fosse un camion, lo vedevo enorme. Credo sia nata così la mia passione per la guida.

Una passione che è diventata anche uno sport: il rally.

Nella zona in cui abito si tiene tutti gli anni una corsa di rally. Mi piaceva guardare quelle macchine colorate che andavano veloci. Volevo provare anche io, così ho preso il brevetto. Ho corso per un paio d’anni e gara dopo gara sono arrivate anche le soddisfazioni. Insieme al ragazzo con cui correvo ci siamo classificati primi di classe al rally di Alba.

Anche nel rally ci si scontra in qualche modo con degli stereotipi di genere, come ti è successo con l’autotrasporto?

È sicuramente un ambiente diverso, ma in cui nessuno mi ha mai fatto pesare il fatto di essere una donna. Penso che comunque dipenda sempre dell’intelligenza e dalla mentalità delle singole persone.

Le persone intorno a te come hanno preso la tua decisione?

Mia mamma all’inizio non voleva, oggi invece capita spesso che mi difenda quando qualcuno giudica la mia scelta. Molte persone non capiscono, mi chiedono come faccia «a portare quel coso». Rispondo che basta schiacciare l’acceleratore, mica lo devo trainare.

Poi Martina si lascia andare a una confidenza…

Non hai idea di quanti pianti mi sono fatta da sola per via di alcuni episodi spiacevoli. Ricordo per esempio che durante il mio affiancamento iniziale stavo guidando e avevo il finestrino abbassato. Un ragazzo poco più grande di me mi ha urlato «voi donne state rovinando il mondo». Quando hai tante buone intenzioni e poi senti dire certe cose ferisce, soprattutto se quelle parole arrivano magari da dei padri di famiglia. Voglio dire, se distruggessero i sogni ai loro figli come si sentirebbero?

 

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“L‘amore in mille colori”, la donna dall’Est Europa alla guida dei bus

 

Una bella storia di una collega al volante di una autobus!

Questo è il link dell’articolo:

 

https://www.tpllinea.it/index.php/2023/10/19/lamore-in-mille-colori-la-donna-dallest-europa-alla-guida-dei-bus/

 

E questo il testo con la sua storia:

 

 

“L‘amore in mille colori”, la donna dall’Est Europa alla guida dei bus


TPL Linea regala un’altra storia aziendale (e di vita…) davvero speciale, protagonista Floarea-Ana Bulgaru, originaria della Romania ma ormai italiana a tutti gli effetti anche grazie alla sua professione, che la vede alla guida dei bus dell’azienda di trasporto savonese.Laureata in Economia, Turismo e Servizi – Academia di Studi Economici di Bucarest nel 2006. In Romania ho lavorato all’Ispettorato Scolastico, in alcune ditte private e presso l’Ansamblo artistico-professionale “Baladele Deltei”, sempre nella città natale  di Tulcea. Attiva nella vita socio-culturale e nel volontariato. Prima dell’ingresso in TPL Linea l’esperienza in una azienda di trasporto, con l’acquisizione di patente e requisiti di abilitazione professionale. Oltre al rumeno e alla lingua italiana, anche grazie alla sua formazione universitaria conosce l’inglese, il francese e l’ucraino.

Floarea-Ana è riuscita ad entrare in azienda con un concorso nel gennaio di quest’anno e così ricorda alcuni aneddoti del suo lavoro quotidiano: “Che bello vedere una donna che guida la corriera…”; “Fa piacere vedere che, ogni tanto, anche le donne guidano gli autobus, è una grande responsabilità..”. Queste alcune frasi dette alla salita del bus vedendola per la prima volta al volante del mezzo pubblico.

“Prima ho lavorato per una ditta privata di trasporto, ma quando è uscito il concorso per TPL linea ho deciso di partecipare e alla fine è andata bene”.

“Da bambina, quando ero in prima superiore, con il coro liceale ho partecipato a un concorso nazionale di musica per la pace nel mondo. Mi ricordo che sognavo di vivere in un mondo con altri bambini, di altre culture, in pace e armonia” dice ancora l’autista di TPL Linea, operativa in particolare nel territorio valbormidese e nel servizio di trasporto scolastico, a contatto diretto proprio con i bambini.

“Inizialmente avevo pensato di fare l’autista di camion, ma poi un nostro amico, ex-autista TPL, mi ha consigliato di provare con i pullman visto che si cercavano conducenti per gli scuolabus. Abituata a lavorare con bambini e i giovani ho deciso di provare, riuscendo a raggiungere l’obiettivo con mia grande soddisfazione”.

Non mancano altri excursus personali, che rimandano all’importanza della sicurezza stradale: “Le paure sono tante! Sono stata investita da una macchina, sulle strisce pedonali, quando ero in prima elementare. Fino a 20 anni avevo gli incubi… Mi sono resa conto che se non avessi superato da sola le mie paure, nessuno l’avrebbe fatto per me. Così dopo un anno di Università ho preso la patente e ho sconfitto certe angosce proprio con la guida, alla quale mi sono subito appassionata. Da bambina mio padre, comandante della nave Polizia, mi ha insegnato a condurre le navi sul Danubio, una emozione unica e particolare sempre nel mio cuore”.

“Per quanto riguarda la responsabilità, sì, è tanta! E’ un lavoro molto delicato che non ti permette un attimo di distrazione. L’autista del pullman è come il macchinista di un treno, un comandante della nave, un pilota d’aereo… Ha la responsabilità di tante vite durante il suo tragitto quotidiano” aggiunge ancora l’autista in forza a TPL Linea. “Mi ricordo che in Romania quando salivo in corriera sapevo che da quel momento la mia vita, e quelle delle mie figlie, era nelle mani dell’autista, per questo avevo grande stima e rispetto nei suoi confronti. Tuttavia, lo ammetto, allora non avrei mai pensato di fare questo lavoro…”.

“Essere conducente di un mezzo di trasporto pubblico richiede tanta attenzione ed energia. Il contatto con le persone è molto importante e necessita anche di saper gestire al meglio certe situazioni. Ma alla fine, cosi come diceva mio padre: “La stanza è piccola, l’amore è grande, per questo la cosa più importante è mettere l’amore in tutto quello che fai…”.

Il suo pensiero è infatti rivolto al caro papà scomparso da poco tempo: “E’ stato proprio lui a trasmettermi la passione per la guida” racconta Floarea-Ana, in Italia dal 2010, sposata e con due figlie: “Una persona meravigliosa, che mi ha sempre amata e mi ha consigliato di studiare, di scrivere…”.

E l’autista Floarea-Ana prosegue ancora nella sua intima narrazione: “Quando sono arrivata in Italia devo riconoscere che ho trovato difficile coniugare vita familiare e professionale. Solo dopo anni, visto che le nostre figlie sono cresciute, ho deciso di rimettermi in gioco, cambiando totalmente profilo e indirizzo professionale” racconta ancora l’autista, che ha voluto seguire il marito che si trovava già in Italia per lavoro, prima a Montichiari, in provincia di Brescia, poi la residenza a Millesimo, in Val Bormida.

“Il cambio di lavoro è stato certamente difficile, ma dobbiamo adattarci alle nuove sfide. In questo devo ringraziare i miei colleghi di TPL Linea, molto disponibili a spiegarmi aspetti tecnico-professionali che non conoscevo. Avere vicino una squadra è davvero essenziale. In azienda, infatti, ho trovato persone straordinarie non solo a livello professionale, ma anche umano. Quando è mancato mio padre mi sono stati vicini e mi hanno sostenuto in un periodo molto delicato…”.

Ecco poi la sua speciale iniziativa durante il servizio scuolabus nei comuni valbormidesi: “Sono mamma anch’io, e come ogni mamma spero che le mie figlie possono passare il maggior tempo possibile in bella compagnia. Così sullo scuolabus ho istituito “Radio News – Scuolabus”, al suono della campanella accolgo i miei ragazzi dandogli il ben venuto e presentando la giornata!”.

“La vita è fatta di piccole cose, e proprio per questo condividiamo i nostri momenti più belli, cantando tanti auguri ai festeggiati, ma anche mandando baci e abbracci agli amici malati, oppure tifando per i nostri sportivi del cuore, fino a cantare assieme…”.

E Floarea-Ana lancia poi il suo messaggio finale: “Mi piacciono i fiori, ma nessuno è cosi bello come quelli raccolti dai bambini per farmi qualche sorpresa… Mi piacciono le foto, ma non sono riuscita mai a farne una cosi bella come sono loro quando scendono e vedono i loro cari, svelate l’amore in mille colori…”.

“La pace di domani inizia con l’amicizia di oggi” conclude l’autista dell’azienda savonese, ricordando il motto di un Festival Internazionale in Romania a lei caro, “Il pesciolino d’oro”.

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La storia di Francesca alla guida degli autobus

 

La storia di Francesca, una giovane donna alla guida degli autobus.

Questo è il link dell’articolo:

https://www.corrierecesenate.it/Rubicone/Francesca-la-giovane-che-guida-gli-autobus

E questa la sua storia:

 

Francesca, la giovane che guida gli autobus

D’inverno guida lo scuolabus e d’estate copre la linea “R” per il mare

 

Francesca Foschini

A vederla tra i ragazzi che porta tutti i giorni a scuola, andata e ritorno, si confonde con loro. Minuta e giovane, Francesca invece è l’autista che d’inverno guida lo scuolabus dell’Unione Rubicone e mare e d’estate copre la linea “R”, al mare e viceversa, ogni giorno, tutti i giorni.

Vedere una donna al volante di un autobus, ma anche di un’ambulanza o addirittura di un camion, è un evento sempre più frequente, eppure non ancora comune e ogni volta desta curiosità e anche un po’ di sorpresa.

Lo conferma anche lei, Francesca Foschini, 33 anni, di Gambettola, da due anni vive a Sala di Cesenatico, alle prese con motori e annessi e connessi sin da giovane età. In possesso della patente da sei anni, prima si occupava del rifornimento dei mezzi di Start Romagna muovendoli, senza persone a bordo, dall’autorimessa alla stazione del metano o del gasolio per farli trovare pronti all’uso.

Dal giugno del 2022 è l’autista della linea estiva “R” per Start Romagna, dipendente di Autoservizi Casadei che fornisce il servizio a Start. La cesenate Servizi Casadei su un totale di 50 autisti, impiega oltre a Francesca, altre cinque donne.

Dallo scorso autunno la giovane autista ha preso in mano anche gli scuolabus, a inizio estate lascia e riprende il servizio di collegamento terra mare da Savignano, San Mauro e Gatteo. Magra e minuta, guida anche i dodici metri con 51 posti.

“Ho iniziato – racconta – dopo che, come volontaria nel 2015 in una comunità di ragazzi con disturbi psichiatrici, facevo l’addetta al trasporto con un furgoncino di massimo otto posti. Da quella prima esperienza ho iniziato a valutare l’idea di trasformare la passione per la guida in una professione e ho cominciato a prendere tutte le patenti e le certificazioni necessarie. Ora eccomi qua”.

Come si sente, donna in un mondo come quello dei conducenti, popolato in genere da uomini?
“Sono sincera, mi sento coccolata anche se confermo che la mia presenza a bordo, al posto della guida, desta sempre una certa curiosità. Anche negli insegnanti che poi imparano a conoscermi e si fidano di me”.

Guida per passione?
“Guidare mi piace perché dà un grande senso di libertà. Questo mestiere è di grande responsabilità, noi autisti siamo una categoria che si ribella da anni per ottenere condizioni di lavoro ed economiche migliori. Questa è tuttora anche la mia personale grande battaglia”.

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La storia di Barbara!

 

Una nuova intervista di Elisa Bianchi a una delle nostre colleghe!

Questa volta ci racconta la storia di Barbara, dal suo sogno di bambina alla sua lunga carriera al volante di un camion, naturalmente sempre sul sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

Buona lettura e buona strada sempre!!!

Il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

Inizia cosi:

Barbara Strozzi, la «contessa acida» dell’autotrasporto si racconta

51 anni di cui 23 trascorsi alla guida del suo camion, Barbara Strozzi è una veterana del settore. Salita a bordo a 26 anni con due figlie piccole e la famiglia contraria, Barbara si è fatta strada – e soprattutto un nome – in un’epoca in cui le donne al volante erano ancora poche, ma i sogni erano tanti e soprattutto grandi…quanto un bilico

«Sono una bimba di nove anni quando vedo per la prima volta un camion e subito me ne innamoro». Inizia così la storia d’amore tra Barbara Strozzi e il mondo dell’autotrasporto. Un amore a prima vista che da 23 anni a questa parte non si è mai affievolito. Quando la intercettiamo è naturalmente alla guida, «ma ho l’auricolare» ci rassicura con la sua voce allegra e l’inconfondibile accento bolognese delle sue origini, anche se ormai da tempo vive a Ferrara. Scopriamo solo in seguito che per parlare con noi ha abbassato la radio che tiene sempre accesa a farle compagnia con un po’ di musica: «Anche techno, a volte» ci rivela. Barbara ha l’anima grintosa di una veterana che per realizzare il suo sogno ha dovuto farsi le ossa e mentre i chilometri scorrono sotto le ruote del suo camion, la mente vola al passato, a quando era solo una bambina che con occhi sognanti guardava i “bestioni della strada” dal balcone di casa, accanto al distributore di benzina dove si fermavano a fare rifornimento prima di ripartire per lunghi viaggi che allora Barbara poteva solo immaginare.

«In famiglia non c’erano camionisti, per cui quando dicevo che avrei voluto fare questo mestiere da grande nessuno mi prendeva sul serio». Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la vita e i piani di Barbara, crescendo, cambiano: «A 18 anni mi sono sposata e insieme al matrimonio sono arrivate a distanza di quattro anni l’una dall’altra due bambine, Sabrina e Francesca.
All’epoca lavoravo già in una ditta per la quale guidavo furgoni, ma il mio sogno di guidare un camion, uno vero, è sempre rimasto. Nessuno immaginava che avessi ancora voglia di inseguirlo, ma dopo la nascita della seconda bambina mi sono decisa a iscrivermi a scuola guida e prendere la patente. Avevo 26 anni e tutta la famiglia era contraria, ma non c’è stato verso di farmi cambiare idea».

Il sogno inizia a prendere forma quando viene assunta come autista. Un lavoro giornaliero che le consente di rientrare la sera e occuparsi delle figlie ancora piccole. Quando le bambine crescono, Barbara inizia a viaggiare anche all’estero: il Sud della Francia, la Germania, ma soprattutto la Svizzera e in un’occasione anche la Spagna. Ed è proprio di quel viaggio avvenuto nel 2010 che conserva uno dei ricordi più belli: «Arrivammo a Valencia dopo due giorni bellissimi di viaggio. Stavamo facendo un trasporto per una ditta di catering che doveva gestire un evento per la Ferrari, in occasione del Gran Premio di F1. La vista dell’autodromo pieno di auto meravigliose sarebbe di per sé bastata per farmi portare a casa un ricordo bellissimo, ma l’ultima sera, prima di ripartire, presentavano la nuova auto con la quale avrebbero corso il Gran Premio. Stavo parlando con i meccanici di Maranello quando a un certo punto entra in sala un ragazzino, guarda la macchina, stringe la mano a tutti, compresa a me, e poi si allontana. Era Fernando Alonso. Ho stretto la mano ad Alonso!». A sentirla raccontare questo episodio Barbara sembrerebbe ancora incredula. «Ma non fu l’unico incontro interessante fatto durante la mia carriera di autista: in pausa a un Autogrill incontrai anche Raz Degan. Io uscivo, lui entrava con la troupe per le riprese. Non si fanno certi incontri se si fanno altri lavori» ci dire ridendo e aggiunge che il suo sogno sarebbe stato quello di guidare un bilico per il Cavallino Rampante. «Ti immagini, la prima donna autista in Ferrari, mi sa che resterà solo un sogno nel cassetto però». In realtà, non è l’unico. «All’epoca mi sarebbe piaciuto aprire un’azienda di autotrasporto tutta mia, di sole donne, ma dopo aver fatto qualche calcolo mi sono resa conto che sarebbe stato un debito troppo grande da pagare. Tra l’altro, all’epoca non era facile trovare donne autiste, ce ne erano molte meno. Ho scelto di non rischiare e di abbandonare quella strada. Lo ammetto, oggi mi è rimasto un po’ il rimpianto».

L’avventura estera termina con la nascita di altri due bambini, i gemelli Alessandro e Andrea che oggi hanno 13 anni. Nel frattempo, Barbara inizia a lavorare per una piccola ditta vicino a casa per la quale trasporta ortofrutta nei mercati e nei supermercati, «Lavoro di notte e di giorno mi occupo della famiglia» spiega. La domanda, però, sorge spontanea: ma Barbara, quando si riposa? La risposta arriva ancora una volta sincera e allegra: «Non sono mai stata una dormigliona per fortuna, mi basta qualche ora al giorno e sono di nuovo carica. D’altronde ho preso questa decisione per non stare troppo lontana dai bambini, anche se per loro è stato più facile perché con la mamma autista ci sono nati, ma le prime due figlie da piccole hanno patito un po’ di più la mia mancanza e non mi andava di essere poco presente anche per i gemelli. Oggi che sono più grandi è più facile, non hanno più bisogno costante della mamma, anche se adesso ci sono anche le nipotine a cui badare». Tre, per la precisione: Veronica di 13 anni, Asia di 12 e Kawthar di 7. Ed è proprio quest’ultima che sembrerebbe aver già la grinta della nonna che oggi, a 51 anni, non ha assolutamente intenzione di appendere il volante al chiodo e vorrebbe trasmettere la passione a una futura erede: «Kawthar segue con attenzione quando faccio le manovre o i posteggi e dice di voler fare l’autista da grande, ma è ancora presto per dirlo». Anche se è di poco più piccola di quella bambina che si sporgeva dal balcone di casa per guardare i camion e alla fine, quel sogno, l’ha realizzato.


 

 

Il resto della storia lo potete leggere al link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/barbara-strozzi-la-contessa-acida-dellautotrasporto-si-racconta/

 

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Una storia americana

 

Questa è la storia di una collega americana che a 50 anni ha deciso di cambiare vita e di fare la camionista…ricorda un pò la storia di tante nostre nuove colleghe che hanno aspettato anni per realizzare il proprio sogno. Vi metto il link da un sito italiano:

https://www.curioctopus.it/read/44133/a-50-anni-cambia-vita:-lascia-il-lavoro-da-insegnante-per-diventare-una-camionista

e quello originale da Women in trucking:

https://www.womenintrucking.org/blog/how-the-leadhertrucking-program-impacted-my-start-in-trucking

 

Questo è il testo:

A 50 anni cambia vita: lascia il lavoro da insegnante per diventare una camionista

Matteo Cicarelli

07 Marzo 2023

Arrivati a una certa età gli individui sognano di cambiare la propria vita. Tutto quello che avevano sognato quando erano più piccoli vogliono trasformarlo in realtà. Magari avevano rinunciato a perseguire quella speranza a causa di ostacoli che non erano riusciti a superare oppure hanno dovuto abbandonare quella strada a causa di pressioni esterne. Dopo anni, però, con una consapevolezza diversa è molto probabile che decidano di ritornare sui propri passi e realizzare il sogno accantonato.

La donna protagonista della vicenda a 50 anni ha abbandonato il suo lavoro da insegnante, per inseguire il suo sogno di infanzia e diventare una camionista. Vediamo meglio com’è andata.

Vanita Johnson/womenintruckingfoundation

Vanita Johnson/womenintruckingfoundation

 

Vanita Johnson aveva appena compiuto 50 anni, quando ha deciso di cambiare totalmente vita. Amava il suo mestiere di insegnante, ma aveva bisogno di nuovi stimoli. Per questo motivo, non ha perso tempo e ha deciso di inseguire il suo sogno di bambina: iniziare a guidare i camion.

Aveva ottenuto da poco una posizione di insegnante di ruolo presso una scuola elementare. Fino a quel momento, aveva sempre lavorato come supplente. Quando sembrava che la sua carriera stesse volgendo per il meglio, ha deciso di trasformare la sua vita. Infatti, appena gli istituti sono stati costretti a iniziare a fare lezione online, ha sentito che quello non era più il lavoro che voleva svolgere.

Aveva iniziato quel mestiere per fare lezione faccia a faccia con gli alunni. È stata proprio quella la scintilla che l’ha spinta a prendere la patente per guidare i camion. Nonostante avesse timore di fare un passo del genere, perché abbandonare un posto fisso è una scelta difficile da compiere, non ci ha pensato due volte e si è gettata in questa nuova avventura.

 

Gerard Donnelly/Flickr - Not the actual photo

 

Mi sono dimessa e ho seguito un mio sogno d’infanzia. Quando stavo in macchina osservavo sempre fuori dal finestrino nella speranza che passasse qualche camion, ed ero certa che un giorno ne avrei guidato uno. Quel sogno è diventato realtà. È stato un enorme cambiamento. Ma ero così ansiosa di farlo, che quando ho fatto questa scelta mi sono sentita appagata. La parte che preferisco di questo lavoro è la liberta, mi sento come un uccello che vola libero nel cielo. Adesso conosco le strade e i panorami del mio Paese“.

Tu avresti avuto il suo stesso coraggio?

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La storia di Vania

 

Un’altra storia dal sito di “Uomini e trasporti” nella pagina “Anche io volevo il camion”.

E’ la storia di Vania, che guida si i camion, ma il suo lavoro principale è quello della boscaiola sulle montagne venete. Un lavoro ancora più unico che raro quando è svolto da una donna!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/vania-zoppe-che-pace-quando-guido-il-mio-camion-nel-silenzio-della-foresta/

E questa è la prima parte del testo:

Vania Zoppè: «Che pace quando guido il mio camion nel silenzio della foresta»

Una grande passione per il suo lavoro – possiede un’azienda boschiva – che la rende una delle poche donne attive nel settore in Veneto. Ma anche un debole per quel Volvo FH16 da 750 cv che sovente guida, trasportando tronchi nelle magiche zone della foresta del Cansiglio

Vania Zoppè è una boscaiola, anzi è – forse – l’unica boscaiola che ancora rimane nel Veneto. Quarantatré anni, gestisce ad Alpago, in provincia di Belluno, una ditta boschiva, aperta nel 2011 e che attualmente segue insieme al suo compagno. Una passione ereditata dal padre, a sua volta titolare di un’impresa del settore, in cui lavorava anche mamma e che lei ha frequentato fin da piccola, da quando cioè aveva 12 anni.
È un lavoro che ama e che non cambierebbe con nient’altro al mondo, anche se i margini di profitto, ci racconta, non sono alti «Il guadagno non è importante – sorride – non si diventa certo ricchi a fare questo mestiere». Ma così può stare a contatto con la splendida natura della foresta del Cansiglio, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, 6 mila ettari di verde e boschi incontaminati.

«Tagliamo le piante e consegniamo i tronchi in segheria, teniamo a posto i boschi e lavoriamo con i privati – ci spiega – Prima ci occupavamo dei faggi, prevalentemente legna da ardere; ora trattiamo anche l’abete bianco e rosso, alberi per segherie che poi vanno in Austria, dove ritirano molti carichi e lavorano in quantità, o più spesso nel Trevigiano».

Per questa attività di trasporto Vania utilizza veicoli adeguati alla bisogna, che le permettono di soddisfare la sua seconda passione: sedersi al volante di un autocarro.
«Per il trasporto usiamo un Volvo FH16 da 750cv e un vecchio Iveco TurboStar 190 36, tutti e due allestiti con la gru, che serve appunto ad accatastare i tronchi sul mezzo». Veicoli che Vania non riesce sempre a guidare per le tante incombenze che la sua azienda richiede, ma sui quali appena può sale per immergersi nella natura e viaggiare nel silenzio del bosco: «Devo dire che guido molto di più il Volvo, con cui mi trovo benissimo – ammette l’imprenditrice veneta – Mentre giri sulle strade e sui sentieri immersi nel verde, c’è una pace e una tranquillità che è incredibile. Poi a fine giornata vedi il tratto di bosco che hai sistemato ed è una grande soddisfazione».


 

Il resto della storia di Vania al link di “Uomini e trasporti”

Buona strada a tutti!

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La storia di Tatsiana

 

Ho trovato questo articolo che parla di Tatsiana, una collega autista di Girteka.

La frase che più mi piace in questa intervista è questa:

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “

Il link:

https://it.eseuro.com/local/204998.html

Il testo:

“Il trasporto a lunga distanza ha un grande potenziale per i camionisti”

Negli ultimi anni, l’industria degli autotrasporti ha subito una grande trasformazione. Mentre la carenza continua camionisti in Europa, le donne stanno diventando lentamente, ma sempre di più, al volante di mezzi pesanti. Rompere lo stereotipo della guida del camion come “lavoro da uomini” le donne stanno dimostrando di avere le carte in regola per eccellere in questa professione. Tatsiana, uno degli autistis professionisti di Girteka, spiega cosa significa per una donna essere un camionista e perché vale la pena prendere in considerazione questa carriera.

È ancora solo un “lavoro da uomini”?

“Sono sicuro che il lavoro di un camionista fosse un ‘lavoro da uomini’ in epoca sovietica, ma ora non resta che la definizione. Quando i nostri padri e nonni guidavano fuoristrada MAZ e KAMAZ e riparavano i loro camion con qualsiasi tempo, con l’olio nei gomiti, quella era “guida dura di camion”. Non c’erano condizioni idonee e i veicoli erano in pessime condizioni… Tutto questo è cambiato”, commento.

Nonostante il pensiero stereotipato, Tatsiana afferma di non incontrare alcuna difficoltà nel suo lavoro di donna. E le reazioni dei suoi colleghi maschi sono state ampiamente positive. Ha buoni percorsi, un veicolo affidabile e non guida fuoristrada. Tuttavia, è consapevole di quanto sia duro il lavoro di un pilota professionista, soprattutto in paesi come la Norvegia o la Svezia dove le condizioni sono dure.

Decisione che cambia la vita

Tatsiana ricorda bene come è entrata a far parte di Girteka: “Ho chiesto alle ragazze: prendete le donne? Lei ha risposto “sì”. Poi ho continuato: quante donne hai? “Non molti, ma lo stiamo facendo tutto il possibile per attrarre di più.” Era quella frase che giocava un ruolo chiave, magico.o, si potrebbe dire. E il giorno dopo ho firmato il contratto per entrare in Girteka come camionista”.

Quando si tratta di aspirazioni di carriera, questo autista preferisce rimanere sulla strada piuttosto che in un ufficio. “La mia sedia è un posto di guida, non da ufficio. E che tipo di carriera può avere un pilota? Da un camion all’altro. Ma se mai trasportiamo merci di grandi dimensioni in tutta Europa, quelle lunghe fino a 60 metri Verrò e chiederò loro di mettermi su un camion tipo e dice.

un sacco di potenziale

Tatsiana ci crede camion a lungo raggio in realtà potrebbero essere visti come una professione femminile. Ecco perché incoraggia altre donne a prendere in considerazione una carriera come autisti professionisti. Ha ispirato una delle sue amiche a diventare una camionista e sottolinea che le donne dovrebbero chiedere consiglio ad altre donne della professione, invece di affidarsi alle opinioni degli uomini.

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “, punti.

Per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi di essere un camionista, Tatsiana sottolinea la sfida di stare lontano da casa come il principale svantaggio. Tuttavia, apprezza anche l’opportunità di leggere, ascoltare audiolibri e avere tempo per l’auto-riflessione durante i tuoi lunghi viaggi. Vede la guida di camion come un’attività che allevia lo stress e gli piace più che nei suoi lavori precedenti.

“Il mio lavoro mi entusiasma. Potrebbe essere -15 ° fuori oggi e +20  domani. Il paesaggio fuori dalla finestra è in continua evoluzione, anche le persone stanno cambiando. È molto interessante assistere a tutto ciò”, condividere.

Rappresentanza delle donne nel trasporto su strada

Secondo l’ultimo studio del Unione internazionale dei trasporti su strada (IRU), nel 2021 meno del 3% dei camionisti in Europa erano donne. Se l’industria degli autotrasporti riuscire ad attrarre più dipendenti donne, non solo aiuterebbe ad affrontare il problema della carenza di conducenti, ma aprirebbe anche la strada a una maggiore diversità e inclusione nel settore. Con le loro comprovate capacità, dedizione e adattabilità, le donne camioniste lo sono senza dubbiouna preziosa aggiunta alla forza lavoro e svolgono un ruolo cruciale nel progresso del settore. Man mano che sempre più donne entrano in campo, portano con sé prospettive, abilità ed esperienze uniche, come Tatsiana, che arricchiscono la professione e contribuiscono a una forza lavoro più diversificata e innovativa.

Con il crescente sostegno dei datori di lavoro come Girteka e l’industria in generale, le camioniste possono ora accedere a una varietà di opportunità di sviluppo professionale, formazione e programmi di tutoraggio su misura per le loro esigenze. A Girteka, parità di genere e diversità Sono al centro dei valori e delle strategie di reclutamento dell’azienda. Riconoscere l’importanza di una forza lavoro equilibrata, l’azienda incoraggia attivamente l’inclusione delle donne nel settore degli autotrasporti e si impegna a creare un ambiente di lavoro solidale ed equo per tutti i conducenti.

Promuovendo il messaggio che guidare i camion sono una professione per tutti, Girteka mira a porre fine agli stereotipi di genere e promuovere una cultura inclusiva. Il nostro impegno per la parità di genere si riflette nei nostri sforzi per assumere più autisti donne, offrendo pari opportunità e supporto alla crescita professionale indipendentemente dal genere.

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Forse non erano poi cosi poche…

 

Forse non erano poi cosi poche le donne camioniste già nei primi anni del dopoguerra, girando e rigirando nel web ogni tanto trovo le “tracce” di qualcuna di loro.

Di solito sono articoli scritti recentemente a ricordare il passato di queste prime signore del volante… pesante!

Ve ne presento due.

La prima é Wanda, in un articolo de “La Nazione” del 16 marzo 2022

https://www.lanazione.it/siena/cronaca/i-primi-cento-anni-di-wanda-donna-con-un-passato-da-camionista-1.7469866

I primi cento anni di Wanda, donna con un passato da camionista

“E’ stata una donna tosta fin da giovane, si è trovata a fare un mestiere che all’epoca era quasi una prerogativa degli uomini”. E’ così che la figlia descrive Delfina Grassini, conosciuta a Colle come Wanda, che proprio in questi giorni ha allegramente raggiunto il secolo di vita. Nata a Radicondoli, ma residente a Colle fin dal suo matrimonio nel 1940, Delfina è stata una delle prime donne in Italia a guidare un autotreno: dalla metà degli anni ‘60 ha compiuto numerosi viaggi con la ditta del marito, viaggi che lei stessa organizzava, oltre a tenere la contabilità dell’azienda. Un ricordo che non è mai scomparso: “Per il centesimo compleanno – racconta la figlia – le hanno donato un autotreno giocattolo, e ancora le brillano gli occhi. Fa sorridere sentirle dire che ancora ha dolore alle dita dei piedi a causa dei pedali del camion”. M.B.


 

La seconda, nominata in questo elenco di donne premiate a Pozzoleone, è Emilia Fioravanzo.

L’articolo de “Il Gazzettino”  è del 2015.

Questo è il link:

https://www.ilgazzettino.it/home/pozzoleone_premi_eccellenze-873606.html

 E questo il trafiletto:

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Il sogno realizzato di Gloria!

 

Questa sera ho aperto la pagina di Uomini e Trasporti dedicata a noi donne “Anche io volevo il camion” e, sorpresa! C’è la storia di Gloria! L’ho letta tutta d’un fiato e mi sono emozionata perchè finalmente è riuscita a realizzare il suo sogno di sempre, salire su un camion e fare l’internazionale! Grande Gloria!!

Sono sempre contenta quando scopro che un’altra ragazza ce l’ha fatta, perchè lo so che nonostante tutto i pregiudizi ci sono ancora, e anche se qualcosa sta cambiando – più per la necessità di reperire nuovi autisti che per altro – è tuttora difficile farsi accettare al 100%. Te ne accorgi dai discorsi che ti girano intorno, da certe battutine, da certi sguardi, ma noi non ci arrendiamo, stringiamo i denti e andiamo per la nostra strada, sperando sempre che sia una “buona strada”!

Questo è il link dell’articolo, scritto da Elisa Bianchi (che ormai possiamo considerare una di noi!):

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/giovane-e-donna-gloria-benazzi-sogna-di-abbattere-gli-stereotipi-nellautotrasporto/

 

Inizia cosi:

Giovane e donna, Gloria Benazzi sogna di abbattere gli stereotipi nell’autotrasporto

Classe 1996, romagnola e figlia d’arte, Gloria Benazzi nell’estate del 2022 lascia la sua attività – un centro estetico – per inseguire il sogno dell’autotrasporto. Un sogno che l’ha portata in Olanda, tra il profumo di fiori e i colori dei camion personalizzati che tanto ama, ma soprattutto dove si sente capita. E per avvicinare i suoi coetanei al settore dice: «Aprite le scuole al mondo del trasporto»

Si dice che il tulipano giallo rappresenti gioia, speranza e solarità. Gloria Benazzi, autista, classe 1996, i tulipani li ha tatuati sull’avanbraccio – insieme ad altre sue passioni, tra cui il motore del suo camion d’epoca – e questa descrizione le calza benissimo addosso. Quando la raggiungiamo al telefono ci risponde da un’area di sosta in Olanda dove sta facendo pausa a bordo del suo camion. È felice, e si sente. Solo pochi mesi fa ha realizzato il suo sogno, tra l’altro piuttosto originale: trasportare fiori dall’Olanda, il paese patria dei tulipani. Sì, perché Gloria non voleva semplicemente fare l’autista, voleva unire la sua passione per i fiori con quella per i camion e la sua tenacia l’ha ripagata, anche se per parecchio tempo dubbi e insicurezze l’hanno tenuta lontana dalla cabina. «Spesso sono solo le nostre paure a farci vedere un limite che in realtà non esiste» ci racconta. Ed è proprio dalle sue paure che le chiediamo di iniziare a raccontarci la sua storia.
«Ho sempre avuto paura di partire con il camion, paura di deludere altre persone, paura di fare errori. Mi rendo conto però che in questo modo mi sono imposta da sola dei limiti che oggi ho deciso di affrontare. Sono figlia d’arte, la mia famiglia aveva una ditta di trasporti tramandata da generazioni e fin da piccola ho sempre avuto a che fare con questo mondo. Quando sono cresciuta ho iniziato ad aiutare in azienda, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più logistici e burocratici, ma io volevo guidare. Papà ha però sempre cercato di tenermi lontana, mi sconsigliava di intraprendere questa strada perché sapeva quanti pregiudizi e difficoltà avrei potuto incontrare e per un po’ gli ho dato ascolto. Sei anni fa ho aperto una mia attività come onicotecnica in attesa del momento giusto per riprendere la strada dell’autotrasporto».

Il momento giusto è arrivato qualche mese fa…

Le patenti le avevo già prese a 21 anni con i soldi che avevo messo da parte lavorando. Fare le unghie mi piaceva, disegnare è un’altra grande mia passione e questo lavoro mi consentiva di esprimere la mia arte. Poi la svolta è arrivata grazie al mio ragazzo, Luca, anche lui autista, che mi ha spronato a non lasciar sbiadire il mio sogno di mettermi alla guida. Mi ha sempre detto «se non provi non potrai mai sapere se ti piace davvero o se è solo una bella idea che ti sei creata». Così ho fatto richiesta per lavorare nella sua stessa azienda e mi hanno assunta. Ho iniziato con il camion frigo ma avevamo un sogno: trasportare i fiori in Olanda.

Da cosa nasce questo desiderio?

Papà viaggiava in Olanda e Inghilterra e ricordo che da piccola ci raccontava dei paesaggi meravigliosi che attraversava. Le sue storie mi hanno fatta sognare. Poi il sogno è diventato realtà quando ho iniziato a visitare quei posti e rendermi conto della loro cultura. Viaggiavo da passeggera, ma era normale vedere donne alla guida dei camion. Ai raduni erano tantissime, tutte con camion personalizzati bellissimi. Io volevo essere come loro. Così ho iniziato a covare il desiderio di mettermi alla guida anche io e di viaggiare in quei paesi in cui sapevo che sarei stata capita.


 

Il resto della storia lo potete leggere sulla pagina di “Uomini e trasporti” al link che vi ho segnalato.

Buona strada sempre!

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La storia di Bruna, un’altra pioniera!

 

Quando, girando e rigirando nel web, mi imbatto nella storia di una pioniera del camionismo al femminile, sono contenta. Lo sono perchè è grazie a queste donne coraggiose che si è aperta anche per noi la porta per accedere a questa professione. Lo sono perchè ogni volta è bello scoprire che di camioniste ce ne sono state anche negli anni passati, in quegli anni in cui si pensava che solo gli uomini potessero essere in grado di fare quessto mestiere, e invece, una qua e una là, c’erano anche loro e facevano la loro parte al volante di camion che non erano certo comodi e maneggevoli come quelli di oggi!

Ho trovato la storia di Bruna di Trieste, classe 1926, a cui è stato dedicato questo articolo per farle gli auguri per il suo novantaseiesimo compleanno (il 13 giugno scorso), vi metto il link:

https://www.triestecafe.it/it/news/segnalazioni-appelli/la-mulona-nonna-bruna-compie-96-anni-e-stata-la-seconda-donna-in-italia-a-conseguire-la-patente-13-giugno-2022.html

E l’inizio dell’articolo:

La “mulona” Nonna Bruna compie 96 anni! Seconda donna in Italia a conseguire la patente per guidare i camion!

La "mulona" Nonna Bruna compie 96 anni! Seconda donna in Italia a conseguire la patente per guidare i camion! (FOTO)

 

Un caloroso augurio da tutta la redazione di Trieste Cafe a Bruna Carli nata il 13 giugno del 1926.
Oggi gli fanno gli auguri le 4 figlie gli 8 nipoti i 14 pronipoti e un trisnipote. Praticamente 5 generazioni! 
Nel raccontarsi abbiamo saputo quindi che è madre di 4 figlie e che nel 1965 il marito si è purtroppo ammalato. Una vicenda triste, ma che non ha affatto fatto perdere d’animo la tenacia di Bruna che ha deciso di prendere la patente per guidare un camion in modo da affiancare il marito a lavoro. 
Un gesto unico nel suo genere che porta con sé molti record. 
Infatti una patente del genere – dalle notizie di quei tempi – è stata la prima a conseguirla una donna a Trieste (Autoscuola Mambrini) e la seconda in Italia. 
Il primo camion che Bruna ha guidato per tutta Trieste e dintorni era un autobianchi Scaligero portata 120 quintali e poi il Leoncino il Betford, il 130 e per ultimo il 190 scarrabile, ribaltabile su tre lati tre cassoni scambiabili di cui uno con la gru.
Un record portato avanti per ben 20 anni fino a 65 anni senza mai preso una multa e nemmeno mai fatto un incidente.
E se dopo i 65 anni Bruna non abbia più guidato camion, la passione per i motori è rimasta guidando l’auto e non solo, partecipando per due edizioni alla Trieste Opicina Historic.
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(…) il resto dell’articolo lo potete leggere aprendo il link sopra.
Buona strada e grazie  a Bruna e a tutte le pioniere del volante!”
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