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In ricordo di MICHELA CIULLO

Ciao Lady

in questo periodo Splinder non funziona bene e scrivere è diventato difficoltoso, vi comunicheremo in seguito il nuovo indirizzo e come ogni trasloco comporta delle valutazioni, tempo e fatica; nonostante questo, oggi è il giorno in cui ricordare la scomparsa di Michela e anche se gli anni passano non dobbiamo e non vogliamo dimenticarla.
Parlando con la sua mamma mi vengono le lacrime perchè non si può far niente per alleviare il dolore di questa famiglia, i ricordi , le senzazioni, la tristezza, le tribolazioni sono tutte lì, giorno per giorno ad accompagnare loro e rendere sempre più grande un vuoto che non si colmerà più. Serve tanta forza e Nadia ce la sta mettendo tutta, ma a volte si deve aggrappare ad un qualsiasi racconto della vita di sua figlia che già non conosce… a volte si aggrappa ai sogni, a volte si aggrappa a chi la ascolta… e mi dice: " Manca a tutti Michela, e io devo far finta che la vita va avanti…!!!" ; Non abbiamo parlato di processi, tribunali o guard-rail oggi, ma di addobbi natalizi, tolti dalle scatole, gli stessi che Michela aveva riposto con cura e che nessuno aveva più toccato… gli stessi che da oggi faranno pesare ancor di più la sua assenza, ma li aveva scelti lei e sarà avere in casa un pò di se.
Le parole s'incrociano, le mie e le sue, gli argomenti sono tristi, ma non abbiamo scelta, oggi non ci va di cambiar discorso, oggi parliamo di Michela e di come era… Di una donna solare, tenace, generosa che faceva un mestiere che amava, ma che a casa aveva una famiglia e da cui non è più tornata, non si dovrebbe morire giovani, ma non SI DEVE morire di lavoro… 
Nadia mi ha raccontato che la nipotina le ha chiesto perchè zia MIKY non torna e lei ha risposto, con il groppo alla gola: " Zia Miky non può tornare, sta insegnando agli angeli a guidare!" la risposta è stata:" Nonna, ma gli angeli sono troppo piccoli per guidare…"
michela ciulloOvunque tu sia Michela… BUONA STRADA!!!

Per chiunque voglia mettersi in contatto con Nadia, anche solo per un saluto, scrivete una email al gruppo e vi manderò il numero di telefono.
gisella

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Lavorare con le parole

 Ciao Lady

Vorrei parlare di “crisi”… sì, ancora crisi, quella che gli autotrasportatori denunciavano in uno sciopero anni fa per primi e da cui saranno gli ultimi ad uscirne…
 

Quella crisi che ha cambiato la vita di tutti noi, che più a meno direttamente sperimentiamo tutti i giorni, e versiamo il nostro tributo… anche nelle piccole cose, come le pagine di una rivista.
 

Proprio oggi il mio edicolante preferito, non ci venivo da settimane si lascia andare con uno sfogo in dialetto… dice che tira la cinghia, deve sopravvivere qualche anno per arrivare alla pensione, ma lo fa unicamente per quel traguardo perché non ne ricava più uno stipendio dignitoso, non c’è un reale guadagno perché nelle vicinanze tante aziende hanno chiuso, altre dichiarato fallimento; chi è in cassa integrazione o a stipendio ridotto rinuncia ai giornali e alle riviste.
 

Chi compra riviste di settore, ne sceglie una, anziché tutte per confrontarle come fino a qualche anno fa…gli stessi camionisti selezionano sfogliandola quale comprare, ma rigorosamente UNA e non si concedono più ne altre letture, ne cd ne dvd. SALUTO ed esco amareggiata riflettendo…
 

A questo proposito viene naturale essere solidali con le sue parole… che non posso ripetere…
 

 
Il mio piccolo contributo al settore,  tempo per leggere poco ma… , produce una mini-rassegna stampa di opinioni personali:
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TRUCK VAN DRIVER
Commoventi le parole nell’editoriale Ferruccio Venturoli che racconta il passaggio di un gruppo di persone da una rivista ad un’altra, storie di vita di persone che vivono in un mondo parallelo al nostro e che conosciamo da diversi anni, che abbiamo seguito, apprezzato ma anche criticato, come è giusto che sia in un confronto positivo. Condividere quelle emozioni da loro un volto umano… e esprimere sentimenti di fiducia nel futuro alla faccia della “crisi”, con impegno e tenacia che li ha contraddistinti da sempre… Stampato il  numero 3  il risultato sembra ottimo.
Il doveroso saluto a Vittorio Sette con le parole tratte dal nostro blog ci onora. GRAZIE.
Altri momenti ci riguardano, ma non posso mica raccontarlo tutto… si trova ancora in edicola.
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VADO E TORNO
Da una rivista storica si può trovare il confronto con un numero del’92 e i titoli sono molto simili all’attualità: L’economia va a picco e nessuna prospettiva- Serve controllo per il cabotaggio-Galoppa l’RCA- Gasolio alle stelle- Autostrade che crescono del 10%. “Pacchetto Sicurezza”per tempi di guida,velocità, alcol, patente…
Nelle posta c’è una giusta osservazione su chi da Confindustria accusa i trasportatori di essere un COSTO insostenibile, ignorando volutamente che a “fare” il prezzo sono proprio le industrie del trasporto… a cui tutti poi ci dobbiamo adeguare.
Un’indagine su di una logistica tedesca ha rilevato che neanche loro sono così “perfetti” e i camionisti possono aspettare per ore.
Sempre in Germania un pericoloso killer a bordo di un camion spara su altri camion e lo ha fatto centinaia di volte causando non solo danni materiali…Predilige le bisarche nell’ultimo anno… ed è stata istituita anche una “taglia”…
Nell’articolo “Se la strada diventa un Far West” la signora Vanna Santinato Detomi dell’Associazione Vittime della Strada dichiara che la quasi totalità dei camion viaggia a 110 kmh anziché dei 90 consentiti… nessuna rettifica, solo repliche da dei colleghi intervistati… il giornale non ha replicato…
Personalmente non le rispondo, credo che la perdita del figlio la giustifichi, lei, non i giornalisti che hanno collaborato alla stesura, questo titolo e articolo sa più di un’altra rivista, non una specifica e tecnica come questa.
 
Le altre le commenterò in un altro momento, tempo scaduto, chi lavora con le parole dovrebbe usarle per fare chiarezza… Voi che ne dite?

BUONA STRADA !!! 
 
 

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61°a GIORNATA contro gli infortuni sul lavoro

Ciao Lady
oggi con tristezza scrivo di questa ricorrenza; la  61° giornata per ricordare gli infortuni sul lavoro, VITTIME del Lavoro….; 3 morti al giorno i dati dell'INAIL, freddi numeri a determinare un trend pericoloso e noi sappiamo molti essere COLLEGHI!!!!
Non voglio scrivere ad uno ad uno di SIMONE, ROBERTO, RENZO, ALESSIO, MARCO, 

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TIZIANO, MICHELA e MASSIMO, che conoscevo personalmente, non è per creare individualismo che voglio parlare di camionisti… è per evidenziare che anche noi paghiamo un forte tributo di vite. I dati espressi in numeri riducono tutto, ma sulle strade e nei piazzali spesso subiamo infortuni e nessuno li mette in rilievo, neanche le Associazioni di categoria, nessuno riconosce che siamo persone e lavoratori che corrono molti rischi; è sbagliato lasciar passare il messaggio che se fai il CAMIONISTA è scontato che prima o poi ti schianterai da qualche parte…
Mi chiedono perchè mi arrabbio tanto, quando leggo che non c'è necessità di "UN MONUMENTO AL CAMIONISTA" , che è un lavoro come un altro, che si fa perchè si vuole, che tutti sanno che è pericoloso, che i monumenti si fanno agli eroi e non ad una categoria;
è vero facciamo questo lavoro per scelta, ma vorremmo farlo in sicurezza, condividere la strada con utenti altrettanto professionali e responsabili, vorremmo essere tutelati dalle insidie, invece siamo in evidenza solo per i controlli stradali e i relativi dati.
Un dato che è passato inosservato ma che rende l'idea  di quanto sangue viene versato sulle strade, quelle che noi percorriamo per lavoro…:

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 L'INAIL nel 2009 ha rilevato 1050 infortuni mortali e 586 vittime d' incidenti stradali; non è un dato conosciuto quanti erano camionisti, non siamo gli unici a lavorare sulle strade, ma di sicuro alla guida di oltre 4 milioni di veicoli adibiti al trasporto merci, siamo un numero di cui ci si dovrebbe preoccupare di più.
In questo blog abbiamo scritto diverse volte che c'è pregiudizio nei nostri confronti, non abbiamo certo la presunzione di cambiare le cose, ma MORIRE di LAVORO non è scontato per nessuna categoria, tantomeno la nostra. Neanche scatenare una guerra tra poveri è la strada giusta… si fermano i porti per un incidente ad un operatore portuale e non si affigge neanche un comunicato per un autista… due pesi e due misure, sì, di miseria umana.

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 L'AMNIL denuncia che gli infortuni sono in aumento del 22% quest'anno, ma tra le cause non si prende in considerazione che le aziende "tagliano" in sicurezza e nel trasporto significa trascurare i mezzi… possono fare tutti i controlli che vogliono… ma se non ci sono soldi… e so di tante aziende che o pagano gli stipendi agli autisti o vanno dal gommista… ma si sa che io vivo in un mondo tutto mio, forse ho frainteso quando dal nostro Ministero si parlava di garanzia del credito, fondo di garanzia e altro…

images Per non dimenticare… le VITTIME DELLA STRADA = VITTIME del LAVORO

BUONA STRADA a TUTTE/I !!!

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C'è posta per noi… – 32

Quest'anno il 5° Raduno B&B , è stato dedicato alla memoria del grande camionista Vittorio Sette , che per noi tutti era l'anima del gruppo , la sua carica il suo spirito e la grande voglia di far festa in amicizia e' stato un'esempio per tutti noi , e certamente quando sara' realizzato il Monumento del Camionista sara' anche in suo onore ed a sua memoria insieme a quella di tutti i colleghi e colleghe che non sono piu' tra di noi.

Un grandissimo ringraziamento va a Paolo Lunz , che come ogni anno rende possibile la partita di calcio curandone ogni aspetto, un'occasione di stare assieme giocando e divertendosi ma con la finalita' primaria di ricordare chi non c'e' piu' con noi, nella passata edizione avevamo ricordato la nostra cara Lady Michela, quest'anno Paolo e le Lady Truck hanno voluto ricordare nostro papa' Vittorio, non ci sono parole sufficenti a ringraziare questi gesti umanamente molto profondi che vengono dal cuore,.

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Ringraziamo in particolare tutte le Lady Truck che ci sono sempre state vicino e che hanno sempre condiviso con noi momenti felici e naturalmente tutte quelle che sono scese in campo o hanno sostenuto la squadra Lady.

In questa edizione , il posizionamento dei mezzi e' avvenuto in una nuova area dove era allestita una zona Contry con cavalli e musica che ben si abbinava allo stile dei Truck, per quest'ultimo motivo gli spazi erano un po' piu' ristretti delle passate edizioni, presenti come sempre il Team VIOLETTO con l'ultimo gioiello, il Team PULVINI con gli ultimi tre truck decorati di recente, era presente inoltre la motrice Scania di ZILIO che ha dato gran spettacolo attirando attenzione di tutti , complimenti a Roberto con il suo scania bianco rimesso a nuovo , ed a Vasco con il 140 arancione , inoltre in particolare molti guardavano verso il cielo per vedere la gru del Team GIOLO che svettava a 44 metri d'altezza.

Un saluto inoltre a Silver, Lorenzo, Roberto che immancabilmente in ogni occasione dal 2005 ad oggi sono sempre stati presenti a tutti i raduni.

che dire : grazie a tutti a chi ha partecipato con camion o senza camion, ma anche a chi non ha potuto essere presente per la distanza oppure perche era a far festa con i nostri amici a San Giacomo ,perche' come diceva sempre VITTORIO :  l'importante e' sempre quello di far festa e cercare di scordarsi i momenti difficili di ogni giorno.

 Un grazie a tutti dal piu' profondo del cuore

 

Sette Franco 338-9553878

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Tratto da CARRARAONLINE.COM

Giacomo Bezzi
Vi trasmetto un racconto  che narra di un camionista eroe: personaggio realmente vissuto  50 anni fa  e delle persone che aveva intorno, nomi e cognomi cambiati ma il resto vero….

LA VERA STORIA DI ORSINI IMPERO, CAMIONISTA EROE 

Si diedero appuntamento una domenica mattina di maggio a un bar sull’Aurelia: era di un piemontese che era sbarcato da quelle parti perché aveva sposato la sorella di uno che aveva conosciuto da soldato. 
Impero era già lì forse da mezzora, e stava discutendo ad alta voce con uno che si chiamava Mario e che aveva appena acquistato un OM-Tigre. 
“Ma tu non vuoi capire che, sì, sarà anche una bella macchina, ma se avevi comprato un Quarantadue come ti avevo detto io, era come se tu avessi in tasca un assegno circolare. Il Quarantadue te lo puoi rivendere quando ti pare, il Tigre no. Ti ce ne vorrà del tempo, prima che tu riesca a trovare l’amatore!” 
La discussione durò ancora un bel pezzo, poi si rivolse a Nino e disse: 
“Giusto: è lei quel Nino che doveva venire? Perché intanto non prende un caffè?” 
Nino prese il caffè, e, terminata la discussione sul Tigre e sul Quarantadue, finalmente ci furono le presentazioni. 
“Mi ha telefonato Giusti, il suo amico che fa i traslochi e mi ha parlato bene di lei: l’ho fatto venire qua di domenica così, se ci si mette d’accordo, si comincia domani mattina stessa.” 
L’accordo fu presto trovato sia per gli orari sia per la paga, che doveva essere garantita ed a libro, con tanto di marchette. 
Fu così che l’indomani Nino si presentò alle otto nell’ufficietto che avrebbe dovuto essere, per chissà quanto, il suo regno. 
“Una settimana di prova e poi, via!” disse Impero come benvenuto. 
C’era da prendere in mano una situazione un po’ confusa, con un lavoro impiegatizio che comprendeva sia la primanota sia la corrispondenza di servizio per disguidi e disservizi inevitabili in quella mole di lavoro quasi assurda, che lui non avrebbe mai immaginato. Per giunta, c’era da fare anche qualche lettera di offerta scritta con tariffe a quintale ed a scalare, indirizzata a ditte che via via venivano acquisite. 
Orsini Impero era il titolare di un’impresa di trasporti completi che era stato costretto a lasciare un autotreno ai suoi fratelli per un’ernia del disco che lo stava facendo imbestialire tutte le volte che si faceva viva. Si era però riciclato in recapitista di corrieri per la presa e consegna di collettame in una zona piuttosto vasta che com-prendeva diversi comuni della costa. 
Il lavoro maggiore, con una trentina di quintali al giorno di pacchi e pacchetti, cartoni, fusti e casse di ogni bendiddio, glielo passava un gigante di Milano che aveva come caposervizio, nella sua sede di Viale Padova, uno che aveva fatto con Impero la prigionia in Kenia e non lo aveva dimenticato. 
Un’altra decina di quintali li scaricava ogni due o tre giorni un corriere di Genova che trasportava sia parti meccaniche ed elettrodi per i cantieri navali, sia balle di stoccafisso, sacchi di baccalà e caratelli di aringhe per i negozi di alimentari, sia cartoni di whisky e di champagne per i locali notturni della costa. 
Qualcosa, cinque o sei quintali alla settimana di forme di parmigiano e cartoni di pelati, la portava un altro corriere di Parma. 
C’era da lavorare per sei o sette persone, ma il personale subalterno a Impero era composto solo da suo figlio, un bestione alto quasi un metro e novanta, e due ragazzi ancora imberbi ma che sapevano già bestemmiare come turchi. 
Il quartetto, Impero, il figlio e i due ragazzi, era addetto alle consegne a domicilio ed alle prese che giornalmente erano ordinate all’ufficio o telefonicamente, o da ragazzi in bicicletta che si affacciavano al balcone dando gli ordini ricevuti dai loro principali. 
I colli da consegnare erano caricati nel tardo pomeriggio per il mattino successivo su due Leoncini che erano guidati rispettivamente da Impero e da suo figlio, mentre i due ragazzi era fungevano da fattorini: facevano firmare le bolle e le eventuali bollette del dazio ed incassavano gli assegnati versandoli in serata in ufficio per il controllo finale. 
Controllo finale che era sulle spalle di Nino, che stava chiuso tutto il giorno nell’uffi-cietto che aveva come arredo: un tréspolo che aveva la funzione di portetelefono, una scrivania scovata chissà dove per spiegarvi sopra bollette e borderò, e un tavolinetto per la macchina da scrivere e tutta la cancelleria. Due seggiole, delle quali una era occupata dal principale al ritorno dalle prese e consegne, completavano l’arredamento. 
Il telefono suonava molto spesso sia per ordinare prese e chiedere notizie di merce in arrivo, sia per le lamentele sempre all’ordine del giorno per disguidi e rotture che erano inevitabilmente attribuite, con fandonie grosse come case, alla fretta ed alla mole di lavoro. 
La flotta della ditta Orsini Impero e Fratelli era composta da un Ottantadue con rimorchio in dotazione ai fratelli, due Leoncini da 30 quintali per le prese e le consegne quotidiane, ed una millecento con le codine per le consegne urgentissime di pacchi di farmaci e di pizze di pellicole a farmacie e cinematografi della zona. Raramente era usata per gite domenicali fuoriporta. Due biciclette piuttosto arrugginite completavano la flotta: erano in dotazione ai due ragazzi e servivano loro per tornare a casa alla sera e tornare in magazzino la mattina 
Ogni mattina, poi, verso mezzogiorno arrivava il Milano e c’era da scaricare tutto il bendiddio che arrivava dalla Capitale Morale con grande predominanza di detersivi, saponette, liquori ed amari delle case più famose, e dalla Brianza. Dalla zone di Lec-co e di Bergamo ove il gigante milanese aveva filiali, arrivavano casse di viti, bulloni, dadi e rubinetti, rotoli di reti metalliche e funi d’acciaio: tutta merce che faceva peso e quintali a bizzeffe. 
Ogni due o tre giorni arrivava il Genova con la sua merce ritirata in Darsena ed i suoi colli puzzolenti degli stoccafissi, del baccalà e delle aringhe che davano tanto lavoro nell’autunno e nel periodo prenatalizio, come i liquori e degli spumanti esteri che andavano forte anche d’estate. 
Una volta la settimana, invece, arrivava il Parma con le altre sue delizie. 
La merce veniva scaricata in ribalta divisa per zone di consegna, e non era raro il caso che anche Nino desse una mano agli altri e si mettesse alla carretta per qualche lavoretto urgente. Il suo lavoro manuale di scaricatore di complemento era molto apprezzato da tutti, e premiato con caffè corretti d’inverno e gelati d’estate. 
La settimana di prova passò in un battibaleno ed, il sabato, prima dell’arrivederci al lunedì successivo, arrivò l’assunzione definitiva celebrata nel bar del piemontese con una bevuta generale: succhi di frutta per i ragazzi, ed un vermuttino a testa per gli adulti. 
Orsini Impero era un omone grande e grosso, dal viso rubizzo e dai capelli corti e brizzolati, con delle braccia che sembravano tronchi d’albero: se avesse dato un cazzotto ad un toro, lo avrebbe spedito al sanatorio. Unica concessione alla vanità, un paio di baffetti alla Clark Gable che lo facevano piacere alle donne. 
Ma aveva altro da fare che andare a donne: anzi era della massima monogamia ado-rando sua moglie che gli aveva dato due figli. Uno era quello che lavorava con lui e che aveva appena fatto le scuole dell’obbligo; l’ altro era andato così bene a scuola che, una volta presa la maturità, si era iscritto all’università: medicina. 
Il padre di Orsini Impero e dei suoi fratelli era stato un oste della piana che, nell’in-tervallo tra una guerra e l'altra, aveva capito che il futuro era nei motori. Quindi, invece di farli studiare, aveva imposto ai tre figli la patente di guida C perché tutti quanti potessero guadagnare onestamente facendo i camionisti. 
Mestiere che fece anche Impero fino a che non fu richiamato e inviato in Abissinia nel Genio Autieri: ma la guerra su quel fronte terminò subito con la sconfitta del Regio Esercito e l’inutile resistenza sull’Amba Alagi. Furono tutti catturati dagli inglesi e spediti in Kenia, ove Impero conobbe il milanese che ora era caposervizio di quel gigante del trasporto a collettame che gli procurava tanto lavoro ed un certo benessere. 
Prima di mettersi nel campo dei recapiti di corrieri, Impero aveva continuato a fare il camionista ed aveva anche un discreto portafoglio di clienti che pagavano come banche. Cosa che gli aveva permesso di acquistare altri due autotreni che faceva guidare dai suoi fratelli, ed assumere anche alcuni camionisti disoccupati. 
Uno di questi, appena assunto e non ancora in regola con i contributi, face un disa-stro: precipitò in un burrone lungo la strada del Bracco, si ferì gravemente e tutto il carico di lastre di marmo pregiato diretto ad un famoso marmista che lavorava molto per la curia genovese andò in frantumi. 
Per il carico e la macchina ci pensò l’assicurazione: per l’operaio, invece, ci pensaro-no l’INPS e l’INAIL che denunciarono Impero per il non aver assicurato il dipen-dente e lo fecero fallire. 
Iniziarono anni di magra e fu sfiorata la miseria. Venduti due autotreni al miglior offerente e mandati i due fratelli a lavorare sotto padrone, non restava ad Impero che ricominciare daccapo, con anni passati alla guida dell’Ottantadue con rimorchio e con carichi completi neanche tanto remunerativi. Fino a che, alla ricerca di un ritorno da Milano, capitò ad Impero di accettare non un completo, ma bensì un carico di collettame: trecento quintali di pacchi e pacchetti, bidoni e fusti, casse e cartoni, da recapitare alla filiale di Roma del gigante milanese. Il carico glielo aveva procurato l’amico conosciuto in Kenia vent’anni prima e ritrovato a Milano a gridare ordini ed improperi a tutti nel piazzale di Viale Padova. 
Fu l’inizio della fine della miseria. 
Orsini andò ad abitare in campagna, in una casa che aveva davanti a sé un’aia dove la moglie, tutte le domeniche, sciorinava al sole, insieme al bucato, la tuta di Impero che aveva lavato col sapone e strizzato con tutta la forza che aveva nelle braccia. 
Impero le aveva anche comprato un televisore che le avrebbe fatto compagnia durante i lunghi pomeriggi che lui, invece, passava alla guida del Leoncino per le consegne a negozi e stabilimenti. 
Un giorno Nino ricevette una telefonata da Milano con la quale si preannunciava che la mattina successiva sarebbe arrivato un carico importante, molto più grande dei soliti: infatti, la mattina dopo il Milano arrivò non col solito mezzo da cinquanta quintali, ma con un Novanta a pieno carico. 
L’autista scese e con lui un personaggio in borghese che si qualificò come ispettore della ditta e che aveva sottobraccio un fascio di borderò e di bollette. 
Oltre alle solite dei porti franchi e degli assegnati, aveva con sé anche tante bollette rosa che portavano prestampato, al posto del destinatario, la dicitura Standa. 
Era accaduto che la ditta di Milano avesse acquisito l’esclusiva del trasporto di tutte le merci destinate all’apertura di una nuova filiale di quel grande magazzino: c’era, ad occhio e croce, da sfacchinare il doppio del solito e si cominciò a prendere le dovute misure. 
Un Leoncino avrebbe fatto, ogni giorno, un viaggio verso quella che alla Standa chiamavano riserva e che non era adiacente al negozio, ma molto fuorimano nella zona industriale; vi avrebbe scaricato tutto quello che via via veniva da Milano: c’erano banchi frigoriferi, decine di carrelli di acciaio, scaffali e tutto quanto occorre per far entrare in funzione un supermercato oltre ad un grande magazzino tradi-zionale.. L’operazione durò un paio di settimane, fino a quando cominciarono ad arrivare anche i generi di consumo sia per il grande magazzino, sia per il supermer-cato alimentare. 
Il lavoro si accumulava giorno dopo giorno ed era sempre più difficile continuare a lavorare in cinque, come si era fatto fino ad allora. 
Fare degli straordinari si rendeva necessario, ma il commercialista mise il suo veto perché non era possibile controllarli; infatti, un’azienda così piccola non poteva permettersi il lusso di acquistare un orologio marcatempo. Si pensò di fare un forfait, ma c’era il rischio di cadere nel nero; cosa che non andava bene a nessuno. 
Nino, una sera che non ne poteva più dalla fatica e dalla confusione che si stava moltiplicando a vista d’occhio, sbottò con Impero: 
“Senta: o qui mi mette qualcuno a fianco per registrare tutto questo casino, o io non ce la faccio più e vi arrangiate tutti quanti da soli. Tanto per cominciare, da lunedì mi prendo una settimana di ferie e vedremo cosa succede.” 
La mattina dopo si presentò uno che arrivò in Vespa: disse di chiamarsi Prezzemoli, che era perugino e che era un maestro elementare in pensione. Aggiunse che abitava anche lui in campagna e che era vicino di casa degli Orsini e che non ci avrebbe mes-so molto ad adeguarsi alla situazione. 
Non fu una vera manna dal cielo, ma almeno c’era chi, dopo le istruzioni del caso, poteva dare una mano, almeno per il lavoro più grosso che consisteva nella registra-zione di tutti gli incassi della giornata, degli inevitabili disguidi e rotture e della relativa corrispondenza con i tre corrieri. 
Nino si tenne il compito di andare, come faceva tutte le mattine verso le dieci, ad effettuare i versamenti in banca e di staccare gli assegni per i tre corrieri che davano il lavoro, non dopo aver trattenuto l’aggio che era versato su un altro conto che serviva per i pagamenti vari, ad iniziare dal suo stipendio. Ci scappò anche il tempo di fare un po’ di acquisizione e di portare via due o tre clienti alla concorrenza. 
La minaccia della settimana di ferie aveva funzionato. 
Anche i due ragazzi che fungevano da fattorini cominciarono a dar segni di inquietudine e, tra un moccolo e l’altro, fecero intendere che avevano anche loro il diritto di andare a tirare qualche calcio al pallone come tutti quelli della loro età. 
Anche loro furono affiancati da due tizi erculei d’età già piuttosto avanzata che erano già in pensione dopo avere fatto per una vita i manovali in ferrovia e che venivano anche loro dalla campagna. 
“A loro e a Prezzemoli ci penso io – disse a Nino l’Orsini – al commercialista gli parlerò domani perché siamo a fare delle consegne proprio da quelle parti.” 
Nino rimase contento della risoluzione del caso; cosa che non si verificava da molto tempo, e cioè da quando aveva cominciato a lavorare sul serio dopo aver passato qualche anno a fare il bohémien. 
Aveva lavorato in un primo tempo, ma si trattò di pochi mesi – presso un famoso laboratorio di marmi il cui titolare era amico d’infanzia di suo padre: apprese i primi rudimenti del mestiere di marmista, ma il rapporto si inquinò quando, alla prima busta paga, venne a sapere che la ditta non se la sentiva di metterlo a libro per via dei contributi da pagare. 
Con la sua maturità classica in tasca, c’era poco da star allegri; se almeno avesse saputo stenografare o scrivere a macchina con dieci dita, un posticino in una redazione di un quotidiano qualcuno glielo avrebbe saputo trovare. 
E, invece, niente. 
Non voleva fare il disoccupato e pesare sulle spalle della sua famiglia che non aveva mai navigato nell’oro. Allora si accontentò di rilevare, senza tirar fuori neanche una lira di buonentrata, il recapito-biglietteria di un’autolinea, che il gestore lasciava al più volonteroso che gli fosse capitato sottomano, perché si era messo a fare il barista. 
Furono mesi duri di orari impossibili, di domeniche lavorative e di guadagni all’osso con un aggio sulla vendita dei biglietti e sul paccchettame da far ridere i polli. 
Come se non bastasse, rilievi scritti quasi quotidiani per sciocchezze. Si accorse ben presto che i rilievi costavano addebiti e che l’autolinea ne aveva fatto uno dei suoi punti di forza: addebitava tutto quello che era addebitabile, ad iniziare dalle divise degli autisti e dei fattorini che erano addebitate nella prima busta paga a ragazzi che venivano dal Mugello o dalla piana di Prato ove avevano lasciato la cavezza degli asini per il volante degli autobus o la borsa da bigliettaio. 
Però, fra una chiacchiera e l’altra con quelli della proloco che fantasticavano su programmi di sviluppo turistico, saltò fuori un vecchio sogno dell’ex-gestore ora barista: quello di trasformare quella squallida biglietteria piena di ceste delle verduraie e di valige dei bagnanti in una vera e propria stazione di autobus con tanto di punto di ristoro e sportello dell’EPT per l’accoglienza ai turisti ed il loro smistamento nelle pensioni e negli alberghi che prima o poi sarebbero sorti. 
La dura realtà fu, però, che di soldi non ce n’erano e nessuno avrebbe azzardato una lira nella realizzazione di quel progetto: non solo nessuno ci vedeva l’affare, ma addirittura ci fu chi rispose sdegnato che la zona non avrebbe ma avuto uno sviluppo turistico e che quindi si levasse da rompere le palle. 
Nel frattempo, però, Nino aveva conosciuto molte persone che apprezzavano il suo lavoro ed il suo grandaffare: fra questi quel Giusti che faceva traslochi ed del quale aveva accolto volentieri un cartello pubblicitario che aveva fruttato qualche affare reciproco e che gli presentò Impero. Poi anche un funzionario della Regione che gli aveva consigliato di presentare domanda corredata da curriculum e referenze per un neonato ufficio che doveva organizzare mostre e partecipazioni di artigiani a fiere e saloni nazionali ed internazionali. 
L’autolinea, intanto, cominciava a risentire dello sviluppo della motorizzazione privata, perché i passeggeri erano sempre meno e, di conseguenza, gli affari andavano di male in peggio. Fu deciso dal suo consiglio di amministrazione di tagliare quasi tutto il personale stagionale ed eliminare le biglietterie come quella di Nino, che erano considerate poco più che un lusso se non palle al piede. 
Nino si trovò di punto in bianco in mezzo alla strada senza neanche il benservito; ebbe però la fortuna di rintracciare il Giusti con il conseguente impiego presso la ditta di autotrasporti Orsini Impero e Fratelli, presso la quale lavorò con successo almeno un paio d’anni. 
Fino a quando, dopo un fonogramma ed una serie di test attitudinali superati con successo, fu assunto dalla Regione e dirottato immediatamente all’ufficio mostre del quale gli aveva parlato quel funzionario conosciuto due o tre anni prima. 
Fece per un certo periodo il pendolare, poi si sposò con una brava ragazza impiegata in prefettura e che aveva conosciuto in treno durante i suoi spostamenti quasi quoti-diani. 
Impero, come regalo di nozze, gli fece gratuitamente il trasloco di mobili e masse-rizie e finì che la loro divenne un’amicizia virile che continuò tutti gli anni con gli auguri di Natale e visitine al bar del piemontese tutte le volte che Nino capitava dalle parti dell’Aurelia. 
Una sera Nino e la moglie incontrarono in treno uno che era stato del dazio, e che gli disse: 
“Hai saputo di Impero? E’ morto ierlaltro a Genova. Si è fracassato col suo autotreno 
contro un pilone dell’Elicoidale a Sampierarena per schivare uno che gli aveva tagliato la strada. Si era rimesso a viaggiare per far continuare gli studi al figlio che fa ancora l’università”.

09/03/2011
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Una legge per… Omicidio stradale

Ciao Lady
a qualcuno di voi forse il nome Mauro Tedeschini ricorda qualcosa… ; ora dirige LA NAZIONE e tramite essa lancia un appello per raccogliere firme per introdurre il reato di Omicidio Stradale , e fin qui più che onorevole gesto, pubblico volentieri il testo:
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Firenze, 23 agosto 2011 – POCHE storie: al rientro dalle ferie i nostri parlamentari ci devono dire se vogliono o no la legge sull’omicidio stradale, che punisca in modo adeguato chi uccide guidando ubriaco o drogato. Ma per mettere onorevoli e senatori con le spalle al muro, occorre che la proposta di legge, promossa dall’Associazione Lorenzo Guarnieri, da Asaps e Associazione Gabriele Borgogni di Firenze, arrivi a 50 mila firme. Ecco perché da oggi, 
e fino al raggiungimento dell’obiettivo, sulla prima pagina de La Nazione, pubblicheremo il numero delle adesioni raggiunte: il traguardo è vicino, ma serve uno sforzo da parte di tutti per arrivarci nel minor tempo possibile.

Quello che mi lascia perplessa è che probabilmente, i nostri politici,  saranno capaci di trovare un modo per discriminarci anche sulla "carta"!!! 

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L'ultima Strada di Michele

Ciao Lady
questa è stata una settimana in cui diversi colleghi hanno perso la vita, svolgendo il loro lavoro; senza nulla togliere agli altri, vorrei ricordare Michele, che ha visto per ultimo luogo una piazzola sull'A1, dove ha subito un vero e proprio agguato… lo hanno trovato dopo diverse ore… un automobilista si è insospettito per il parabrezza rotto… Ieri era l'argomento di discussione un pò ovunque, la prima pagina dei quotidiani sembra dia diritto a tutti di sentenziare e molte di quelle parole si potevano risparmiare, cb compreso…  Sono passata in quel tratto il giorno prima e il giorno dopo, sono sgomenta e sconvolta, quel tratto è soggetto a furti e rapine da sempre, anche perchè è un punto cruciale del passaggio delle merci circolanti, ma tanta bestialità non era mai stata usata; ci saranno indagini e chi è preposto a farlo, ci auguriamo tutti, troverà il bandolo di questa  intrigata matassa, a noi resta solo da mandare un virtuale abbraccio alla famiglia e l'ultimo BUONA STRADA a Michele…

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Dal quotidiano IL RESTO DEL CARLINO

Modena, 15 luglio 2011. 
 Dietro il sedile teneva una piccola icona della Madonna per accompagnarlo durante i suoi viaggi su e giù per l’Italia. L’ultimo l’ha fatto l’altra notte quando è stato assalito e ucciso a colpi di fucile. L’autista — il 38enne Michele Langella — di un tir proveniente da Napoli è stato trovato, in boxer e con la faccia ancora ‘stropicciata’ dal sonno, riverso in una pozza di sangue nella cabina del mezzo parcheggiato. Pare che i malviventi volessero rapinarlo anche se trasportava solo succhi di frutta e pelati. Ha comunque difeso fino all’ultimo il suo carico di poche migliaia di euro lottando con i banditi che hanno sparato più volte.
Due o forse tre. I pallini si sono conficcati nel torace (ci sarebbero fori anche su un fianco e sull’addome) e alcuni hanno trapassato il corpo scalfendo il parabrezza. Il volto era coperto di sangue. Il corpo senza vita è rimasto nella cabina del tir per ore, nella piazzola di sosta al chilometro 179 dell’A1 (direzione Nord), all’altezza di Castelfranco Emilia.
Un residente aveva già visto il camion mercoledì sera intorno alle 23.30, fermo nella stessa posizione e con le luci accese. Altri ricordano di aver notato quel ‘bestione’ della ditta Del Vecchio di Piazzolla di Nola, nel Napoletano, verso le 5. «Pensavamo che l’autista si fosse fermato a fare un pisolino, non ci abbiamo fatto più di tanto caso», dicevano ieri increduli guardando il luccichio di sirene dal cavalcavia che porta al cimitero di Piumazzo. Solo un residente è sicuro di aver sentito un colpo di arma da fuoco, intorno all’una di notte, mentre rientrava da un giro in bici. Una testimonianza, la sua, che potrebbe aiutare la medicina legale a collocare l’esatta ora della morte dell’uomo.
Il corpo è stato trovato solo ieri, intorno a mezzogiorno e mezza, dopo la segnalazione di un automobilista che aveva notato qualcosa di strano. I primi ad arrivare sono stati gli agenti della Stradale. C’è voluto poco per capire che si trattava di un omicidio. I vetri per terra e il foro circolare sul parabrezza hanno immediatamente fatto alzare il telefono per chiamare la squadra Mobile della questura e la Scientifica. Guanti, telecamera e ‘polverina’ per rilevare le impronte, gli esperti hanno fatto tamponi in ogni centimetro della cabina del tir alla ricerca di qualche traccia degli aggressori. Secondo una prima ricostruzione, i malviventi (difficile dire quanti fossero: forse tre o quattro) hanno rotto il finestrino lato autista, poi hanno messo i piedi sulla scaletta cercando di arrampicarsi e di entrare all’interno. Deve essere stato in quel momento che il 38enne si è svegliato di soprassalto cercando di metterli in fuga. A quel punto ci sarebbe stata una colluttazione durante la quale potrebbero averlo colpito anche con un altro corpo contundente: il volto dell’uomo — trovato steso a terra — era una maschera di sangue.
Quello che è certo è che non si tratta della classica esecuzione e la malavita pare non c’entri proprio nulla (ma nessuna ipotesi è ancora esclusa). Alcuni pallini, dopo aver trapassato il torace della vittima, hanno infranto il parabrezza, poco sotto la scritta ‘Diego’, in onore del fondatore della ditta, attiva dal 1950. I malviventi, a quel punto, in preda al panico devono essere scappati riprendendo l’auto e andando a tutta birra sull’A1. Per ore la scena del crimine, quella piccola striscia di asfalto ieri incandescente, è stata isolata con il nastro bianco e rosso. I dipendenti di Autostrade per l’Italia, con la pettorina, facevano circolare le auto che rallentavano per capire cosa era successo. Tanti i curiosi e i vicini che, saputo della notizia, sono accorsi e si sono assiepati mentre le forze dell’ordine lavoravano. Gli uomini della Mobile hanno passato al setaccio il campo, nei pressi all’autostrada a caccia dell’arma del delitto. Hanno cercato in lungo e in largo, tra erbacce e bottiglie vuote abbandonate vicino al guard-rail. Ma non è stato trovato nulla.
A coordinare le indagini il pm Maria Angela Sighicelli. La pista fin da subito ipotizzata è stata quella della rapina finita male, anche se una banda esperta avrebbe dovuto sapere che quel tir trasportava solo pelati e succhi di frutta per un supermercato della Lombardia. Meno battuta la pista dell’agguato o del regolamento di conti. L’autista stava viaggiando in direzione Milano. Difficile pensare che qualcuno lo aspettasse proprio in quel punto. Strano anche, però, che il conducente si sia fermato proprio lì, visto che poco più avanti c’è una piazzola molto più ampia e tranquilla. Ora saranno i periti balistici a dover ricostruire la scena del crimine. Pare che l’arma sia un fucile a canne mozze. Sarà da ricostruire anche la traiettoria dei colpi. Gli agenti della Mobile hanno trovato entrambi i finestrini del camion rotti.
E’ possibile che uno sia stato rotto con un sasso dagli aggressori, mentre l’altro è andato in frantumi dopo essere stato centrato di rimbalzo dalla ‘rosa’ di pallini. Una prima perquisizione della cabina del tir non ha permesso di trovare i documenti della vittima. E’ possibile che i malviventi abbiano preso il portafoglio o che lui li avesse nascosti. Questo ha reso ancora più difficile l’identificazione del cadavere avvenuta solo in serata dalla moglie che lo ha riconosciuto. Sotto choc i colleghi che non riescono a spiegarsi il perché di tanta violenza. Michele Langella, 38 anni di Poggiomarino (Napoli) viene descritto dai compaesani come un bravo ragazzo, gran lavoratore, incensurato e senza problemi.
di VALERIA SELMI

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Donne & camion…nel mondo…9… Truck Stop Safety… Judy

Ciao,

questo mio appuntamento con le donne camioniste nel mondo oggi è un pò triste…

Avevo visto il video  su Judy, realizzato da un'altra collega (NJCatwoman), lei fa video-interviste alle sue colleghe americane… poi mi sono imbattuta in questo intitolato "Truck Stop Safety" e mi sono messa a guardarlo, dall'inizio ho capito che non si trattava di una bella storia, tuttaltro…

Queste sono le parole di presentazione al video:

I've lost a couple of friends due to getting struck and killed at a truck stop. One was Charles Cline, from Athens, Georgia. And Judy Stanton and I became fast friends after I made a video starring her, entitled, "The LadyTrucker Chronicles, Meet Judy". We had spoken the night before she got killed by a hit and run trucker at the Love's Truck Stop in Mifflinburg (Bloomsburg) Pennsylvania. The family is still grieving, and any information that you can provide to the PA State Troopers would be greatly appreciated. Truck stops are supposed to be a trucker's "Safe Haven". When you watch this video, you will see how incredibly dangerous that they can be. Please everyone, slow down in the truck stops! Keep your speed between 3-5 mph, and watch for pedestrians. THEY have the "right of way". God Bless Judy, God Bless Charles Cline, and for all the drivers who have been struck and killed at a truck stop, you will never be forgotten. Let us ALL strive for more safety at our "Safe Haven's".

RIP Judith Stanton. My friend. I will miss you forever.

E questo è il video:

Si parla della sicurezza nei Truck Stop, della morte di due colleghi, ed una era Judy, investiti da un camion che andava veloce… sembra una storia assurda, purtroppo è vera. I truck Stop in america sono molto grandi e poco illuminati la notte…
Allora vedendo questo video mi è venuto in mente un episodio che mi capitò anni fa  (ma di giorno) in un autogrill (che per fortuna ora è stato rifatto e modificato) quando dal bar stavo andando nel parcheggio dei camion sul retro ed un "collega" entrò a velocità sostenuta e quasi mi investiva… non aveva visibilità sufficiente per andare a quella velocità!! Degenerò in una discussione alquanto animata, e ancora gliene veniva a lui… io avevo fatto un balzo indietro per non farmi investire, ma se al mio posto ci fosse stata una persona anziana? Eravamo in periodo di gite turistiche e spesso i vecchietti si aggirano per i parcheggi, curiosano tra i camion, anche solo stanno intorno al loro autobus, attraversano piano piano per andare al bar… No, lui aveva fretta e non aveva tempo da perdere, doveva fare gasolio… le aree di sosta, lo dice pure il nome, sono fatte per fare una sosta e normalmente si scende dal veicolo, e si diventa pedoni, e allora il minimo che si può fare quando si entra e si esce da queste aree è di moderare la velocità e di stare più che attenti!
Un saluto a Judy e a Charles, che forse ora viaggeranno su autostrade celesti, un augurio di Buona Strada a tutti, e la speranza di non leggere più notizie come questa…
Ciao…

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Non sempre colpevoli…

Ciao Lady

questo è uno dei video di Fabio, figlio di camionista, con semplici parole esprime uno dei concetti che noi ribadiamo da sempre, lo fa con lo strumento che conosce e parole semplici, un grande messaggio  che viene da un giovanissimo e che merita diffusione…

Grazie Fabio, bel video & splendido messaggio!!!

Proprio ieri notte sull'A1 un collega ci ha lasciato la vita e altri l'hanno rischiata; nazionalità e dinamiche sotto i riflettori, il giornale scrive che il primo ha causato un incidente, uno dei camion si è intraversato, formando un "tappo su cui gli altri sono andati a sbattere… ma la realtà, forse, la sa solo chi era presente e neanche tutti, altrimenti avrebbero cercato di evitare l'impatto… in ogni caso non siamo coinvolti da dover a tutti costi avere una spiegazione logica,  per me un collega ha perso la vita e altri due sono gravemente feriti; meritano di essere considerati VITTIME SUL LAVORO, una semplice frase ma contiene una DIGNITA', quella dell'uomo uscito di casa per andare al lavoro e mai più tornato ad abbracciare i familiari.
Non m'interessa leggere nazionalità e professionalità, se non era in grado di svolgere quel lavoro, qualcuno lo aveva permesso… qualcuno gli ha dato patente e cqc & qualcun altro un mezzo da guidare e sono altrettanto colpevoli, ma chi conferma che non si è trovato davanti un veicolo a 30km orari, praticamente "fermo" che se n'è andato tranquillamente senza essere coivolto… di notte succede spesso di raggiunger "lumache"…ma ci sono figure preposte a questi compiti e speriamo svolgano bene, con professionalità il loro lavoro…

Il lavoro è un diritto, come la vita, come lo studio e uno non deve togliere l'altro!!!

BUONA STRADA a Tutte/i!!!

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Lady Truck a confronto

Ciao Lady
 

siamo ognuna responsabile delle nostre azioni e delle nostre parole; qualcuna ha sacrificato parte della propria privacy per dare al mondo esterno una visione del camionista col volto umano, non pensiate sia solo facile e piacevole, ci sono aspetti anche molto negativi. Grande difficoltà è confrontarsi con altri soggetti e difendere la categoria davanti ad una telecamera, come ha fatto Marzia nella prima puntata di una trasmissione che poi ha avuto un bel successo su SAT2000, senza saperlo si è trovata in studio con la mamma di una vittima della strada e un graduato di polizia, ma le buone ragione ti danno lo spunto per sostenere anche queste situazioni… sono passati anni, ma l'ho visto in rete e mi è tornato in mente… sarebbe bello poter ribadire che i "pirati della strada" in genere sono alla guida di automobili, sarebbe scontato anche dire che sono molti autisti stranieri a condurre i mezzi pesanti coinvolti negli incidenti, sarebbe altrettanto facile ribadire che la maggior parte degli incidenti gravi succede all'interno dei centri abitati dove i mezzi pesanti non possono circolare… ma non servirebbe a diminuire il numero delle vittime, mi sa che bisogna: CAMBIARE STRADA!!!"
Grazie Marzia per aver partecipato a questa trasmissione e aver sacrificato tempo, timidezza e privacy!!!

 


http://www.formatofamiglia.tv2000.it/puntata.php?id=1
sat 2000


BUONA STRADA a TUTTE !!!

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