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L’abito fa la camionista?

 

Dal blog di “Uomini e trasporti” dedicato alle donne camioniste “Anche io volevo il camion” vi riporto questo divertente articolo scritto dalla collega Lola Marta Bertazzo sull’abbigliamento del camionista – in questo caso donna – e su come sceglierlo in base alla tipologia di lavoro che si fa, cercando comunque di non perdere del tutto la nostra femminilità!

Voi cosa ne pensate?

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/non-sempre-labito-fa-il-camionista-ecco-come-unautista-impara-a-vestirsi/

E questa è la prima parte:

Non sempre l’abito fa il camionista: ecco come un’autista impara a vestirsi

Si sale su un camion quando si è in grado di guidare. Capacità attestata dal possesso di una patente. Ma per imparare a vestirsi mentre si lavora alla guida ci vuole un po’ più tempo. Bisogna prima capire quale indumento sia il caso di indossare e quale invece sarà sempre inadeguato. E soprattutto bisogna scoprire che gli occhi dei tuoi colleghi sono meno distratti di quanto credi e sono anche in grado di motivarti una trasformazione del look. Un percorso evolutivo o se volete una progressiva presa di coscienza scritta direttamente da una neo-autista dalla penna facile (è entrata nell’autotrasporto nel 2020). Risponde al nome di Marta Bertazzo, anche se tutti la chiamano «Lola»

Ma come ti vesti?

Diventare camionista ha portato un cambiamento nel mio look per andare al lavoro. Canottiera con macchie di candeggina e pantaloni della tuta che hai conservato dalle scuole superiori?
No. Quasi.
Ho iniziato questo lavoro indossando outfit che Enzo Miccio avrebbe squadrato da testa a piedi per l’incompatibilità con la mansione preposta e che solo grazie ai camionari ho perfezionato rendendoli efficienti e, al contempo, stilosi.
Mai avrei immaginato che i fautori della mia evoluzione nel work wear sarebbero stati proprio loro: i camionisti.

Il prima

Il mio mentore, Big Rock, mi aveva già raccontato di come l’autista frigo sia tutto sommato un tipo di lavoro pulito: nessun polveroso cantiere da affrontare come chi fa vasca e nessuna evidente macchia di bitume o carburante sui vestiti, come chi fa trasporto ADR.
In altre parole, se sei un camionista che guida un rimorchio frigo, puoi vestirti pure in camicia e pantaloni con piega, se questo outfit ti fa sentire a tuo agio tra multietnici magazzini e uso del transpallet in aziende agricole, circondato da scarti di cipolla.

In scia al suo «Vai tranquilla che non ti sporchi granché!», ho preso quelle parole alla lettera segnando così la fine di decine di t-shirt e di pantaloni a cui ero affezionata: contrariamente a ogni mia convinzione, ho capito solo dopo diversi aloni che essere autista non significa essere esclusivamente addetta alla guida del camion. Significa anche gestire altre attività, come il carico/scarico della merce in svariate condizioni meteo e di contesto.
E ho imparato che la cabina è pulita. Il resto del camion un po’ meno.

In barba alla realtà dei fatti, dunque, le prime settimane mi sono presentata al lavoro dopo un’accuratissima mattutina scelta dei capi: indossavo cose come top pellicciosi completati da accessori da shopping addicted.
Una volta ero talmente mal assortita nel vestiario da buscarmi un mega raffreddore (che ho dignitosamente camuffato), ignorando le previsioni meteo di un marzo pazzerello con pioggia di stravento, convinta di essere al riparo in abitacolo per tutto il turno.
Con quale risultato? Tra un ritiro e l’altro, stendevo i guanti, la felpa e i calzini sui bocchettoni di aria calda presenti nella cabina del mio Volvo come neanche a Napoli sanno fare.

Il dopo

Mese dopo mese, ho recepito gli insegnamenti del mestiere su come prevedere i cambiamenti del meteo ed evitarmi dispiaceri derivati come per esempio andare in officina e occuparmi dello sgancio del semirimorchio, con qualsiasi cosa io avessi addosso in quel momento, senza preavviso.
Ho imparato che durante i ritiri giornalieri, posso azzardare uno stile sporty ma che è meglio non entrare nei magazzini così sporty: meglio indossare una giacca coprente per non ritrovarmi con personale distratto che mi scarica le pedane dal rimorchio mentre io invece le sto caricando.
E ho appreso che durante i viaggi di media percorrenza, se mi va’, posso permettermi qualcosa di più femminile e ricercato, sempre e comunque di seconda scelta e a mali estremi sacrificabile. Tipo «Oggi scelgo questa camicetta che tanto non indosso mai… Oppure questa maglia con i brillantini: sbrilluccicherà al tramonto in Arca… E se ho freddo, questo blazer che neanche ricordavo di avere…».

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Buona strada a tutti e complimenti a Lola!!!
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