In Italia le donne camioniste rappresentano il 6,7% dei lavoratori. Un dato poco edificante quanto a parità di genere, cui si affiancano una visione datata del settore e un’organizzazione del lavoro che non favorisce l’integrazione femminile. Lo sottolinea Laura Broglio, 32 anni, camionista dal 2015, blogger, content creator e protagonista di un episodio del podcast di Q8 Muoversi Liberamente. Laura, che vive in provincia di Rovigo, si è avvicinata a questo mondo per caso. “Ero la classica ragazza che a scuola andava bene in tutto – racconta–, quindi, spinta dalla mia famiglia, avevo scelto una formazione umanistica in attesa di avere le idee più chiare. Sono arrivata all’Università con la consapevolezza che, frequentando Lettere, nel mio futuro ci sarebbe stato il precariato. Poi, con alcuni amici appassionati di camion e motori sono andata a un raduno, salita in cabina e non ho più avuto dubbi sul mio lavoro”.
Le sfide non sono mancate. “A partire dai miei genitori che pensavano fosse l’ultima trovata di una ragazza di vent’anni. Sul lavoro, sono stata più fortunata. Dopo ripetuti no, mi ha assunto un’azienda che nella sua nella flotta aveva già una ragazza e questo mi ha sicuramente aiutata. L’impatto più forte è stato con i social. Nel quotidiano c’è chi ti evita o fa la battuta sessista e chi, invece, si interessa, ma dietro la tastiera c’è un mondo pieno di astio”.
Sebbene negli anni le presenze femminili e la mentalità siano rimaste pressoché invariate, a essere cambiata, secondo Laura, “è la volontà delle aziende di assumere donne. Quando ho iniziato era facile ricevere dei no, adesso si viene assunte subito. Probabilmente è anche frutto della carenza di autisti, ma permette a molte ragazze di entrare in questo settore”. Un mondo da scoprire grazie al blog dove racconta la vita dei trasportatori con uno stile fresco e ironico. “Una seconda attività che mi regala soddisfazioni – sottolinea – e mi permette di conciliare il mio lato creativo con un lavoro che tanto creativo non è”.
L’opinione della collega Silvia sulla carenza di servizi per i camionisti, e soprattutto per le donne autiste. Le sue soluzioni quando viaggia. Le sue speranze.
Sempre dal convegno di Genova di Uiltrasporti di giugno, questo articolo apparso sul “SecoloXIX” ,è riservato agli abbonati, ma il video si può vedere liberamente cliccando sul link qui sotto:
Ho trovato questo articolo – di qualche mese fa – sul sito della Ansa, parla di un convegno organizzato da Uiltrasporti che si è svolto a Genova sui servizi (che mancano) per le donne nel mondo dei trasporti.
Giorgia, Sara e Caterina, ‘pari opportunità nei trasporti’
Uiltrasporti discute a Genova di salute e sicurezza sul lavoro
Giorgia ha 29 anni e dal 2019 guida i bus di Amt dove è femminile il 13% di forza lavoro dell’azienda genovese di trasporto urbano, poi ci sono Sara che è passata dal guidare le ralle alla movimentazione dei rotabili al terminal Messina, in porto, a Caterina che da 28 anni è autista all’Amiu, Luciana che si occupa di cantieri in Autostrada, Serena macchinista degli intercity per Fs.
Le loro storie hanno introdotto il convegno “Salute e sicurezza nei trasporti, una questione di pari opportunità”, organizzato da Uiltrasporti a Genova.
Un momento di confronto su un comparto che spesso si immagina principalmente maschile ma che vede un grande numero di donne impegnate in settori come quelli legati ai multiservizi e alle pulizie, che sono strettamente connessi alla guida.
“Noi dobbiamo occuparci anche di quelle che sono le loro situazioni e le infrastrutture che devono essere presenti in ogni azienda che prevede personale femminile – spiega Giovanna Fadda, del coordinamento pari opportunità della Uiltrasporti Liguria – parliamo di spogliatoi ma anche di bagni pubblici nell’area metropolitana, in quanto le autiste dei bus, le donne che guidano i furgoni, le camioniste, si sono trovate in grande difficoltà durante la pandemia”.
Per quanto riguarda il rischio in strada e gli incidenti in itinere Inail, negli ultimi 6 anni stima un’incidenza del 17% per le donne e del 15% uomini, anche perché le donne si spostano di più per mantenere un equilibrio tra il lavoro e la famiglia. “Aver abbandonato per il momento il Family Act trovo che sia un qualcosa che deve essere assolutamente recuperato – sottolinea Francesca Baiocchi, segretario nazionale Uiltrasporti – bisogna estendere il congedo parentale dai 12 ai 14 anni, che è un elemento importante e utilissimo specialmente per le donne che lavorano nei trasporti”.
E’ di un paio di mesi fa, in occasione del “Driver Fatigue Day” del 21 giugno, questo articolo con una bellissima audio intervista alla collega Lola che racconta diverse cose della vita di una donna al volante di un camion. I problemi che ci riguardano direttamente e cone siamo in grado di affrontarli, perchè come dice lei: “Le donne sono veramente toste nel settore dell’autotrasporto…e graziose, io sono molto orgogliosa di noi!”
Vi metto il link dell’articolo dove potete ascoltare le sue parole:
Abbiamo raccolto la testimonianza di una donna conducente di camion nella Giornata europea contro la stanchezza degli autisti, il “Driver Fatigue Day” del 21 giugno. Si tratta di un appuntamento annuale organizzato dall’Etf (European transport federation), la federazione che comprende oltre 200 sindacati nazionali provenienti da più di 40 paesi, tra i quali la Filt Cgil italiana, per porre l’attenzione sui diritti degli autisti di camion e di pullman sottoposti a uno stress dovuto alla tipologia del loro lavoro che può mettere in pericolo loro stessi e altri autisti e viaggiatori. Diverse le iniziative del sindacato nelle città italiane.
Secondo un report dell’Etf, infatti, il 60% dei camionisti hanno riferito di guidare regolarmente in uno stato di stanchezza, il 27% ha ammesso di aver quasi provocato incidenti a causa della stanchezza, quasi un terzo si è addormentato al volante e oltre la metà ha sentito il bisogno di accostare a causa della stanchezza, ma non hanno potuto farlo.
Molti i disagi collegati alle molte ore passate al volante su strade e autostrade, all’impossibilità di riposare, di avere accesso a parcheggi e servizi igienici adeguati. Per le donne, il cui numero è in crescita nel settore dei trasporti, si sommano altre difficoltà dovuta alla connaturata fisiologia, come ci racconta ai nostri microfoni la camionista Lola Marta Bertazzo.
Cerco sempre nuovi libri ad argomento camion e camionisti. A volte trovo romanzi, a volte raccolte di fotografie, altre testi un po’ tecnici, poi ci sono quelli che mi piacciono di più, quelli che raccontano storie di strada, di viaggi, di passione e di fatica. La vita dei camionisti.
L’ultimo che ho letto si intitola “SULLE STRADE DI MIO PADRE”, scritto da Josè Henrique Bortoluci, il figlio del protagonista.
Josè, conosciuto come Didi è suo padre. Un padre ormai anziano (classe 1943) , malato, che ha passato la vita a lavorare, da quando era solo un bambino nel podere di famiglia, poi come meccanico, e dal 1965 al 2015 come camionista.
Le sue strade sono state quelle del Brasile, che ha attraversato in lungo e in largo, anche quando di strade ancora non ce n’erano e che lui ha contribuito a far costruire.
E’ bello questo libro perché racconta in parallelo storie diverse: i viaggi in camion di Didi, la storia sociopolitica del Brasile, il suo evolversi nel corso degli anni e la malattia, il cancro che lo ha colpito e il percorso di cure a cui si è dovuto sottoporre.
Non c’è una cronologia precisa, i racconti si intersecano tra loro ed è bello scoprire la storia di questo paese dall’altra parte del mondo, è bello scoprire le differenze di vedute tra padre e figlio, il primo che ha passato la vita a lavorare e che divide le persone in “lavoratori” e “fannulloni”, il secondo, il figlio, che ha studiato, è un accademico, vede il mondo con occhi diversi, ma cerca di avvicinarsi a quello di suo padre chiedendogli di raccontargli la sua vita, le sue esperienze, le sue convinzioni.
Una vita REALE, fatta di lunghi viaggi, di lunghe assenze da casa, dove sua moglie e i suoi figli aspettavano il suo rientro dopo giorni, settimane, anche mesi a volte, arrivava con il suo camion, erano un tuttuno, e dopo pochi giorni ripartiva per un altro viaggio. Una vita di fatica, quella vera, quella vissuta in un paese che cercava di crescere, anche devastando la foresta amazzonica, strappando terreno agli alberi per farne campi per colture estensive o pascolo per il bestiame.
I camionisti trasportavano materiale per costruire, portavano via il legname. Non si facevano domande, per loro era lavoro… loro andavano dove li pagavano per andare, affrontando di volta in volta i problemi che gli si ponevano davanti, con quella solidarietà di categoria che li contraddistingueva in quegli anni, dove ogni viaggio era un’avventura.
E’ un libro che consiglio perché da la possibilità di confrontare il nostro vissuto con quello di persone lontane eppure vicine in certi modi di essere e di affrontare gli eventi della vita.
Un libro bello, uno di quelli che sicuramente tornerò a leggere, lo faccio sempre con quelli che mi danno emozioni e spunti di riflessione.
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