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La storia di Samantha

 

Tornano le interviste di Elisa Bianchi di “Uomini e Trasporti” nella rubrica “Anche io volevo il camion” dedicate alle donne camioniste.

Questa volta la protagonista è Samantha, romagnola, al volante dal 2019 quando di anni ne aveva 26.

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/rubriche/anche-io-volevo-il-camion/samantha-sartori-dallallevamento-al-camion-inseguendo-i-tramonti/

E questa la prima parte della sua intervista:

Samantha Sartoni, dall’allevamento al camion inseguendo i tramonti

Da allevatrice a camionista, il viaggio di Samantha Sartoni come autista inizia a soli 26 anni, tra trasporto di uova, passione per i motori e sogni ambiziosi

«Se dicessi che questo lavoro è sempre stata la mia aspirazione, mentirei. Non era il mio sogno nel cassetto, però di una cosa ero certa: chiudermi in fabbrica o in un ufficio non faceva per me. Preferisco stare all’aperto». L’accento romagnolo arriva forte e chiaro, anche se filtrato da un cellulare. Dall’altro capo della cornetta c’è Samantha Sartoni, giovane autista 31enne, alla guida da quando di anni ne aveva 26. Era il 2019 quando Samantha decise di prendere le patenti, dopo qualche esperienza lavorativa prima nell’industria, poi nel mondo degli allevamenti.

«La prima patente, dopo quella della macchina, in realtà è stata quella della moto, a 24 anni», ci racconta. «Sono sempre stata un’appassionata di motori e mi piace guidare qualunque mezzo». Dalla Ducati Streetfighter, che guida ancora oggi, al camion il passo però non è così scontato.

Cosa ti spinto a prendere le patenti del camion?

Il mio ex fidanzato faceva il rottamaio e ogni volta che potevo andavo con lui sul camion a fare un giro. In più di qualche occasione mi ha fatto provare qualche manovra in piazzale e così, una manovra dopo l’altra, mi sono appassionata tanto che ho deciso di fare le patenti. Devo ammettere che si è trattato di un investimento non indifferenze, ma la fatica, sia economica sia a livello di studio, è stata ripagata.

E il lavoro come è arrivato?

Non ho avuto difficoltà a trovare un impiego, ma ho iniziato lavorando solo stagionalmente, trasportavo la frutta. Io però sono giovane e da buona romagnola non so stare ferma, quindi cercavo qualcosa di più stabile, che è arrivato grazie ad un colpo di fortuna, o grazie al destino forse. Un giorno sono passata a trovare un ex collega nell’azienda agricola in cui avevo lavorato in precedenza, la Sabbatani di San Lorenzo In Noceto, una piccola frazione del comune di Forlì. Mi disse che un autista era appena andato in pensione e che stavano cercando qualcuno che potesse prendere il suo posto. Mi sono proposta e mi hanno presa. Oggi lavoro ancora per loro.

Cosa trasporti prevalentemente?

Alcuni colleghi fanno mangime, io invece trasporto un prodotto molto più delicato: le uova. Per ovvie ragioni, bisogna stare molto attenti, e devo ammettere che ogni tanto qualche frittata capita, letteralmente!

E cosa guidi?

Dipende, il bilico o la motrice a tre assi, a seconda delle esigenze. Sempre Volvo però.

Nella stessa azienda avevi già lavorato, anche se con un’altra mansione. Come è cambiata la tua vita quotidiana?

Il fatto di aver lavorato in precedenza per la stessa realtà sicuramente mi ha agevolata, perché già conoscevo molte cose. Prima mi occupavo della raccolta uova, o del carico delle galline, ma sapevo che non faceva per me. Oggi invece sento di aver trovato qualcosa che davvero mi piace, anche se non è una vita facile. La mia giornata inizia alle tre del mattino, si parte per il centro Italia e si rientra nel pomeriggio o la sera, a seconda del traffico. Con questo lavoro è impossibile avere degli orari fissi, ma se c’è la passione allora non serve altro.

All’epoca avevi già ipotizzato di proporti come autista?

Sinceramente no, in quel periodo gli autisti c’erano e come ho detto non era un mio sogno nel cassetto quello di guidare un camion. Poi la vita mi ha portata in questa direzione e il destino ha fatto il resto.

Oggi puoi dire di aver trovato la tua strada?

Sento che è il lavoro che fa per me, mi piace davvero. Certo è una bella responsabilità perché stare sempre in strada non è facile, però godo della libertà di cui sentivo di aver bisogno. Anche se i viaggi e le strade che faccio sono più o meno sempre le stesse, non posso dire che sia un lavoro ripetitivo. E poi mi dà modo di godere di tramonti bellissimi!

La solitudine è un plus di questo mestiere, o uno svantaggio?

Nella mia solitudine, in cabina, io sto benissimo! Però ogni tanto è anche bello scambiare qualche chiacchiera con un collega al carico o allo scarico, o anche con il baracchino.


(…) continua  su   https://www.uominietrasporti.it/rubriche/anche-io-volevo-il-camion/samantha-sartori-dallallevamento-al-camion-inseguendo-i-tramonti/

Buona strada sempre a Samantha!

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La storia di Giulia, autista a Roma

 

 

La bella storia di Giulia, giovane autista dell’atac di Roma in questo articolo de “Il Messaggero”.

 

Il link dell’articolo:

https://www.ilmessaggero.it/roma/metropoli/intervista_autista_atac_roma_giulia_polidori-8382636.html

 

Inizia cosi:

Roma, le nuove autiste della città, parla Giulia Polidori: «Al volante come mia madre, il bus è una seconda casa»

Roma, le nuove autiste della città, parla Giulia Polidori: «Al volante come mia madre, il bus è una seconda casa»
di Fernando Magliaro
4 Minuti di Lettura
Martedì 1 Ottobre 2024, 13:39

«Per questo lavoro serve passione. Non è, almeno per me, un lavoro come un altro. Io sono nata, possiamo dirlo così, sui bus Atac».
Giulia Polidori ha 28 anni. È una delle ultime assunte in Atac. Guidare i bus non sembra esattamente un mestiere per donne. Solo il 5% dei nuovi conducenti è una donna.

 

 

«Possiamo dire che le donne sono sempre state una parte minoritaria in questo lavoro che è a prevalenza maschile. Io personalmente non la vedo così, però. Forse è una cosa che è rimasta agli anni passati».
Ma se vengono assunte 12 donne su 299, evidentemente non sono attratte dal lavoro. È un problema di orari e turni? Un lavoro che ha incidenza sulla vita familiare, sui figli?
«Sicuramente questo non è un lavoro facile. Questo è un lavoro che ti deve piacere e appassionare. La guida di un mezzo pesante è una cosa di responsabilità, nostra, dei passeggeri e di chi incrociamo per la strada. Quindi, secondo me, questo non è un lavoro che si fa tanto per fare ma ti deve appassionare. A me piace guidare, mi piacciono i mezzi pesanti. Ti deve piacere di lavorare su turni e a me piace perché mi consente di gestire la vita privata come dico io. Ad esempio, faccio il turno di notte il venerdì poi il sabato sono libera e vado al mare. Io sono mattiniera, quindi faccio più possibile la mattina così poi ho tempo per il mio compagno, per la palestra, per uscire».

 

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(…) continua nella pagina de “Il Messaggero”

 

 

 

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Federica guida i bus

 

Questo è un articolo pubblicato su Vanity Fair in occasione della Festa della donna, l’8 di marzo. E’ la storia di Federica che da bambina sognava di guidare gli autobus e…c’è riuscita! E questo lavoro le da grandi soddisfazioni, anche e soprattutto quando riesce a far cambiare idea ai suoi passeggere sulle “donne al volante”!

Buona strada sempre Federica!

 

Il link:

https://www.vanityfair.it/article/federica-bus-autista-donna-al-volante

Il testo:

Federica che guida i bus: «Basta un viaggio per far cambiare idea a chi non si fida di una donna al volante»

In famiglia guidano tutti e lei ha la passione da bambina per un mestiere che l’ha portato a diventare autista per FlixBus. In Italia solo il 16% delle persone che attualmente svolgono questa professione è donna

Borman Federica Bocchinfuso
Borman – Federica Bocchinfuso

Se avessero chiesto da bambina a Federica Bocchinfuso cosa voleva fare da grande, avrebbero avuto una risposta immediata e ben poco usuale: guidare un bus, ma anche guidare e basta. Un sogno realizzato e condiviso in famiglia. «Nasce tutto da mio padre che è il titolare di una scuola guida», racconta la 31enne autista FlixBus originaria di Cellino San Marco, nel brindisino, «Ho conseguito lì tutte le patenti, amo guidare e mi piace vedere posti nuovi. Una sfida personale contro i pregiudizi sulle donne al volante e un divertimento per me».

Si diverte anche quando le persone vedendola arrivare, giovane e donna, fanno facce che dicono chiaramente che si fidano poco. Basta un viaggio per cambiare idea. Se la cosa più faticosa infatti è l’organizzazione fra turni, lontananza e riposo, la più grande soddisfazione sono i passeggeri. «Quando arrivano a fine corsa e vengono appositamente da me a complimentarsi, a chiedere l’indirizzo e-mail al quale mandare un’email perché vogliono fare delle recensioni sul mio conto. Dicono che hanno preso sonno e si sono rilassati quando alla partenza si sentono frasi come “chissà se arriviamo”, “ma siamo sicuri?”, “Scusi signora, ma l’autista dov’è?”. Ci sono state delle persone delle clienti che si sono fatte foto con me per mostrarle ai mariti».

Sono sei anni che fa questo mestiere. Per Flixbus le sue tratte vanno da Lecce a Napoli e a Roma, ma fa altre tratte e viaggi anche all’estero. Per esempio accompagna i ragazzi che vanno a visitare i campi di concentramento, un viaggio di 9 giorni. Fa un mestiere molto richiesto, tanto che esistono in molte città incentivi, come il pagamento del corso della patente, per trovare autisti. Ne mancano almeno 8.000 in tutta Italia e solo il 16% delle persone che attualmente svolgono questa professione è donna.

«Difficile guidare? A me viene naturale. Dopo che hai imparato è come la bicicletta non lo dimentichi. Devi fare le curve un po’ più larghe e guardare di più gli specchietti. Diamo una mano a livello ambientale (l’autobus può sostituire fino a 30 auto private su strada, in base all’analisi Well-to-Wheel di atmosfair 2021, il fattore di emissione medio di un FlixBus in Europa è di 26 g per persona per km, con l’obiettivo di diventare carbon neutral in Europa entro il 2040 e a livello globale entro il 2050) e permettiamo alle persone di non dover prendere l’auto e viaggiare tranquille. I mezzi moderni poi ti permettono di guidare più facilmente: il cambio automatico, il servosterzo, il volante non dico che è più leggero di quello della macchina, ma più maneggevole».

Federica che guida i bus «Basta un viaggio per far cambiare idea a chi non si fida di una donna al volante»

Federica Bocchinfuso, premiata per il maggior numero di turni diurni fra i conducenti impiegati sulle linee FlixBus, consiglierebbe questo mestiere a tutti quelli che vogliono vedere tante realtà e conoscere persone. «La gratificazione sta nelle persone che si siedono nei primi posti per scambiare qualche parola e in quelli che si ricongiungono. Tante volte genitori mi hanno ringraziato per aver riportato i figli a casa. Chi ci sceglie trova un buon compromesso fra servizio e costo: tante famiglie vanno a Napoli per partire in crociera e spendono meno rispetto al treno».

Le statistiche dicono che sono meno gli incidenti causati da donne al volante e che in generale le donne sono più sicure alla guida. «Prestiamo più attenzione alla guida e anche con i clienti» conclude Federica invitando a fare un viaggio con lei e provare quanto questo sia vero.

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Alla ricerca di nuove camioniste

 

E’ interessante vedere come adesso le donne “interessino” al mondo dell’autotrasporto, adesso che i “maschietti” non hanno più la vocazione, non desiderano più diventare camionisti, ecco che si sono accorti di noi femminucce, ed è tutto un fiorire di iniziative per invogliare le donne a intraprendere questa carriera “on the road” un pò in tutta Europa.

E se da una parte fa piacere vedere che si sono accorti che ne abbiamo la capacità, dall’altra rimane un pò di rammarico per tutte le porte in faccia ricevute nel corso degli anni passati quando ci veniva detto “Non è un lavoro per donne”…

Ho trovato questo articolo su Trasporto Europa, questo è il link:

 

https://www.trasportoeuropa.it/notizie/autotrasporto/xpo-logistics-avvia-formazione-dedicata-alle-donne-camionista/

 

Il testo:

Xpo Logistics avvia formazione dedicata alle donne camionista

 

Xpo Logistics ha avviato in Gran Bretagna e Irlanda l’attività della Female Driver Academy, dedicata alle donne che guidano i veicoli industriali. Aumentare l’occupazione femminile è infatti uno dei modi con cui l’autotrasporto cerca di affrontare la carenza di autisti. Le partecipanti seguiranno un programma di formazione intensiva della durata di 12-16 settimane, sviluppato dal gruppo interno di formazione di Xpo Logistics, per migliorare e affinare le loro competenze. L’obiettivo è creare un gruppo di autiste altamente qualificate e professionali, ben familiarizzate con i clienti e i prodotti dell’azienda. Questo progetto è sostenuto dal cliente Saint-Gobain UK e Irlanda, che offrirà ruoli lavorativi nelle loro operazioni di British Gypsum e Pam.

Il programma è già iniziato con alcuni giorni di valutazione delle candidate. “Assumeremo le partecipanti fin dal primo giorno, in modo che possano guadagnarsi da vivere mentre si formano per diventare una parte vitale del nostro team”, spiega Lynn Brown, vicepresidente delle risorse umane per Regno Unito e Irlanda di Xpo Logistics. “I nostri formatori affiancheranno le candidate, garantendo che possano apprendere da qualcuno con esperienza diretta e ricevere il miglior supporto possibile”. Le prime partecipanti della Female Driver Academy inizieranno a guidare camion per la multinazionale del trasporto entro agosto del 2024.

La Female Driver Academy di Xpo è parte della Driver Excellence Academy dell’azienda, istituita per aiutare persone che desiderano formarsi come autisti di veicoli industriali. L’unico requisito è che i partecipanti devono avere almeno diciotto anni per guidare un camion. Ogni tirocinante della Driver Excellence Academy lavora per ottenere la qualifica pertinente per il tipo di veicolo che desidera guidare. Ad esempio, una patente B per auto può essere aggiornata a una C o CE. È anche possibile passare direttamente da una patente B a una patente CE.

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Sfide e successi delle donne camioniste

 

Dal sito “WOMEN 4” questo bell’articolo dedicato alle donne camioniste e in particolare alla nostra collega Laura Broglio che è anche ambassador di Women4,  si racconta la sua storia come esempio per tutte le donne che desiderano intraprendere questo mestiere, c’è anche una citazione al nostro libro “Soprattutto camioniste”…  è un articolo da leggere tutto d’un fiato!

 

Il link:

https://women4.gigroup.it/blog-articles/sfide-e-successi-delle-donne-camioniste

 

L’articolo:

Sfide e successi delle donne camioniste

 

Nel mondo del trasporto su strada, il ruolo delle donne camioniste sta guadagnando importanza. Nonostante le sfide che le donne affrontano in questo settore, dalle barriere culturali ai pregiudizi di genere, sono sempre di più le donne camioniste in Italia che rompono gli schemi e scelgono questa professione. Raccontare le loro storie celebra i loro successi in un campo tradizionalmente dominato dagli uomini e contribuisce a promuovere l’uguaglianza di genere sul lavoro.

Cosa significa guidare un camion per una donna

Anche se la presenza femminile nel settore dei trasporti pesanti è un fenomeno recente, è frutto di una evoluzione sociale e lavorativa maturata nel tempo. Camion e donne sembrano due mondi agli antipodi. Lasciando da parte il luogo comune che vuole le donne poco portate alla guida – diceria smentita dai dati sugli incidenti al volante che vedono gli uomini e non le donne come i maggiori responsabili – sono altri i fattori che hanno contribuito a erigere una barriera maschile e maschilista tra donne e camion.

Guidare un camion significa avere competenze tecniche sui motori e relazionarsi principalmente con colleghi uomini. Vuol dire macinare chilometri su chilometri alla guida di mezzi pesanti lungo tragitti che tengono lontano da casa e dalla famiglia per giorni o addirittura settimane. E implica non avere paura di dormire parcheggiati nelle piazzole di servizio. Insomma, un panorama privo di comfort che ha contribuito ad alimentare la percezione di una professione sostenibile solo da uomini duri. Invece, negli ultimi anni queste barriere mentali hanno iniziato a sgretolarsi.

Il primato italiano delle donne camioniste

Secondo il Driver Shortage Report 2022 dell’IRU (International Road Transportation Union), l’Italia vanta il primato europeo di donne al volante di mezzi pesanti, con il 6,2% della forza lavoro nel settore, ben al di sopra della media europea del 3,2%. Questo dato testimonia la determinazione delle donne camioniste italiane nel perseguire la loro passione per la guida di camion e tir.

Il fenomeno è particolarmente evidente nel Nord Italia, dove molte donne trovano opportunità di lavoro nelle aziende di famiglia del settore dell’autotrasporto. Nonostante le difficoltà legate ai costi delle patenti – che possono arrivare a 4 mila euro – e alle competenze richieste, il numero di donne camioniste è in costante aumento.

Riconoscimenti e storie di donne camioniste

Per favorire l’accesso delle donne alla professione di camionista e sopperire alla carenza di nuovi autisti, ci sono aziende che si offrono di coprire le spese per il conseguimento delle patenti. Non solo: il governo italiano ha introdotto un bonus patente che agevola economicamente le aspiranti donne camioniste under 35.

Gli eventi e i premi dedicati alle donne camioniste in Italia, come il “WoMAN’s Day” un evento formativo realizzato da MAN Truck and Bus Italia e dedicato alle donne camioniste, o il “Sabo Rosa” vinto da Laura Broglio, camionista e blogger che con la sua storia ispira altre donne a seguire questa strada, aiutano ad abbattere i pregiudizi e promuovere la valorizzazione e la formazione della figura della donna camionista ancora poco considerata.

Nel libro “Soprattutto Camioniste”, 52 autiste parlano delle loro esperienze di vita in altrettanti racconti e spiegano com’è la vita delle donne camioniste in Italia. Pur nelle differenze, da ogni storia narrata emerge un punto in comune: la passione per questo lavoro vissuto come realizzazione di un sogno, da difendere con orgoglio di fronte a pregiudizi e ostacoli.

Il messaggio lanciato chiaramente è che quello tra donne e camion è un rapporto che funziona e chi vive questa professione come una passione non ci sta a farsi dire che si tratta “di un mestiere per uomini”.

Laura Broglio: la donna camionista italiana più famosa

Laura Broglio è l’emblema delle donne camioniste di successo. La testimonianza della camionista di Rovigo è una delle più ispiratrici tra le donne che hanno scelto di mettersi al volante di mezzi pesanti. Laura si è avvicinata al mondo dei camion quasi per caso, accompagnando l’ex fidanzato a un raduno. A quel tempo, Laura studiava Lettere moderne all’Università, insegnava danza hip-hop e sognava di diventare insegnante. Eppure, le è bastato mettere piede su un camion per dare una sterzata inaspettata e radicale al suo progetto di vita futura.

Salendo su un tir si è sentita trasportata in una dimensione di libertà, forza e indipendenza che cercava. È stato un vero colpo di fulmine al quale non ha saputo dire di no. Con coraggio, ha abbandonato gli studi universitari e, senza dir niente ai genitori, ha usato i soldi della rata universitaria per coprire i costi delle patenti professionali. In soli tre mesi ha ottenuto le qualifiche necessarie per guidare i mezzi pesanti. Una scelta controcorrente che inizialmente ha spiazzato famiglia e amici.

Nella sua attività di camionista, Laura punta molto su logistica e tecnologia, testando i nuovi mezzi pesanti. È molto attiva con il suo blog “Siamo Carichi” dove racconta con passione il suo mestiere, tra vizi e virtù, e nel 2021 ha anche pubblicato un e-book dallo stesso titolo. Oggi è ambassador di Women4, e il suo impegno e la sua determinazione nell’inseguire i propri sogni nonostante i pregiudizi le sono valsi il premio “Sabo Rosa”, che ogni anno viene assegnato a una donna occupata nella filiera dei trasporti pesanti. Un riconoscimento al valore della passione che, in Laura, diventa coraggio di prendere in mano la propria vita e dare concretezza ai propri sogni.

Le donne camioniste italiane stanno tracciando la strada verso l’inclusività e valorizzazione del talento femminile nel settore dei trasporti. La storia di Laura Broglio dimostra come passione, competenza e coraggio possano abbattere stereotipi e barriere di genere con tenacia e amore per il proprio lavoro. Il suo esempio può ispirare tante altre donne a mettersi al volante di un camion o, comunque, ad assecondare le aspirazioni professionali, anche in settori tradizionalmente maschili come quello dei trasporti pesanti. Per dimostrare che è giusto inseguire i propri sogni, e che non esistono professioni precluse in base al genere.

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Camioniste donne

 

Dal sito “Truck Style” un bel articolo dedicato alle camioniste donne e al loro approcio a questo mestiere.

Questo è il link:

https://www.truckstyle.it/it/blog/camioniste-donne-qual-e-oggi-la-realta-511

E il testo:

 

Camioniste donne
Qual è oggi la realtà

Europarts Srl

Quello delle camioniste donne è un fenomeno in crescita che sfida gli stereotipi. Infatti, se pensate che il camion sia una cosa da uomini, vi sbagliate di grosso: sempre più donne scelgono di fare della guida di questi mezzi pesanti la loro professione, affrontando le sfide e le difficoltà di un lavoro che richiede passione, dedizione e competenza.

Ma qual è oggi la realtà delle camioniste donne in Italia e nel mondo? Qual è l’approccio delle donne a questo tipo di professione e, soprattutto, come vengono percepite in un ambiente da sempre prevalentemente maschile?

I dati
Secondo i dati dell’Unione Europea, le donne rappresentano il 14% dei conducenti professionali di veicoli pesanti nell’UE, con una percentuale che varia dal 2% in Grecia al 28% in Lettonia.
E a casa nostra? In Italia, le camioniste donne sono circa il 6% del totale, con una crescita del 50% negli ultimi dieci anni. Si tratta, in realtà, di un numero ancora basso, ma in costante aumento, che testimonia il cambiamento culturale e sociale in atto.

La realtà di questa professione declinata al femminile
Le motivazioni che spingono le donne a intraprendere questa carriera sono diverse: alcune seguono la tradizione familiare, altre cercano un’alternativa alla precarietà e alla disoccupazione, altre ancora sono attratte dalla libertà e dall’avventura che il camion offre. Ma tutte condividono la passione per la strada e per il proprio mezzo, che diventa quasi un compagno di vita.

Le camioniste donne devono però affrontare anche delle difficoltà e degli ostacoli, sia pratici che psicologici. Tra i primi ci sono la mancanza di servizi igienici adeguati nelle aree di sosta, la scarsa sicurezza nelle zone isolate o degradate, la fatica fisica e mentale dovuta alle lunghe ore di guida e ai ritmi stressanti. Mentre a livello psicologico ci sono i pregiudizi e le discriminazioni da parte di alcuni colleghi uomini, che non accettano di vedere le donne al volante di un camion, o che le sottovalutano o le molestano. Per questo motivo, molte camioniste donne preferiscono addirittura non mettere in evidenza il proprio genere, indossando abiti neutri e, ad esempio, nascondendo i capelli sotto un cappello.

Ma ci sono anche tante storie positive e incoraggianti, di donne che hanno trovato nel camion una fonte di soddisfazione personale e professionale, e che hanno saputo guadagnarsi il rispetto e la stima dei loro colleghi e dei loro clienti. Alcune di queste donne si sono anche unite in associazioni o gruppi sui social network, per condividere le loro esperienze, i loro consigli e il loro sostegno reciproco.

Le camioniste donne sono, quindi, una realtà in crescita, che dimostra come il camion non sia una questione di genere, ma di abilità, professionalità e passione. Sono donne che hanno scelto di seguire il loro sogno senza lasciarsi intimidire dagli stereotipi o dalle difficoltà. Sono donne che hanno fatto del camion non solo un lavoro, ma uno stile di vita.

 

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La storia di Paola

 

Un articolo dedicato a una collega, Paola, su “La Guida. it” (Cuneo e provincia), purtroppo è riservato agli abbonati e si possono leggere solo le prime righe, ma volevamo comunque augurare buona strada alla collega!

Il link:

https://laguida.it/2024/04/27/paola-professione-camionista/

 

L’inizio dell’articolo:

 

“È sempre stato il sogno della mia vita. Sin da quei giorni in cui mio papà (all’epoca allevatore e commerciante di bovini notissimo ben oltre i confini della Granda: ndr) mi chiese di prendere la patente e mi fece sedere per la prima volta al posto di guida di un camion: avevo 19 anni. Fu per un breve periodo.
Poi 22 anni di fabbrica. E poi di nuovo quel sogno che, come il primo amore, ritorna prepotentemente attuale,

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Donne camioniste cercasi…

 

Da TrasportoEuropa, questo articolo di qualche settimana fa, la ricerca di nuovi camionisti è una cosa comune a tutte le nazioni, cosi si cerca di convincere le donne ad intraprendere questa “carriera”. E pensare che una volta sui camion proprio non ci volevano, è un lavoro da uomini, ci hanno sempre detto. E’ vero che li la situazione è particolare, purtroppo, ma fa comunque piacere sapere che finalmente ci ritengono in grado di fare questo mestiere!

Buona strada alle future colleghe!

 

Il link:

https://www.trasportoeuropa.it/notizie/autotrasporto/lucraina-vuole-aumentare-le-donne-al-volante-dei-camion/

L’articolo:

L’Ucraina vuole aumentare le donne al volante dei camion

Foto: Reskilling Ukraine

La filiale ucraina del marchio Scania ha recentemente organizzato il campionato nazionale femminile di guida di veicoli industriali. Questo concorso si è rivelato parte di un’iniziativa più ampia, come rivelato dal portale polacco 40ton, cofinanziata dal governo svedese e legata alla necessità di ricostruire il Paese dopo il cessate il fuoco. Il programma, lanciato ufficialmente lo scorso anno dall’associazione non-profit svedese Beredskapslyftet, è stato ribattezzato “Reskilling Ukraine”, ovvero “rivitalizziamo l’Ucraina”, e mira a fornire supporto alla ricostruzione post-bellica. Analogamente a quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale, gli ideatori intendono promuovere il lavoro delle donne nel settore dei trasporti, per sopperire agli alti volumi legati alla ricostruzione ma anche alla carenza di autisti, sia di camion che di autobus, aggravata anche dal numero dei caduti in guerra.

In una prima fase del programma, sono stati organizzati corsi gratuiti a Kiev e Ternopil per il conseguimento della patente di guida di categoria C e D. Le candidate hanno avuto l’opportunità di usufruire di un alloggio in loco, cibo e trasferimenti gratuiti dalle loro abitazioni. La priorità nelle richieste è stata data alle reduci di guerra, alle donne provenienti da famiglie di militari, alle donne sfollate a causa delle ostilità, alle madri single e alle donne sopra i 50 anni. I requisiti per accedere alla formazione sono la patente di guida di categoria B, almeno tre anni di esperienza di guida in auto e il superamento di un breve test con dieci domande sulle regole del traffico.

Il concorso organizzato da Scania, che negli ultimi anni ha lanciato un’iniziativa simile anche in Argentina, è stato uno degli elementi di promozione di Reskillig Ukraine e le contendenti dovevano dimostrare precisione alla guida di un camion, la conoscenza delle regole di primo soccorso ma anche dare prova delle proprie conoscenze teoriche e tecniche sulla preparazione del veicolo. La vincitrice del concorso è stata premiata da Johan Forssell, Ministro svedese del Commercio Estero e dello Sviluppo della Cooperazione Internazionale, in Ucraina proprio per assistere a questo evento.

Durante la premiazione, è intervenuta anche Oleksandra Panasiuk, coordinatrice di Reskilling Ukraine: “abbiamo condotto uno studio dettagliato in vari settori e abbiamo appurato che la domanda di autisti aumenta ogni giorno in Ucraina. Molti uomini difenderanno il Paese, compresi coloro che lavorano come conducenti di mezzi pesanti. Sia le aziende private che quelle pubbliche stanno avvertendo la carenza di autisti, essenziali per il mantenimento delle infrastrutture critiche e delle operazioni aziendali”.

Il team del progetto ha anche segnalato che in Ucraina le donne disoccupate sono più numerose degli uomini e, secondo le statistiche ufficiali, rappresentano il 70% dei disoccupati totali. Proprio per questo, Reskilling Ukraine ha deciso di dare alle donne ucraine l’opportunità di riqualificarsi, imparare una nuova professione, trovare un impiego, guadagnare denaro e contribuire alla rinascita del Paese.

“Siamo molto felici di dare questa opportunità a donne sfollate e a quelle che hanno soldati, veterani o caduti nelle loro famiglie . Anche le donne over 50 sono un gruppo a cui prestiamo molta attenzione”, ha dichiarato Viktoria Posieva, responsabile delle comunicazioni di Reskilling Ukraine. “Tuttavia, il fattore più importante per noi nella scelta delle partecipanti è la motivazione a cambiare professione e iniziare a lavorare come autisti. Qualsiasi donna in Ucraina può iscriversi e abbiamo molti contatti con importanti datori di lavoro che offrono un piano di adattamento alla professione e che stanno lavorando per rimuovere ogni possibile ostacolo al nuovo staff femminile. Sono anche disposti a pagare una formazione aggiuntiva per l’ottenimento di nuove licenze, a offrire tirocini retribuiti e stanno anche creando nuovi spogliatoi e automatizzando vari processi nelle loro strutture in modo che le donne possano lavorare comodamente e senza rischi per la salute”.

Dall’inizio del progetto, sono state presentate 210 domande per il corso BusDrive e più di mille per il corso OnTrack, riservato alla guida di mezzi industriali. Finora, 66 candidate hanno superato con successo il corso e ottenuto la patente di guida, mentre altre cento iscritte parteciperanno ai gruppi estivi. L’obiettivo dichiarato dagli organizzatori è completare la formazione di trecento nuovi conducenti entro la fine del 2024 e, se possibile, di estendere l’iniziativa a tutto il 2025.

Marco Martinelli

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La storia di Elena

 

Questa volta la nostra amica  Elisa Bianchi di UOMINI E TRASPORTI ha intervistato Elena, una collega di Sassuolo, che dopo tanti anni in fabbrica ha deciso di dare una svolta alla sua vita e di salire su un camion!!

Buona strada sempre, Elena!!

Il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/elena-bortolotti-dalla-fabbrica-al-camion-in-cabina-ho-ritrovato-il-sorriso/

La sua storia:

Elena Bortolotti, dalla fabbrica al camion: «In cabina ho ritrovato il sorriso»

Era il 2018 quando Elena Bortolotti trovava il coraggio di dare una svolta alla sua vita prendendo le patenti del camion, dando fondo ai pochi risparmi messi da parte con sacrificio. Oggi Elena ha raggiunto il suo obiettivo, è un’autista, ma la strada è stata in salita. Dalle aziende che le hanno sbattuto la porta in faccia dicendole «non assumiamo donne», alla gavetta durante il Covid con il fratello autista, senza il cui aiuto quel sogno non si sarebbe realizzato. Elena ci ha raccontato la sua storia e come è cambiata la sua vita

«Sono una mamma single di (quasi) 47 anni. Mia figlia ha vent’anni, la mantengo da sola da quando ne aveva sei, ma con tanti sacrifici credo di averla tirata su bene. Per più di 20 anni ho lavorato in fabbrica, ma quando mi sono ritrovata senza lavoro, nel 2014, ho dovuto arrangiarmi facendo un po’ di tutto: ho pulito i bagni, ho raccolto l’uva, ho servito ai tavoli in un ristorante. Facevo anche più lavori per volta per portare a casa i soldi. Nel 2018, con i pochi risparmi rimasti e mia figlia ormai adolescente, ho preso la grande decisione di dare una svolta alla mia e alla sua vita: mi sono iscritta a scuola guida, ho preso le patenti e sono salita in cabina. Oggi sono un’autista e non potrei essere più felice».

Si presenta così Elena Bortolotti, classe 1977 e originaria di Sassuolo, in provincia di Modena. Quando le chiediamo di raccontarci la sua storia Elena ci spiazza: è un fiume in piena, ha voglia di raccontarsi, di raccontare la sua storia di riscatto. Partiamo allora proprio da qui, dal momento in cui ha deciso di dare una svolta alla sua vita.

Come è andata esattamente e perché questa scelta?

La mia è sempre stata una famiglia di autotrasportatori: prima mio nonno Bruno, poi mio padre Erminio e infine mio fratello William hanno scelto questa professione. Da bambina mi è capitato di fare qualche viaggio con mio papà e così è nata anche in me la passione. Avrei voluto farlo anche io, ma quello che all’epoca era mio marito non era d’accordo, così ho fatto tutt’altro. Per vent’anni ho lavorato in una fabbrica di ceramica, ma nel 2014 il datore di lavoro ha dichiarato fallimento e ci ha lasciati tutti senza lavoro e con diversi mesi di stipendio arretrati, così ho dovuto cavarmela. Ho fatto qualunque lavoro mi si proponesse. È stato un periodo decisamente faticoso, sia mentalmente che fisicamente. Nel 2018 ho deciso di investire i pochi soldi che avevo da parte nelle patenti, un po’ per passione, un po’ per necessità.

La ricerca del primo lavoro da autotrasportatrice come è andata?

Non è stato facile trovare lavoro, infatti per un po’ di tempo ho dovuto continuare a lavorare saltuariamente in fabbrica. Mi sono sentita dire chiaramente da alcune aziende «non prendiamo donne».

E come ti sei sentita?

Non era una novità, in molti settori è così. Anche nella fabbrica dove ho lavorato per tanti anni, per esempio, erano titubanti ad assumere donne giovani. In più io non avevo esperienza nell’autotrasporto, ma fortunatamente ho potuto contare su mio fratello. Ho iniziato a fare un po’ di gavetta con lui sul suo bilico. In qualche modo dovevo pur iniziare, no? Facevamo viaggi in multipresenza ed è stata un’esperienza bellissima, anche se il periodo non è era dei migliori perché era quello del Covid. Lui è stato un gran maestro, anche se molto severo. Non potevo neanche riposarmi quando non era il mio turno di guidare perché voleva che rimanessi attenta per imparare il più possibile, però mi ha aiutata tanto. Se ci penso ancora mi emoziono, il supporto di un fratello non ha prezzo.

Poi alla fine però il lavoro è arrivato…

Sì, ma sempre grazie al suo aiuto. Quando mi sono sentita pronta a partire da sola sono entrata in società con lui, che è socio del Consorzio S. Francesco di Sassuolo. Avrei voluto continuare con il bilico, ma avevano bisogno di una motrice sul locale, così abbiamo optato per una motrice lunga, 7.20 metri di cassone, centinata, 3 assi, sponda idraulica e portata di 160 ql. Un buon compromesso, no?

Cosa trasporti e che tratte fai oggi?

Resto quasi sempre in Emilia-Romagna, la zona di Sassuolo, Modena e Fiorano. Trasporto prevalentemente macchinari, plastica, piastrelle e pellet per i privati.

Cosa ti piace di più di questo lavoro?

Dopo tanti anni in fabbrica, in mezzo alla gente, oggi non mi dispiace starmene un po’ per i fatti miei in cabina. Però devo dire che questo lavoro mi ha insegnato a comunicare. Per assurdo, quando lavoravo a contatto con altre persone non parlavo mai, non sorridevo. Ho capito che era perché non amavo il mio lavoro. Oggi parlo con tutti, sia con gli altri autisti che con le persone che incontro al carico o allo scarico. Sono cambiata. Sono sempre stata molto chiusa, ma grazie a questo lavoro oggi mi sento una persona diversa, più spigliata.

I disegni che Elena Bortolotti fa durante i tempi di attesa

C’è qualcosa, invece, che cambieresti, che non ti piace?

Un tema critico è sicuramente il tempo che si perde in attesa al carico e allo scarico. Agli inizi mi mandava fuori di testa, mi arrabbiavo per tutta quella perdita di tempo, poi ho imparato ad aver pazienza.

Il segreto?

Passo il tempo a disegnare, mi aiuta a non annoiarmi. È una mia passione, insieme a quella per i tatuaggi, che tra l’altro è nata proprio quando ero bambina durante un viaggio in camion con mio padre. Avevo 5 o forse 6 anni al massimo ed ero con lui all’Isola D’Elba, una zona che serviva spesso. Al porto vidi dei marinai pieni di tatuaggi e mi innamorai di quei disegni così strani. Così gli dissi che ne avrei fatto uno anche io da grande. A 19 anni ho mantenuto la mia promessa.

In definitiva, quindi, meglio la fabbrica o il camion?

Decisamente il camion! Ho aspettato troppo tempo a prendere questa decisione, mi sono fatta influenzare dal giudizio altrui, ma per fortuna non è mai troppo tardi.

Tua figlia come ha preso la tua decisione?

Quando ho preso le patenti lei era già grandicella, per cui è stato tutto più facile. Oggi Giulia, mia figlia, è contenta della mia decisione, perché finalmente mi vede felice, anche se ha già detto che non vuole seguire le mie orme. Il prossimo anno comincerà l’Università e da grande le piacerebbe fare la logopedista. In realtà in famiglia oggi sono tutti felici per me, compresi i miei nipotini, Elide, Emma, Elia e Achille, i figli di mio fratello e di mia sorella. La mia nipotina più grande, che ha 12 anni, mi ha detto che è molto orgogliosa di me.

Ti è rimasto qualche sogno nel cassetto?

Prima o poi riuscirò a dare l’esame per Gestore dell’autotrasporto. Ho già fatto il corso, ma sono stata bocciata. Non è facile per me, ho un problema di dislessia e nella vita ho sempre lavorato, quindi faccio un po’ fatica, ma prima o poi ce la farò, perché mi piacerebbe mettermi in proprio. E poi, beh, se proprio devo dirla tutta, mi piacerebbe trovare qualcuno disposto a fare un viaggio in camper con me. Ad una condizione però: non voglio guidare sempre e solo io, ogni tanto mi deve dare il cambio!

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La storia di Lorena

 

Sono sempre belle le interviste che Elisa Bianchi di Uomini e Trasporti fa alle nostre colleghe nella loro pagina “Anche io volevo il camion“, ci permette di conoscere  storie di ragazze e donne che non abbiamo mai avuto occasione di incontrare per vari motivi, non sempre le nostre strade si incrociano, e cosi, almeno virtualmente, possiamo conoscerle!

Questa volta tocca a Lorena a cui auguriamo tanta buona strada sempre e un  grazie va ancora a Elisa!

 

Il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/lorena-gemma-della-giovanna-ventidue-anni-in-cantiere/

La sua intervista:

Lorena Gemma Della Giovanna, ventidue anni in cantiere

52 anni, di cui 22 passati in cabina, tra un cantiere e l’altro. È la storia di Lorena Gemma Della Giovanna, per tutti Lory, autista originaria di Primaluna, in provincia di Lecco. Una donna di poche parole e molta esperienza, che non ama mettersi in mostra ma per la prima volta si apre raccontandoci la storia perché «è bello vedere riconosciuto il lavoro delle donne»

«Ho iniziato per caso, nessuno nella mia famiglia aveva a che fare con l’autotrasporto. È stata un’opportunità che mi è stata proposta e ho scelto di provare». Era il 2002 quando Lorena Gemma Della Giovanna, ma conosciuta da tutti semplicemente come Lory, classe 1972 e originaria di Primaluna nella Valvassina, nel cuore del lago di Como, riceveva la proposta che le avrebbe in qualche modo cambiato la vita. Lorena non ama raccontarsi, «sono una persona di poche pretese» ci dice, «faccio il mio lavoro e sono contenta così, non amo dare troppo nell’occhio, ma questa volta mi sono detta perché no, in fondo non c’è niente di male nel raccontare la propria storia, magari può anche di ispirazione per qualcuno».

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2002, ripartiamo da lì. Come hai deciso di prendere le patenti?
Lavoravo negli uffici di un’impresa edile quando il mio datore di lavoro, che aveva bisogno di qualcuno che potesse dare una mano in cantiere, mi propose di prendere le patenti. Ad essere onesta non amavo passare le mie giornate dietro la scrivania, ho sempre preferito l’aria aperta, così ho visto questa proposta come un’opportunità e ho deciso di accettare.

E come è andata?
È una scelta della quale non mi sono pentita. Per diversi anni ho continuato a lavorare come dipendente, portando con il camion materiale edile da un cantiere all’altro. Nel 2013, poi, lo stesso datore di lavoro mi propose di rilevare il ramo d’azienda dedicato all’autotrasporto e ancora una volta decisi di accettare.

Quindi oggi hai la tua azienda di autotrasporto?
Sì, ho un vecchio camion di proprietà, un cava cantiere 4 assi MAN del 2001, e non ho dipendenti, sono da sola. Non avevo mai pensato prima di quella occasione alla possibilità di mettermi in proprio e tornassi indietro devo ammettere che la tranquillità di essere dipendenti era impagabile. Fortunatamente, quando il mio ex datore di lavoro mi propose di rilevare il ramo d’azienda mi diede anche una grossa mano, mi lasciò i suoi clienti e mi diede le direttive giuste per potercela fare.

Tornassi indietro, seguiresti la stessa strada?
Essere autonomi comporta degli evidenti svantaggi: se una giornata è morta non ci sono introiti. Io però sono stata fortunata: da ormai tre anni lavoro prevalentemente per una ditta in prestazione di manodopera. Questo mi garantisce la continuità del lavoro, oltre alla possibilità di utilizzare i loro mezzi.

Il tuo è un settore molto particolare, il cava-cantiere. Non ci sono molte donne in questo ambito. Perché, dal tuo punto di vista?
È vero, oggi rispetto a vent’anni fa ci sono molte più donne che fanno linea, ma in questo ambito siamo pochissime. Personalmente conosco non più di un paio di colleghe nella mia zona. Eppure, non penso sia più difficile, anzi. Parlo della mia esperienza: io vado sotto scavo, che è sempre lo stesso per qualche mese o anche di più, e faccio la spola. Questo mi consente di avere degli orari fissi per il carico e lo scarico, e soprattutto di rientrare sempre la sera a casa senza imprevisti. Per esempio, sono tre anni che carico in una cava sopra Lecco e scarico a 9 km di distanza in stabilimento. È un lavoro molto più regolare.

Rischia forse di diventare noioso?
A me piace fare questo. Come ho detto, non ho grandi pretese. Mi basta poter fare il mio lavoro e rientrare a casa la sera soddisfatta. All’epoca, quando feci io le patenti, si conseguivano automaticamente insieme la D e la C, quindi anche quella per i pullman. Ecco quello è un lavoro che io non potrei sopportare, non avrei la pazienza necessaria per avere a che fare tutti i giorni con il pubblico.

Di esperienza sulle spalle ne hai parecchia, visto che sei in cabina da oltre vent’anni. Cosa hai visto cambiare in tutto questo tempo?
Molte cose, e a voler essere onesti, non sempre in meglio. Prendiamo per esempio il discorso dei tempi di guida: le nuove regole dovrebbero garantirci maggiore sicurezza, ma in realtà non è così. Immagina di essere al volante, di essere quasi arrivata a destinazione, ma di essere obbligata a fermarti dove capita, magari in un’area di sosta non sicura o dove non ci sono posteggi. Non mi sembra sia garantita la nostra sicurezza in questo modo. Per non parlare dell’immagine sbagliata e stereotipata che ci è stata attribuita negli anni. Qualunque cosa succeda oggi, è colpa dei camionisti. La verità è che quando si guida un mezzo pesante servono mille occhi e occorre prestare molta più attenzione rispetto agli automobilisti che non sono, il più delle volte, consapevoli di cosa significhi guidare un veicolo industriale.

È quest’immagine sbagliata ad allontanare nuove leve?
Non solo. Per fare questo mestiere servono innanzi tutto due cose: passione e curiosità. Chi ha entrambi gli ingredienti e vorrebbe provare, però, deve fare un grosso investimento, e non sempre è possibile. È un costo diventato proibitivo, sia per gli uomini che per le donne, indipendentemente.

A fronte di tanti “contro”, però, ci sono anche tanti “pro”. Quale è il “pro” che ti ha convinta ad andare avanti?
Questo lavoro offre delle opportunità che non molti altri mestieri danno, come per esempio la possibilità di stare sempre all’aria aperta, o di mettersi sempre alla prova anche con nuove sfide, dimostrando a se stessi che ce la si può fare. Io, per esempio, una volta, a inizio carriera, sbagliai una manovra e mi sentii dire da un ragazzo che dovevo starmene a casa. Ho preferito prenderla sul ridere e dimostrare che si sbagliava, poi infatti abbiamo lavorato insieme per diverso tempo in un cantiere.

Una delle ultime sfide nelle quali ti sei lanciata è il Sabo Rosa. Ti sei infatti candidata per l’edizione 2024. Come è andata?
In realtà è stata mia sorella, d’accordo con il mio compagno, a candidarmi. Un giorno è arrivata e mi ha detto “ho fatto una cosa, però non ti arrabbiare”. Loro sono i miei primi supporter.

Perché ti saresti dovuta arrabbiare?
Perché a me non piace mettermi in mostra. Però pensandoci mi sono detta “ma perché no, non mi costa nulla”. In fondo, è bello vedere riconosciuto il lavoro delle donne.

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