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Il sogno di Carlo

 

So che come me ci sono altre camioniste (e camionisti, e non solo!) che amano i mezzi storici, cosi vi propongo questo video.

Un video bellissimo che racconta la storia di una passione immensa per i camion, “Il sogno di Carlo” è la storia di Carlo, il fondatore della collezione Marazzato, raccontata da chi gli era vicino, dai suoi figli, da sua moglie, dagli amici più cari, un modo per sentirlo ancora presente, per rivederlo girare tra i mezzi della sua collezione che lui amava tanto.

Chi è stato al museo, chi ha ammirato i suoi camion e conosciuto le persone che lo frequentano sa che atmosfera si respira li, per me è un luogo del cuore e sto aspettando con impazienza la prossima apertura per sentire di nuovo quel “profumo di nafta” come diceva il grande Pasquale, per respirare quell’aria di ricordi di un epoca che fù e che rappresenta le nostre radici che non dovremmo mai dimenticare.

Girare in mezzo a quei camion risveglia tanti ricordi in chi come me li vedeva passare da bambina – ebbene si, io li guardavo già da piccola! – e in chi ha avuto l’opportunità di guidarli quando ancora erano in servizio sulle nostre strade, sono li allineati e godono il loro meritato riposo, poi ogni tanto escono a farsi un giretto, a farsi ammirare dagli appassionati che si ritrovano ai vari eventi che vengono organizzati in giro per l’Italia. E li è bello sentire le storie degli anziani che guardandoli tornano ragazzi e si rivedono al volante di quei mezzi, storie di fatica e di orgoglio.

Un grazie immenso a Carlo e ai suoi figli che portano avanti il suo sogno, un modo per non dimenticare mai da dove arriviamo.

E un grazie a  tutti gli amici dell’associazione “4 Assi più” che ho conosciuto in questi anni, persone splendide col camion nel cuore!

Buona visione a tutti!

 

 

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Un’intervista a Beatrice

 

E’ di qualche settimana fa su “Varese Focus” questa intervista alla nostra collega Beatrice in cui racconta come ha cominciato e le difficoltà del suo lavoro.

Buona strada sempre !

Il link dell’articolo:

https://www.varesefocus.it/vf/dx/La-passione-per-i-tir-che-sfata-ogni-tab%C3%B9-21-Feb-25

Il testo:

Beatrice_Donghi.jpg

Due volte candidata al premio Sabo Rosa come “Autista donna dell’anno”, Beatrice Donghi, 30enne di Azzio, racconta come, quasi per caso, si sia avvicinata alla professione di camionista. Una storia che, tra pregi e difetti di un lavoro duro per chiunque, difficoltà comuni con i colleghi maschi (la conciliazione vita-lavoro coinvolge tutti) e trasferte di diversi giorni, scardina ogni pregiudizio di un immaginario collettivo legato ancora alla classificazione degli impieghi in base al sesso

La percentuale di donne che guidano camion in Europa, secondo il “Driver Shortage Report 2023dell’IRU (International Road Transportation Union), si attesta attorno al 6% e l’Italia si posiziona in media con questo dato. Numeri che ci sorprendono? Forse sì, ma potremmo guardarli in rapporto ad altre professioni. Sempre in Europa, le donne astronaute sono il 12%, rispetto al totale, mentre gli uomini che trovano occupazione nelle scuole dell’infanzia si fermano ad un modestissimo 5%. Basta una manciata di numeri e rapporti per dire che la differenza di genere, all’interno di alcune professioni, rappresenta ancora un tema importante; per non parlare di stereotipi e pregiudizi che facciamo fatica a superare. Eppure, nel Bel Paese tra le donne alla guida di un tir se ne trovano anche di molto giovani, come Beatrice Donghi, classe 1995 di Azzio, che ha scoperto la sua passione quasi per caso dopo la maturità e dal camion, almeno per ora, non è più scesa. In futuro? Si vedrà. Donghi, due volte candidata al premio Sabo Rosa come “Autista donna dell’anno”, ci spiega come si accede alla professione e ne racconta difficolta, pregi e difetti che, inutile dirlo, valgono per una donna quanto per un uomo.

Ci racconti come hai iniziato questo lavoro? 
Dopo la maturità sono entrata nell’azienda edile di famiglia per affiancare mia mamma nel lavoro d’ufficio. Un giorno, per caso e necessità, sono dovuta andare in cantiere e lì ho scoperto un mondo nuovo. Mi sono trovata alla guida di un 35 quintali, quei piccoli camion che si possono guidare con la patente B. È stato in quel momento che ho scoperto la mia passione. Non sono una di quelle persone che fin da piccola sognava di far manovra con un camion, anche se con mio fratello giocavo con le macchinine. Per me non si è trattato di coltivare il sogno della vita, ma più di una scoperta fatta da adulta.

Come si è svolta poi la tua formazione e la tua carriera?
Per i primi 6 anni, dopo aver ottenuto la patente C, sono rimasta in azienda con i miei genitori. Poi ho preso anche la patente E, quindi la CQC, ovvero la carta di qualificazione del conducente che consente di svolgere attività di carattere professionale legata all’autotrasporto. Da quel momento in poi sono andata a lavorare in una azienda di autotrasporto.

Cosa diresti alle donne che vorrebbero intraprendere questa professione?
Direi quello che vale anche per gli uomini: si tratta di un lavoro per il quale ci vuole, prima di tutto, tanta passione. Non basta pensare che è una professione in cui si trova facilmente lavoro. La richiesta di autisti di camion oggi è molto alta, poiché c’è poco ricambio generazionale. Per accedere alla professione ci vogliono anni. È richiesta un’età minima per prendere le varie patenti che sposta ad almeno 24 anni la soglia per concludere l’iter. Per non parlare dei costi che implicano un investimento di circa 4/5mila euro. E poi si tratta di un lavoro molto impegnativo e che richiede sacrificio, soprattutto se si fanno trasferte di più giorni e occorre dormire fuori.

Proprio le condizioni di lavoro sono un tema centrale nel rendere questa professione prettamente maschile, almeno nell’immaginario collettivo. Cosa ci dici a riguardo? 
Anche in questo caso, devo dire che le maggiori problematiche sono due e toccano tutti, donne e uomini. C’è un tema che riguarda le aree di sosta che sono sottodimensionate e spesso poco attrezzate, ad esempio per quel che concerne la disponibilità di docce e spazi per l’igiene personale. Poi c’è il problema della consegna delle merci nei centri logistici, soprattutto quelli di grandi dimensioni. La questione dei tempi di attesa per lo scarico del camion, che spesso sono molto lunghi, ha un forte impatto sul nostro lavoro in termini di orari e di stress.

Come è oggi la tua vita: cosa dice la tua esperienza in fatto di conciliazione vita-lavoro?
I primi anni della mia carriera lavoravo in un’azienda occupandomi di viaggi anche di 3 giorni, facevo trasferte fino in centro Italia e non al Sud o all’estero. Stare fuori più giorni è impegnativo e quando ho preso casa e sono andata a convivere con il mio compagno, anche lui camionista, ho sentito il desiderio di poter essere a casa mia più spesso. Ho trovato un nuovo impiego che mi permette di avere giornate lavorative più standard. Guido quello che in gergo si chiama un “centinato” e trasporto merce su bancale. Comincio presto la mattina, si parte verso le 4.00, ma il rientro in genere è per le 17.00 o per le 18.00 del pomeriggio. In fatto di conciliazione con i tempi di vita privata è complicato, soprattutto in una piccola azienda, chiedere dei giorni liberi. Difficile chiedere un permesso di qualche ora, proprio perché si è in giro in strada tutto il giorno.

Come vedi il tuo futuro? 
In questo periodo sto riflettendo molto: le priorità possono cambiare in poco tempo, ad esempio, se si programma di metter su famiglia. Vedo però buone prospettive per non abbandonare la mia passione e per sfruttare le mie competenze: diventare istruttrice di scuola guida sarebbe un buon compromesso per alcuni anni. Conosco colleghe che, una volta cresciuti i figli, sono tornate alla guida del camion, magari a 50 anni.

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(…) continua sul link ufficiale.

 

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La collega Vanessa!

 

Su You Tube ho trovato questi due short sul canale di  https://www.youtube.com/@Johnnyd890/shorts

dedicati alla collega Vanessa che racconta un pò la sua vita da camionista.

Buona strada sempre!!!

 

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WoMan’s Day 2025

 

Un video dell’evento di Lainate organizzato da MAN  Truck & Bus Italia, in occasione dell’8 marzo, e dedicato alle donne camioniste!

Buona strada sempre a tutte le colleghe!!

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La storia di Sharon

 

La storia di Sharon, in un’intervista di Luca Regazzi su Uomini e Trasporti, fatta in occasione del 2° WoMAN’s Day organizzato da MAN per la Giornata Internazionale della Donna.

Sharon è figlia d’arte e guida il bilico su tratte nazionali, questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/professione/intervista/la-storia-di-sharon-villegas-quando-il-camion-diventa-una-scelta-di-vita/

E questa la sua storia:

La storia di Sharon Villegas: quando il camion diventa una scelta di vita

Sharon Villegas Del Fabro a 26 anni ha raggiunto la sua dimensione nel portare il bilico che guida lungo le strade italiane, «anche se mi piacerebbe trovare più strutture e servizi per noi trasportatori»

Sharon Villegas Del Fabro è una giovane donna di 26 anni, figlia d’arte perché il padre ha fatto il camionista per una vita e lei, fin da bambina, stava sul veicolo del genitore a vederlo guidare. Ma inizialmente non aveva pensato di fare questa professione. Poi il papà è venuto a mancare e, mentre faceva un altro lavoro, Sharon ha conosciuto una trasportatrice con cui fatto amicizia: «Un giorno lei mi ha chiesto perché io non avessi mai provato a guidare un pesante – ci racconta – In quel momento mi è scattata qualcosa in testa e così ho cominciato». Oggi Villegas trasporta acciaio, rifiuti ed altri materiali in tutta Italia con il suo autoarticolato da 16 metri ed è felice.

È stata una buona scelta, quella di Sharon: «Il lavoro con il camion è quello della mia vita – ci spiega – in ogni sfaccettatura, impiego e dimensione. Quando salgo sul mio bilico sono serena e tranquilla, mi piace e mi diverto anche se le giornate sono lunghe». Certo, non sempre è semplice conciliare questa vita con il resto del mondo, ma Sharon dice che è «un problema generale, che hanno anche i trasportatori maschi. Le relazioni con familiari o amici sono indubbiamente sacrificate, ma da quando faccio autotrasporto ho molte più soddisfazioni a livello personale rispetto a prima. Una volta ero più frustrata e triste, ho passato anche momenti di forte stress psicofisico, ma adesso ho raggiunto la mia dimensione ed il mio equilibrio».

Nelle quattro chiacchiere fatte con lei al WoMAN’s Day, organizzato da MAN per la Giornata Internazionale della Donna, concordiamo che c’è comunque ancora tanto da migliorare nella professione e Sharon identifica subito uno dei problemi maggiori: i servizi per gli autisti.

«Dobbiamo adattarci alle situazioni – sottolinea – anche solo per fare una doccia o mangiare qualcosa. Il nostro lavoro passa un po’ troppo sottotraccia, viene dato per scontato. Siamo spesso invisibili quando invece avremmo diritto a una maggiore considerazione. In fondo facciamo un mestiere fondamentale per l’economia di base, trasportiamo le materie prime o il prodotto finito per il vantaggio di tutti. Sarebbe bello quindi che ci fossero delle strutture apposite per noi. Quando andiamo in un’area di servizio non vorrei insomma accontentarmi di una doccia aperta a tutti, mi piacerebbe avere un luogo solo per i trasportatori».

Ed ecco spuntare il tema uomini. Senza nascondersi dietro un dito, il trasporto su strada è un ambiente fortemente maschile, con tutti i contrasti che possono verificarsi quando si vede una donna «violare» il loro territorio.

«Conflitti ce ne sono – ammette Sharon – ma nella mia esperienza personale, che non è certo lunghissima, visto che ho iniziato a guidare il camion nel 2022, ho sempre avuto un rapporto positivo con i colleghi autisti. Semmai ho vissuto più problemi con gli addetti degli uffici o i magazzinieri, oppure con i dirigenti e i responsabili». La nostra amica cita un episodio di qualche giorno fa in cui ha bucato una gomma senza accorgersene e un autotrasportatore ha fatto di tutto per informarla del guaio: «Ho sempre trovato molto aiuto – ribadisce – La nostra categoria mi sembra una grande comunità dove è vero che, rispetto magari a tanti anni fa, ognuno si fa un po’ gli affari propri, ma nessuno ti nega mai una mano o si tira indietro. La trovo una cosa bellissima, soprattutto perché sono ancora una novellina e vedo che tutti sono ben disposti verso di me».

Sharon sta guidando oggi un autocarro con dotazione base, anche perché, come dice lei, «sto imparando. Però – confessa – mi piacerebbe avere un veicolo con più telecamere, in particolare sui semirimorchi nella parte posteriore per poter vedere gli angoli ciechi». Una dotazione di sicurezza, precisa l’autotrasportatrice, che permetterebbe di capire la presenza di persone o veicoli ed evitare così incidenti molto pericolosi.

Cosa c’è nel futuro di Sharon? Lei ha le idee ben chiare: «Per i primi anni voglio continuare con il trasporto nazionale – sottolinea – poi più avanti mi piacerebbe passare al giornaliero. Ma sono già contenta adesso di come mi va».


Buona strada sempre Sharon!!!

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Sabo Rosa 2025 a Claudia!

 

Quest’anno il Sabo Rosa, il riconoscimento alla Camionista/ autista dell’anno, offerto dal Gruppo Roberto Nuti  in occasione dell’8 di marzo, è stato assegnato alla nostra collega Claudia, che noi conosciamo meglio come “Streghetta” !

Buona strada sempre Claudia!!!

Questo è il video dell’evento:

E questo l’ articolo dal sito ufficiale:

https://www.sabo.it/news/sabo-rosa/claudia-gina-sasz/

SABO ROSA 2025 – Claudia Gina Sasz

Claudia Gina Sasz, autista di camion per un’azienda di Bergamo, si è aggiudicata la sedicesima edizione del Sabo Rosa, il riconoscimento che dal 2010 viene conferito alla “Camionista/Autista dell’Anno” dal nostro Gruppo.

La cerimonia di consegna si è svolta nella sede di Castel Guelfo di Bologna. Il Sabo Rosa 2025 è stato consegnato alla Camionista dell’Anno da Luca Randighieri, direttore generale del Gruppo Roberto Nuti, e da Giada Spanedda, responsabile marketing del Gruppo.

“Ero nel mondo dei trasporti quando ancora dovevo nascere, mio padre era camionista, così come mia sorella e altri della famiglia. – racconta Claudia Gina Sasz -.Tuttavia ho cominciato a guidare il camion tardi, soltanto tre anni fa, quando avevo già superato i quarant’anni. A causa di un incidente ho perso mio marito, che faceva anche lui il camionista, ed è cominciato un periodo molto difficile della mia vita. Ricordo che ogni volta che partiva da casa mi diceva: ‘Se mi succede qualcosa, sappi che io sono felice perché questo è il lavoro che amo’. Dopo la disgrazia ho deciso di salire sul camion per portare avanti la sua passione, che poi è anche la mia. Certe mattine è veramente dura, ma quando giro la chiave nel cruscotto passa tutto”.

A scegliere la “Camionista dell’Anno”, fra le numerose candidature pervenute attraverso il Web, è stata una giuria composta da una rappresentanza del Roberto Nuti Group.

Della storia di Claudia Gina Sasz ci hanno colpito la perseveranza e la capacità di reagire alle avversità della vita. Salire su un camion per rendere omaggio alla persona amata, e inseguire una passione a lungo coltivata, fa onore a una lavoratrice capace e competente che ogni giorno si batte affinché la propria presenza, e quella delle sue colleghe, venga riconosciuta in un mondo che ancora guarda alle donne con diffidenza”.

L’intervista a Claudia Gina Sasz

Attività: autista di camion
Residenza: Bariano (BG)

Quando hai capito che quello del trasporto sarebbe stato il tuo lavoro, il tuo mondo?

Ero nel mondo dei trasporti quando ancora dovevo nascere, mio padre era camionista, ma anche mia sorella e altri della famiglia. Mia mamma stava per partorire dentro la cabina del camion, quindi in questo settore ci sono cresciuta. Tuttavia ho cominciato a guidare il camion tardi, soltanto tre anni fa, quando avevo già superato i quarant’anni. Proprio perché sono nata e cresciuta “in mezzo alla nafta”, sapendo i sacrifici che bisogna fare, inizialmente avevo deciso di dedicarmi alla famiglia, mentre mio marito faceva anch’esso il camionista. Purtroppo cinque anni fa è morto in un incidente a Modena, un momento terribile. Ricordo che ogni volta che partiva da casa mi diceva: “Se mi succede qualcosa, sappi che io sono felice perché questo è il lavoro che amo”. Dopo quella disgrazia ho deciso di salire sul camion per portare avanti la sua passione, che poi è anche la mia.

Perché hai deciso di partecipare al Sabo Rosa?

Mi piace il messaggio che portate avanti con questa riconoscimento. Poi mi piace anche l’ammortizzatore rosa, nella mia famiglia c’erano anche meccanici e conosco bene anche gli ammortizzatori. Spero che ci siano sempre più donne in questo lavoro.

Quali sono i lati positivi del tuo lavoro e quelli che vorresti cambiare?

Io amo questo lavoro, anche se le problematiche sono tante: il traffico, la gente, la nebbia e tanto altro. Mi rendo conto che è un mondo difficile, di uomini, mio marito già me ne parlava. Io lotto perché le donne abbiano la parità con gli uomini. Siamo spesso discriminate, io ne ho subite tante ma continuo a lottare e mi fa piacere vedere che siamo tante, siamo sempre di più. Le donne ce la fanno, mi rendono orgogliosa. Ho incontrato una piccola ragazza marocchina, in mezzo al traffico di Milano, fa fatica, ma lotta per emergere.

Certe mattine è veramente dura, ma quando giro la chiave nel cruscotto passa tutto.

 

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La Nora e Deborah

 

Il nostro gruppo ha una madrina, l’indimenticata e indimenticabile Nora, una delle prime camioniste d’Italia, non sappiamo con certezza se fu la prima, di sicuro sappiamo che fu una donna coraggiosa, che nell’immediato dopoguerra si mise al volante di un camion, il Dodge lasciato dagli americani, come ci raccontò lei. Chi segue il nostro blog avrà avuto la possibilità di conoscerla attraverso le nostre pagine e i nostri ricordi. Sono passati più di dieci anni da quando Nora ci ha lasciato ma noi non possiamo dimenticarla.

In queste ultime settimane abbiamo fatto conoscenza con una sua nipote, Deborah, una giovane ragazza che porta avanti con orgoglio la tradizione di famiglia.

Deborah ci ha inviato questa vecchia foto che ritrae Nora giovane, vicino a uno dei camion che guidò.

Le ho chiesto il permesso di pubblicare questa foto oggi, Giornata della Donna, perchè credo che sia grazie a donne come Nora, che non si sono fermate davanti alle difficoltà della vita e del lavoro, che tanti passi avanti sono stati fatti nell’emancipazione femminile.

Ho anche chiesto a Deborah un ricordo della sua cara zia, queste sono le sue dolcissime parole:

“Cara zia Nora,

ti scrivo come se questa lettera ti potesse arrivare.

Quando eri qui con noi, io ero solo una bambina e purtroppo di te mi sono rimasti solo alcuni ricordi sfocati.

Solo ora riesco a realizzare e apprezzare quanto la tua determinazione, forza e coraggio abbiano fatto la storia.

Partendo dal nulla e ignorando il giudizio di tutti, hai iniziato a guidare furgoncini per consegnare ghiaccio e legna a Governolo, il paesino dove abitavi e dove tutti ti adoravano. Perchè zia, oltre ad essere allegra e scherzosa, avevi anche un gran cuore e molte persone ancora ti ringraziano per quello che hai fatto. Da li, passo dopo passo, ti sei ritrovata a guidare un camion!

Hai dato esempio e ispirato tuo fratello Mario illuminandolo di quante cose si possono fare grazie ad esso.

Grazie a te molte donne hanno capito che potevano guidare anche loro questo mezzo senza dover rendere conto a nessuno sul fatto di essere “donne”.

Quando sei scesa dal camion definitivamente, hai aperto proprio sulla statale una trattoria con un ampio parcheggio per i tuoi amici camionisti cosi che non avessero problemi a parcheggiarvi.

Mi han detto che li servivi con l’anima e con il cuore e c’era sempre pieno perchè La Nora, faceva si da mangiare benissimo, ma soprattutto perchè eri una persona unica e speciale, e lo sei tutt’ora e lo sarai per sempre.

Sono molto fiera di te perchè sei stata un grandissimo faro d’esempio per tutti ma soprattutto per TUTTE!

Fiera di essere tua nipote e seguire le tue tracce per quello che hai iniziato e che io e altre Donne d’Italia porteremo avanti”

 

Parole bellissime queste di Deborah, si dice che non muore mai chi vive nei ricordi di chi rimane, ecco io credo che questo sia il caso di Nora, non bisogna mai dimenticarsi di chi ci ha preceduto, di chi ci ha amato, di chi ci ha insegnato le cose importanti della vita. Sarà sempre nel cuore di chi ha avuto la fortuna di conoscerla, anche se solo per poche ore, perchè ci ha lasciato un segno bellissimo.

Naturalmente abbiamo accolto Deborah nel nostro gruppo, ed eccola sorridente con la sua targa fucsia, un augurio di buona strada per il suo futuro nel mondo dell’autotrasporto!!!

Ciao Deborah e ciao Nora, buona strada sempre!!!

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Laura e Ana

 

Una bella intervista di Laura alla collega Ana!

Camionista da due anni , finalmente è riuscita a realizzare il sogno della sua vita: guidare un camion.

Ha dovuto aspettare che sua figlia crescesse per poter fare finalmente quello che le piace e sentirsi realizzata!

Buona strada sempre a Laura e a Ana!

 

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La storia di Giuseppina, bus driver!

 

Giuseppina Donarini, da 25 anni autista di autobus in provincia di Trento, racconta la sua esperienza in questo video di Rai TGR Trento.

Buona strada a Giuseppina!

Il link:

https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2024/12/unica-donna-800-colleghi-uomini-la-storia-giuseppina-autista-bus-trentino-trasporti-5228cc6f-77a1-477f-b9f9-68ccb365861c.html

La presentazione del video:

Da 25 anni alla guida degli autobus: “Amo il lavoro, ma gli stipendi sono troppo bassi”

Giuseppina Donarini è una delle 25 donne tra oltre 800 colleghi uomini. “Il lavoro è cambiato: utenza irrispettosa e mancano giovani per fare questo lavoro”

Venticinque anni anni su e giù dall’autobus. Giuseppina Donarini è di Baselga di Pinè, ed è la prima donna autista di Trentino Trasporti, l’unica su più di 800 colleghi uomini.

Nel servizio di Linda Stroppa racconta come è cambiato il suo lavoro, e quali sono i problemi degli autisti del traporto pubblico. “Servirebbe uno stipendio più alto viste le nostre responsabilità”, dice. E intanto dal presidente di Trentino Trasporti arrivano aperture.

 

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La storia di Beatrice!

 

In un articolo di varese News di novembre 2024, la storia di Beatrice,  giovane donna  autista di autobus delle Autolinee Varesine.

Buona strada Beatrice!!

Il link dell’articolo:

https://www.varesenews.it/2024/11/vi-presentiamo-beatrice-e-la-piu-giovane-autista-delle-autolinee-varesine/2085549/

E il testo:

 

Vi presentiamo Beatrice: è la più giovane autista delle Autolinee Varesine

Intervista a Beatrice, 24 anni, prima giovane donna autista delle Autolinee Varesine nel deposito extraurbano di Varese

Beatrice autista di autolinee varesineAma le curve, guidava i trattorini da piccola e, malgrado abbia un viso dolcissimo, è una tipa davvero tosta.

Beatrice, 24 anni,  è la più giovane autista di Autolinee Varesine e la prima donna nel deposito extraurbano di Varese: un lavoro che, fino a poco tempo fa, sembrava tutto al maschile, ma con una tendenza che sta iniziando a cambiare anche grazie a lei.

Il viaggio di Beatrice nel mondo degli autobus è iniziato poco più di un anno fa, quando ha risposto a un annuncio per l’Academy Conducenti dell’azienda, l’esclusivo corso formativo di Autolinee Varesine (Le cui iscrizioni per l’edizione 2025 chiudono tra pochi giorni, ndr) che consente di avere un lavoro mentre si segue il corso per diventare autisti d’autobus.

«È stato mio papà a trovare l’annuncio su internet – spiega Beatrice – Io lavoravo già in un altro settore, e in fondo mi trovavo bene. Non ero perciò tanto convinta di candidarmi. Ma un cugino, che faceva questo lavoro, mi ha consigliato di provarci. E aveva ragione». La passione per la guida del resto era già presente in lei, coltivata fin da piccola, quando giocava con i trattorini: ancora ora ne conserva le foto.

Dopo l’Academy e una prima esperienza in azienda come controllore, Beatrice è diventata autista a tutti gli effetti nel giugno del 2024. Ma non è l’unica rappresentante delle donne in azienda: oltre a lei ci sono altre due ragazze di nazionalità rumena a Varese e una ragazza a Luino. Altre invece stanno completando l’Academy di quest’anno, e prenderanno servizio l’anno prossimo: una piccola rivoluzione, che sembra destinata a risultati positivi.

Anche se non è sempre facile: come racconta Beatrice, il pregiudizio verso una donna al volante di un autobus esiste. «Ho avuto qualche battibecco, in particolare con persone di una certa età che fanno battutine: ‘Ma ce l’hai la patente?’ qualcuno ha chiesto – ammette – Alcuni non prendono bene l’idea di vedere una donna alla guida di un pullman. Con i ragazzi più giovani, però, le cose vanno meglio: ogni tanto si fa vivo qualche gruppetto, ma sono più curiosi che altro».

Prima di guidare, Beatrice ha lavorato come controllore, un’esperienza che le ha insegnato molto. «È stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi e mi ha formato il carattere –  racconta – Una volta ho trovato un passeggero con una mannaia in borsa… Sono esperienze che ti insegnano a gestire le situazioni, a non andare in panico e a comunicare. E adesso, quando mi capita di fare le multe, spesso mi ringraziano, perchè ho un modo gentile per farle. Anche se con i ragazzi delle scuole serve comunque il pugno di ferro».

Oggi Beatrice guida su una decina di linee extraurbane che partono da Varese e coprono un ampio territorio. «Il punto più lontano che raggiungo è Arona, poi guido su altre linee verso Castelseprio, Villadosia, Cairate e Cavagnano. Quando vedevo le fermate sperdute, mi chiedevo: ‘Ma davvero ci passa il pullman?’ E ora ci passo io» dice ridendo. «Villadosia è una delle mie preferite, con tutte quelle curve. Ogni viaggio è diverso, mi piacciono da matti».

Beatrice guida con attenzione, soprattutto per le persone più fragili: una capacità che ha acquisito sul campo. «So che per me un dosso è solo un sobbalzo, ma per chi è seduto dietro la sensazione può essere molto diversa. Poi mi capita di aspettare un attimo prima di accelerare dopo la fermata se vedo una persona anziana o un passeggino, do loro il tempo di sistemarsi.  E una attenzione del genere non mi ha mai comunque fatta arrivare in ritardo».

Ora che guida il “pullman” Beatrice torna alle sue esperienza di ragazzina e racconta: «Mi piaceva sedermi davanti durante le gite, per vedere l’autista guidare. Non avrei mai pensato di farlo io, ma eccomi qui».

Delle persone che incontra ora dice: «Ogni tanto mi capita di incontrare ex compagni di scuola o persone che mi hanno conosciuta quando ero piccola, e alcuni colleghi che ora mi aiutano a migliorare sono stati i miei autisti da ragazzina. È bello pensare a come la vita mi abbia riportata in questo mondo».

 

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