Il libro di cui vi parlo questa settimana è del 2020, si intitola “Azzurro come gli occhi di Loretta”, scritto da Milena Beltrandi. Come molti dei libri che ho presentato in questa rubrica, anche questo è stato pubblicato dall’autore, il cosiddetto self.publishing, e si acquista on line. Vi faccio notare questa cosa perchè Zeno, il protagonista di questo romanzo, fa il corriere, consegna a domicilio i pacchi degli acquisti che la gente effettua on line, ma ha anche la patente superiore e a volte guida un tre assi rosso. Ed è dal ritorno da un viaggio a Genova con quel camion che comincia la sua avventura/disavventura…
Un “giallo” sulle strade della Toscana, un’ingiusta accusa di omicidio, dei colleghi poco corretti, una ragazza che crede in lui… una storia da leggere tutta d’un fiato!
“A Zeno piace il suo lavoro, fa l’autotrasportatore e lo fa con passione. E un bel ragazzo e provoca rancore nei “Driver man” che invidiano anche la sua relazione con Loretta, la titolare della ditta per cui lavora. Le circostanze negative e uomini corrotti faranno di lui un sospetto omicida che lo catapulteranno in un mondo sconosciuto. Cercherà di indagare per scoprire il vero colpevole e uscire indenne dalle accuse infamanti. Sara il suo passato di prodigo camionista, allora ad aiutarlo.”
Ho anche avuto l’onore (veramente!) di incontrare alcune volte Fabrizio Piras, il collega camionaro –scrittore autore di questo piccolo grande libro! Una persona speciale. E lo si capisce leggendo pagina dopo pagina i suoi racconti, le sue considerazioni, i suoi perché.
Ogni tanto lo riprendo in mano questo libro e me lo rileggo… per vedere se e cosa è cambiato nel nostro mestiere dal 2010 a oggi. Sono passati 13 anni dalla sua pubblicazione, sarebbero dovute migliorare un po’ di cose e invece… e invece cosi non è stato per molte. Per esempio la carenza di parcheggi, c’è come allora nonostante siano stati in parte ampliati ma non a sufficienza. I prezzi nei vari autogrill sono ancora più cari e sempre meno accessibili a chi viaggia per lavoro. Il rapporto paghe/ore lavorate non è migliorato nonostante venga lamentata una carenza di nuovi autisti. Di buono, rispetto al racconto, c’è che hanno aperto la Variante di valico e non si fa più l’Appennino. Per contro l’uso del baracchino, una volta voce dei camionari, è calato drasticamente cosi come drasticamente è calata l’offerta di manodopera: se una volta ti dicevano “Non ti sta bene quella è la porta, c’è la fila fuori” oggi non è più cosi ma le condizioni lavorative sono pressoché le stesse. E anche la stima nei nostri confronti come categoria non è aumentata…
Se non l’avete mai letto ve lo consiglio: è uno spaccato di “vita da camionisti”, è la fotografia di un’epoca di transizione, quando tante cose stavano cambiando, in meglio o in peggio dipende da ognuno di noi, dalla capacità di adattarsi alle nuove regole imposte sia dalle leggi che dal mercato. Non a tutti il nuovo modo di gestire l’autotrasporto piace, ma tante volte a fare i nostalgici dei tempi andati ci si rammenta solo le cose belle e le brutte vengono eliminate automaticamente dai ricordi.
“Più lontano vado, più mi sento legato e vicino a quello che ho. Più lontano vado, più mi sento solo. Più mi sento solo e più mi sento forte, particolare, capace di imprese che non sono da tutti. Attraverso province, regioni, giorni, notti, pioggia, nebbia, vento, neve, ghiaccio, polvere, sole, caldo, sudore. L’orgoglio di fare ed essere qualcosa di diverso cresce, con esso lo spirito d’appartenenza ad un mondo parallelo che si muove maggiormente quando il resto riposa.
Quando cerco libri sull’argomento “camionistico” le parole chiave sono, naturalmente, “camion” e “camionisti”. Tra gli altri mi è comparso anche questo titolo “Sul camion di papà”, scritto da Alessandro Margherita e edito da ILMIOLIBRO. L’ho ordinato e naturalmente l’ho letto.
Luigi, il protagonista del libro, nato negli anni trenta del secolo scorso, nella vita ha fatto anche il camionista, ma il libro non è il racconto delle sue avventure a bordo del suo camion, no, il libro racconta principalmente la sua vita di uomo, partendo da quando era un bambino in una famiglia numerosa al servizio militare, da quando dopo la leva emigrò al nord, a Milano, e li, in cerca di fortuna e di nuove esperienze, iniziò a guidare i camion. Racconta del suo ritorno al sud, per crearsi una famiglia sua, del suo amore per la moglie e le due figlie, del suo desiderio di andare sempre avanti, di progettare, di prendersi cura delle persone amate, del suo senso dell’amicizia e del rispetto.
Nella prefazione c’è questo paragrafo:
“Sul camion di papà” rappresenta il racconto narrato con gli occhi di un esterno ma con il cuore di un figlio. Chi scrive ha conosciuto Luigi e a lui dedica il racconto, alla sua memoria ed al suo insegnamento.
“Sul camion di papà” descrive il percorso di vita di Luigi, un padre ed un camionista, e della sua amata famiglia. Il camion rappresenta metaforicamente il luogo emozionale in cui ognuno di noi compie l’affascinante viaggio della vita. Siamo saliti tutti su quel camion e ci saliamo ancora ogni giorno, sentendo la rassicurante carezza del nostro papa. Il libro racconta dell’importanza della famiglia e dell’amicizia, del lavoro e della progettualità. Un viaggio di ricordo e proiezione verso il futuro, guardando alla bellezza del paesaggio, senza paure e col cuore pieno di ottimismo.
Il libro di cui vi parlo questo fine settimana è piccolo piccolo, ma non per questo meno bello. Poche pagine per raccontare la vita di un uomo, ora ultranovantenne (classe 1929) : Giuseppe Baruffaldi. Il libro è una raccolta di brevi racconti scritti da lui, tutta la sua vita, da quando era un bambino che viveva nelle campagne mantovane al trasferimento in Piemonte in cerca di fortuna.
Dalla povertà della vita contadina negli anni del ventennio – gli “scarriolanti” erano gli uomini che con le loro carriole andavano a lavorare nelle bonifiche – agli anni della guerra, con i tedeschi e i fascisti che giravano in quelle zone, alla voglia di ricominciare, di costruirsi un futuro migliore andando a vivere a Omegna sul Lago d’Orta.
Tanta buona volontà, un primo lavoro da autista in un’azienda di autotrasporti e poi l’acquisto di un camion suo diventando cosi un padroncino, chilometri e chilometri sulle strade d’Italia …
Compiuti i novanta anni Giuseppe Baruffaldi si guarda alle spalle e ritrova il bambino che correva sugli argini del Po, dietro al papa’ scarriolante, impegnato nella bonifica durante il fascismo. Con un linguaggio scarno prendono vita istantanee di una civiltà ormai scomparsa, un mondo che anche Giuseppe ha poi lasciato per diventare camionista, cercando l’avventra e l’affermazione di sè negli anni del boom economico, in un ‘ Italia ritratta con parole essenziali e sincere. Il quadro che ne risulta è ricco di piccoli episodi significativi, impressioni fugaci, giudizi lapidari,sempre sotto lo sguardo arguto di quel bambino che non è mai cambiato e della sua vita ha fatto un unico grande viaggio di conoscenza di sè e del mondo.
Il passato è quello che ha creato il nostro presente. Viaggiamo sulle strade ma anche nel tempo, scorriamo insieme a lui e ci lasciamo la vita alle spalle, persa come i paesaggi nei retrovisori.
Ogni tanto rileggo questo libro. Lo faccio perché per me è bellissimo e per tenere viva la memoria del tempo che fu.
“Camion e ricordi” è la storia di Gino Barletti, camionista, anzi autotrenista, classe 1936, edito dalla Fondazione Negri nel 2002.
E’ un libro senza tempo proprio perché racconta di un tempo, di un passato che ormai non esiste più. E’ il diario di un’epoca di povertà ma anche di grandi sogni, di voglia di vivere, di ricominciare, di coraggio, di spirito di avventura.
La copertina
Ogni volta che lo rileggo mi viene da pensare a quando a scuola gli insegnanti di italiano e storia ci assegnavano dei libri da leggere, ecco questo io lo farei leggere a tutte le persone che conseguono le patenti superiori, uomini o donne che siano, e anche a chi rinnova il CQC. Lo penso perché sono convinta che la lettura di queste storie farebbe capire a tanti che non c’è paragone con la fatica che si faceva allora e nemmeno con lo spirito di categoria che c’era tra i colleghi. In questo mondo moderno in cui tutti sembrano avere solo tempo per lamentarsi di ogni cosa, conoscere un po’ il nostro passato non farebbe male.
Avendo da sempre la passione per i mezzi d’epoca, quando mi capita l’occasione di partecipare a qualche manifestazione dedicata a questi vecchi camion amo conversare con i vecchi autisti e farmi raccontare le loro vicissitudini.
Orgoglio, passione e fatica, tanta fatica, sono le parole più rappresentative della loro vita da camionisti dal dopoguerra agli anni ’60.
Poi è cambiato tutto, a cominciare dai mezzi che sono diventati man mano più comodi e più potenti, dalle autostrade che hanno preso il posto delle vecchie strade statali, dai carichi che non dovevano più essere fatti quasi esclusivamente a mano.
Essendo un libro molto vecchio non è facile trovarlo, ma se vi dovesse capitare l’occasione di poterlo leggere non lasciatevela scappare, è un vero viaggio nel nostro passato, in un mondo ormai perduto.
Riporto qui sotto la scansione di qualche pagina per far capire com’era la vita allora e con che spirito si affrontavano le difficoltà di volta in volta:
In un mondo in cui tutti corrono per essere primi…a me basta arrivare… Il libro di questa settimana non è nuovo, è stato pubblicato nel 2020 da EDT e si intitola “La seconda avventura”. L’autore è Simone Saccucci, classe 1979. Come spesso mi accade, l’ho scoperto girando nel web in cerca di cose “camionistiche”, me lo sono fatta ordinare, ho dovuto aspettare un po’ il suo arrivo ma poi me lo sono divorato in un paio di giorni. La storia mi piaceva anche se è catalogato come un libro per ragazzi!
La protagonista è Bianca, 16 anni, figlia di un camionista e grande ammiratrice di Iwona, si proprio lei Iwona Blecharczyk, la “Trucking girl” di You Tube, la miss polacca che ha scelto di fare la camionista.
Nel libro Bianca viaggia sul camion di suo papà, o per meglio dire lo guida pur non avendo la patente né l’età per farla. L’ha preso ed è partita, doveva sfuggire a qualcosa o forse trovare un perché…
Poi in un’area di sosta incontra Siria, un’anziana signora, muta, fuggita da una comunità (ma si scoprirà poi) che vuole un passaggio. Bianca non vorrebbe darglielo, ma alla fine cambia idea e la fa salire in cabina. E inizia la loro avventura, un susseguirsi di eventi, di incontri, di situazioni a volte inverosimili.
Bianca e Siria, una ragazza di sedici anni e una donna anziana quasi muta, corrono su un camion rubato. Scappano? Forse: la meta è un’isola al largo dell’Irlanda, irraggiungibile e magica, e la strada lunga e ricca di incontri (e scontri) che cambieranno le loro vite… Un romanzo on the road che non dà tregua fino all’ultima pagina.
«Guardo il fiume ed è passato un tempo interminabile. Sono una libellula sull’acqua, leggera. Volo in questo tempo sospeso sul fiume. Con tanto rumore dentro, eppure senza fare rumore. Piena d’aria e proprio per questo, vuota. Libera dal dolore. Dalla felicità. Da quello che penso di dover essere. Da quello che penso debba essere il mondo.»
Bianca ha sedici anni, un’amica ideale che incontra solo su YouTube, un nodo buio dentro di sé a cui preferisce non pensare – e guida un Tir da 10 tonnellate. Siria ha due nomi e molte vite alle spalle, un vecchio diario, la voce spezzata che sa diventare musica, e una poesia. Una sottile affinità, e forse un pizzico di follia, le spinge a unirsi per raggiungere insieme Innisfree, un’isoletta al centro di un lago nella lontana Irlanda, il posto in cui «mezzanotte è tutta un luccicare, e il meriggio brilla come di porpora». La diffidenza iniziale si trasforma, lungo il viaggio, in complicità. Il passato di Siria a tratti riemerge e si fa visibile: la vita da contadina e la sete di cultura, un caso di omicidio risolto solo a metà, l’incidente che l’ha costretta a un semi mutismo, gli anni tristi e vuoti trascorsi in una casa di cura. Bianca a sua volta comincia a decifrare il dolore che si porta addosso, e a comprendere il senso e le ragioni della sua incontenibile voglia di scappare. Un incontro spigoloso e tenero tra due persone già ferite, che darà ad entrambe la forza di gettarsi in una lunare e commovente seconda avventura.
E anche un video con l’autore che parla del suo libro:
A volte i titoli hanno un doppio senso, come quello di cui vi parlo questo fine settimana: “Le vite in bilico”, scritto da un collega camionista, Antonino Moschella, e pubblicato da Rossini Editore a gennaio di questo 2023.
“In bilico” perché i due camionisti protagonisti guidano appunto un autoarticolato, e “in bilico” perché quale vita non è perennemente in bilico? Anche quando crediamo di avere raggiunto un equilibrio, la stabilità, quando pensiamo di essere arrivati e finalmente tutto andrà bene, c’è sempre la possibilità che qualcosa stravolga il nostro presente.
Ed è quello che capita ai due protagonisti. Il libro è un’alternanza di capitoli che raccontano il loro passato con altri che narrano il presente. In una notte in viaggio sui propri camion e in compagnia dei propri bambini ripercorrono le tappe della loro vita che li ha portati ad essere quello che sono.
Pagina dopo pagina si dipana una storia che forse tutti abbiamo vissuto, se non in prima persona magari come spettatori della vita di qualche nostro amico. L’adolescenza, i primi amori, la scuola, la musica, i sogni, i primi schiaffi che la vita ci da. Un susseguirsi di eventi che potrebbero portare ad un lieto fine…
Non vi dico di più, solo che a me è piaciuto…vi metto un link:
“Piermatteo e Vittorio, autisti di camion, iniziano il loro viaggio e per questioni familiari devono portare a lavoro i rispettivi figli, Martino ed Enrico. Sulla statale da Vinadio verso Torino, i due genitori lottano con le avversità della strada e, per tenere alta la concentrazione, raccontano molte storie ai piccoli sempre più incuriositi ed emozionati. Il loro passato, anche se tormentato, è stato ricco di studi, soddisfazioni letterarie e viaggi. La non voluta divisione amorosa e la conseguente separazione dai figli hanno spazzato via la speranza di un futuro migliore. “Le vite in bilico” è un “viaggio nel viaggio” che racchiude infanzia, adolescenza e maturità, in cui l’amicizia inaspettata è la chiave di volta che, forse, riuscirà ad aprire la porta del destino. Piermatteo e Vittorio, pur ricercando la stabilità, sanno con certezza che saranno comunque “vite in bilico”.
Arriverà il giorno in cui ci toccherà di appendere il volante al chiodo e tutte le nostre avventure on the road volgeranno al termine. La pensione segnerà lo spartiacque tra una vita avventurosa e una vita un po’ noiosa…
Questo è quello che è accaduto a Gabi, il protagonista del libro di cui vi parlo questa settimana.
Pubblicato nel 2017, scritto da Patrizia Varetto, si intitola “Route 6”.
L’ho letto da poco nonostante mi fosse “passato davanti” diverse volte nel web, ma non mi decidevo mai a prenderlo.
C’è un momento giusto per ogni cosa, dicono. Alla fine è arrivato tra le mie mani e io sono entrata nelle sue pagine, ho vissuto qualche ora in compagnia di Gabi, vecchio camionista in pensione, annoiato e con problemi di memoria. Brutta cosa a volte la vecchiaia, ti porta via le parole, ti disconnette dalla realtà. E allora torna il desiderio di tornare a solcare le strade a bordo di un camion per sfuggire ad un presente che non si riconosce più.
Potrebbe sembrare una storia inverosimile, ma nei libri tutto è concesso, e pagina dopo pagina aumenta il desiderio di sapere come andrà a finire il viaggio…
“Gabì è un camionista italiano che ha passato la vita sulla strada, fra l’Italia del Nord e la Francia. Ha appena compiuto settant’anni: da quasi venti il suo tempo scorre tranquillo accanto a Pierrette, una focosa vedova francese che lo ha convinto a trasferirsi a V., un bucolico villaggio dove nulla accade.
La vecchiaia avanza inesorabile, accompagnata da visioni di un’epopea nostalgica e una realtà falsata dai vuoti di memoria, scandita da spunti comici e surreali. Ma un giorno, all’improvviso, Gabì è costretto a rientrare in Italia con l’inganno. Quando se ne rende conto, fugge nottetempo, con un solo obiettivo: tornare a casa. Comincia così un’avventura tragicomica on the road, fra la pianura padana scorticata da capannoni e autogrill, e una Francia mitizzata, punteggiata da incontri che lo riportano a un passato mai dimenticato. Un viaggio stralunato nella memoria, combattuto tra il bisogno di chiudere il cerchio e di farsi perdonare, e il desiderio di rivivere emozioni e sentimenti, in un presente che non corrisponde più ai ricordi.
Un viaggio folle e disperato verso la vita, verso la donna amata, verso il sogno impossibile del ritorno.”
Leggere può essere una passione. Quando si apre un libro e si comincia a leggerlo è come varcare una soglia ed entrare in un mondo parallelo. La mente comincia a dare forma e colore alle parole scritte, i personaggi assumono una loro fisionomia e di solito ci si immedesima in uno dei protagonisti. Si cerca di indovinare le loro prossime mosse e anche il loro passato…
Per mia esperienza personale un libro è più avvincente di un film, probabilmente perché non ha limiti temporali né di pagine, ci possono volere giorni per leggerlo tutto mentre i film devono essere “compressi” in un paio d’ore…
Ma ci sono libri per camionisti? O libri dedicati ai camionisti? O addirittura libri scritti da camionisti? Secondo me si può rispondere di si a tutte e tre le domande. Partendo sempre dal presupposto che a una persona piaccia leggere, indipendentemente dal tipo di lavoro, o meglio di vita che fa, la risposta alla prima domanda è generica, ognuno ha i suoi gusti e sceglie in base a quelli, sia che faccia o meno il camionista.
Alle altre due domande qualche camionista potrebbe obiettare che passa già la vita su un camion ci mancherebbe anche che si metta a leggere libri che lo riportano ancora in cabina anche nel tempo libero…
Eppure ci sono diversi libri che hanno i camionisti come protagonisti, e ce ne sono anche di scritti direttamente da chi svolge questo lavoro (come ben sapete anche noi ci siamo cimentate in questa impresa col nostro libro che racconta la storia di 52 colleghe).
Cosi ho pensato di proporvi qualche titolo tra quelli che ho letto, non sono tutti recenti ma non per questo meno interessanti, un libro per il fine settimana è il titolo di questa nuova rubrica, buona lettura a tutti!
Lui è il grande Pasquale! Per chi non lo conoscesse è uno degli autori (insieme a Beppe) di libri “bellissimi”, tra cui “Macchina e rimorchio” e “Profuno di nafta”.
Se non li avete mai letti ve li consiglio, soprattutto per le bellissime foto d’epoca!
Ieri ci siamo rivisti a Stroppiana al Museo Marazzato, e ho avuto il piacere di donargli il nostro libro “Soprattutto camioniste”.
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