UN LIBRO PER IL FINE SETTIMANA – “LA SECONDA AVVENTURA”

 

In un mondo in cui tutti corrono per essere primi…a me basta arrivare… Il libro di questa settimana non è nuovo, è stato pubblicato nel 2020  da EDT e si intitola “La seconda avventura”. L’autore è Simone Saccucci, classe 1979. Come spesso mi accade, l’ho scoperto girando nel web in cerca di cose “camionistiche”, me lo sono fatta ordinare, ho dovuto aspettare un po’ il suo arrivo  ma poi me lo sono divorato in un paio di giorni. La storia mi piaceva anche se è catalogato come un libro per ragazzi!

La protagonista è Bianca, 16 anni, figlia di un camionista e grande ammiratrice di Iwona, si proprio lei Iwona Blecharczyk, la “Trucking girl” di You Tube, la miss polacca che ha scelto di fare la camionista.

Nel libro Bianca viaggia sul camion di suo papà, o per meglio dire lo guida pur non avendo la patente né l’età per farla. L’ha preso ed è partita, doveva sfuggire a qualcosa o forse trovare un perché…

 

Poi in un’area di sosta incontra Siria, un’anziana signora, muta, fuggita da una comunità (ma si scoprirà poi) che vuole un passaggio. Bianca non vorrebbe darglielo, ma alla fine cambia idea e la fa salire in cabina. E inizia la loro avventura, un susseguirsi di eventi, di incontri, di situazioni a volte inverosimili.

Il link:

https://www.edt.it/libri/la-seconda-avventura

La copertina:

La trama:

Bianca e Siria, una ragazza di sedici anni e una donna anziana quasi muta, corrono su un camion rubato. Scappano? Forse: la meta è un’isola al largo dell’Irlanda, irraggiungibile e magica, e la strada lunga e ricca di incontri (e scontri) che cambieranno le loro vite… Un romanzo on the road che non dà tregua fino all’ultima pagina.

«Guardo il fiume ed è passato un tempo interminabile. Sono una libellula sull’acqua, leggera. Volo in questo tempo sospeso sul fiume. Con tanto rumore dentro, eppure senza fare rumore. Piena d’aria e proprio per questo, vuota. Libera dal dolore. Dalla felicità. Da quello che penso di dover essere. Da quello che penso debba essere il mondo.»

Bianca ha sedici anni, un’amica ideale che incontra solo su YouTube, un nodo buio dentro di sé a cui preferisce non pensare – e guida un Tir da 10 tonnellate. Siria ha due nomi e molte vite alle spalle, un vecchio diario, la voce spezzata che sa diventare musica, e una poesia. Una sottile affinità, e forse un pizzico di follia, le spinge a unirsi per raggiungere insieme Innisfree, un’isoletta al centro di un lago nella lontana Irlanda, il posto in cui «mezzanotte è tutta un luccicare, e il meriggio brilla come di porpora». La diffidenza iniziale si trasforma, lungo il viaggio, in complicità. Il passato di Siria a tratti riemerge e si fa visibile: la vita da contadina e la sete di cultura, un caso di omicidio risolto solo a metà, l’incidente che l’ha costretta a un semi mutismo, gli anni tristi e vuoti trascorsi in una casa di cura. Bianca a sua volta comincia a decifrare il dolore che si porta addosso, e a comprendere il senso e le ragioni della sua incontenibile voglia di scappare. Un incontro spigoloso e tenero tra due persone già ferite, che darà ad entrambe la forza di gettarsi in una lunare e commovente seconda avventura.


E anche un video con l’autore che parla del suo libro:

 

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La storia di Francesca

 

Francesca è una delle colleghe che hanno partecipato al concorso per il Sabo Rosa 2023, è figlia d’arte e in questa intervista di Elisa Bianchi per “Uomini e Trasporti” ci racconta il suo percorso per riuscire a realizzare il suo sogno di diventare camionista! A volte la tenacia premia chi ce l’ha!

 

Il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

La prima parte dell’articolo:

 

Francesca Morrone, dal magazzino al camion seguendo le orme di papà

Figlia di un camionista capisce fin da piccolissima che vuole seguire le orme del padre, anche se lui non è d’accordo. Testarda e determinata Francesca Morrone non si perde d’animo, inizia la carriera in magazzino e dopo una gavetta che non le riserva sconti arriva a bordo del suo camion, un posto che è suo da quattro anni e che non ha intenzione di lasciar andare, anche se da mamma sa bene che «senza il supporto delle aziende, spesso l’unica soluzione per le donne che vogliono crearsi una famiglia è sempre quella più amara»

Il rumore metallico dei portelloni che si chiudono indica che il viaggio sta per iniziare. «Metto gli auricolari e sono pronta a partire». Dall’altra parte del telefono la voce è quella di una ragazza, è allegra. Si scusa per il ritardo, «Sai – ci dice – in questo lavoro gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo». Il camion si accende, Francesca ingrana la marcia e parte sicura sulla sua strada. Missione giornaliera: muoversi in direzione Brescia per ritirare del caffè. «Di solito trasporto cose diverse, principalmente bancomat, slot machine, apparecchi medicali e frigoriferi nel milanese e nel bresciano, ma oggi è diverso».

Francesca Morrone, 34 anni, originaria di Genova ma milanese d’adozione, lavora come autotrasportatrice da nove anni. In realtà non ha sempre fatto l’autista. Anzi, il suo percorso di studi è stato «lontano anni luce», come le piace dire, dalle sue inclinazioni. «Sono figlia di un camionista –racconta – e quando ero piccola io e papà abbiamo passato tanti pomeriggi insieme a bordo. Questo ha fatto in modo che si creasse una bella complicità tra noi e ho capito subito che avrei voluto seguire le sue orme. Lui però non era d’accordo. Aveva immaginato per me un futuro più tranquillo, un lavoro da ufficio. Quando ero adolescente papà ha lasciato il camion e ha aperto un’impresa edile, desiderava continuassi con l’attività. Così per amor suo mi sono iscritta a ragioneria. O almeno ci ho provato perché dopo poco ho lasciato, non faceva proprio per me. Il problema è che poi ho scelto un percorso di studi ancora più distante dalle mie passioni». Ci aspettiamo di tutto, data la premessa. «Odontoiatria» dice infine Francesca. La domanda sorge spontanea: perché? «Beh, ho dovuto trovare un compromesso con mio papà che desiderava per me un lavoro redditizio, sembrava una buona idea». Non lo era. Francesca al terzo anno lascia ancora una volta gli studi, questa volta, però, pronta a inseguire il suo di sogno.

L’occasione arriva letteralmente servita su un piatto: «Lavoravo al porto di Genova come cameriera part-time quando un giorno mi ritrovai a servire da mangiare a quello che poi sarebbe diventato mio marito. Oggi ex marito – precisa –. Era un autista e passava di lì per uno scarico. Ci siamo innamorati subito». Dopo qualche anno di amore «pendolare», Francesca si trasferisce da lui, in provincia di Milano. L’avventura, quella sognata fin da piccola quando puntava gli occhi sulla strada davanti a sé dal cruscotto del camion del papà, può finalmente iniziare. «Io volevo guidare, certo, ma non volevo sconti. Ho scelto di fare la gavetta, unico modo per imparare davvero il mestiere, e così ho iniziato come magazziniera per un corriere espresso. Per la prima volta, però, ho tastato con mano il fatto che si trattasse di un mondo ancora poco aperto alle donne. Non tanto il magazzino, quanto l’autotrasporto. Ho lottato per farmi spazio, ho seguito corsi, ho preso i patentini per il carroponte e per il muletto, ma dopo quattro anni di tentativi ho capito che lì non avrei avuto possibilità come autista». Francesca non si arrende, trova un’altra azienda che la assume come magazziniera e nel frattempo studia per prendere le patenti superiori con la speranza che le si aprano le porte della cabina. «In quel momento, però, l’azienda non aveva la possibilità di assumermi come autista, così mi sono licenziata, ma questa volta con la promessa che sarei tornata appena si fosse reso disponibile un posto».

Quello che succede nel frattempo è un’esperienza intensa, non in senso positivo, per un altro corriere espresso. «È stato un lavoro deleterio». Il giudizio è schietto, sincero. «Correvo come una pazza per portare a termine decine e decine di consegne al giorno. Impossibile rispettarle tutte, sia per le ore che per le zone da servire, ma a contare erano solo i numeri, nient’altro». Le chiediamo se ricorda un episodio in particolare in cui si sia trovata in difficoltà. Non deve pensarci molto, i ricordi affiorano. «Quella volta che dovevo consegnare due o tre bancali a un ufficio comunale. Fogli di carta bianchi. La situazione che ho trovato è stata questa: via stretta, zona centrale, ascensore guasto. La mancata consegna non era un’ipotesi percorribile perché avrei rischiato un richiamo, così ho iniziato a sbancalare in mezzo alla strada, visto che non c’era altro posto, e a portare da sola i bancali. Nessuno mi ha aiutata. La motrice bloccava la strada e hanno iniziato a prendermi a male parole, ma io stavo solo facendo il mio lavoro. Sai, in quella situazione mi sono sentita inadeguata. Ho capito che stava venendo meno la mia dignità di persona ed è stata l’unica volta in cui ho pensato di mollare tutto». Le chiediamo se in quella situazione ha pensato di tornare in magazzino. «Al di là del mio sogno di guidare, in quel periodo mi stavo separando da mio marito e facendo la magazziniera, detto sinceramente, non mi sarei potuta mantenere. Nel frattempo avevamo avuto una bambina, Gioia, e così ho dovuto prendere in mano la situazione, non mi potevo accontentare».

Razvan Liviu Scutaru, oggi capo di Francesca, insieme a lei davanti a mezzi della Best Autotrasporti.——————————————————————————-Il resto dell’articolo lo potete leggere a questo link https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

 

Buona strada Francesca!

 

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Un nuovo appuntamento a Stroppiana

 

Un nuovo appuntamento dedicato a tutti gli appassionati di vecchie glorie, a Stroppiana (VC) presso la Collezione Marazzato di mezzi storici, per chi non ci è mai stato e per chi ha voglia di tornarci, porte aperte il 15 aprile 2023 dalle ore 10.00!

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10 domande a ….Gloria

 

Sempre da “Uomini e trasporti”, Voci on the road, un’intervista a cura di Elisa Bianchi, alla nostra collega Gloria

Il link: https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-gloria-benazzi/

  • Come è iniziata la tua avventura con l’autotrasporto?

Sono figlia d’arte, la mia famiglia aveva una ditta di trasporti tramandata da generazioni e fin da piccola ho sempre avuto a che fare con questo mondo. Quando sono cresciuta ho iniziato ad aiutare in azienda, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più logistici e burocratici, ma io volevo guidare, anche se mio papà non era d’accordo.

  • Come hai superato questo ostacolo?

A 21 anni ho preso le patenti con i soldi che avevo messo da parte lavorando come onicotecnica. La svolta è arrivata grazie al mio ragazzo, Luca, anche lui autista, che mi ha spronato a non lasciar sbiadire il mio sogno di mettermi alla guida. Ho fatto richiesta per lavorare nella sua stessa azienda e mi hanno assunta.

  • Oggi che cosa trasporti?

Ho realizzato il mio sogno di trasportare fiori, viaggio con il mio compagno sulla tratta Olanda, Belgio e Italia.

  • Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Il profumo intenso che si sente quando arrivo al mercato dei fiori in Olanda e i camion customizzati che si vedono girare all’estero. Io amo disegnare e penso che alcuni mezzi siano delle vere e proprie opere d’arte viaggianti. Sto restaurando un camion d’epoca e presto potrò personalizzare anche il nostro camion. Sto preparando i bozzetti delle grafiche.

  • E cosa ti piace di meno?

Essermi scontrata con la realtà. Spesso mancano i servizi per le donne e se non ci fosse Luca con me mi sentirei in difficoltà a entrare nei bagni degli uomini. Ormai i camion sono accessoriati con tutto, quello che manca “fuori”, quindi, sono i servizi e i posti sicuri dove potersi fermare a riposare.

  • Pensi che la situazione sia migliore all’estero?

Credo che in Italia la figura dell’autista sia ancora molto stereotipata. Per quanto riguarda le donne, poi, si pensa ancora che ci spettino dei compiti che non possono essere affidati agli uomini, e viceversa. Come donna ho dei limiti, ma non penso mi possano ostacolare in questo lavoro.

  • Cosa bisogna fare per avvicinare più donne e giovani come te al settore?

Avvicinare i giovani alla professione di autista oggi è più difficile perché se non si nasce figli d’arte non è facile comprendere o scoprire quanto sia affascinante. Se non si investe quindi su altri fronti nessuno potrà mai avvicinarsi spontaneamente. Anche le donne che fanno questo lavoro sono spesso figlie d’arte o mogli che viaggiano con il marito. In questi mesi mi sono resa conto che forse ci sono più donne che giovani alla guida, ma molte cercano di passare inosservate e quindi alla fine sembriamo sempre poche.

  • Perché le autiste si nasconderebbero?

Penso che lo facciano per sicurezza. Se io viaggiassi da sola avrei paura a esporre il mio essere donna in determinate circostanze. Se mi dovessi fermare di notte in un’area di servizio ed entrare nel bagno degli uomini perché non ci sono bagni per le donne vorrei mi vedesse meno gente possibile.

  • I social network possono aiutare ad avvicinare le donne al settore?

I social consentono di condividere la propria esperienza con grande facilità. Possono fare la differenza, portare alla luce degli esempi, delle fonti di ispirazione per altre donne.

  • Che cosa manca oggi al settore per riqualificarsi?

Serve sicuramente più unione, che è quella che fa la forza.

 

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Un vecchio articolo…

 

Girando e rigirando nel web, ogni tanto capita di imbattersi in qualche vecchio articolo che racconta la storia di colleghe camioniste. Questo de “L’Unità” risale ad aprile del 1995 e racconta le storie di Barbara, che all’epoca aveva 22 anni, e di Ester, che ne aveva 32.

Chissà se  dopo 28 anni (dall’articolo) viaggiano ancora o se hanno cambiato “strada”?

Vi metto il link dove potete leggerlo in pdf:

https://archivio.unita.news/assets/main/1995/04/14/page_011.pdf

 

Buona lettura e buona strada a tutti!

 

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Manuela e l’escavatore!

 

Un altro video del grande marvin 345 dedicato a Manuela, questa volta, oltre al camion ci fa vedere come manovra l’escavatore. grande Manuela, buona strada sempre!

 

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UN LIBRO PER IL FINE SETTIMANA – “LE VITE IN BILICO”

 

A volte i titoli hanno un doppio senso, come quello di cui vi parlo questo fine settimana: “Le vite in bilico”, scritto da un collega camionista, Antonino Moschella, e pubblicato da Rossini Editore a gennaio di questo 2023.

“In bilico” perché i due camionisti protagonisti guidano appunto un autoarticolato, e “in bilico” perché quale vita non è perennemente in bilico? Anche quando crediamo di avere raggiunto un equilibrio, la stabilità, quando pensiamo di essere arrivati e finalmente tutto andrà bene, c’è sempre la possibilità che qualcosa stravolga il nostro presente.

Ed è quello che capita ai due protagonisti. Il libro è un’alternanza di capitoli che raccontano il loro passato con altri che narrano il presente. In una notte in viaggio sui propri camion e in compagnia dei propri bambini ripercorrono le tappe della loro vita che li ha portati ad essere quello che sono.

Pagina dopo pagina si dipana una storia che forse tutti abbiamo vissuto, se non in prima persona magari come spettatori della vita di qualche nostro amico. L’adolescenza, i primi amori, la scuola, la musica, i sogni,  i primi schiaffi che la vita ci da. Un susseguirsi di eventi che potrebbero portare ad un lieto fine…

Non vi dico di più, solo che a me è piaciuto…vi metto un link:

https://santellionline.it/products/le-vite-in-bilico

La copertina:

La trama:

“Piermatteo e Vittorio, autisti di camion, iniziano il loro viaggio e per questioni familiari devono portare a lavoro i rispettivi figli, Martino ed Enrico. Sulla statale da Vinadio verso Torino, i due genitori lottano con le avversità della strada e, per tenere alta la concentrazione, raccontano molte storie ai piccoli sempre più incuriositi ed emozionati. Il loro passato, anche se tormentato, è stato ricco di studi, soddisfazioni letterarie e viaggi. La non voluta divisione amorosa e la conseguente separazione dai figli hanno spazzato via la speranza di un futuro migliore. “Le vite in bilico” è un “viaggio nel viaggio” che racchiude infanzia, adolescenza e maturità, in cui l’amicizia inaspettata è la chiave di volta che, forse, riuscirà ad aprire la porta del destino. Piermatteo e Vittorio, pur ricercando la stabilità, sanno con certezza che saranno comunque “vite in bilico”.

 

Buona lettura e buona strada sempre!

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Una nuova collega: Lucia

E’ bastato un messaggio al cellulare per combinare il nostro incontro, eravamo vicinissime quindi è stata l’occasione per conoscerci! la raggiungo alla Forst di Trento (non al bar eh) dove stava caricando una navetta per la Val di Non, e qui scatta la foto di rito!

mi racconta che due anni fa ha preso le patenti superiori per scommessa, che chiaramente ha vinto, una soddisfazione che si è trasformata in un lavoro come autista di bilico alla Frioli.

E’ la prova che se credi in te stesso arriva sempre l’occasione di realizzare il proprio sogno, certo i primi tempi non sono mai facili, ma superati quelli poi, grazie anche alla voglia di imparare e mettersi alla prova, si riesce!

Le consegno il nostro libro con la promessa di ritrovarci presto, che poi in trentino non è così difficile che le nostre strade si incrocino! Buona strada Lucia è stato un piacere conoscerti!

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Jasmine, la nostra giovane collega!

 

Abbiamo già pubblicato qualche articolo dedicato a Jasmine, la nostra giovane collega, ma è proprio perchè è giovane e appassionata di camion che ci piace!! In un settore in cui il ricambio generazionale sembra non esserci quasi più è bello leggere storie di giovani ragazze che diventano camioniste! Chissà, magari il futuro dell’autotrasporto non sarà tutto in rosa, ma almeno un tocco qua e là è assicurato!

Buona strada sempre Jasmine!

Questo è il link dell’articolo su “Il Mattino di Padova” :

https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2023/04/03/news/personaggi_veneto_jasmine_pojana_camionista_regina-12735386/

Inizia cosi:

Jasmine Pojana, 25 anni, la camionista che si sente una regina: «Al volante assaporo la mia libertà»

Padovana di Fontaniva, sin da piccolissima viaggiava in cabina seduta accanto al padre autotrasportatore. «Grazie a lui quando sono nella cabina di un camion mi sento su un trono»

Enrico Ferro

Da piccola sedeva sul sedile del passeggero accanto al padre camionista, amava guardare il mondo dal quel trono con le ruote, altissimo rispetto a tutte le altre macchine. Vent’anni dopo Jasmine Pojana è diventa la regina del quel trono.

È una camionista. «Essere passeggera è un conto, ma guidare il camion è tutt’altra storia», dice con l’entusiasmo di una bambina che stringe tra le mani il suo giocattolo.

Come è nata l’idea di fare questo lavoro?

«Io praticamente sono nata in camion, perché mio papà ha sempre fatto questo mestiere. Prima era dipendente, poi si è messo in proprio.

Sono sempre andata con lui, dall’età di 3 anni. Con il tempo la passione per questi camion grandi è cresciuta, finché mi sono fatta la patente. Volevo lavorare in questo settore, o almeno provare. Ed eccomi qua».

Come funziona il suo lavoro?

«La nostra sede è a Fontaniva, dove abito. Io parto la mattina, vado a Padova e Venezia, carico il cassone con il transpallet e prendo verso Milano. In genere scarico a Pavia o Cremona. Faccio le consegne e torno. Il mio è un lavoro giornaliero, la notte non resto fuori. In genere entro le 21 sono a casa, ma non è scontato».

Cosa le piace del suo lavoro?

«Salire in cabina di guida, accendermi la radio e partire: mi porta in un altro mondo. Mi sento libera. È questo che mi piace.

Ci sono tante insidie e anche momenti non facili: il meteo, le rotture, gli incidenti. Ma a me piace e mi dà soddisfazione.

Poi non è così scontato vedere arrivare un ragazza giovane alla guida di un camion. Tutti mi fanno complimenti e a me fa piacere. Mi sento una regina».

Ha mai avuto la sensazione di essere discriminata in questo ambiente così maschile?

«Non ho mai trovato un muro davanti a me. Se ho avuto bisogno di un consiglio, ho sempre trovato persone disposte ad aiutarmi».

Qualche fischio molesto?

«Nel mazzo qualcosa sì, qualcuno magari si avvicina e fa di tutto per attaccare bottone. Ma io metto subito in chiaro le cose, non mi piace quando le persone fraintendono e non ho problemi a tenerli al loro posto».

 


 

(…) il resto dell’articolo sulla pagina ufficiale del Mattino di Padova

 

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UN LIBRO PER IL FINE SETTIMANA – “ROUTE 6”

 

Arriverà il giorno in cui ci toccherà di appendere il volante al chiodo e tutte le nostre avventure on the road volgeranno al termine. La pensione segnerà lo spartiacque tra una vita avventurosa e una vita un po’ noiosa…

Questo è quello che è accaduto a Gabi, il protagonista del libro di cui vi parlo questa settimana.

Pubblicato nel 2017, scritto da Patrizia Varetto, si intitola “Route 6”.

L’ho letto da poco nonostante mi fosse “passato davanti” diverse volte nel web, ma non mi decidevo mai a prenderlo.

C’è un momento giusto per ogni cosa, dicono. Alla fine è arrivato tra le mie mani e io sono entrata nelle sue pagine, ho vissuto qualche ora in compagnia di Gabi, vecchio camionista in pensione, annoiato e con problemi di memoria. Brutta cosa a volte la vecchiaia, ti porta via le parole, ti disconnette dalla realtà. E allora torna il desiderio di tornare a solcare le strade a bordo di un camion per sfuggire ad un presente che non si riconosce più.

Potrebbe sembrare una storia inverosimile, ma nei libri tutto è concesso, e pagina dopo pagina aumenta il desiderio di sapere come andrà a finire il viaggio…

Vi metto un link della casa editrice:

http://www.arabafenicelibri.it/scheda-libro/patrizia-varetto/route-6-9788866174271-480021.html

La copertina:

 

E la trama:

 

“Gabì è un camionista italiano che ha passato la vita sulla strada, fra l’Italia del Nord e la Francia. Ha appena compiuto settant’anni: da quasi venti il suo tempo scorre tranquillo accanto a Pierrette, una focosa vedova francese che lo ha convinto a trasferirsi a V., un bucolico villaggio dove nulla accade.
La vecchiaia avanza inesorabile, accompagnata da visioni di un’epopea nostalgica e una realtà falsata dai vuoti di memoria, scandita da spunti comici e surreali. Ma un giorno, all’improvviso, Gabì è costretto a rientrare in Italia con l’inganno. Quando se ne rende conto, fugge nottetempo, con un solo obiettivo: tornare a casa. Comincia così un’avventura tragicomica on the road, fra la pianura padana scorticata da capannoni e autogrill, e una Francia mitizzata, punteggiata da incontri che lo riportano a un passato mai dimenticato. Un viaggio stralunato nella memoria, combattuto tra il bisogno di chiudere il cerchio e di farsi perdonare, e il desiderio di rivivere emozioni e sentimenti, in un presente che non corrisponde più ai ricordi.
Un viaggio folle e disperato verso la vita, verso la donna amata, verso il sogno impossibile del ritorno.”

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