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La storia di Aneta, un’autista in rosa

 

Anche questa intervista non è nuova, è di marzo 2020 e l’ho trovata come sempre nelle mie ricerche gironzolando nel Web.

Aneta è una collega che fa distribuzione a Roma per la Fercam, questo è il link dell’articolo:

https://www.fercam.com/it/news-stampa/news/aneta-kolanek-unautista-in-rosa–1-606.html

E questa è la sua storia:

 

08.03.2020

Aneta Kolanek: un’autista in rosa

Da ottobre dello scorso anno, Aneta Kolanek collabora con FERCAM come autista, un ruolo che spesso nell’immaginario viene considerato maschile. Intervistandola, abbiamo potuto scoprire il suo carattere intraprendente, il suo approccio limpido e genuino, l’invidiabile grinta con cui fronteggia le sue giornate.

 

Com’è essere una delle pochissime donne che svolgono questa professione?

È vero che questo mestiere di solito è riservato agli uomini, però per me non è una cosa così strana e non mi trovo in difficoltà. Nella vita ho sempre fatto lavori pesanti, quindi lo trovo normalissimo. Per esigenze familiari ho guidato trattori, ho lavorato in una fabbrica di treni,… non mi è nuovo fare cose che di solito si pensa le donne non facciano. Io mi sento di poter fare tutto e non mi manca niente!

Ti capita di sentirti discriminata perché donna?

Non mi trattano diversamente perché sono donna, ed è giusto così, secondo me. Non c’è discriminazione, anzi. Un esempio? Una volta ho scaricato una lastra di ferro da 170kg. Dal magazzino c’erano ben 3 uomini a guardare l’operazione, e nessuno di loro si è mosso per dare una mano. Quella volta in verità ci sono rimasta male, dopo aver scaricato li ho guardati e non ho potuto non commentare il loro comportamento

E i clienti come reagiscono?

Mi fanno tanti complimenti! Molti clienti sono sorpresi, li vedi che pensano “Oddio! È una donna! È la prima volta che vedo una donna arrivare per fare consegne per FERCAM”. A volte commentano ad alta voce e allora io chiedo “Ma le fa piacere?” e mi rispondono “Sì! Magari ce ne fossero di più! Più donne ci vorrebbero, voi capite di più!”. Il fatto di dimostrare gentilezza, ascoltando le esigenze di chi ho di fronte, viene molto apprezzato. Con la gente bisogna saper parlare e mi fa piacere poter fare felici i clienti, è quello che mi dà più soddisfazione. Altrimenti il lavoro diventa stressante, i rapporti non sono buoni e la giornata si fa pesante. Una volta ho avuto a che fare con un cliente insoddisfatto, che voleva cambiare fornitore. Gli ho parlato con tranquillità, convincendolo che se ci fossero stati problemi li avremmo risolti insieme. Ogni volta che ci vado ora è sempre sorridente e non ha mai più parlato di lasciare FERCAM.

Ci racconti un po’ di te?

Sono polacca, sono in Italia da 20 anni, mi sono sposata qui e ho 4 figli. Vivo in campagna, ad Aprilia, con 12 cani e 7 gatti. Da quasi sei mesi collaboro con FERCAM. In Italia sono venuta quando avevo 18 anni, in cerca di lavoro. Non parlavo la lingua e non conoscevo la cultura, è stato come ricominciare da zero. Piano piano sono andata avanti, cominciando dal lavoro che potevo fare in cui non era necessario comunicare con gli altri (le pulizie). Ma non mi sono fatta spaventare, mi sono adattata: dopo 6 mesi parlavo italiano e ho trovato un lavoro stabile presso una famiglia con 3 figli. Ma non era un lavoro per me, preferisco di gran lunga guidare un camion che fare le pulizie!

Sono sicuramente cresciuta in una cultura diversa: io vedo i miei figli andare a scuola come se fosse il parco giochi, ma in Polonia è come un addestramento, per me è stato un ambiente molto rigido e severo. Mia madre ha sempre lavorato in fabbrica, era uno dei responsabili perché sapeva manovrare tutti i macchinari. Anche mio padre ha sempre fatto lavori pesanti, da operaio.

Come si svolge la tua giornata lavorativa tipo?

Mi alzo alle 3 di notte, alle 4 sono fuori casa, alle 5 comincio a caricare il furgone. Intorno alle 7, al massimo, esco e vado a fare il giro nella mia zona. Una volta terminate le consegne torno al magazzino, restituisco ciò che non ho potuto consegnare, vado in ufficio per chiudere il giro e lasciare i documenti. Se finisco presto comincio a caricare per il giorno successivo. Ma questo non significa che il giorno dopo mi sveglio più tardi! Alle 5 il giorno dopo sono comunque in magazzino, a prendere in consegna altre bolle.

Come concili impegno lavorativo e vita familiare?

I miei figli ormai sono indipendenti, il primo ha 20 anni, l’ultima 11. Stanno con mio marito e io li vedo nel fine settimana, perché non posso andare avanti e indietro da Roma tutti i giorni, quindi sto in settimana in città da un’amica. Ho in progetto di comprare una macchina per poter tornare a casa la sera, spero di poterlo fare presto.

E nel fine settimana che cosa ti piace fare?

Ballare! Ho un grande stereo, in campagna non disturbo nessuno e posso fare festa con i miei figli. Se c’è bel tempo facciamo un bel barbecue. Gioco coi miei cani e cerco di divertirmi il più possibile, recuperando tutto quello che non ho potuto fare gli altri giorni. La giornata e mezza che ho con la mia famiglia cerco di godermela il più possibile.

Quali sono i lati migliori e quelli peggiori di questo lavoro?

È un lavoro in cui non ci si annoia, si incontrano persone diverse, ci sono sempre occasioni per fare una battuta. La parte che preferisco è poter rientrare a sera con il furgone vuoto, avendo consegnato tutto, quella è una soddisfazione.

Lati negativi? Mah… sai l’unica cosa che mi viene in mente? Il traffico!

Se potessi cambiare qualcosa?

Ho sempre affrontato di petto tutto quello che mi si è presentato davanti e sono molto orgogliosa di quello che ho imparato e che ho saputo fare. Rifarei tutto da capo allo stesso modo. Nella vita non ti devi mai pentire di tutto quello che passi, chi incontri, che cosa ti capita sulla strada. Perché quello è, non si può cambiare, è da accettare.

Grazie mille Aneta per il tempo che ci hai dedicato e per aver condiviso la tua storia!

 

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CAMIONISTE DI IERI: IN FRANCIA

 

Vi ricordate del libro di LilyaneFantastique”  di cui vi ho parlato un po’ di tempo fa?

Lei è stata una delle prime camioniste francesi, ma non la prima in assoluto…

In un capitolo del suo libro “38 Tonnes de souvenirs en vrac”  racconta un episodio che le capitò nel mese di luglio del 1957 a Parigi. All’epoca aveva 20 anni, era arrivata in città a bordo del camion Renault del suo amico Bernard, avevano scaricato  a Les Halles, il mercato della frutta. Poi lei era rimasta a Parigi, ospite della sua amica Sylvette per un paio di giorni. E mentre l’amica era al lavoro, Lilyane girava per  La Bastille, il quartiere dove abitava Sylvette, armata della sua macchina fotografica, pronta ad immortalare ogni camion che incrociava per aggiungere nuove immagini alla sua collezione di foto.

E’ durante quel suo girovagare per le vie parigine che incontra la “sua” prima donna camionista

Dietro il grande parabrezza di un Berliet vede una donna piccola, bionda, al volante di un camion con rimorchio sul quale è scritto a grandi lettere “BERGER”.

Riesce a scattarle una foto. Una foto che lei conserverà per tutta la vita come una reliquia, un’icona preziosa come un gioiello.

Quella piccola donna camionista diviene il suo idolo. Il suo pensiero fu:”Se lei fa questo mestiere, allora potrò farlo anch’io!”

L’aver visto una donna camionista la fa sentire meno un’eccezione, significa che ci sono altre donne come lei, donne che hanno sognato di fare le camioniste e ci sono riuscite!

 

Ma chi era quella piccola donna al volante di quel grande camion?

Si chiamava  Yvette Pottier e guidava un Berliet musone, un camion molto diffuso in Francia in quegli anni.

A Lilyane capitò ancora di incontrarla nel corso degli anni, quando finalmente anche lei si trovava al volante di un “poids lourd”. La salutava con un colpo di fari al quale Yvette rispondeva sempre, finché un giorno si fermò per abbracciarla, le raccontò che  lei non voleva essere notata sulla strada, che per lei era normale guidare un camion e che ognuno doveva fare la sua strada.

Di Yvette ho trovato tempo fa questo vecchio articolo che purtroppo parla della sua scomparsa in un incidente stradale. Un incidente provocato da una Mercedes che viaggiando troppo velocemente urtò un camion che poi si scontrò con quello di Yvette uccidendola sul colpo.

Era il 9 marzo del 1987, aveva 62 anni, guidava i camion dal 1943 e non aveva mai fatto un incidente nella sua carriera di autista. Trasportava esclusivamente per Berger, delle bottiglie, 20 tonnellate e 3000 km minimo alla settimana. Aveva una grande passione per la “route” e tutti quelli che l’avevano conosciuta avevano di lei il ricordo di una “Grand Dame”!

Perché vi parlo di loro? Perché mi è sempre piaciuto leggere le storie delle altre donne camioniste. Scoprire che in questo mondo dell’autotrasporto ancora troppo maschilista, ogni tanto c’è una donna al volante di un camion.

E se ancora oggi quando ci vedono alla guida un po’ di stupore lo suscitiamo, posso solo vagamente immaginare come potesse essere la vita di una camionista  in quegli anni. Soprattutto in relazione ai mezzi di allora.

Avete mai visto qualche film sui camionisti degli anni ’50?  In realtà non ce ne sono molti, di italiano c’è “Esterina” del 1959, dove i protagonisti, tra cui Carla Gravina, Domenico Modugno e Geoffrey Horne, viaggiano su un vecchio Fiat 634, in Francia ce ne sono un paio che vedono Jean Gabin nelle vesti di un “routier”: “Gas-oil” del 1955 e “Des gens sans importance” (Appuntamento al km 424) del 1956. Non è dei film che vi voglio parlare, ma dei camion che viaggiavano sulle strade in quegli anni.

 

 

Quando ho iniziato io negli anni ’80 i camion erano già abbastanza moderni e servoassistiti, ma all’epoca in cui cominciò Yvette non era cosi, la comodità dell’autista non veniva ancora presa in considerazione, e pensare a una donna da sola al volante di un autotreno in quel periodo mi suscita un sentimento di grande ammirazione. E’ grazie a donne come lei – che non finirò mai di ringraziare – se anche noi anni dopo abbiamo potuto salire quei gradini, sederci in cabina e partire.

Se ancora oggi, 21 anni dopo il 2000, mi capita di sentirmi dire “Sei la prima camionista che vedo”, mentre in realtà (il condizionale è d’obbligo) dovremmo essere circa 2000 qui in Italia, cosa si saranno sentite dire le pioniere degli anni ’50? A quante battute legate al pregiudizio sulle donne al volante avranno dovuto ribattere dovendo in più dimostrare la propria bravura? Quello che molti uomini non capivano allora  – e forse neanche oggi – è che le donne che  scelgono di fare questo mestiere, al 90% lo fanno spinte dalla passione e non per pura necessità, per loro è inconcepibile pensare che una donna possa desiderare di fare questa “vitaccia” sui camion, e invece è proprio cosi. Lo si legge nelle pagine del libro di Lilyane, lo si legge nelle varie interviste ad altre camioniste pubblicate nel corso degli anni, lo si sente dire da quasi tutte le colleghe che si ha la fortuna di incontrare.

Bonne route a tutte le dame del volante!

 

 

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Le consegne agli amici!

 

Le consegne del libro procedono!

E visto che sono a casa qualche giorno sono andata a farle di persona ad un paio di amici storici del nostro gruppo:

 

 

L’ho portato al mitico Chiodo che scaricava – la vigilia di Natale – a pochi km da casa mia:

 

E al nostro caro Gianni, un ex collega che ci sostiene da sempre!

A tutti buona strada sempre!!!

 

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Arriva l’inverno e…

 

Arriva l’inverno e…forse porterà la neve sulle nostre strade e autostrade…

Vi metto i link di due articoli dal sito CamioneFurgoniMag  a cura di Gabriele Bolognini, con alcune interviste a colleghi e colleghe che raccontano le loro esperienze invernali:

http://www.camionefurgonimag.com/neve-catene-e-freddo-parte-uno/

http://www.camionefurgonimag.com/neve-catene-e-freddo-parte-due/

Tra le altre potrete leggere le avventure di:

Iniziamo con la testimonianza di Saura Sacchetti : “Ad essere sincera non ho mai avuto grandi difficoltà o meglio, non mi è mai successo di restare bloccata per neve, ma ho avuto più di qualche volta disagi sulle strade – racconta Saura – Una sola volta ho avuto paura, viaggiavo con il bilico completamente vuoto e mi trovavo in un tratto di strada statale un po’ in collina, nevicava talmente tanto che la strada si imbiancava sempre di più.

(…) continua

 

Il racconto di Dayana Baruzzo: “Esperienze con la neve ne ho avute solo quando lavoravo con mio padre. All’epoca guidavo un bilico DAF cisterna. Un giorno dovevo prendere la tangenziale di Bergamo e avevo la cisterna mezza piena – ricorda Dayana – Aveva iniziato a nevicare di brutto.

(…) continua

 

Francesca Marchesin con la sua piccola motrice, un IVECO Daily da 7,2 ton, viaggia tutta Europa. Di esperienze con la neve na ha avute, questa che ci racconta è una delle più antipatiche: “La prima volta che ho beccato la neve in viaggio ero in Romania. In un’ora è caduta tanta di quella neve che non si sa. Però sono riuscita a passare.

(…) continua

 

Chi parla ora è Paola Gobbetti: “La prima volta che ho guidato un autotreno sotto la neve è stato con un carico di polli. Eravamo in tre camion, dovevamo arrivare a Fossano, in provincia di Cuneo – ricorda Paola – Pioveva di brutto e dopo tre ore ha iniziato a nevicare.

(…) continua

 

 

Le interviste complete sono sulla pagina ufficiale, a tutti/e buona strada sempre!!!

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Auguri!

 

Un altro anno è passato, e noi siamo ancora qui… con passione e tenacia!

Buon compleanno Gisella, grazie per tutto l’impegno che metti nel mandare avanti il nostro gruppo!

Auguri da tutte noi e buona strada sempre!!!

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Aperte le candidature per il “Sabo Rosa ” 2022

 

Ciao ladies! Anche quest’anno riparte la “corsa” per conquistare il Sabo Rosa“!!!

Ormai tutte sappiamo di cosa si tratta, dell’Ammortizzatore Rosa offerto dalla Roberto Nuti Group a una donna attiva nel settore dell’autotrasporto, vi metto il link del sito con il post dedicato:

https://www.robertonutigroup.com/sabo-rosa-2022-candidature-aperte/

E questo è il testo:

Sabo Rosa 2022, le candidature sono aperte

È partita la tredicesima edizione del Sabo Rosa, il tradizionale riconoscimento che, in occasione della Festa della Donna, il nostro Gruppo conferisce a una lavoratrice del mondo dei trasporti. Per partecipare si può già inviare la propria candidatura (o suggerire il nome di un’altra persona) entro le ore 12.30 del 18 febbraio 2022 compilando in pochi minuti l’apposito form accessibile a questa pagina.

Alla “Camionista dell’Anno” verrà consegnato, nella giornata di martedì 8 marzo 2022, un pezzo unico dell’ammortizzatore Sabo tinto di rosa. La cerimonia si svolgerà nella nostra sede bolognese. A presiedere la giuria sarà Elisabetta Nuti, direttore finanziario del Gruppo.

Hanno diritto a ricevere il Sabo Rosa: autiste di camion, bus, autoscale; meccaniche, dirigenti di aziende di trasporto, dipendenti o lavoratrici autonome in ogni settore della filiera: dalla produzione alla ricambistica, passando per la logistica.

Il Sabo Rosa è stato istituito nel 2010 e, finora, è stato consegnato a un’autista dei Vigili del Fuoco, un’autista di pullman, alla titolare di un’officina meccanica e a otto camioniste: due bolognesi, una livornese, una modenese, una lombarda, una altoatesina e tre provenienti dal Veneto. Chi sarà la prossima a festeggiare l’Otto marzo con il prestigioso “pezzo unico” da autista dell’anno?

Vuoi candidarti o candidare qualcuno? Clicca qui

Manuela Brunner, vincitrice del Sabo Rosa 2021
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In memoria di Rita

 

Un riconoscimento in memoria di Rita, una delle prime camioniste italiane e, come riporta l’articolo, la prima donna ad ottenere l’autorizzazione di autotrasportatrice! Una vera pioniera! Nel suo Comune non si dimenticano di lei, nonostante siano passati diversi anni dalla sua scomparsa, anzi per tenere viva la memoria di una grande donna hanno dedico di dedicarle una targa posta all’ingresso del paese!

Questo è il link dell’articolo:

https://lanuovaprovincia.it/attualita/dusino-san-michele-ricorda-rita-mecca-prima-camionista-italiana

E questo è l’inizio dell’articolo:

Dusino San Michele ricorda Rita Mecca, prima camionista italiana

Sabato scorso l’amministrazione comunale ha voluto riconoscere all’imprenditrice un posto nella storia di Dusino San Michele, collocando una targa sull’iscrizione del semaforo d’ingresso al paese

Donne forti e dallo spirito pionieristico quelle del Pianalto Astigiano. La prima donna capostazione d’Italia, Luigina Baj, era di San Paolo Solbrito. La prima camionista italiana di Dusino San Michele. In realtà Rita Mecca, era nata a Villafranca, originaria di Cantarana, dove ancora oggi il suo cognome significa autotrasporti. Dopo il matrimonio con Virginio Caranzano, Rita si era trasferita a Dusino dove, nel 1950, insieme hanno fondato la loro azienda, attiva ancora oggi, passata alle nuove generazioni della famiglia. La giovanissima Rita trasportava materiali per l’edilizia, prodotti chimici e ogni tipo di merce. In paese la ricordano con piglio deciso da imprenditrice, ma anche femminile e materna.

Sabato scorso l’amministrazione comunale ha voluto riconoscere a Rita Mecca un posto nella storia di Dusino San Michele, collocando una targa sull’iscrizione del semaforo d’ingresso al paese, a 10 anni dalla scomparsa, nel 2011. Con il sindaco Valter Malino, erano presenti anche la sindaca di Cantarana, Roberta Franco, il sindaco di Valfenera e presidente della Provincia, Paolo Lanfranco e una trentina di autotrasportatori locali, venuti ad omaggiare una collega che ha precorso i tempi.

La targa ricorda che già nelle celebrazioni del 150esimo dell’Unità d’Italia, a Rita Mecca era stata dedicata una giornata per il primato di prima donna camionista. In quell’occasione il sindaco Malino aveva fatto condurre una ricerca presso la Prefettura e il Ministero dei Trasporti, scoprendo che Rita non è stata la prima italiana ad ottenere la patente di guida, ma è stata la prima ad ottenere l’autorizzazione di autotrasportatrice.

(…) continua sulla pagina ufficiale.

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Una collega olandese

 

Direttamente dal sito della DAF, la storia di Bianca, una collega olandese al volante di un EcoCombi da 25,25 metri!

Questo è il link dell’articolo

https://www.daftrucks.it/it-IT/Cosa-dicono-di-DAF/Drivers/Bianca-Weijers-Tuss

E questo il testo:

Bianca Weijers Tüss

“Cosa vuol dire ‘lavoro da uomo’? Sono costantemente circondata da donne”

Testo: Bert Roozendaal

Fotografia: Roozworks e Mitch Weijers

EcoCombi da 25,25 metri con una donna al volante: una vista abbastanza comune in Scandinavia. Ora ce n’è almeno una anche nei Paesi Bassi, che non accetta l’etichetta di “insolita” applicata alle donne conducenti. “Cosa vuol dire ‘lavoro da uomo’? Sono costantemente circondata da donne.” In parte, ciò si deve al fatto che Bianca Weijers guida un veicolo per la catena di negozi generici Kruidvat per conto del suo datore di lavoro, Cornelissen.

“Dicono che una conducente donna venga sempre servita per prima. Ma il rossetto e i ricci biondi non mi servono a molto quando arrivo con il mio transpallet”, ride. “Alla fine, anche la direttrice del negozio che firma le mie distinte ha ricci e rossetto!”

Bianca Weijers Tüss (34) è sposata con Paul, anch’egli camionista. La coppia ha due figli. “Una famiglia con due conducenti può essere piuttosto stressante”, afferma Bianca. “Ma sono appassionata di autovetture e della scena automobilistica da quando ero giovane. Volevo vivere nel mondo di ‘Fast and Furious’. Avevo una Honda CRX, che mi era costata una fortuna all’epoca. Ma è grazie a quell’auto che ho incontrato Paul.”

Anche se suo padre era conducente di veicoli industriali, sulle prime Banca non aveva intenzione di seguire le sue orme. “Ho iniziato con un furgone per le consegne e poi ho pensato di diventare corriere. Ma non c’erano molte opportunità nel settore, in quel momento era come se tutti avessero deciso di diventare corrieri. A quel punto ho fatto l’esame per la patente di guida per autoveicoli pesanti e ho iniziato a lavorare per l’industria edile e quella adibita al trasporto merci. Sono entrata a far parte di Cornelissen otto anni fa e da allora ho lavorato sempre per loro.”

“Una partenza alle 5:30 è un inizio rilassante per me”

Oggi, Mitch (6 anni), il figlio di Bianca, l’accompagna nel viaggio seduto sul suo seggiolino per bambini nel grande DAF, che traina due rimorchi urbani B-Double. “La pedana posteriore si è bloccata e ho dovuto premere un pulsante in modo che la mamma potesse tornare a usarla”, afferma con orgoglio. “Mitch ama venire con me nei miei giri. Mia figlia Sterre è ancora troppo piccola”, spiega Bianca. “Io lavoro tre giorni a settimana, e Paul cinque. Lavoriamo entrambi per la stessa azienda. Paul è libero il lunedì, quindi posso guidare il suo veicolo. Ma siamo tutti e due occupati il venerdì e il sabato, perciò lasciamo i bambini a mia madre. Non siamo esattamente come la famiglia media. Spesso devo alzarmi alle 2:30 del mattino perché il mio turno di solito inizia alle 3:30. Ma a volte inizio alle 5:30 ed è un inizio rilassante per me.”

Il lavoro non è mai troppo impegnativo per Bianca. “Una donna può fare questo lavoro senza problemi. Prendiamo ad esempio questo DAF: non ha il cambio marcia manuale, sterza facilmente e il sedile è perfetto anche per chi non è molto grande. Ci si abitua rapidamente a guidare un EcoCombi. Naturalmente, raggiungere l’indirizzo di consegna in città può essere una vera sfida. E a volte devo scaricare le merci su strada. Se c’è un’auto parcheggiata nell’area di carico, scatto sempre una foto, nel caso in cui sia sparita quando arriva l’ausiliario del traffico. E la prudenza non è mai troppa con i ciclisti. Alcuni fanno manovre intorno al veicolo che fanno venire il cuore in bocca.”

“Se pensi di sapere tutto, perché non lo fai tu?”

Bianca si diverte tantissimo a guidare l’EcoCombi. “È una sensazione straordinaria avere il controllo completo di un veicolo così gigantesco. Sicuramente bisogna prestare attenzione quando si percorre una rotatoria o si svolta un angolo a causa dei quattro diversi punti di articolazione. E all’inizio facevo fatica a eseguire l’inversione verso la banchina di carico. Ho guidato un cassonato con un rimorchio quando seguivo le lezioni per l’EcoCombi. È molto più facile rispetto alla guida con due rimorchi urbani. La prima settimana, quindi, è stata davvero difficile. Ho persino preso seriamente in considerazione di lasciar perdere. ‘Non riuscirò mai a farcela’, pensavo. Soprattutto perché un veicolo così grande causa sempre ingorghi seri e non mancano mai le persone che cercano di spiegarti come guidarlo. E non parliamo degli sguardi dei colleghi. In questo, essere una donna non aiuta affatto. Ma dico sempre: ‘Se pensi di sapere tutto, perché non lo fai tu?’. Dopo una settimana ho iniziato a capire meglio. Ora so come procedere, e loro no.

E per quanto riguarda carico e scarico? “A Kruidvat si utilizzano i pallet anziché i roll container, quindi è molto più facile perché ho un transpallet elettrico. Così non ci si logora. Lo consiglierei come carriera a qualsiasi donna. Chi cerca un lavoro fantastico in cui distinguersi deve prendere in considerazione quello di conducente di veicoli industriali. Mi dispiace solo che non posso davvero distinguermi perché a Kruidvat ci sono così pochi uomini!”

 

(…) il testo con le foto lo trovate sul sito ufficiale

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La storia di Mara, un altro vecchio articolo…

 

Questo articolo de “Il Tirreno” è del 2012 e racconta la storia della collega Mara di Prato.

Questo è il link:

https://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2012/03/07/news/al-volante-di-un-camion-da-tredici-anni-1.3264204

Questo è il testo:

Al volante di un camion da tredici anni

Mara Ciasullo è capace di sopportare fatiche da uomo: viaggia per giorni e scarica pancali

PRATO. Prima regola: non ditele mai che le donne al volante sono un pericolo costante, perché potrebbe prenderla male. Lei, al volante, c’è tutti i giorni e per lavoro. Fregandosene di stereotipi e pregiudizi. E dell’immaginario comune che vuole come certi mestieri si possano declinare solo al maschile. Quando è alba, Mara Ciasullo sale sul suo autocarro da 35 quintali con cassone, mette in moto e saluta Prato. Marito e figli li rivede, se tutto va bene, per l’ora di cena. «Perché in questo lavoro sai a che ora inizi ma non sai a che ora finisci», ammette. Destinazione tutte le località del Nord Italia.

Ben si capisce come l’8 marzo non faccia né caldo né freddo a Mara, 46 anni e con la voglia di scoprire altre città che 13 anni fa le ha fatto venire il desiderio di salire su un camion. Fisico minuto, capace di sopportare fatiche da maschio. Come quando c’è da scaricare pancali e pancali di merce. Quella di Mara non è una storia qualunque, una di quelle che danno una nota di colore al dibattito sulla questione “femminile” che ogni anno si ripropone con l’8 marzo. Mara è una voce in difesa del mondo degli autotrasportatori, facendo parte del consiglio di categoria di Confartigianato Prato.

«Subiamo molto la crisi: ultimamente si deve lavorare tanto giusto per vivere». Mara è una “padroncina”, ovvero titolare di un’impresa individuale (la Gvm Autotrasporti di Casale) in espansione: «Sto mettendo in piedi una società insieme al marito. Ho aumentato il parco mezzi e adesso ho nove camion». A proposito di uomini: una volta camion e gentil sesso erano due pianeti lontani. «Ho iniziato a 33 anni. Dopo la licenza media mi sono subito messa a lavorare: le prime esperienze sono state nel tessile. Capii dopo un po’ che quello non era il mestiere adatto a me. Volevo vedere posti nuovi, conoscere persone. Il lavoro in viaggio mi affascinava. E così decisi di aprire un’attività di autotrasporti, dopo aver preso patente e licenza».

Certo, all’inizio non sono state rose e fiori. Il muro dei pregiudizi maschili non si infrange dall’oggi al domani. «C’è voluto un po’ di tempo per guadagnarsi la fiducia e il rispetto dei colleghi uomini. Non mi agevolava il fisico minuto. Ai miei committenti dicevo: “Mettevi alla prova e poi giudicate”». (m.l.)

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La storia di Franca

 

In questo  articolo de “Il gazzettino” di Padova del 2018, la storia di Franca che qualche anno fa ha deciso di cambiare vita e salire sul camion!

Questo è il link:

https://www.ilgazzettino.it/pay/padova_pay/franca_dai_piatti_al_volante_vi_spiego_una_scelta_di_vita-3628105.html

E questo è l’inizio dell’articolo:

 

Franca, dai piatti al volante: «Vi spiego una scelta di vita»

Domenica 25 Marzo 2018

Franca, dai piatti al volante: «Vi spiego una scelta di vita»

 

L’INTERVISTA / 1
ARZERGRANDE Serviva raffinati piatti in tavola lavorando in alcuni eleganti ristoranti del Padovano e del Veneziano, ora guida un bestione pesante 180 quintali quando è a carico pieno. «Non chiamatemi camionista. Mi piace la definizione di autotrasportatrice» mette subito le mani avanti Franca Perosa, 44enne chioggiotta che vive ad Arzergrande. Da questo piccolo comune padovano fa base per poi viaggiare in tutto il nord Italia, lavorando in un settore composto quasi esclusivamente da colleghi uomini. Franca Perosa è infatti la titolare dell’azienda di autostraporti che porta il suo nome. La sede legale è ad Arzegrande, quella commerciale a Padova. L’inizio dell’avventura è stato frutto di una scelta di vita ben precisa.
Franca, come ha iniziato?
«Ho lavorato per anni nel settore della ristorazione, nell’area della Saccisica e non solo. Facevo la responsabile di sala, ho svolto pure il corso da sommelier e quello per la degustazione di formaggi. Mio marito faceva già il camionista, ma non riuscivamo mai a incrociarci con gli orari. Quando lui era a casa io lavoravo, e viceversa. È a quel punto che ho deciso di farla finita con la ristorazione.
Dalla cucina al volante?
«Esattamente. Prima sono salita in camion con mio marito, giusto per farli compagnia, poi ho deciso di cimentarmi anche io alla guida. Sono partita con un furgone, lavorando per una cooperativa, ma è durato poco. Ero giovane, avevo voglia di crescere. Per questo mi sono formata, ho preso la licenza di autotrasportatrice e ho iniziato a lavorare in proprio. A luglio 2007 ho aperto un’azienda assieme al mio marito».

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(…) continua sul sito del Gazzettino.

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