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La storia di Romina

 

La storia di un’altra collega, Romina, l’ho trovata nel sito ufficiale della loro azienda di famiglia, dove lei lavora e guida il camion da tanti anni.

Augurandole sempre una buona strada vi metto il link dell’articolo:

https://cristelli.it/gruista-donna/#more-564

E il testo che inizia cosi:

Donna come La Gru!

Posted in Evoluzione Cristelli da Jessica Cristelli

 

Piena di risorse, instancabile e meravigliosa: la donna. Non potremmo immaginarci un mondo senza, lei può tutto e non si arrende mai. Lo sappiamo bene noi, che nella forza di Donatella abbiamo sempre trovato l’ispirazione per dare il massimo. La donna è tenace, come la nostra Romina, che da vent’anni ormai si trova perfettamente a suo agio alla guida di uno Scania.

Nonostante il settore, in cui domina la presenza maschile, la donna rappresenta da sempre una figura portante all’interno della nostra azienda. Sulle orme di Donatella, che fin dalle origini trasmette positività e determinazione nella conduzione aziendale, le donne della Cristelli non si sono mai lasciate intimidire dalla maestosità di una gru o dal rombo di un camion. Al contrario, c’è chi al mattino preferisce svegliarsi all’alba per fare un trasporto eccezionale, piuttosto che sedersi in ufficio davanti a un computer.
Fin da piccola Romina ha la passione per i camion con gru e con ansia aspettava l’estate non tanto per andare al mare, come tutti i suoi compagni di scuola, ma per accompagnare il papà nei suoi viaggi di lavoro con lo Scania. Durante la sua adolescenza ha iniziato a lavorare in ufficio con la zia, che però ha ben presto capito la vera vocazione della ragazza: preferiva infatti stare in magazzino a riordinare con il muletto piuttosto che passare le giornate a gestire burocrazia.

 

(…) continua sulla pagina ufficiale

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CAMIONISTE DI IERI: IN FRANCIA

 

Vi ricordate del libro di LilyaneFantastique”  di cui vi ho parlato un po’ di tempo fa?

Lei è stata una delle prime camioniste francesi, ma non la prima in assoluto…

In un capitolo del suo libro “38 Tonnes de souvenirs en vrac”  racconta un episodio che le capitò nel mese di luglio del 1957 a Parigi. All’epoca aveva 20 anni, era arrivata in città a bordo del camion Renault del suo amico Bernard, avevano scaricato  a Les Halles, il mercato della frutta. Poi lei era rimasta a Parigi, ospite della sua amica Sylvette per un paio di giorni. E mentre l’amica era al lavoro, Lilyane girava per  La Bastille, il quartiere dove abitava Sylvette, armata della sua macchina fotografica, pronta ad immortalare ogni camion che incrociava per aggiungere nuove immagini alla sua collezione di foto.

E’ durante quel suo girovagare per le vie parigine che incontra la “sua” prima donna camionista

Dietro il grande parabrezza di un Berliet vede una donna piccola, bionda, al volante di un camion con rimorchio sul quale è scritto a grandi lettere “BERGER”.

Riesce a scattarle una foto. Una foto che lei conserverà per tutta la vita come una reliquia, un’icona preziosa come un gioiello.

Quella piccola donna camionista diviene il suo idolo. Il suo pensiero fu:”Se lei fa questo mestiere, allora potrò farlo anch’io!”

L’aver visto una donna camionista la fa sentire meno un’eccezione, significa che ci sono altre donne come lei, donne che hanno sognato di fare le camioniste e ci sono riuscite!

 

Ma chi era quella piccola donna al volante di quel grande camion?

Si chiamava  Yvette Pottier e guidava un Berliet musone, un camion molto diffuso in Francia in quegli anni.

A Lilyane capitò ancora di incontrarla nel corso degli anni, quando finalmente anche lei si trovava al volante di un “poids lourd”. La salutava con un colpo di fari al quale Yvette rispondeva sempre, finché un giorno si fermò per abbracciarla, le raccontò che  lei non voleva essere notata sulla strada, che per lei era normale guidare un camion e che ognuno doveva fare la sua strada.

Di Yvette ho trovato tempo fa questo vecchio articolo che purtroppo parla della sua scomparsa in un incidente stradale. Un incidente provocato da una Mercedes che viaggiando troppo velocemente urtò un camion che poi si scontrò con quello di Yvette uccidendola sul colpo.

Era il 9 marzo del 1987, aveva 62 anni, guidava i camion dal 1943 e non aveva mai fatto un incidente nella sua carriera di autista. Trasportava esclusivamente per Berger, delle bottiglie, 20 tonnellate e 3000 km minimo alla settimana. Aveva una grande passione per la “route” e tutti quelli che l’avevano conosciuta avevano di lei il ricordo di una “Grand Dame”!

Perché vi parlo di loro? Perché mi è sempre piaciuto leggere le storie delle altre donne camioniste. Scoprire che in questo mondo dell’autotrasporto ancora troppo maschilista, ogni tanto c’è una donna al volante di un camion.

E se ancora oggi quando ci vedono alla guida un po’ di stupore lo suscitiamo, posso solo vagamente immaginare come potesse essere la vita di una camionista  in quegli anni. Soprattutto in relazione ai mezzi di allora.

Avete mai visto qualche film sui camionisti degli anni ’50?  In realtà non ce ne sono molti, di italiano c’è “Esterina” del 1959, dove i protagonisti, tra cui Carla Gravina, Domenico Modugno e Geoffrey Horne, viaggiano su un vecchio Fiat 634, in Francia ce ne sono un paio che vedono Jean Gabin nelle vesti di un “routier”: “Gas-oil” del 1955 e “Des gens sans importance” (Appuntamento al km 424) del 1956. Non è dei film che vi voglio parlare, ma dei camion che viaggiavano sulle strade in quegli anni.

 

 

Quando ho iniziato io negli anni ’80 i camion erano già abbastanza moderni e servoassistiti, ma all’epoca in cui cominciò Yvette non era cosi, la comodità dell’autista non veniva ancora presa in considerazione, e pensare a una donna da sola al volante di un autotreno in quel periodo mi suscita un sentimento di grande ammirazione. E’ grazie a donne come lei – che non finirò mai di ringraziare – se anche noi anni dopo abbiamo potuto salire quei gradini, sederci in cabina e partire.

Se ancora oggi, 21 anni dopo il 2000, mi capita di sentirmi dire “Sei la prima camionista che vedo”, mentre in realtà (il condizionale è d’obbligo) dovremmo essere circa 2000 qui in Italia, cosa si saranno sentite dire le pioniere degli anni ’50? A quante battute legate al pregiudizio sulle donne al volante avranno dovuto ribattere dovendo in più dimostrare la propria bravura? Quello che molti uomini non capivano allora  – e forse neanche oggi – è che le donne che  scelgono di fare questo mestiere, al 90% lo fanno spinte dalla passione e non per pura necessità, per loro è inconcepibile pensare che una donna possa desiderare di fare questa “vitaccia” sui camion, e invece è proprio cosi. Lo si legge nelle pagine del libro di Lilyane, lo si legge nelle varie interviste ad altre camioniste pubblicate nel corso degli anni, lo si sente dire da quasi tutte le colleghe che si ha la fortuna di incontrare.

Bonne route a tutte le dame del volante!

 

 

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La storia di Lucia

 

E’ bello scoprire che sempre più donne decidono di mettersi al volante di un camion, questo articolo è dedicato a Lucia, nuova collega che viaggia sulle strade d’Italia, a cui naturalmente auguriamo tanta buona strada!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.giornaletrentino.it/cronaca/vallagarina/lucia-mazzucchi-la-principessa-dei-tir-1.3055532

Inizia cosi:

Lucia Mazzucchi, la “Principessa” dei tir

Dalla Val di Gresta ai lunghi viaggi sui mezzi pesanti: “Prima li organizzavo, ora al volante ci sono io”

di Daniele Peretti

 

VAL DI GRESTA. Quando è entrata nelle docce dell’area di servizio autostradale di Nogarole Rocca gli altri camionisti l’hanno guardata imbarazzati chiedendole se avessero dovuto uscire: “Non dimenticherò mai quella scena; gli uomini erano molto più a disagio di me, ma li ho tranquillizzati chiedendo se non avessero mai visto un paio di gambe, perché in doccia il resto è coperto”. Ironizza Lucia Mazzucchi, quarantenne della Val di Gresta che da sette mesi è camionista a tempo pieno, ma denuncia: “Genericamente in Italia i servizi igienici delle autostrade fanno schifo, ma per le donne non è previsto nulla e dire che siamo un numero sempre maggiore, specialmente straniere”.

Anche nel caso di Lucia Mazzucchi, come per Paola Cestari la cui storia abbiamo raccontato qualche giorno fa, è la passione a far prendere la decisione di cambiare vita. “La passione per i camion l’ho sempre avuta. Ho molti amici che fanno i camionisti che mi hanno fatto provare nei piazzali vuoti e la voglia di guidare i mezzi pesanti mi è cresciuta ancora di più. Nel 2019 ho preso la patente C e sette mesi fa la E ed eccomi qui alla guida della mia motrice Scania R 500 tre assi”.

(…)

Continua sul sito ufficiale.

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Un’intervista a Silvia!

 

Ancora da “Uomini e Trasporti“, una breve intervista – dieci domande – alla collega Silvia da Livorno.

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-silvia-martellotta/

 

E questo è l’inizio:

10 domande a… Silvia Martellotta

CARTA DI IDENTITÀ

Nome Silvia
Cognome Martellotta
Età 50
Stato Civile single
Punto di partenza Livorno
Anzianità di Servizio 27 anni
Settore di attività Ferro e acciaio

 

  • Quando hai capito che il camion era la tua passione?

Sin da giovanissima. Avevo 23 anni quando decisi di prendere la patente C. Per conseguirla puntai tutti i miei risparmi, anche perché era quella la «strada» che sentivo per me. Negli anni ho fatto poi un percorso che mi ha portato a ottenere la CQC e infine la patente E, che pare offrire più opportunità in termini di lavoro.

  • Nel mondo del trasporto le donne sono ancora poco rappresentate o qualcosa sta cambiando?

Purtroppo siamo ancora rappresentate pochissimo, specialmente nel settore – come il mio – di chi lavora con camion centinati. Per dirne una: ci sono aziende che scartano le donne a priori. Puoi avere tutte le competenze del mondo, ma non prendono in considerazione neanche il curriculum.

  • Che mezzo guidi?

Un Iveco Stralis, con un rimorchio ultralight nuovissimo (non ha nemmeno un anno di vita).

  • Come si risolve il problema della carenza di autisti?

Avvicinando i giovani a questo lavoro, premesso ovviamente che abbiano passione, attraverso incentivi alla formazione e affiancamento nelle aziende. C’è poi il discorso degli stipendi, che andrebbero aumentati.

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(…) continua su “Uomini e Trasporti”

Buona strada sempre Silvia!!!

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Un premio per Giorgia!

 

Un premio per la nostra amica e collega Giorgia, da sempre appassionata di camion, a cui auguriamo una buona strada sempre!

Il link dell’articolo su “Libertà”:

https://www.liberta.it/news/cronaca/2021/10/12/oltre-1-600-ore-sul-camion-giorgia-chinelli-non-ha-rivali-in-italia/

 

E l’inizio:

Oltre 1.600 ore sul camion, Giorgia Chinelli non ha rivali in Italia

12 Ottobre 2021

 

È una che se vuole asfalta, Giorgia Chinelli, 42 anni, determinata, lucida, incapace ad arrendersi, fin da quando frequentava il corso da estetista e intanto appena maggiorenne faceva la campagna in fabbrica per pagarsi la patente C. Sa guidare i “bisonti” che si vedono sulle autostrade e nei cantieri, ma soprattutto è cresciuta tra la Cementirossi e la Unicem, tra le miniere di Albarola e i sassi del Nure, e lì ha sentito il richiamo degli otto cilindri Scania. Il risultato è incredibile: oltre 1.600 ore lavorate in un anno, tanto che si è aggiudicata il premio “Women can build”, “Le donne possono costruire”, alla terza edizione della manifestazione Casse Edili Awards, alla Fiera del Levante di Bari.

(….) continua sulla pagina del giornale.

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La storia di Paola…

 

La storia della nostra collega Paola che per poter guidare un camion ha dovuto emigrare: i pregiudizi purtroppo ci sono ancora… Buona strada sempre Paola!

Questo è il link dell’articolo del Giornale Trentino:

https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/paola-cestari-di-roncafort-io-emigrata-per-poter-fare-la-camionista-1.3038812

 

Inizia cosi:

Paola Cestari di Roncafort: “Io, emigrata per poter fare la camionista”

“Qui nessuno voleva assumere una donna. I colleghi? Mi sono guadagnata il loro rispetto al volante. Mi diverto quando danno per scontato che sia la segretaria. Quando passo da Trento bevo un caffè con i miei all’area di servizio Paganella”

di Daniele Peretti

 

TRENTO. Paola Cestari: quando era piccola e vedeva un camion diceva orgogliosamente che da grande lo avrebbe voluto guidare. Da grande quando osserva il suo “Gangal” (“diavoletto” in dialetto tirolese) la gente le dice: “Ti si illuminano gli occhi come quando un bambino vede il giocattolo preferito”.

Ma per Paola Cestari, 39 anni originaria di Roncafort, realizzare il suo sogno non è stato per nulla facile: è dovuta emigrare. “La C/E l’avrei voluta prendere già nel 2006, ma mi sono trovata di fronte ad una situazione che mi ha fatto rimandare l’iscrizione che ho poi fatto nel 2013. Presa la patente ho iniziato a presentare domande alle aziende di trasporto trentine, ma la risposta più educata che mi sono sentita dare è stata “non ce la sentiamo di assumere una donna””.

Paola non si arrende, anzi: “ All’Interporto c’era un’area di sosta di un’azienda tedesca, ho fatto domanda e mi hanno offerto un lavoro. Non è stato facile decidere, ma alla fine ho lasciato l’Italia ed ho iniziato l’internazionale, che era il mio sogno”. Ma le radici non sono mai state tagliate: “Lavoro dal martedì al sabato, ma quando posso o passo da Trento per lavoro mi fermo. Se lavoro, i miei mi raggiungono all’area di servizio Paganella e si beve un caffè o si mangia qualcosa. Se sono libera vado a casa dei miei genitori a Roncafort”.

(…) continua sul sito ufficiale.

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La storia di Katia!

 

Su “Il mattino di Padova” ho trovato questo articolo con la storia di Katia, una nuova collega felicissima di fare la camionista!

Questo è il link dell’articolo:

https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2021/06/03/news/donna-e-camionista-mai-discriminata-la-scommessa-vinta-di-mamma-katia-1.40349042

E questo è l’inizio (il resto lo trovate sul sito):

 

«Donna e camionista, mai discriminata» La scommessa vinta di mamma Katia

Borgo Veneto: nel 2020 prende le redini dell’attività del padre e, a 30 anni, è felice. E non rinuncia alla sua femminilità

la storia

BORGO VENETO

Se c’è qualcosa che finora non ha mai incontrato è la discriminazione per il fatto di essere donna, nonostante abbia scelto di intraprendere un lavoro che sembra aver poco a che spartire con la femminilità: il camionista. Katia Ambrosi ha 30, un marito e tre bambini, ma ogni mattina esce dalla sua casa di Borgo Veneto e sale nella cabina di un tir, un peso massimo da 44 tonnellate, per avviarsi ad interporti e aziende tra Padova, Vicenza, Venezia, Verona e Treviso. La svolta della vita, prima dedicata interamente alla famiglia, arriva per Katia nell’autunno del 2020, quando prende le redini dell’attività di papà Francesco, anch’egli autotrasportatore con un’azienda a Mirano. «Già durante il lockdown avevo parlato con mio padre di questa opportunità», racconta. «La passione c’era, un po’ di esperienza anche, e mi sono buttata in quest’avventura. Sono felicissima della mia scelta e ogni mattina metto in moto il camion con grinta e determinazione».

(…) continua

 

Buona strada Katia!!!

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Camioniste “eccezionali”!

 

Si, sono camioniste “eccezionali” per il genere di trasporti che fanno le due protagoniste di questo documentari di ARTE, un’emittente franco.tedesca.

Loro sono Iwona Blecharczyk (la famosa collega polacca nota come  “Trucking girl”) e Anja Bowens.

Tutte e due sono molto appassionate del loro lavoro, il video racconta la loro vita al volante di un camion per trasporti eccezionali, con tutto ciò che questo comporta.

E’ in tedesco, ma si possono mettere i sottotitoli in italiano!

Buona visione e buona strada sempre!

 

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Fare o non fare la camionista?

 

Fare o non fare la camionista? Questo è il dilemma! Chissà se sono tante o poche le ragazze in cerca di lavoro che si pongono questa domanda oggi, anno 2021. La pongo io per curiosità, c’è un gran parlare di carenza di nuovi autisti, di ricambio generazionale, di provare a rivolgersi alle donne per colmare questo gap.

Le stesse donne che comunque, ancora oggi, in alcune zone si scontrano con pregiudizi e maschilismo. Oggi come dieci, venti, trenta, cinquanta e più anni fa.

Una volta la maggior parte delle donne che intraprendeva questa “carriera” lo faceva perché veniva da una famiglia di autotrasportatori, chi aveva il marito camionista, chi il fratello, chi il papà. Quella era la loro porta di ingresso in questo mondo da sempre appannaggio degli uomini. Molto più difficile era riuscire a diventare autiste dipendenti partendo solo da una passione innata, dalla voglia di una vita diversa.

Quelle che ci riuscivano spesso era perché chi le assumeva voleva solo metterle alla prova, convinto già in partenza che non ne erano in grado, “Vediamo quanto duri su un camion!”, pronti a scommettere che alla prima difficoltà avrebbero rinunciato. E invece… invece gli uomini non hanno mai capito, o hanno fatto finta di non capire, che per una donna fare la camionista non era un capriccio temporaneo ma una vocazione profonda.

E purtroppo, per chi spera di risolvere il problema della mancanza di nuovi autisti ingaggiando le donne, era e credo sia ancora, un desiderio di una minoranza (anche se negli anni ’90 ci fu un’inchiesta che rilevò che il sogno delle italiane era di fare la camionista…ma sono passati tanti anni da allora!).

E se è  anche vero che ci sono donne che hanno aspettato anni per realizzare il proprio sogno di guidare un camion è altrettanto vero che non ci sono poi cosi tante ragazze disposte a farlo.

Guardatevi in giro, anzi guardate nelle cabine dei camion che incrociate, se siete fortunati in una giornata magari ne vedrete anche un paio di donne al volante, ma in rapporto a quanti uomini? Le statistiche dicono che le camioniste sono il 2% del totale degli autisti, a volte penso che sia una stima fin troppo alta…

Eppure sarebbe bello se questo mestiere si tingesse un po’ più di rosa, ma resto dell’idea che sarà molto difficile.

Perché? Perché il nuovo modo di fare autotrasporto sta togliendo “poesia” al mestiere, si guarda solo ed esclusivamente al profitto fine a se stesso, l’autista è solo un ingranaggio di un meccanismo sempre più sofisticato dove conta solo la consegna del carico nel più breve tempo possibile e al minor costo possibile. Il camionista, uomo o donna che sia, non ha più nessun valore dal punto di vista umano.

 

Cosi, quando scomparirà l’ultima generazione di camionisti che hanno vissuto gli anni belli dell’autotrasporto e che ancora cercano di svolgere il mestiere con passione ed umanità, perché sono nati e cresciuti in mezzo ai camion, quando non ci saranno più loro sarà la “catastrofe” totale. Sui camion ci saliranno (forse) solo persone che hanno bisogno di uno stipendio, persone  per cui un lavoro vale l’altro, e la figura del camionista, uomo libero, con la strada nel cuore, con la voglia di partire per rincorrere sempre nuovi orizzonti ma anche con un grande amore per il proprio mezzo, considerato come un compagno di vita, scomparirà del tutto, diventerà mitologia.

Io credo che se le cose continueranno cosi, se la disumanizzazione del settore non si fermerà, le donne sui camion non ci saliranno, le donne inseguono i loro sogni, e se la realtà non corrisponde alle aspettative, cambieranno prospettiva.

L’unica speranza è che siano le donne a ridare dignità, cuore, sensibilità e passione a questo mestiere. Ma non so se ci riusciranno, sono sempre state troppo poche e le leggi di mercato stanno stritolando tutto.

In ogni caso, buona strada sempre!

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La storia di Sara e di Sara!

 

Due belle storie di due colleghe che hanno in comune il nome, Sara, la passione per i mezzi pesanti e anche la marca del camion: Volvo!

Gli articoli li ho trovati appunto nel sito di Volvo Truck Italia, ecco i link:

https://www.volvotrucks.it/it-it/news/magazine-online/2021/May/Mamma_camionista_volvo_ambassador_l_avventura_di_Sara_Marino.html

Mamma, Camionista, Volvo Ambassador: l’avventura di Sara Marino

| 3 Minuti
Sara lavora nell’azienda Vittoria Group S.r.l. che ha fondato da giovanissima insieme al marito. Venti austisti da gestire ogni giorno e la voglia di salire su un camion che non si esaurisce mai. Alla guida di un Volvo, naturalmente.

Cosa volevi fare “da grande”?

La hostess sugli aerei. Sono cresciuta in Germania, sono madrelingua tedesca e parlo molto bene l’inglese. In Germania avevo iniziato a studiare per realizzare il mio sogno, poi mi sono traferita con la mia famiglia in Italia e il sogno ha preso una piega inaspettata.

Quando hai capito di voler diventare camionista?

È una passione che avevo fin da piccola, adoravo quando mio padre mi portava con sé. A 18 anni ho conosciuto mio marito, era già camionista e ho iniziato ad accompagnarlo in tanti viaggi. Quando abbiamo deciso di aprire la nostra azienda avevamo pochi mezzi ma già il problema di sostituire gli autisti malati. Prendere la patente è stata una scelta dettata quindi dalla situazione, ma ho capito da subito che si trattava della mia strada: non scenderei mai da un camion!

Che cosa ti piace di più e che cosa di meno del tuo lavoro?

Sul camion mi sento al 100% me stessa, protetta e libera. Alla guida di un camion, ogni giorno è un’avventura: non conta quanti chilometri devo percorrere, anche su una tratta breve ho l’opportunità di vedere e conoscere nuove persone e nuovi luoghi.

La cosa che mi piace di mento è legata all’essere una donna: spesso le persone mi sottovalutano, vogliono aiutarmi a scaricare anche se non ne ho bisogno. Non si tratta di galanteria, ma di mancanza di fiducia.

(…) continua nel sito Volvo

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https://www.volvotrucks.it/it-it/news/magazine-online/2021/May/Sara_Libbinori_Volvo_Ambassador.html

Sara Libbinori, Volvo Ambassador, è un prezioso jolly con la passione per la guida

| 3 minuti
Sara Libbinori ha 29 anni e lavora per la Ceroni S.r.l. di Montefiore dell’Aso (AP). Si occupa di tante cose, dalla logistica all’amministrazione. Ama tutto del suo lavoro, ma la cosa che in assoluto le piace di più è guidare un camion. Un Volvo, naturalmente.

Quando hai capito di voler diventare camionista?

Avevo 22 anni e lavoravo per un’azienda di scarpe di proprietà della moglie del mio attuale titolare. Ogni volta che vedevo rientrare un camion mi si accendeva una luce dentro. Così alla fine mi sono buttata: ho preso le patenti ed è iniziata questa avventura.

Abbiamo 10 mezzi, tutti Volvo FH: non guido tutti i giorni, ma quando lo faccio non vorrei mai smettere.

Che cosa ti piace di più e che cosa di meno del tuo lavoro?

Quando sali su un camion vedi il mondo letteralmente da una prospettiva diversa. Noi facciamo lungo raggio, capita di stare fuori anche di notte, ma guidare è la cosa che in assoluto mi piace di più, non mi pesa mai.

La cosa che mi piace di meno è il ritorno a casa, quando scendo dal camion!

In quale aspetto del tuo lavoro essere una donna ti aiuta e in quale ti limita?

Quando arrivo a destinazione e devo scaricare il camion, in genere le persone sono più gentili e si offrono di aiutarmi: una “cavalleria” positiva che mi fa piacere ricevere. In genere verso i colleghi uomini non dimostrano la stessa disponibilità e attenzione.

Ma ci sono purtroppo anche dei limiti: è una questione di sicurezza, soprattutto. Se devo fare un viaggio lungo, che prevede la sosta di notte in un’area di servizio, non viaggio mai da sola. Come donna corro maggiori rischi: è un limite che non dipende da noi donne, ma dal contesto.

Se fai il giornaliero, parti al mattino e rientri a casa in serata, non c’è differenza tra uomo e donna. Se fai il lungo raggio purtroppo i limiti ci sono, anche se non si tratta di difficoltà oggettive.

(…) continua nel sito Volvo

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Buona strada a Sara & Sara!

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