Posts Tagged "donne camioniste"

La prima donna che: Teresina!

 

 

Come vi avevo anticipato, oggi hanno trasmesso il video dedicato a Teresina Bruno, “La prima donna che…” ha guidato un camion in Italia! Un racconto di pochi minuti ma che racchiude una vita intera!

Grazie Teresina!

Questo è il link per rivedere il video:

https://www.raiplay.it/video/2023/05/La-prima-donna-che—Teresa-Bruno—Puntata-del-10052023-5c9a156f-7cbe-44c8-8849-39a31caabdc0.html

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Fare la differenza

 

Dal canale You Tube “Golia”, un audio/video di qualche settimana fa, dedicato anche questo all’indimenticabile  Teresina Bruno.

“Fare la differenza” è proprio quello che ha fatto Teresina salendo su un camion nell’immediato dopoguerra, come prima ragazza camionista in Italia.

Prendere la patente superiore, guidare un camion, indossare i pantaloni in un’epoca in cui in Italia le donne non li portavano…essere pioniera di piccoli grandi cambiamenti, quello che oggi ci sembra normale allora era veramente speciale.

Buon ascolto!

 

 

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La prima donna che…

 

“La prima donna che…” è un programma dedicato alle donne pioniere in vari settori, artiste, studiose, giornaliste, scrittrici, sportive, ecc, ecc.  Ho scoperto che il 10 maggio ci sarà un episodio dedicato a Teresina Bruno, la prima donna camionista d’Italia, vi metto il link, per chi volesse guardarlo:

https://www.raiplay.it/dirette/rai3/La-prima-donna-che—Teresa-Bruno—Puntata-del-10052023-42cd306f-ec2d-4ab5-89ce-dc0757d71791.html

 

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La storia di Tatsiana

 

Ho trovato questo articolo che parla di Tatsiana, una collega autista di Girteka.

La frase che più mi piace in questa intervista è questa:

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “

Il link:

https://it.eseuro.com/local/204998.html

Il testo:

“Il trasporto a lunga distanza ha un grande potenziale per i camionisti”

Negli ultimi anni, l’industria degli autotrasporti ha subito una grande trasformazione. Mentre la carenza continua camionisti in Europa, le donne stanno diventando lentamente, ma sempre di più, al volante di mezzi pesanti. Rompere lo stereotipo della guida del camion come “lavoro da uomini” le donne stanno dimostrando di avere le carte in regola per eccellere in questa professione. Tatsiana, uno degli autistis professionisti di Girteka, spiega cosa significa per una donna essere un camionista e perché vale la pena prendere in considerazione questa carriera.

È ancora solo un “lavoro da uomini”?

“Sono sicuro che il lavoro di un camionista fosse un ‘lavoro da uomini’ in epoca sovietica, ma ora non resta che la definizione. Quando i nostri padri e nonni guidavano fuoristrada MAZ e KAMAZ e riparavano i loro camion con qualsiasi tempo, con l’olio nei gomiti, quella era “guida dura di camion”. Non c’erano condizioni idonee e i veicoli erano in pessime condizioni… Tutto questo è cambiato”, commento.

Nonostante il pensiero stereotipato, Tatsiana afferma di non incontrare alcuna difficoltà nel suo lavoro di donna. E le reazioni dei suoi colleghi maschi sono state ampiamente positive. Ha buoni percorsi, un veicolo affidabile e non guida fuoristrada. Tuttavia, è consapevole di quanto sia duro il lavoro di un pilota professionista, soprattutto in paesi come la Norvegia o la Svezia dove le condizioni sono dure.

Decisione che cambia la vita

Tatsiana ricorda bene come è entrata a far parte di Girteka: “Ho chiesto alle ragazze: prendete le donne? Lei ha risposto “sì”. Poi ho continuato: quante donne hai? “Non molti, ma lo stiamo facendo tutto il possibile per attrarre di più.” Era quella frase che giocava un ruolo chiave, magico.o, si potrebbe dire. E il giorno dopo ho firmato il contratto per entrare in Girteka come camionista”.

Quando si tratta di aspirazioni di carriera, questo autista preferisce rimanere sulla strada piuttosto che in un ufficio. “La mia sedia è un posto di guida, non da ufficio. E che tipo di carriera può avere un pilota? Da un camion all’altro. Ma se mai trasportiamo merci di grandi dimensioni in tutta Europa, quelle lunghe fino a 60 metri Verrò e chiederò loro di mettermi su un camion tipo e dice.

un sacco di potenziale

Tatsiana ci crede camion a lungo raggio in realtà potrebbero essere visti come una professione femminile. Ecco perché incoraggia altre donne a prendere in considerazione una carriera come autisti professionisti. Ha ispirato una delle sue amiche a diventare una camionista e sottolinea che le donne dovrebbero chiedere consiglio ad altre donne della professione, invece di affidarsi alle opinioni degli uomini.

“Se una donna vuole dedicarsi a questa professione, parlane con una donna. Tra le mie colleghe, non c’è nessuno che si lamenti che è molto difficile “, punti.

Per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi di essere un camionista, Tatsiana sottolinea la sfida di stare lontano da casa come il principale svantaggio. Tuttavia, apprezza anche l’opportunità di leggere, ascoltare audiolibri e avere tempo per l’auto-riflessione durante i tuoi lunghi viaggi. Vede la guida di camion come un’attività che allevia lo stress e gli piace più che nei suoi lavori precedenti.

“Il mio lavoro mi entusiasma. Potrebbe essere -15 ° fuori oggi e +20  domani. Il paesaggio fuori dalla finestra è in continua evoluzione, anche le persone stanno cambiando. È molto interessante assistere a tutto ciò”, condividere.

Rappresentanza delle donne nel trasporto su strada

Secondo l’ultimo studio del Unione internazionale dei trasporti su strada (IRU), nel 2021 meno del 3% dei camionisti in Europa erano donne. Se l’industria degli autotrasporti riuscire ad attrarre più dipendenti donne, non solo aiuterebbe ad affrontare il problema della carenza di conducenti, ma aprirebbe anche la strada a una maggiore diversità e inclusione nel settore. Con le loro comprovate capacità, dedizione e adattabilità, le donne camioniste lo sono senza dubbiouna preziosa aggiunta alla forza lavoro e svolgono un ruolo cruciale nel progresso del settore. Man mano che sempre più donne entrano in campo, portano con sé prospettive, abilità ed esperienze uniche, come Tatsiana, che arricchiscono la professione e contribuiscono a una forza lavoro più diversificata e innovativa.

Con il crescente sostegno dei datori di lavoro come Girteka e l’industria in generale, le camioniste possono ora accedere a una varietà di opportunità di sviluppo professionale, formazione e programmi di tutoraggio su misura per le loro esigenze. A Girteka, parità di genere e diversità Sono al centro dei valori e delle strategie di reclutamento dell’azienda. Riconoscere l’importanza di una forza lavoro equilibrata, l’azienda incoraggia attivamente l’inclusione delle donne nel settore degli autotrasporti e si impegna a creare un ambiente di lavoro solidale ed equo per tutti i conducenti.

Promuovendo il messaggio che guidare i camion sono una professione per tutti, Girteka mira a porre fine agli stereotipi di genere e promuovere una cultura inclusiva. Il nostro impegno per la parità di genere si riflette nei nostri sforzi per assumere più autisti donne, offrendo pari opportunità e supporto alla crescita professionale indipendentemente dal genere.

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MASCHILISMO E DONNE CAMIONISTE – parte 2

 

Il maschilismo nell’autotrasporto non era solo quello dei colleghi sulle strade, naturalmente. Cominciava già prima di salire su un camion, era quello il problema più grande. Riuscire ad avere un posto di lavoro al volante non era semplice. E forse no lo è ancora adesso in alcuni casi. Nei primi anni in cui viaggiavo la maggior parte delle colleghe che ebbi l’occasione di conoscere ci erano riuscite perché venivano da una famiglia di autotrasportatori, oppure perché viaggiavano col compagno o avevano cominciato con lui. C’era anche qualche padroncina che si era fatta da sola, qualche autista dipendente, ma erano veramente poche.

Mi ricordo di una mia amica che mise un annuncio sul giornale per cercare lavoro e venne contattata da una ditta di trasporti (quelli del quotidiano non avevano scritto che era una lei, pensando ad un errore nel testo), e quando rispose al telefono, sentendo la voce di una donna le fu chiesto se era per suo marito, quando lei rispose che l’interessata era lei, le dissero che loro cercavano un uomo, perché non era un lavoro adatto a una donna… Quante ragazze si sono sentite rispondere cosi cercando un lavoro da autista? Tante…  Per contro, alcune sono state assunte per scommessa, perché pensavano che avrebbero gettato la spugna dopo poche settimane, e invece viaggiano ancora adesso!

Uno dei motivi per cui le donne faticavano a trovare lavoro su un camion era dovuto alla possibilità che avessero figli nel breve periodo. Lo so, mi direte che questa cosa vale per molti altri lavori, ed è vero, ma sostituire un autista non è semplice per niente e comunque, finito il periodo della maternità, se non avevi qualcuno che si poteva prendere cura del tuo bimbo i problemi diventavano insormontabili. La storia è sempre la stessa: sai l’orario di partenza, ma mai quello di arrivo, la strada è il luogo dell’imprevisto per eccellenza! Purtroppo in Italia non ti puoi più portare i bambini sul camion come si faceva una volta (ho letto un’intervista di una collega degli anni ’70 che  portava con se i figli piccolissimi e li allattava in cabina!). 

Cosi ho visto tante colleghe scendere dal camion per poter crescere i propri bambini, aspettare che fossero abbastanza grandi e poi riprendere la strada. E comunque anche chi ha avuto qualcuno a casa (vedi nonne, tate, ecc..) che le sostituiva durante le lunghe trasferte, ha sofferto per questa cosa, avere un figlio e non vederlo crescere è dura già per un uomo, per una mamma lo è ancora di più, ma a volte era una scelta obbligata da necessità economiche. Altre hanno tenuto il loro sogno nel cassetto per anni, aspettando appunto che i figli crescessero e sono salite sul camion a 40 o 50 anni, riuscendo cosi a sentirsi finalmente realizzate. Altre invece hanno fatto la scelta opposta: hanno rinunciato ad avere figli, qualcuna anche ad avere un marito e hanno proseguito per il loro cammino. Non è il sogno di tutte quello di avere una famiglia, c’è chi preferisce una sua realizzazione personale ed è felice della propria scelta. E anche qui ricompare il maschilismo, e se prima te lo dicevano a voce ora te lo comunicano via “social”, dichiarando che decidere di non avere figli è una scelta “agghiacciante” per una donna, o che se l’hai fatta non hai costruito niente nella vita e sei solo una donna SOLA. Certi uomini a volte si permettono di esprimere giudizi senza nemmeno conoscere le persone, semplicemente perché non rientri nei loro standard di vita, quelli che loro reputano gli unici giusti per tutti.

Uomini e donne non sono uguali e quando si parla di parità non vuol dire azzerare le differenze che ci contraddistinguono, ma raggiungere la parità dei diritti, e quella è  una strada ancora lunga da percorrere.

Ma il discorso non finisce qui… ne parlerò ancora in un prossimo post, buona strada a tutti!

 

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Blondie’s Trucking Adventures

“Blondie’s Trucking Adventures”  è il canale You Tube di una giovanissima  (e bionda!) collega, lei si chiama Timea  e le sue avventure le potete trovare a questo link:

https://www.youtube.com/@blondietruckingadventures/featured

E questo è uno dei suoi video, dedicato al risveglio in cabina:

 


Buona visione a tutti e buona strada a Timea!

 

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MASCHILISMO E DONNE CAMIONISTE – parte 1

 

Siamo nel 2023 e cosa è cambiato?

Io ho cominciato  a fare la camionista a metà degli anni ’80…

Allora una delle frasi fatte dei colleghi era: “Se buchi una gomma come fai?”, oggi non te lo dicono quasi più perché anche loro chiamano l’assistenza. Oppure ti dicevano che il posto di una donna era a casa a fare figli e lavare piatti…. E aspettare buone buone in silenzio il marito, aggiungerei io. Poi si stupivano che tante mogli si stancavano di quella situazione, si trovavano un altro e li piantavano in asso. “Ma io non le ho mai fatto mancare nulla” si giustificavano, non pensando che magari la mancanza, quella vera, era quella fisica, quella di avere un marito accanto non solo il fine settimana, che poi era stanco e non aveva voglia di uscire e voleva essere lasciato tranquillo, ecc, ecc. Quante ne ho sentite raccontare di storie cosi.

La donna doveva essere al loro servizio, stare a casa e non avere grilli per la testa come quello di guidare un camion, un lavoro da “poco di buono”…ma le cose stavano già pian piano cambiando.

E qui c’erano quelli che ti dicevano “Avete voluto la parità? Ora arrangiatevi!” se solo ti vedevano un attimo in difficoltà per un qualsiasi motivo. Una manovra sbagliata a una donna non poteva essere perdonata, era la prova che quello non era il mestiere adatto a lei. Io ho imparato subito a non chiedere aiuto ai “colleghi”. Ai magazzinieri invece si, perché per la maggior parte delle volte li ho trovati più gentili.  Strano, vero?

Non mi è mai interessato se lo fanno in quanto io sia donna e loro vogliano essere galanti, io sono gentile con loro e loro solitamente lo sono con me. Funziona quasi sempre cosi: un po’ di gentilezza, molta educazione, un sorriso, cercare di capire chi ci sta di fronte e si lavora tutti meglio.

Nei primi anni mi è capitato diverse volte di essere insultata, anche pesantemente, senza alcun motivo, per baracchino. Lo facevano più spesso quando erano in gruppo: uno mi notava al volante passando, lo diceva ai suoi colleghi e partivano in quarta con battutacce per lo più a sfondo sessuale…

Poi tanti si stupivano se viaggiavo con la tendina tirata per non farmi vedere, sono stata insultata anche per questo. Capisco che ai tempi il baracchino fosse una valvola di sfogo per rompere la monotonia di lunghe ore al volante, ma non era forse meglio usarlo per chiacchierare tranquillamente?

E infatti era quello che cercavo di fare io, parlare, ascoltare, imparare. Sinceramente ho anche conosciuto tante bravissime persone. Ma erano quelli che si facevano notare poco, un po’ timidi forse, un po’ più riservati. Ho ricordi di alcuni anziani, quando io ero giovanissima, che erano dei veri gentiluomini.

Ma ho anche ricordi di alcuni che per CB, erano gentili, magari ti avevano pure difeso da uno dei maleducati di turno, poi ti fermavi a bere il caffè e cercavano di allungare le mani…

Sono passati gli anni, ora il baracchino è solo un fruscio di sottofondo per i nostalgici come me che si ostinano a tenerlo comunque acceso nella speranza di incrociare qualche vecchio amico e scambiare due parole.

Sono passati gli anni, ma il maschilismo nell’autotrasporto non è scomparso nonostante siano aumentate – ma non so di quanto – le donne che guidano i camion, ha solo cambiato metodo di manifestarsi, il mondo è andato avanti, oggi ci sono i social e li è facile incappare ancora in mentalità retrograde.

Ma di questo ve ne parlerò un’altra volta.

Buona strada a tutti

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4 chiacchiere con Valentina

 

Un altro video della serie “4 chiacchiere con…” da canale del collega e youtuber Mauro Gadaleta.

Questa volta la chiacchierata la fa con la collega Valentina, una lunga storia tutta da ascoltare! Complimenti a Valentina per la sua tenacia nel fare questo mestiere e a Mauro per questa bella serie di video!

Buona visione e buona strada sempre!

 

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La Caterina!!!

Una video intervista alla nostra cara collega Caterina!!!!

Unica, inimitabile e simpaticissima!

Buona strada sempre Cate, un abbraccio!!!

 

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La storia di Francesca

 

Francesca è una delle colleghe che hanno partecipato al concorso per il Sabo Rosa 2023, è figlia d’arte e in questa intervista di Elisa Bianchi per “Uomini e Trasporti” ci racconta il suo percorso per riuscire a realizzare il suo sogno di diventare camionista! A volte la tenacia premia chi ce l’ha!

 

Il link:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

La prima parte dell’articolo:

 

Francesca Morrone, dal magazzino al camion seguendo le orme di papà

Figlia di un camionista capisce fin da piccolissima che vuole seguire le orme del padre, anche se lui non è d’accordo. Testarda e determinata Francesca Morrone non si perde d’animo, inizia la carriera in magazzino e dopo una gavetta che non le riserva sconti arriva a bordo del suo camion, un posto che è suo da quattro anni e che non ha intenzione di lasciar andare, anche se da mamma sa bene che «senza il supporto delle aziende, spesso l’unica soluzione per le donne che vogliono crearsi una famiglia è sempre quella più amara»

Il rumore metallico dei portelloni che si chiudono indica che il viaggio sta per iniziare. «Metto gli auricolari e sono pronta a partire». Dall’altra parte del telefono la voce è quella di una ragazza, è allegra. Si scusa per il ritardo, «Sai – ci dice – in questo lavoro gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo». Il camion si accende, Francesca ingrana la marcia e parte sicura sulla sua strada. Missione giornaliera: muoversi in direzione Brescia per ritirare del caffè. «Di solito trasporto cose diverse, principalmente bancomat, slot machine, apparecchi medicali e frigoriferi nel milanese e nel bresciano, ma oggi è diverso».

Francesca Morrone, 34 anni, originaria di Genova ma milanese d’adozione, lavora come autotrasportatrice da nove anni. In realtà non ha sempre fatto l’autista. Anzi, il suo percorso di studi è stato «lontano anni luce», come le piace dire, dalle sue inclinazioni. «Sono figlia di un camionista –racconta – e quando ero piccola io e papà abbiamo passato tanti pomeriggi insieme a bordo. Questo ha fatto in modo che si creasse una bella complicità tra noi e ho capito subito che avrei voluto seguire le sue orme. Lui però non era d’accordo. Aveva immaginato per me un futuro più tranquillo, un lavoro da ufficio. Quando ero adolescente papà ha lasciato il camion e ha aperto un’impresa edile, desiderava continuassi con l’attività. Così per amor suo mi sono iscritta a ragioneria. O almeno ci ho provato perché dopo poco ho lasciato, non faceva proprio per me. Il problema è che poi ho scelto un percorso di studi ancora più distante dalle mie passioni». Ci aspettiamo di tutto, data la premessa. «Odontoiatria» dice infine Francesca. La domanda sorge spontanea: perché? «Beh, ho dovuto trovare un compromesso con mio papà che desiderava per me un lavoro redditizio, sembrava una buona idea». Non lo era. Francesca al terzo anno lascia ancora una volta gli studi, questa volta, però, pronta a inseguire il suo di sogno.

L’occasione arriva letteralmente servita su un piatto: «Lavoravo al porto di Genova come cameriera part-time quando un giorno mi ritrovai a servire da mangiare a quello che poi sarebbe diventato mio marito. Oggi ex marito – precisa –. Era un autista e passava di lì per uno scarico. Ci siamo innamorati subito». Dopo qualche anno di amore «pendolare», Francesca si trasferisce da lui, in provincia di Milano. L’avventura, quella sognata fin da piccola quando puntava gli occhi sulla strada davanti a sé dal cruscotto del camion del papà, può finalmente iniziare. «Io volevo guidare, certo, ma non volevo sconti. Ho scelto di fare la gavetta, unico modo per imparare davvero il mestiere, e così ho iniziato come magazziniera per un corriere espresso. Per la prima volta, però, ho tastato con mano il fatto che si trattasse di un mondo ancora poco aperto alle donne. Non tanto il magazzino, quanto l’autotrasporto. Ho lottato per farmi spazio, ho seguito corsi, ho preso i patentini per il carroponte e per il muletto, ma dopo quattro anni di tentativi ho capito che lì non avrei avuto possibilità come autista». Francesca non si arrende, trova un’altra azienda che la assume come magazziniera e nel frattempo studia per prendere le patenti superiori con la speranza che le si aprano le porte della cabina. «In quel momento, però, l’azienda non aveva la possibilità di assumermi come autista, così mi sono licenziata, ma questa volta con la promessa che sarei tornata appena si fosse reso disponibile un posto».

Quello che succede nel frattempo è un’esperienza intensa, non in senso positivo, per un altro corriere espresso. «È stato un lavoro deleterio». Il giudizio è schietto, sincero. «Correvo come una pazza per portare a termine decine e decine di consegne al giorno. Impossibile rispettarle tutte, sia per le ore che per le zone da servire, ma a contare erano solo i numeri, nient’altro». Le chiediamo se ricorda un episodio in particolare in cui si sia trovata in difficoltà. Non deve pensarci molto, i ricordi affiorano. «Quella volta che dovevo consegnare due o tre bancali a un ufficio comunale. Fogli di carta bianchi. La situazione che ho trovato è stata questa: via stretta, zona centrale, ascensore guasto. La mancata consegna non era un’ipotesi percorribile perché avrei rischiato un richiamo, così ho iniziato a sbancalare in mezzo alla strada, visto che non c’era altro posto, e a portare da sola i bancali. Nessuno mi ha aiutata. La motrice bloccava la strada e hanno iniziato a prendermi a male parole, ma io stavo solo facendo il mio lavoro. Sai, in quella situazione mi sono sentita inadeguata. Ho capito che stava venendo meno la mia dignità di persona ed è stata l’unica volta in cui ho pensato di mollare tutto». Le chiediamo se in quella situazione ha pensato di tornare in magazzino. «Al di là del mio sogno di guidare, in quel periodo mi stavo separando da mio marito e facendo la magazziniera, detto sinceramente, non mi sarei potuta mantenere. Nel frattempo avevamo avuto una bambina, Gioia, e così ho dovuto prendere in mano la situazione, non mi potevo accontentare».

Razvan Liviu Scutaru, oggi capo di Francesca, insieme a lei davanti a mezzi della Best Autotrasporti.——————————————————————————-Il resto dell’articolo lo potete leggere a questo link https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/francesca-morrone-dal-magazzino-al-camion-seguendo-le-orme-di-papa/

 

Buona strada Francesca!

 

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