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da “Il Messaggero” la storia di Alessia Romeo

Alessia ferma il camion in una piazzola di sosta, a Zevio, 16 chilometri da Verona. “Ho una pausa di 45 minuti. Mi riposo in cabina con l’aria condizionata, fuori ci sono trenta gradi”.
Poi riparte, alla guida di un tir lungo 8 metri, che a pieno carico pesa 180 quintali. “Sono l’unica autista in azienda. Non sai quanti mi chiedono: perché fai questo lavoro? Perché mi piace, adoro guidare e viaggiare. Non vorrei fare altro. La mattina comincio con il sorriso e la sera stacco con il sorriso”.
Alessia Romeo, 33 anni, lavora per la ditta Carpella Battista Autotrasporti con sede a Capriano Del Colle, in provincia di Brescia. Una delle pochissime autiste di camion in Italia: sono appena il 2%, in calo rispetto al 2019, secondo i dati 2020 del Ministero del Lavoro. In pratica le donne al volante di mezzi pesanti sono circa 13mila contro 615mila uomini. E mentre scende il numero di quante sono in possesso della patente C, cresce quello delle imprese femminili nel settore del trasporto merci su strada: più 4,16% dal 2016 ad oggi.
Le è mai capitato di ricevere commenti sessisti?
“Ancora nessuno mi ha fatto battute fastidiose. È vero che vado in giro con i pantaloni da lavoro, le scarpe antinfortunistiche e una maglietta, d’inverno anche un giaccone, ma sono comunque una bella ragazza, non passo inosservata. Non so che cosa mi dicono alle spalle e non voglio nemmeno saperlo. All’estero è diverso, si vedono molte più autiste”.
Restano sorpresi i colleghi di altre ditte a vedere una donna che guida un camion?
“Capita che arrivo nel piazzale di un’azienda a fare una consegna e il mulettista che mi vede chiama gli altri. Vengono a guardarmi in gruppo, mi scattano anche le foto. Alcuni fanno i galletti, sa come sono gli uomini. Loro sono curiosi ma io un poco mi imbarazzo. Alla fine si ride. A volte il fatto di essere donna gioca a mio favore, mi vedono e dicono: facciamola scaricare subito”.
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La storia di Sara….

 

Un’altra collega di nome Sara! (Che sia un nome da camionista?)

Questa è la sua bella storia dalla pagina di Uomini e Trasporti, sempre a firma di Elisa Bianchi.

Buona strada sempre da tutte noi!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/sara-bizzaro-come-inseguire-il-proprio-sogno-ogni-giorno-dalla-cabina-di-un-camion/

Inizia cosi:

Sara Bizzaro, come inseguire il proprio sogno ogni giorno, dalla cabina di un camion

Anni trascorsi a nascondere la passione per l’autotrasporto per paura di non essere compresa dalla famiglia. Poi la svolta, Sara Bizzaro sale sul camion e non lo lascia più fino alla nascita della sua bambina, Amy. Apre una panetteria e mette da parte il suo sogno per qualche tempo, prima di rendersi conto che per lei la felicità è guardare il sole nascere e tramontare dalla cabina del suo camion

Tutti i bambini hanno dei sogni nel cassetto. Alcuni si realizzano, altri vengono dimenticati, altri semplicemente si trovano a dover fare i conti con la realtà. Altri ancora vengono nascosti per la paura del giudizio altrui, ma prima o poi quei sogni tornano a bussare e non si può più ignorarli. È proprio questa la storia di Sara Bizzaro, classe 1978, un tempo bambina che guardava di nascosto e con occhi sognanti i camion e oggi qualificata e apprezzata autista della Manfrinato Giusto SRL, azienda di Monselice, in provincia di Padova, che l’ha accolta nella sua flotta permettendole di portare avanti il suo sogno. Eppure, la strada per arrivarci non è stata affatto semplice.

Sara, come è nata la tua passione per questo mestiere?

Vengo da una famiglia nella quale non ci sono autisti, i miei genitori erano infermieri e anche mia sorella, di poco più piccola di me, ha seguito le loro orme e oggi lavora nell’ambiente ospedaliero. Eppure, fin da piccolissima, camion e trattori mi sono sempre piaciuti. Io e mia sorella giocavano spesso in terrazza e da lì vedevo arrivare i camion che andavano in una fabbrica vicino casa. La strada era stretta e rimanevo sempre affascinata dalle grandi manovre che facevano.

Quando hai capito che volevi fare anche tu quelle manovre?

In realtà, agli inizi di vergognavo a confessare questo sogno. Non lo dissi neanche ai miei genitori e lo accantonai. Presi il diploma alla scuola alberghiera e iniziai a lavorare nel settore della ristorazione, come pasticcera. Poi, a seguito di una tragedia familiare che mi aveva gettato in uno stato di profondo shock, un amico autista a cui avevo confessato la mia passione mi propose di fare con lui qualche giro in camion, per tirarmi su di morale. In quel momento mi sono resa conto che quella doveva essere la mia strada, non potevo più ignorarla. Eppure, il senso di vergogna ancora c’era. Nel 2005 presi le patenti di nascosto dalla mia famiglia, erano altri tempi e c’erano ancora forti pregiudizi, sia in casa che fuori. Annunciai la mia decisione solo a cose fatte. L’amico che mi aveva incoraggiato mi portò a parlare con il titolare dell’azienda per cui lavorava che mi propose di iniziare a lavorare come magazziniera e all’occorrenza come autista. È iniziata così la mia esperienza in questo settore.

Però volevi qualcosa di più…

Più facevo esperienza sul camion, più mi rendevo conto che volevo farlo a tempo pieno. Mi chiamò un’azienda che faceva lavori stradali e accettai, iniziando a portare con la motrice asfalto e materiale inerte. Negli anni ho cambiato più volte aziende, ho la fortuna di poter dire che i tasselli mancanti sono sempre arrivati al momento giusto. Per esempio, allora lavoravo poco in inverno, e così per un certo periodo ho iniziato a fare anche linea con il bilico, toccando con mano il vero lavoro dell’autista. Passavo le notti fuori e diciamocelo era dura, soprattutto perché in quel periodo non c’era ancora la regolarizzazione che c’è oggi, ma quello è stato il coronamento del mio sogno. La vita però non aveva smesso di mettermi di fronte a delle sorprese e così nove anni fa sono diventa mamma di Amy.

Come hai conciliato le due cose?

Prima di rimanere incinta avevo iniziato a lavorare come autista di pulmini per pazienti in dialisi. Il lavoro era calato e avevo accettato questa opportunità che, almeno i primi tempi, mi permise di conciliare la gravidanza con il mio lavoro da autista. La verità però è a che a un certo punto ho dovuto mettere da parte del tutto la mia passione e lasciare il volante. Per qualche anno, grazie anche al grande aiuto di mio papà con la bambina, ho gestito una mia panetteria, ma appena Amy è diventata più grande ho capito che non potevo più stare lontana dai camion, non mi sentivo realizzata. Così lo scorso anno ho fatto domanda come autista alla Manfrinato Giusto, mi hanno presa e sono tornata a essere felice.


 

(…) il resto dell’intervista sulla pagina di Uomini e trasporti.

Buona lettura!

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Colleghe dalla Turchia

 

Un articolo di qualche mese fa che racconta di due colleghe camioniste turche, al volante dei mezzi della Mars Logistic, azienda che vuole raggiungere l’eguaglianza di genere tra i suoi dipendenti.

Questo è il link:

https://it.rayhaber.com/2021/10/kadin-tir-suruculeri-mars-logistics-ile-yola-cikti/

E’ scritto in un “italiano” un pò strano, sarà per via della traduzione?

Inizia cosi:

Autisti di camion donne partono con Mars Logistics

le autiste di camion sono partite con la logistica di Marte
le autiste di camion sono partite con la logistica di Marte

Mars Logistics sta lavorando sull’uguaglianza di genere, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite, con il progetto Equality Has No Gender, iniziato a gennaio. Nell’ambito del progetto, 2 camionisti donne hanno iniziato a lavorare presso Mars Logistics.

Con l’obiettivo di rafforzare la percezione dell’uguaglianza di genere all’interno e all’esterno dell’azienda nell’ambito del progetto Equality Has No Gender, Mars Logistics ha iniziato a lavorare a partire da gennaio 2021. Il gruppo di progetto Equality Has No Gender, composto da dipendenti di Mars Logistics, svolge attività di sensibilizzazione all’interno e all’esterno dell’azienda.

Aggiungendo l’elemento per aumentare l’occupazione femminile nel suo piano strategico 2021, Mars Logistics ha reclutato 79 dipendenti donne dall’inizio dell’anno. Il presidente del consiglio di amministrazione di Mars Logistics, Garip Sahillioğlu, ha dichiarato: “Uno dei pilastri del progetto, che volevamo estendere all’intera operazione dell’azienda, era includere l’aumento dell’occupazione femminile nel nostro piano strategico. Da quando abbiamo aggiunto questo articolo, 79 colleghe si sono unite a noi”.

Credendo che il genere non sia il criterio per stabilire se un lavoro può essere svolto bene o meno, Mars Logistics ha assunto 2 camionisti donne mentre impiegava un camionista, una novità all’interno dell’azienda. Sahillioğlu ha dichiarato: “La cosa importante per noi è fare una valutazione imparziale e collocare le persone giuste nelle posizioni giuste. Abbiamo iniziato a lavorare con 2 delle nostre amiche camionisti nelle assunzioni che abbiamo svolto in modo trasparente senza discriminazioni di religione, lingua, razza o genere”. disse.

“Non c’è lavoro che una donna non possa fare se vuole”

Sevil Yıldız, che ha iniziato a lavorare come autista di camion nella flotta di Mars Logistics, ha dichiarato che il suo sogno era quello di diventare un camionista fin dalla sua infanzia, e ha detto quanto segue sulla guida di camion, che dall’esterno viene definita un lavoro da uomo: Vedono che una donna non può farlo, ma non c’è niente che una donna non possa fare se lo desidera».

Yıldız ha detto per le donne che vogliono essere un camionista ma non hanno il coraggio perché è visto come una professione maschile, “Non c’è niente che una donna non possa fare. Finché vogliono, osano.” disse.

“Penso che oggi non ci siano più uomini e donne in nessuna attività”

Kübra Şeker, un altro camionista che ha iniziato a lavorare presso Mars Logistics, ha parlato di essere un camionista donna in Turchia: “Non ci sono molte donne che lavorano in questa professione in Turchia. Non credo che ci siano uomini e donne in affari oggi. Chiunque ami guidare può diventare un camionista”. Şeker ha affermato che in Mars Logistics le donne sono coinvolte in tutti i processi e viene fornita un’atmosfera familiare.


 

(…) continua sulla pagina ufficiale.

 

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La storia di Frida

 

Un’altra testimonianza tratta dalla pagina del sito  di “Uomini e trasporti” dedicata alle donne camioniste: “Anche io volevo il camion”,  sempre a firma di Elisa Bianchi.

E’ la storia di Frida che a quarant’anni cambia mestiere e si mette al volante di un camion, non è mai troppo tardi per iniziare la professione di autista!

Buona strada Frida!!!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/uet-blog/anche-io-volevo-il-camion/frida-fiocco-professione-autista-dal-mercato-al-camion-come-cambiare-la-vita-a-40-anni/

 

Inizia cosi:

Frida Fiocco, professione autista «Dal mercato al camion. Come cambiare la vita a 40 anni»

Fino a sei anni fa era un’ambulante di frutta e verdura. Poi, dopo che supermercati sempre più diffusi hanno messo in crisi quell’attività, la vita le ha chiesto una strambata. Così, è salita su un bilico e ha indossato una maschera da dura. Ma dietro c’è tanta voglia di normalità

«Essere uomo o donna dal punto di vista strettamente lavorativo non fa la differenza. Il problema più grande, per noi donne, è il tempo». Frida Fiocco ha le idee piuttosto chiare in merito a questo lavoro. Frida ha 46 anni e vive a Villa Estense, in provincia di Padova, e da quasi sei anni è alla guida di un bilico per il trasporto di frutta e verdura. Le colleghe la descrivono come una che ti osserva guardinga e che non le manda a dire. «La verità è che questo mestiere ti costringe a indossare la maschera da dura – spiega – ma sotto sotto sono una persona normalissima».
Partiamo dalla sua normalità, quindi, per raccontare la sua storia di straordinarietà. Sì, perché le donne autiste oggi sono ancora poche, pochissime verrebbe da dire guardando i dati che fotografano una situazione chiaramente ancora sbilanciata: la percentuale di donne alla guida di un veicolo è ferma al 2%, in Italia così come in Europa, mentre nel 2020 le autotrasportatrici sono calate di mille unità.

Ma come ci è arrivata Frida alla guida di un camion?

Ho iniziato la mia carriera come venditrice ambulante nei mercati, banco frutta e verdura. C’era parecchio lavoro all’epoca e dovevamo utilizzare il camion, per questo presi le patenti, anche se il mezzo che guidavo all’epoca era molto più piccolo del bilico che guido oggi. Poi il mercato è andato in crisi per via dei supermercati e così ho dovuto riciclarmi, anche se cambiare tutto a quarant’anni non è stato semplice. La vita è una serie di coincidenze e così poco tempo dopo ho conosciuto un ragazzo che lavorava nel Consorzio dove poi effettivamente sono andata a lavorare anche io, il Trans Lusia. Sapeva che avevo le patenti e mi ha proposto di provare: se non mi fossi trovata bene avrei sempre potuto cambiare strada.


(…)  Il resto della storia lo potete leggere nella pagina di Uomini e trasporti !

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Un premio a Ileana!

 

L’articolo che parla del premio è dello scorso ottobre, Ileana guida camion ed escavatori da ben quarantanni!

Questo è il link:

https://www.ecodibergamo.it/stories/bergamo-citta/e-bergamasca-e-guida-escavatori-la-donna-che-ha-lavorato-di-piu-in-italia_1409406_11/

Inizia cosi:

  • Sabato 09 Ottobre 2021

È bergamasca e guida escavatori la donna che ha lavorato di più in Italia

 

Si chiama Ileana Mensi, classe 1964, di Schilpario, si è aggiudicata il premio «Woman can build» con 1.632 ore lavorate nel 2020.

Ileana Mensi, classe 1964 di Schilpario, si è aggiudicata il premio «Women can build», per essere risultata la lavoratrice con più ore lavorate in Italia nel corso del 2020: ben 1632 . Il riconoscimento è stato consegnato venerdì sera, nell’ambito della terza edizione della manifestazione Casse Edili Awards, che si è tenuta alla Fiera del Levante di Bari.

Si tratta del premio che il sistema delle Casse edili riconosce annualmente a imprese, lavoratori e consulenti che si sono distinti, attraverso comportamenti virtuosi, per la sensibilità al lavoro regolare e sicuro nell’ambito del sistema bilaterale delle costruzioni.

 

Ileana Mensi, iscritta alla Cassa Edile di Bergamo, è dipendente dell’impresa Piantoni Severo srl, con sede a Schilpario, e da 40 anni è alla guida di camion e escavatori nell’azienda del marito Mario Piantoni. «È stata tanti anni fa una scelta d’amore, per essere a fianco di mio marito, ma è un lavoro che mi appassiona moltissimo – ha commentato – in un settore dove ogni giorno si impara qualcosa. Certo non è una vita facile, perché devi sempre essere reperibile, si lavora con il caldo e con il freddo, e quando serve non ho problemi a utilizzare anche il badile. Però questa attività mi piace e mi dà parecchie soddisfazioni. C’è un’ottima collaborazione con i miei colleghi, in azienda abbiamo la fortuna di poter contare su una squadra affiatata di circa 10 dipendenti, tutti molto capaci e disponibili».

(…) contina sul link ufficiale…

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Una professione importante

 

Ho trovato questo articolo su “Strada Facendo”, il blog di tgcom24, si parla dell’importanza della professione del camionista e del perchè, forse,  molti non vogliono più fare questo mestiere. C’è il parere della nostra collega Laura, sempre molto attenta alle problematiche del settore.

Questo è il link:

https://stradafacendo.tgcom24.it/2021/12/30/camionista-una-professione-importante-solo-quando-lintero-paese-lo-capira-i-giovani-torneranno-al-volante/

Inizia cosi:

Camionista, una professione “importante”. Solo quando l’intero Paese lo capirà i giovani torneranno al volante

“In Italia si continua a parlare di tagliare i costi delle patenti per arginare il problema della carenza di autisti, ma la vera soluzione del problema è un’altra e consiste nel restituire dignità e rispetto alla professione di camionista, nel far comprendere all’opinione pubblica che tutti i lavori hanno un valore sociale, ma che quello di chi ogni giorno consente alle aziende di lavorare le merci e ai cittadini di trovare i prodotti lavorati nei negozi vale molto, ma molto di più di tanti altri. Ai camionisti occorrerebbe dare un “titolo professionale “ che faccia adeguatamente percepire a milioni d’italiani l’importanza di questa professione. Ecco, io credo che molti giovani sarebbero più attratti da questa professione se si rendessero conto che scegliendo questo lavoro verrebbero considerati “importanti” , rispettati. Perché la scelta di cosa fare “da grandi” è legata sicuramente al guadagno che si potrà ottenere (e che per chi fa un lavoro importante e di sacrifici come questo dovrebbe essere adeguato) ma anche all’”importanza” che si dà a una professione”. Laura Broglio, 31 anni, che sulla sua pagina su facebook si definisce “Sono donna, mamma e camionista… n quest’ordine” e che afferma di provare piacere “nel raccontare nel blog il mondo dell’autotrasporto visto da dietro il volante di un Volvo FM, perché nell’FH non vede fuori….”, ha le idee chiare sul presente e sul futuro della professione di autotrasportatore.

 

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Donne alla guida dei camion

 

Ho trovato questo articolo su Golia che parla di un sondaggio effettuato tra le camioniste rivolto alle problematiche che devono affrontare: voi cosa ne pensate?

Questo è il link:

https://www.goliaweb.it/news/donne-alla-guida-dei-camion-numeri-e-futuro

 

Inizia cosi:

Donne alla guida dei camion: numeri e futuro

20/12/2021

Quanto sicure si sentono le donne alla guida di un camion? Avete mai provato a farvi questa domanda?

Certo, il raggio d’azione va allargato a tutto il mondo degli autotrasportatori, con aree di sosta e parcheggi poco sicuri, ma limitando questo interrogativo al mondo femminile si può inturire molto su un settore, quello dei trasporti e della logistica, che lotta da tempo sulla possibilità di diminuire il gender gap.

Secondo un sondaggio promosso dalla Women in Trucking Association, che ha coinvolto 450 autiste professioniste tra luglio e settembre 2021, circa il 54% ritiene il mondo dell’autotrasporto sicuro per le donne, mentre il 18% afferma che ci sia ancora molto lavoro da fare. I punti da migliorare? Addirittura l’87% ritiene i parcheggi poco sicuri, l’85% punta il dito contro le aree di sosta per poi passare a cabina (75%) e magazzino logistico (74%).

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MA QUANTE SIETE?

 

“Ma quante siete?” credo che sia una domanda che molte di noi si siano sentite spesso rivolgere nel corso della vita.

Arrivi per la prima volta a scaricare in un’azienda e ti guardano stupiti, qualcuno ti dice: “Sei la prima camionista che vedo!”, qualcun altro  “Che bello, finalmente una donna invece dei soliti  omaccioni!”, poi di seguito ti chiedono “Come mai hai scelto di  fare questo mestiere?” e dopo “Ma quante siete?”

Già, quante siamo? Non lo sappiamo nemmeno noi, nel gruppo siamo tante ma non ci siamo mai contate anche perché è praticamente impossibile conoscerci tutte tra di noi.

Quando ancora si usava comunicare col baracchino e ti mettevi a chiacchierare con qualcuno saltava sempre fuori il discorso sulle colleghe : “Conosci questa, conosci quella…”, “Io una volta ho incontrato una ragazza su un bilico…” e via di seguito.

E il più delle volte tu non le avevi mai incontrate né avevi mai sentito parlare di loro…

Non ho mai capito perché molti davano per scontato che in quanto donne ci dovessimo conoscere tutte tra di noi, anche se sarebbe stato bello!

In effetti nel corso degli anni ho conosciuto parecchie colleghe e ne ho anche incrociate tante con cui ci siamo scambiate un semplice sorriso o un gesto di saluto. Però credo di averne “conosciute” di più tramite gli articoli di giornale, soprattutto negli ultimi tempi. Si perché non c’è verso, una donna camionista fa sempre notizia. Una donna al volante di un camion è ancora vista come un’anomalia. Negli ultimi mesi è capitato di leggere di ragazze e donne che hanno dato una svolta alla loro vita, hanno mollato tutto per fare le camioniste (sono gli articoli che linko nelle pagine di questo blog quando li trovo,  una sorta di benvenuto nel nostro mondo oppure di ben vista nel caso di colleghe di lungo corso con cui non c’è mai stata l’occasione di incontrarsi di persona).

E’ bello sapere che molte ci riescono, che realizzano un sogno o che cercano di fare nuove esperienze di vita. Dico molte ma in realtà non è che siano poi cosi tante …io continuo col mio giochetto di guardare quante altre donne incrocio alla guida di un camion, quel famoso 2% sul totale dei camionisti di cui si legge spesso non sembra tanto corrispondere alla realtà. Logicamente non è che riesco a vedere in tutti i camion che incrocio, lo faccio solo sulle statali dove si è più vicini.

In una settimana di solito incrocio tre/quattro colleghe, e spesso sono le stesse, con alcune siamo amiche, con altre ci si saluta e basta… a volte nemmeno quello perché le vedo all’ultimo istante… Poi è logico che io non percorro tutte le strade d’Italia, il mio è soltanto un discorso di percentuali.

Tornando alla domanda iniziale “Ma quante siete?” mi viene da rispondere poche, pochissime, sembrava che sarebbero state le donne a risolvere il problema della carenza di nuovi autisti e al contrario sembra che invece che aumentare il numero delle camioniste stia diminuendo…peccato. (Anche questa cosa l’ho letta in un articolo!).

 

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La storia di Lucia

 

E’ bello scoprire che sempre più donne decidono di mettersi al volante di un camion, questo articolo è dedicato a Lucia, nuova collega che viaggia sulle strade d’Italia, a cui naturalmente auguriamo tanta buona strada!

Questo è il link dell’articolo:

https://www.giornaletrentino.it/cronaca/vallagarina/lucia-mazzucchi-la-principessa-dei-tir-1.3055532

Inizia cosi:

Lucia Mazzucchi, la “Principessa” dei tir

Dalla Val di Gresta ai lunghi viaggi sui mezzi pesanti: “Prima li organizzavo, ora al volante ci sono io”

di Daniele Peretti

 

VAL DI GRESTA. Quando è entrata nelle docce dell’area di servizio autostradale di Nogarole Rocca gli altri camionisti l’hanno guardata imbarazzati chiedendole se avessero dovuto uscire: “Non dimenticherò mai quella scena; gli uomini erano molto più a disagio di me, ma li ho tranquillizzati chiedendo se non avessero mai visto un paio di gambe, perché in doccia il resto è coperto”. Ironizza Lucia Mazzucchi, quarantenne della Val di Gresta che da sette mesi è camionista a tempo pieno, ma denuncia: “Genericamente in Italia i servizi igienici delle autostrade fanno schifo, ma per le donne non è previsto nulla e dire che siamo un numero sempre maggiore, specialmente straniere”.

Anche nel caso di Lucia Mazzucchi, come per Paola Cestari la cui storia abbiamo raccontato qualche giorno fa, è la passione a far prendere la decisione di cambiare vita. “La passione per i camion l’ho sempre avuta. Ho molti amici che fanno i camionisti che mi hanno fatto provare nei piazzali vuoti e la voglia di guidare i mezzi pesanti mi è cresciuta ancora di più. Nel 2019 ho preso la patente C e sette mesi fa la E ed eccomi qui alla guida della mia motrice Scania R 500 tre assi”.

(…)

Continua sul sito ufficiale.

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Un’intervista a Silvia!

 

Ancora da “Uomini e Trasporti“, una breve intervista – dieci domande – alla collega Silvia da Livorno.

Questo è il link dell’articolo:

https://www.uominietrasporti.it/dopolavoro/voci-on-the-road/10-domande-a-silvia-martellotta/

 

E questo è l’inizio:

10 domande a… Silvia Martellotta

CARTA DI IDENTITÀ

Nome Silvia
Cognome Martellotta
Età 50
Stato Civile single
Punto di partenza Livorno
Anzianità di Servizio 27 anni
Settore di attività Ferro e acciaio

 

  • Quando hai capito che il camion era la tua passione?

Sin da giovanissima. Avevo 23 anni quando decisi di prendere la patente C. Per conseguirla puntai tutti i miei risparmi, anche perché era quella la «strada» che sentivo per me. Negli anni ho fatto poi un percorso che mi ha portato a ottenere la CQC e infine la patente E, che pare offrire più opportunità in termini di lavoro.

  • Nel mondo del trasporto le donne sono ancora poco rappresentate o qualcosa sta cambiando?

Purtroppo siamo ancora rappresentate pochissimo, specialmente nel settore – come il mio – di chi lavora con camion centinati. Per dirne una: ci sono aziende che scartano le donne a priori. Puoi avere tutte le competenze del mondo, ma non prendono in considerazione neanche il curriculum.

  • Che mezzo guidi?

Un Iveco Stralis, con un rimorchio ultralight nuovissimo (non ha nemmeno un anno di vita).

  • Come si risolve il problema della carenza di autisti?

Avvicinando i giovani a questo lavoro, premesso ovviamente che abbiano passione, attraverso incentivi alla formazione e affiancamento nelle aziende. C’è poi il discorso degli stipendi, che andrebbero aumentati.

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(…) continua su “Uomini e Trasporti”

Buona strada sempre Silvia!!!

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